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6.
Gama-Moràs principe del Gudrù
e la missione cattolica.

si aggiungono altri battezandi Della stessa sera si presentarono altri catecumeni per il battesimo. Gosciò figlio di Gama battezzato coi nome di Gabriele me ne presentò due, uno dei quali era il figlio di uno dei ladri già mentovato, e morto di febbre gialla, era questi un ragazzino molto grazioso di circa dodeci anni, il quale passò al nostro servizio. Il secondo era un’amico di Gosciò stesso, figlio di un ricco galla di un borgo detto Marrowa. Il primo dei due, come vicino di casa era già molto istruito, mentre l’altro molto lontano, non potendo venire che raramente, avrebbe avuto bisogno di restarvi, ma non [p. 77] potendo, il suo battesimo doveva molto farsi aspettare a fronte che egli molto lo desiderasse. Oltre di questi due si presentarono molti altri della casa di Gama, due sorelle di Gosciò, ed altri molti che tacio per brevità.

Il primo battesimo si fece con particolare solennità per motivo della Pentecoste, ed anche per farlo conoscere, ed anche eccitarne la voglia agli altri. battesimi in detaglio In seguito poi si cangiò sistema, a misura che qualcheduno era sufficientemente istruito, ed esternava un gran desiderio [di riceverlo], allora si battezzava, come in premio della sua assiduità. La persona che più di tutti interessava sarebbe stato lo stesso Gama Moras, ma hoc opus hic labor; egli favoriva molto la missione, e posso dire ancora che godeva sinceramente di vedere gli altri frequentare, e farsi battezzare, ma era un pezzo troppo grosso, e troppo lontano da questa grazia.

affare di Gama A dire il vero Gama probabilmente desiderava nel suo cuore il battesimo, perché certe volte ne dava segno, ma il diavolo l’aveva talmente incatenato, che nel mio cuore mi diceva fortunato [p. 78] di poterlo battezzare prima della sua morte. Gama voleva regnare in Gudrù, benché di stirpe straniera detta gherba, cioè schiava, e benché uno dei più poveri fra i grandi e nobili del paese; come pensava di regnare colla influenza nostra, avrebbe voluto prendere il battesimo, e farlo prendere /59/ da tutto il Gudrù; per altra parte egli aveva delle misure a prendersi dal partito radicale galla, detto Borena ossia nobile, quando avesse spinto la cosa troppo direttamente, per evitare la guerra religiosa. Oltre di questa catena, ne aveva poi ancora un’altra, ed era quella delle mogli: egli ne aveva due, e dalla legge del paese doveva aggiungerne ancora altre due, quelle cioè di Kiggi suo fratello addottivo morto poco prima.

la sua conversione più difficile. La conversione di Gama perciò invece di avvicinarsi si faceva sempre più lontana. Diffatti passato appena il tempo del pianto dopo la morte di Kiggi incominciava [a] prepararsi un gran convitto di nozze, e dopo il giorno quarantesimo di tutto furono chiamati tutti i grandi del Gudrù, ed alla presenza di tutta l’aristocrazia del paese ebbe luogo [p. 79] la gran ceremonia del Racco, ossia matrimonio religioso colle due mogli di Kiggi suddette; ed eccola come.

Gama fà il rako colle mogli di Kigi
cerimonia del medesimo
Di buon mattino alla porta di ciascheduna delle [abitazioni delle] due mogli di Aggi si legarono due vacche, una per ciascheduna. Venne Gama, accompagnato da tutti i grandi rappresentanti il torba Gudrù, alla porta della moglie maggiore del morto, la quale stava ritta in piedi sulla porta medesima, mentre Gama scannò la vacca, e dentro un vaso raccolse il sangue della vittima; con questo asperse prima la casa ed i circostanti, e poi, preso il vaso di sangue, entrò in casa colla sola moglie, e vi fece le unzioni di uso che qui per modestia non nomino; fatto questo sortì di casa colla moglie, e disse[:] Senti Gudrù questa è la mia moglie guai a chi la tocca; allora tutti i circostanti risposero[:] aitau (sia).

