Massaja
Lettere

Vol. 5

/320/

1168

Discorso di M. al Terz’Ordine Francescano
Pesaro – 11 luglio 1886

P. 531Se il mese di luglio 1886, sarà un mese memorando pei cattolici pesaresi, i quali si ebbero l’invidiabile onore di ospitare fra le loro mura il venerando Apostolo dell’Africa, il Cardinale Massaja, più memorando sarà per gli ascritti al Terz’Ordine, che in modo specialissimo furono onorati dall’Em.mo Porporato. Ad edificazione pertanto degli associati agli Annali Francescani mi studierò di riepilogare in brevi parole, e ciò che il venerando Cappuccino fece pei /321/ Terziari durante la sua permanenza in questa nostra città e ciò che i Terziari pesaresi fecero per lui.

Ed anzitutto dirò della Conferenza tenuta ai Terziari nelle ore pomeridiane dell’ll luglio. L’E.mo Porporato, accompagnato dal nostro amatissimo Pastore Mons. Clemente Fares, anch’egli Terziario, si recò [p. 532] nella chiesa dei PP. Cappuccini, quivi giunto e recitate le preci di rito, prese a parlare con quella amabilità sua propria, che penetra i cuori e profondamente li commuove. In primo luogo parlò della origine del Terz’Ordine di S. Francesco, dello scopo per cui fu istituito, della sua rapida propagazione, dei personaggi che si recarono a gloria di vestire l’abito Francescano, non che degl’immensi vantaggi che ridondarono all’umano consorzio e specialmente alla società domestica, la famiglia. Il Terz’Ordine, ei disse, ravvivò la fede in seno alle famiglie, ne corresse i disordini, ne riformò i costumi, rannodò viemeglio i vincoli tra il marito e la moglie, tra i genitori e i figli, e per tal guisa riordinò la umana società, la quale non si compone che di famiglie.

Dopo una rapida descrizione del secolo 13º, il Card. Massaja venne a parlare del secolo nostro, il quale è non meno guasto e corrotto del secolo in cui visse S. Francesco. A curare le piaghe del secolo 19º rimedio potentissimo è il Terz’Ordine. Il Sommo Pontefice Leone XIII che dall’alta rocca del Vaticano collo sguardo dell’aquila osserva la società umana, la quale si agita ai suoi piedi, vide nel Terz’Ordine di S. Francesco un rimedio potentissimo per riformare il mondo, e l’additò a tutti i cattolici di buona volontà. Oh di quanto amore il Sommo Pontefice ama il Terz’Ordine! oh in quante guise si adopra per vederlo propagato in tutto il mondo! Il Vicario di G. C. indirizzò una stupenda Enciclica a tutti i Patriarchi, Primati, Vescovi dell’orbe cattolico e la potente parola del Successore di Pietro fu ascoltata e il Terz’Ordine si rianimò di novella vita. E qui l’E.mo Porporato, parlò della rapida propagazione del Terz’Ordine in ogni parte d’Italia e specialmente nella Lombardia, da lui visitata negli anni scorsi; e quindi volgendo attorno lo sguardo e vedendo davanti a sé una bella e numerosa schiera di Terziari, rivolse ai medesimi i più lusinghieri elogi e vivamente li esortò a mantenersi saldi nel loro santo proposito, ed a compiere fedelmente la propria missione. Questa missione consiste nell’apostolato in seno alla famiglia. I Terziari, perché impediti da’ propri doveri, non possono recarsi nell’Africa ad esercitare l’apostolato, possono però e devono essere gli Apostoli in seno alle proprie famiglie. Quest’apostolato essi devono esercitarlo in due modi, con l’esempio e con la parola. Con l’esempio, mostrandosi a tutti specchio delle più belle virtù; con la parola, procurando a tempo e luogo d’insinuare massime cristiane e di attirare gli altri di famiglia sotto il glorioso stendardo di S. Francesco.

