Massaja
Lettere

Vol. 5

/303/

1146

Al padre Berardo Atonna del Cuor di Gesù OFMAlc.
guardiano di S. Maria Occorrevole – Piedimonte d’Alife (Caserta)

[F. 1r] M. R. Padre Carissimo

Frascati 26. 7.bre 1885.

Ho ricevuto la Sua Venerata lettera del 21. corrente. Non ho parole per esprimerLe la consolazione provata leggendo i conati del Suo spirito verso l’osservanza primitiva della nostra serafica regola. L’opera per se stessa non può [essere] più santa, e V. P. non deve dubitare dell’ajuto di Dio per portarla a compimento. Le stesse difficoltà che si presentano, quando esse vengono da cause esterne, provano sempre più la santità dell’opera. Le stesse persecuzioni valgono a spingere, ed a santificare di più l’opera di Dio, ma mai a distruggerla. Nostro Signore stesso non ha fondato la Sua Chiesa sul Taborre, ma sul Calvario morendo; tali sono le opere di Dio, e tali devono essere le nostre vittorie. Una sol cosa è da temersi in simili opere della divina Provvidenza, ed è la mancanza di rettitudine nel cuore nostro medesimo, [f. 1v] il quale, ingannato dall’amor proprio, invece di cercare la sola gloria di Dio, cerca se stesso. Quando il cuore è retto, scevro di ogni polvere mondana di privato orgoglio, camminando l’uomo per le vie dell’umiltà, e lasciandosi guidare dalle regole della prudenza Cristiana, dietro i consigli dei Superiori, egli ha niente a temere, perché Iddio farà marciare l’opera Sua. Il nostro Santo Padre Francesco, già vicino a morte, e padre di una gran famiglia, era intimamente persuaso di aver fatto un bel nulla: fratelli miei, diceva, fin qui non abbiamo ancora incomminciato, e dobbiamo incomminciare oggi; così dicendo, a prima vista, sembra a noi una certa affettazione, ma pure diceva una grande verità, perché un Santo suo pari doveva essere intimamente persuaso, che l’Ordine suo era tutta opera di Dio e non propria. V. P. capisce abbastanza il sublime senso inteso da S. Francesco; epperciò Ella persuadendosi che l’opera Sua è tutta opera di Dio, deve lasciare a Lui il compimento di ciò che ha incomminciato.

In quanto a me, caro Padre, non deve farmi complimenti: i 35. anni passati in Africa sono per me un gran debito a Dio, ed Ella preghi il Signore per me, affinché mi perdoni il tempo perduto: l’assicuro, che, vicino a morire, è questa la mia [f. 2r] gran paura, dalla quale la sola misericordia del Signore implorata dalle brave anime mi potrà salvare. Sappia che io ho tutt’altro che motivo di gloriarmi. Ciò non ostante Ella potrà essere sicura che io pregherò, e già questa mattina stessa ho celebrato per l’opera Sua; ma Ella non deve avere gran confidenza nella mia preghiera, perché io mi conosco. Ella non deve scoraggiarsi vedendo la mia debolezza, facia anzi coraggio confidando in Dio amico e Padre dei deboli.

/304/ La benedico intanto unitamente al Suo compagno, mentre di tutto cuore godo segnarmi

D. P. V. M. R.

Suo Servo e Fratello
† Fr. G. Card. Massaja Cappuccino