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17.
Gama-Moràs vittorioso sui Uara-Kumbi.
«Burnos» misterioso. Favori alla missione

incommincia la guerra tra Gama e Waracumbi. Appena partito il Sacerdote indigeno per Lagamara pochi giorni dopo la mattina di Lunedì incomminciò il primo attacco tra i Warakumbi e Gama quando si stava radunando il mercato. Gli uomini di Gama solevano sorvegliare il mercato, quando una banda di Warakumbi gli attaccò sotto pretesto che esercitavano un diritto che non avevano, perché Gama essendo forestiero, toccava ai veri galla Borena più vicini esercitare questo diritto. Per non conturbare il mercato gli uomini di Gama finsero una ritirata verso un piano più basso di pascoli, e la squadra di Waracumbi ebbe[ro] la petulanza d’inseguirgli, allora quei di Gama si rivoltarono ed incomminciarono a battersi; dalle due parti corse aiuto, [p. 250] e si ingrossarono le file da tutti [e] due le parti, vi furono alcuni feriti dalla parte di Gama, allora incomminciarono a sentirsi i fucili, e cadde uno dei Wara cumbi. Corsero i vecchi da tutte le parti [e] si misero frammezzo, ed arrestarono la mischia. Dopo una lunga conferenza si decise che Gama continuasse a sorvegliare il mercato come prima, e che intanto le due parti avrebbero esposto i loro diritti al comizio del Bukù in Kobbo. Per allora il paese restò tranquillo, ed il Gudrù non si turbò, perché fra i Galla fino a tanto che in guerra vi sono solamente feriti o morti, ed i caduti non sono stati emasculati, la guerra è considerata come particolare, e tutto si aggiusta in giudizio, ma dal momento che uno è emasculato, allora è guerra detta dina cioè di esterminio, e le due parti non si possono più incontrare senza pericolo di morte; allora chi ha case vicine al nemico deve lasciarle e recarsi in mezzo al suo partito politico.

la questione è portata al Bukù in Cobbo. La questione fu portata al torba Gudrù ed al Bukù in Kobbo e si questionò molti giorni; fmalmente il torba Gudrù, decise che Gama pagasse il prezzo del sangue, e Varacumbi [offrisse] la dovuta soddisfazione per i feriti, ma che intanto Gama, [p. 251] [ma che intanto Gama] continuasse a sorvegliare il mercato come prima, essendò cosa già /146/ stata decisa dal torba Gudrù e dal Buku. Gama uomo furbo e polit[ic]o fù il primo a pagare la sua quota, mentre Waracumbi non curava quello che doveva dare ai feriti. Il torba Gudrù diceva in fine che il refrattario sia considerato come nemico del Gudrù. La decisione finisce la questione di diritto, ma non ha forza per la parte esecutiva. In virtù di questa decisione, se Waracumbi faceva un’altra sortita in [via di] diritto tutti potevano prendere le parti di Gama senza tacia di rivoltoso. In via di diritto era tutto quello che si poteva ottenere in Gudrù, la via di fatto poi dipendeva dalla forza maggiore o minore dei partiti.