Dopo avere svolto questo pensiero nella più insinuante maniera, il Venerando Apostolo dell’Africa, raccomandò vivamente ai Terziari la preghiera e la frequenza dei Sacramenti, mezzi indispensabili per ottenere i lumi e le grazie necessarie, affinché qualsiasi apostolato possa produrre ubertosi frutti. Ma specialmente raccomandò la Santa /322/ Comunione, perché la Comunione è un cibo necessario per l’anima, perché senza Comunione non si può vivere. Ed a conferma di tale verità [p. 533] raccontò un fatto a lui stesso successo nell’Africa. Ascoltate, miei figlioli, così egli disse profondamente commosso, quando io misi piede nei paesi dei Galla, mi astenni dal celebrare la S. Messa per qualche tempo, e ciò per timor di esporre gli augusti Misteri della religione alle profanazioni di quegl’infedeli. Questa prolungata astinenza dalla S. Comunione mi arrecava una pena immensa: io sentiva grande desiderio di questo Cibo divino e non potea saziare l’acuta fame dell’anima mia; e perciò tormentato continuamente da tanta pena addivenni irrequieto, impaziente, fastidioso e con me e con gli altri. Quando un giorno aggirandomi per quelle inospiti pianure, m’imbattei in un boschetto formato da ebani bellissimi; in mezzo a questo boschetto trovai uno spazio abbastanza largo ed una pietra lunga un metro o poco più, e altra un due piedi circa. A tal vista tosto esclamai ricolmo di giubilo: ecco il luogo preparatomi da Dio per celebrare la S. Messa. E difatti ivi trasportai gli arredi sacri e tutto l’occorrente pel S. Sagrificio, e posto di guardia un uomo di mia fiducia con l’ordine di non fare avvicinare alcuno a quel sacro recinto, principiai la S. Messa. Quella Messa, come già immaginate, la celebrai sempre in ginocchio, perché l’altare era assai basso: la celebrai senza mai voltarmi per dire Dominus vobiscum, perché era solo: ma ciononostante durante tutto quel tempo fu tale e tanta la consolazione e la tenerezza da me provata, che mai più ne provai tanta in tutto il tempo di mia vita. Quando ritornai alla mia capanna, io era talmente contento, che pareva trasformato in un altro uomo. Quei selvaggi al vedermi così cangiato ne rimasero meravigliati e non sapendo come spiegare tale improvviso cambiamento, dicevano ch’io nel bosco avea trovato una prodigiosa medicina, che di tratto mi avea guarito da ogni male. Questo fatto raccontato con quella semplicità ed amabilità tutta propria di Massaja, profondamente commosse l’uditorio e su parecchi cigli si videro spuntare lagrime di tenerezza. In seguito l’E.mo Porporato benedisse quella divota adunanza e con le preci di rito pose fine alla Conferenza, che rimarrà profondamente impressa nella mente e nel cuore dei Terziari e di quanti ebbero la fortuna di ascoltarla.

Anche un altro onore si ebbero i Terziari di Pesaro dall’E.mo Porporato e fu di accordare ad una deputazione dei suddetti una particolare udienza. In questa udienza egli dimandò informazioni sull’andamento della Congregazione, sulle Conferenze mensili, sul numero degli ascritti ecc., ed avendo saputo che tutto procede regolarmente, che tutti sono animati dallo spirito di S. Francesco, egli ne provò molta consolazione, li esortò a proseguire alacremente nell’intrapreso cammino, e dopo queste ed altrettali esortazioni dette con quell’amabilità che rapisce il cuore, regalò ai medesimi una medaglia da lui benedetta, e li congedò ricolmi di soavissima consolazione.

Né qui si arrestò la benevolenza dell’E.mo Porporato verso questi Terziari. Egli volle porvi il suggello coll’impartir e ai medesimi, prima [p. 534] di abbandonare questa città, la benedizione papale. E difatti /323/ dimandò al Sommo Pontefice le opportune facoltà e tosto le ottenne. Il telegramma col quale il Sommo Pontefice accordava all’E.ino Massaja la facoltà di impartire la Benedizione Papale, religiosamente si conserva, ed è così concepito:

Sua Santità accorda a Vostra Eminenza la facoltà d’impartire la Benedizione Papale ai Terziari di Pesaro. Angeli.

Non istarò qui a descrivere minutamente questa funzione, che riuscì veramente solenne ed imponente. La chiesa dei PP. Cappuccini era gremita di popolo, ansioso di vedere ancora una volta le amabili sembianze del Santo Cardinale, di udirne la voce, di riceverne la Benedizione. Ed era difatti uno spettacolo che commuoveva, inteneriva il vedere l’illustre Vegliardo, bello dei suoi 78 anni, vestito dei paramenti pontificali, assistito dai Canonici in atto di alzare la destra per benedire quell’immenso popolo prostrato ai suoi piedi. Ed anche in quest’occasione Massaja volle indirizzare al popolo alcune commoventi parole. Egli parlò del grande potere conferito da G. C. alla sua Chiesa; dell’estensione ed efficacia di tale potere. Quindi annunciò ch’egli era stato investito dal Vicario di G. C. del potere d’impartire a suo nome la Benedizione Papale, ed esortò tutti a riceverla con le debite disposizioni come se la ricevessero dalla persona medesima di G. C. Nel pronunciare questo breve discorso egli era profondamente commosso; come sempre avviene ogni qualvolta parla di G. C., della sua Chiesa, del Romano Pontefice.

Dopo la Benedizione Papale impartì al popolo la trina Benedizione col Venerabile: ed in ambedue le funzioni assisteva una deputazione di Terziari con le torce accese, ed il concerto cittadino negl’intermezzi, suonava scelti pezzi di musica. Tutto procedette con il massimo ordine e grandissima soddisfazione.