Finita la funzione della prima [moglie] passò alla seconda, e fece l’istessa funzione, dopo la quale incomminciarono i canti e [i] balli, i quali durarono tutta la giornata. Le due vittime scannate non si mangiarono in casa, ma si abbandonarono [p. 80] ai poveri, ed al basso popolo chi ne voleva. Frattanto fù subito scannato un bue per il pranzo dei convitati, il quale ebbe luogo nella casa di una delle due spose, dovendo gli invitati passare la giornata dell’indomani nella casa dell’altra sposa. Il Racco fu anche la presa di possesso delle due case, e delle proprietà del mono fratello.

Gama fa le sue scuse con noi Furono dunque due giorni di nozze che si passarono dopo la morte di Kiggi. Frattanto Gama pensava a noi, e pensava al passo retrogrado che aveva fatto allontanandosi dalla meta che noi speravamo in suo favore di battezzarlo. Nel terzo giorno volle che ci fosse un poco di festino nella casa nostra stessa, [e] a questo effetto aveva incaricato la sua madre Dunghi di mandarci carne, idromele, e birra in quantità. In quel /60/ giorno egli volle venire a pranzo con noi, e fù dopo questo pranzo che, prima di tutto fece le sue scuse, adducendo le gravi ragioni che lo forzarono a fare il matrimonio colle due spose mentovate, ragioni di politica, per non armare troppo contro di se il partito radicale galla; quindi passò a fare le sue proteste, e non solo proteste, ma vero giuramento di fare Cristiano [p. 81] tutto il Gudrù, quando fosse arrivato a dominarlo. Gama voleva regnare, ma mancavano a lui alcuni numeri essenziali. motivi che mi[li]tavano contro il suo regno Prima di tutto bisogna dire che Gama era di razza straniera detta gherba in paese, e contava solo due generazioni, dacché era venuta dal Gogiam, ed era stata adottata da un nobile indigeno, a cui apparteneva in facia alla legge civile del paese, cosa che nell’opinione publica era molto grave, e tanto più grave, perché come [oriundo] del Gogiam doveva naturalmente passare come razza nemica e sospetta. In secondo luogo Gama non era ricco, ne in beni stabili, ne in bestiami, due generi essenziali frà i Galla per rendere un’uomo onorato e potente frà i galla.

numeri favorevoli al suo regno Gama però era ricco di denari, e di corrispondenza: i suoi antenati dopo la loro venuta in Gudrù avevano saputo raggirarsi nel commercio ed avevano fatto molti capitali; avevano collocato questi capitali in società di commercio con molte famiglie del Gudrù, anche nobili detti Borena, ed in questo senso avevano aquistato molto ascendente sopra una gran parte del paese. Sopratutto poi Dunghi, madre di Gama, donna di gran [di gran] valore, colle sue belle maniere, e colla sua ospitalità aveva dato a questa casa una grande celebrità non solo in tutto il Gudrù, ma anche all’estero. [p. 82] Gama aquista la chiave del commercio Dimodoché in casa di Gama si finivano i più grandi affari non solo del gran mercato di Assandabo, ma ancora di quello di Basso in Gogiam; Gama poteva dire di avere nelle mani tutto il commercio di quel centro di cangio. Con questa occasione Gama aveva potuto procurarsi fucili e fucilieri, cosa molto nuova in paese, occorrendo perciò in Gudrù questioni e guerriglie fra le varie caste, Gama era cercato anche dai nobili e potenti, e la sua voce incomminciava a prendere una preponderanza. Sopratutto poi quando occorrevano guerre coi paesi circonvicini il Gudrù aveva bisogno di Gama, e gli stessi paesi nemici tendevano ad intendersela con lui, e gli facevano anche passare delle somme secretamente per guadagnarselo.