nuovi [pre]prativi per la guerra: un secondo atacco. Dopo questo il paese restò tranquillo circa tre mesi, pendenti i quali i due partiti si organizzarono; da una parte Gama moltiplicò di molto i fucili, e se la intese con tutti i suoi amici dell’interno e dell’estero, Dall’altra parte Fufi alla testa del partito Waracumbi non ha dormito certamente, ed ha fatto tutto il suo possibile per animare il suo partito, la maggior parte composto di Galla radicali, meno guerrieri, benché più orgogliosi, e meno organizzati. Questi non aspettavano che un’occasione per fare una sortita, e l’occasione non mancò; [p. 252] Gama prudente aveva raccomandato ai suoi soldati, ed a tutto il suo partito di non cercare querele, ma occorrendo di essere assaliti, [aveva detto:] contentatevi solo di difendervi colle stesse armi usate dai nemici, perché quando sarà tempo mi metterà io alla testa, per ora voglio guadagnare sull’opinione publica. Un’altro giorno di mercato una banda di giovani del partito Waracumbi, i quali avevano passata la notte in casa di Fufi e mezzo ubriacchi si misero a minaciare i soldati di Gama, i quali come prima fugirono, per non disturbare il mercato, e gli aspettarono al largo nel luogo di prima; gli altri gli inseguirono, ed incornminciarono a manovrate le lancie; dai due lati si radunarono ausiliarii, e vi fu una scaramuccia, dove vi furono dei feriti dalle due parti. I vecchj corsero, ed arrestarono la mischia, secondo l’uso del paese. provocazione di guerra fatta da Gama. Allora Gama prese la parola [rivolto] ai vecchj e disse; voi sapete cosa ha deciso il torba Gudrù, io ho fatto ciò che mi fù ordinato, e loro [non] han fatto nulla, vogliono che la forza decida la questione, sia dunque la forza [a decidere] e gli aspetto il tal giorno, affinché abbiano tempo a prepararsi; vi prevengo però che per ora io non voglio raccomandarmi all’estero, e voglio che bastino i miei amici di Gudrù; così si separarono.

[p. 253] Dopo questo fatto Gama venne da me e mi disse di radunare tutti gli effetti della casa, e di mandargli alla casa di Workie vicina al fiume e di stare preparati per ogni caso che potesse succedere; la stessa parola d’ordine diede a tutto il suo partito. Anche i Waracumbi fecero lo stesso, ciascheduno pensò a salvare almeno le cose più preziose. Ga- /147/ ma aveva dato 15. giorni di tempo; io per parte mia ho radunato tutti gli effetti più importanti, una decina di involti, ed ho lasciato il puro necessario per vestire e dormire. [Ne] Ho spedito alla casa di Workie la maggior parte, ed ho lasciato due involti nei quali vi erano alcuni effetti di Chiesa, ed alcune vesti mie.

mia fuga verso il fiume alla casa di Workie Jasu;
rubarizio.
Il giorno avanti la guerra io doveva partire, e si fecero ancora due involti nei quali esistevano gli effetti della cappella i più necessarli per la Messa, e prima ancora che io partissi feci discendere due asini carichi degli involti rimasti, nei quali vi erano le mie vesti quotidiane, delle quali mi sono spogliato quella stessa mattina, ed io sono disceso vestito di bianco all’uso del paese. Arri[vato] alla casa di Workie, e poco dopo mi arrivano i giovani che accompagnavano gli asini a dirmi, che alcuni Waracumbi [p. 254] in strada gli hanno spogliati, e preso tutto; ho mandato subito Abba Joannes a trovate Gama, e questi rispose: oggi non è il tempo di procedete, state tranquilli che io vi penserò; così passò la giornata, e per fortuna che nei paesi bassi faceva molto caldo, [perché] io non aveva altro che la camicia e la mia tela per la notte, e certe proviste del giorno per mangiare se ne andarono; così passammo la notte con un poco di cena che ci mandarono le persone di Workie. L’indomani era il giorno della gran decisione, ed appena detta la preghiera del mattino ho mandato tutti i giovani alla casa con mille raccomandazioni, per salvare ancora qualche cosa rimasta in caso di disfatta, e così me ne sono rimasto tutta la mattina solo, ed ho fatto il mio pranzo con un poco di pane e latte che mi diedero i padroni di casa. Circa un’ora dopo mezzo giorno [avvertii] un gran guazzabuglio di persone fuggitive verso il baso, ed un gran fumo; forze la nostra gente è in fuga, [pensai,] e le nostre case che ci costarono tanta fatica se ne vanno in fumo.

esito della guerra. Mentre io me ne stava nel più cupo della malinconia, arriva uno dei nostri ragazzi a darci la gran notizia: Gama è vincitore [e] ha dato il fuoco a tutte le case dei capi Waracumbi, i quali sono tutti in fuga.

[p. 255] consolazione e pena. L’uomo formato sulla tracia lasciata da nostro Signore non lascia di godere un momento quando sorte da una crisi pericolosa, e ne ringrazia Iddio, ma poi [rivestito] della carità insegnataci dal divin Maestro non lascia di sentire la pena, e dice con Davidde[:] benedetto sia Iddio che mi tolse da ogni angustia, ma poi non lascia di piangere sulla morte di Saulle e di Gionata. io poi pensando alle conseguenze di queste guerre aveva tanto più ragione di affliggermi. A misura che il mondo si ritirava se ebbero tutti i detagli. La maggior parte del Gudrù fu /148/ con Gama; egli come un generale d’armata comandava i suoi, e prima volle sostenere la lotta per più di due ore colle sole armi del paese, caddero alcuni, e molti furono feriti dei suoi più cari; ma poi per finire la questione lanciò in mezzo i trenta fucilieri, ed in un colpo più di dieci fra i nemici caddero vittima, e [gli altri] spaventati fuggirono. I morti furono tutti emasculati, e si diede il fuoco a tutte le case dei capi, lasciando [quelle di] tutti i subalterni per invitarli alla pace.

sono invitato a ritornarvi, io aspetto. Gama mi mandò della stessa sera un nunzio della vittoria, e mi invitava a rimontare, ma io sotto pretesto di dar tempo per aggiustare la casa ho creduto meglio di aspettare ancora due o tre giorni per non far vedere ai vinti che io prendeva [p. 256] una parte troppo attiva nella vittoria, e provare così la mia indifferenza nella politica del paese. I capi Waracombi con molti altri più influenti sono fuggiti all’estero, ma tutti gli altri Gama gli lasciò in pace, dandogli un certo tempo per fare la pace formale, e dichiararsi del suo partito. I nemici di Gama sparsi all’estero intorno al Gudrù fecero tutti i tentativi per un’altro atacco coll’ajuto degli esteri, ma l’influenza di Gama era dovunque troppo forte per trovare chi volesse risolversi [ad aiutarli]; non è che dopo sei mesi [che] riuscì loro di radunare un’armata tal quale per tentare [la rivincita]. Fratanto quasi tutto il Gudrù si è dichiarato apertamente per Gama, e del Gudrù furono pochissimi che si unirono [ai Waracumbi]. Quando vennero Gama andò a ricevergli sulle frontiere, ed ebbero una sconfitta quasi totale. Dopo di ciò Gama restò in pace per quasi cinque anni padrone di tutto il Gudrù. Furono confiscati tutti i beni dei forusciti, e dati molti [di questi] ai suoi soldati, e qualche cosa anche alla missione.

mio ritorno ad Assandabo;
solenne ricevimento.
Ho voluto finire la storia della guerra di Gama, ma ora ritorno al posto mio. Dopo tre giorni vennero gli allievi a prendermi, e sono rimontato alla casa di Assandabo, dove mi aspettava Gama con tutta la sua famiglia, ed un lautissinio pranzo [p. 257] con un bel bue e qualche vaso d’idromele. Gama mi trattenne raccontandomi il suo modo di procedere, la sua pazienza, e tutta la sua condiscendenza coi nemici, perché sapeva molto bene i miei sentimenti su questo punto; nulla mi disse dei suoi trionfi, persuaso che io già tutto sapeva. Tutto va bene, dissi, ma l’ultimo tribunale è sempre il torba Gudrù, e tu devi rispettarlo. Allora egli mi rispose: quando il torba Gudrù non può più far rispettare le sue decisioni, ma lascia ogni cosa alla forza privata, cosa faciamo? A questo io replicai: tu lo devi sostenere colla tua forza hai capito? Così terminò la nostra conversazione per quel momento. Io sono rientrato in casa per gustare qualche cosa, e quindi mi sono occupato ad assestare la casa.