Gama il più povero diventò il più ricco In questo modo Gama, benché in facia al publico, ed anche in facia alle leggi del Gudrù, [Gama] fosse l’ultimo, e come senza voce nei congressi del paese, egli era sempre l’anima del paese, e nulla si conchiudeva senza di lui. Così realmente si poteva dire che questo nostro Signore camminasse a gran passi verso il regno, benché egli poi, almeno apparentemente fosse così umile verso tutti i grandi e nobili del Gudrù /61/ da chiamarli suoi Signori, ed usare verso i medesimi certi riguardi da crederli tali, se io non avessi conosciuto come la pensava. Gama serviva all’opera di Dio; era il meno istruito Anche riguardo alla nostra missione stessa io era molto lontano dal crederlo sincero, solamente facendo alla medesima [p. 83] dei grandi servizii, io doveva sempre sperare che alla fine Iddio gli avrebbe usato misericordia, ed a forza di vedere e di sentire alla fine il suo cuore avrebbe risolto qualche cosa; ma anche nel caso contrario io era obligato ad acettare [la partecipazione] negli utili, perché all’umbra sua si faceva del bene, e si salvavano delle anime; la missione poi poteva molto sperare in lui, anche per le sue influenze all’estero di quei paesi.

Fra tutte le persone di quei contorni Gama era forze quello che meno di tutti aveva sentito la parola evangelica, ed ancor meno l’aveva compresa; le sue occupazioni erano molte, e le sue preoccupazioni andavano altrove, difficile perciò a noi poterlo istruire, e molto più difficile a lui potervisi attaccare. il galla domanda a Dio beni temporali Il galla, come già ho notato, non manca di religione, ma nei suoi atti religiosi, anche superstiziosi comunque siano, non cerca altro che beni temporali di questo mondo.

una conversazione con Donghi Per far capire questa massima al lettore racconterò qui una breve storia, arrivatami nei primi giorni del mio arrivo in Gudrù. Il 4. Decembre del calcolo galla verso sera facendo due passi con alcuni dei miei giovani ho incontrato Dunghi madre di Gama, e discorrendo venne il discorso sul digiuno, voi digiunate, disse Dunghi, oggi anche io digiuno, perché oggi è la festa di Abbo [p. 84] (un santo indigeno molto stravagante, detto Ghebra Manfescheddus), ma voi digiunando mangiate dopo mezzo giorno ad una certa ora, io poi non mangio che dopo entrato il sole (uso mussulmano). Lascio qui di riferire molte particolarità di questo dialogo, sia sul conto del Santo, di cui è caso, sia sull’uso di digiunare nel giorno della festa, invece della vigilia, sperando di parlarne più particolarmente altrove, per notare solo la questione di cui è caso attualmente. Ho domandato dunque a Dunghi per qual ragione digiunava? Essa mi raccontò una lunga storia di tutti i suoi digiuni, storia che pure lascio per brevità, e mi contento di dire che essa, consigliata da alcuni, aveva fatto voto di digiunare tutte le feste mensili di Abbo per la prosperità dei bestiami, come digiunava in tutte le feste mensili di S. Michele, affinché il suo figlio Gama vincesse sempre, e [non] fosse mai vinto in guerra.

le aspirazioni al regno di Gama Ciò posto, ritorno al discorso lasciato relativamente a Gama; anche supposto che egli fosse guidato da un sentimento di rispetto religioso per la missione nostra in tutto ciò che faceva per noi, come egli più che /62/ probabilmente faceva questo per un motivo tutto umano, e di ambizione, quello cioè di ottenere il bramato regno di Gudrù, sia colla benedizione di Dio da lui sperata in proporzione del principio religioso, che appena incomminciava a farsi sentire in lui, sia molto più ancora per la nostra influenza [p. 85] sul paese, a misura che questa si sarebbe sviluppata, calcolando i molti mezzi nostri spirituali e temporali. qual valore [da] darsi al merito di Gama Questo principio di fede e di speranza in Gama, neanche da calcolarsi come catecumeno, certamente non poteva direttamente meritargli, ne la grazia del battesimo, ancor molto lontano, ne tanto meno quella della sua salute eterna; tuttavia, calcolato il suo stato di pagano, arrivato all’età vicina ai 40. anni con tutto il lusso della vita materiale e sfogo di passioni di tutti i generi prima di avere inteso una sola parola di salute, io doveva sperare che avrebbe bastato per ottenergli la grazia di tener lontano da se l’orgoglio e l’ostinazione per ricevere grazie ulteriori di avvicinamento; quindi le preghiere nostre e dei neofiti che hanno trovato salute nella missione da lui protetta e favorita, avrebbero compito l’opera; Iddio poi nella sua misericordia non si sarebbe contentato di pagarlo con un miserabile regno di questa terra, per mandarlo poi all’inferno.