/149/ questione degli effetti stati rubati. Gama intanto fece delle pratiche per far[ci] restituire i quattro involti cogli asini ultimamente spediti, e stati rubati dai Waracumbi, ma siccome questi erano tutti in [di]rotta, e molti fuggiti all’estero, appena si poté avere qualche risposta da alcune persone lasciate per la custodia delle case. Da quanto pareva, gli effetti rubati erano stati depositati in qualche luogo, e non si sapeva neanche precisamente dove fossero, [p. 258] ed io non voleva poi tanto spingere questa questione per non essere causa di violenze verso i colpevoli; benché questi non si meritassero compassione, attesoché in quei giorni di fuga regnava ancora la pace, e tutti trasportavano i foro effetti in luogo lontano dal teatro della guerra, per salvargli dal fuoco ad ogni caso. Questi momenti nel sentimento publico sono come sacri; i due partiti mettevano tutti in sicuro i loro effetti senza timore; fu un’odio particolare contro di noi che produsse questo sconcerto, epperciò non si meritavano misericordia, ma la mia posizione di uomo apostolico, e di forestiere mi consigliava moderazione. Comunque, gli effetti nostri perduti immancabilmente si sarebbero trovati, ma era questione di pazienza e di tempo. Due cose mi rincrescevano, una era la mancanza degli effetti di Chiesa, cosa che ci impediva la celebrazione della S. Messa; e l’altra era la mancanza delle mie vesti ordinarie, sopratutto il mio mantello o burnos: che soleva sempre vestire.

mancanza del necessario per la mesa, e del burnos Non essendo io accostumato a portare la tela del paese sopra la camicia, doverla portare mi era di grande incommodo; d’altronde il publico accostumato a vedermi sempre con quel burnos, tutti domandavano il perché non ritornava a casa, parendo loro [p. 259] sempre che io non vi fossi: dimodoché la mancanza della Messa e di questo burnos teneva la casa in sospeso, direi quasi in uno stato precario, e dava motivo a parlarne soventi. Prima della guerra, quando la casa era in uno stato normale, la sera prima di corricarmi soleva levarmi questo burnos e sospenderlo ad un legno vicino al letto per averlo commodo di notte in caso di levarmi per qualche bisogno, oppure per sorvegliare la casa, e la mattina levandomi, la prima cosa [che facevo] era di mettermi il mio burnos, ed era divenuta questa come un’abitudine. Una sera prima di corricarmi, seduto sul mio letto faceva una specie di conferenza ad Abba Joannes, secondo il mio solito, e sortì il discorso di questo buenos, domani, disse voglio tentare se posso averlo con qualche manegio; no, dissi, non sollecitare troppo questa questione, perché altrimenti Gama annojato deciderà qualche pigliagio [contro] quella gente; così ci siamo separati. La mattina mi levo, e senza riflettere, ubbidisco al costume antico, stendo la mano, trovo il mio burnos, lo vesto, e vado alla pre- /150/ ghiera; io ancora non mi accorgeva, finisco la preghiera, facio il catechismo, e tutto finito, mi dicono[:] dove l’ha trovato? allora m’accorsi del fatto straordinario

tutti gridano [al] miracolo; questioni in proposito. Tutti fecero gran meraviglia, e gridarono al miracolo: io ho creduto un momento che qualcheduno mi aveva fatto un colpo di mano, [p. 260] ma poi vedendo che tutti erano estranei a questo affare, io stesso ho dovuto ammirare qualche cosa di straordinario. Ciò non ostante ho voluto esaminare meglio con calma [la cosa], ed ho voluto interrogare tutti in particolare quelli che potevano avere concorso in qualche modo a questo fatto, ma ho trovato che tutti erano stranieri a questo fatto; i due o tre giovani che avevano fatto l’involto erano d’accordo a dire d’averlo posto in un involto, e dentro vi avevano inviluppato certi oggetti fragili. Anche Gama avendo inteso questo fatto venne, e volle esaminare bene ogni cosa per vedere se presso i ladri gli involti erano stati aperti, ma tutto risultò, come prima. La notizia di questo fatto corse da tutte le parti, anche fuori del Gudrù, a segno che i ladri stessi temevano che i depositarii avessero aperto gli involti. Questo burnos fu conservato sempre nella missione di Lagamara come una reliquia, ed io l’ho ancora veduto nel mio ritorno da Kafa.