sforzi fatti da noi per l’anima sua Con questa speranza io cercava di avvicinare Gama quanto poteva, onde aggiungere ogni giorno qualche grano d’istruzione per sollevare un tantino il suo cuore dalla terra; non contento di questo gli ho assegnato il giovane Giovanni Morka, come nativo galla, ed al corrente non solo della lingua, ma ancora di tutti gli usi del paese, e persona molto fervente, [p. 86] e da lui molto amato. Gama poi per parte sua, prevedendo di non poter venire [d]a noi ne la mattina, ne la sera in tempo della preghiera, ne tampoco lungo la giornata, perché quasi sempre [occupato] in sedute, ora coi grandi del Gudrù, ora coi mercanti, ed ora con altri forestieri, decise di venire ogni mattina a prendere il caffè con noi, e fu costante a conservare questo uso; per parte nostra perciò nulla si lasciò d’intentato; ciò non ostante poco si poté fare in favore dell’anima sua.

[la stagione delle piogge:
occupazioni materiali e spirituali]
Il tempo delle pioggie in Abissinia, e nei paesi galla è tempo di pace, e ciascheduno se ne sta in casa sua; le guerre, ed il gran commercio di asportazione e d’importazione sono interrotti dalla piena dei fiumi; d’altronde poi è questa la stagione dei grandi lavori di campagna, e tutti i paesani sono occupati a lavorare i terreni, a seminare i grani, ed a purgarli dalle erbe; era per noi il tempo di spingere l’istruzione dei giovani allievi, e la compilazione dei materiali di catechismo, senza dimenticare gli esercizii spirituali, sia ai giovani, sia ancora agli stessi mis- /63/ sionarii, dipendendo da ciò appunto tutta la vitalità della missione. [p. 87] Per i diplomatici poi il tempo delle pioggie è il tempo dei partiti, delle combricole, e delle risoluzioni da prendersi poi in Settembre dopo le pioggie e l’abbassamento delle aque.

Gli occhj di tutto il Gudrù erano rivolti verso Gama Moras e verso la missione, parte in buono, e parte in cattivo senso; il nostro arrivo aveva cagionato un’ossillazione vivissima nell’opinione publica; benché noi cercassimo di tenersi neutrali in tutte le nostre operazioni, discorsi, e tendenze, pure la stessa organizzazione sociale del paese ci forzava ad essere una sola cosa con lui, essendo egli il nostro signore e garante delle nostre persone in facia al paese intiero; g[l]i amici di Gama perciò erano gli amici nostri, e così dei nemici, a fronte di tutte le nostre proteste in contrario.

[l’offensiva dei maghi contro la missione] Incomminciarono quindi a parlare i maghi, oracoli in certo modo anche legali e religiosi del paese, e certamente non erano favorevoli a noi; un’oracolo di un mago incomminciò a circolare = questi bianchi sono persone pericolose per il paese, noi non possiamo ammazzarli, perché il loro sangue sarebbe fatale per il paese, chi vuole salvare il Gudrù vada di notte mentre dormono, e getti il fuoco sopra le loro case in modo che muoiano abbruciati dal fuoco =

Questo oracolo crebbe talmente, che spaventò [p. 88] non solamente noi tutti, ma lo stesso Gama, il quale incomminciava a farci guardare di notte, e raccomandarci di [usare] cautela; le case tutte di legno, e coperte con circa mezzo metro di paglia, se il fuoco prende sulla porta impedisce anche la sortita, se non si scuopre nel primo momento. In vista di questo, quando nel giorno aveva piovuto, meglio ancora [se] pioveva di notte noi eravamo tranquilli, perché allora il nemico non ci pensa di venire, o se viene il fuoco è meno rapido, ma nel tempo secco per circa sei mesi abbiamo dormito quasi sempre all’aperto.