restituzione degli asini e degli oggetti perduti. Dopo circa un mese [i ladri] ottennero da Gama il salva condotto per venire in Assandabo a fare la restituzione degli asini, degli involti, e di alcuni oggetti separati che vi erano. Gli involti furono trovati legati come erano stati spediti; furono aperti alla presenza di Gama e di molte persone; tutto fu trovato eccetto il burnos, e gli oggetti fragili che in esso si dicevano [p. 261] inviluppati [nel burnos] furono trovati sani e senza inviluppo. In vista di questo gran fatto Gama fece entrare in casa sua questi ladri, diede loro un gran pranzo, e dopo [, e dopo] fece la pace gratis con loro rimettendoli in possesso di tutti i loro beni, e [con] piena libertà di rimanere in Gudrù nelle loro case. Divennero i medesimi grandi nostri amici.

Gama incommincia [a] organizzare il suo piccolo regno. Passata la guerra, Gama incomminciò ad organizzare la sua piccola armata. Aveva un fuciliere cristiano per nome Waldeghiorghis, persona molto capace, e di una grande abilità nell’uso delle armi, principalmente del fucile; lo adottò in figlio, gli diede un gran terreno sufficiente per mantenerlo, e lo dichiarò capo di tutti i suoi soldati, e delle spedizioni militari. Fu questi il primo che prese moglie cristiana e volle sposarsi in tutte le forme cattoliche. Un Mercante ricco e molto affezionato, da molti anni residente in Gudrù, e parimenti cristiano fu fatto capo e giudice di tutte le questioni del mercato, con ingerenza ed autorità sopra tutte le carovane dei mercanti, e come suo rappresentante in tutte /151/ le cose spettanti il commercio. Stabilì una modicissima dogana sul mercato solamente per i mercanti venuti dall’estero. Proclamò in fine la libertà [p. 262] del culto, ma i miei fratelli del Gudrù, disse, desidero che non mangino carne dell’animale ucciso dai mussulmani, e che osservino la Domenica, come giorno dedicato a Dio. L’esternare il desiderio che i galla di Gudrù non mangiassero came di animale ucciso dai mussulmani fu per lui lo stesso che dire desiderava che si facessero cristiani, perché in tutti quei paesi dell’alta Etiopia, lo scannare un’animale è un’atto religioso, come un sacrifizio di tradizione castale di tradizione antimosaica, ed una persona che mangi came uccisa dai mussulmani è come un dichiararsi mussulmano, e chi ne mangiasse di quella uccisa dai Cristiani, sarebbe stato un dichiararsi cristiano. Ha proclamato questo per far piacere alla missione, come esternando dolcemente un’inclinazione al cristianesimo a preferenza della religione mussulmana. Era tutto quello che poteva fare per non sollevare questioni e guai.

piccole decime alla missione;
nuova cappella di s. Michele.
Incomminciando da quell’epoca Gama, benché ancor molto lontano dal cattolicismo, pure ha sempre considerato la religione cattolica come sua religione. Ogni Lunedì dopo il mercato della poca dogana che veniva dal mercato in sali e cose mangiative non manca[va] mai di mandare una specie di decima alla missione. Come la nostra cappella dell’interno era molto piccola [ 263] Gama ne fece fare un’altra un poco più al Nord sopra un vasto terreno dato alla missione, dove col tempo sarà costruita la casa madre della medesima. Questa Cappella fu dedicata a S. Michele, dichiarato protettore dell’armata di Gama. In ogni spedizione militare i soldati prima di partire vanno a S. Michele, e fatta una bre[ve] preghiera se ne vanno. Al loro ritorno, prima di entrare nelle loro case vanno a S. Michele, e se la spedizione ha riportato qualche cosa, fa il suo regalo alla Chiesa, e poi si ritira. Da questa nostra Chiesa verso il Nord l’occhio passa sopra la vallata del Nilo, e va a fissarsi a Jebuna sul bordo dell’alto piano opposto del Gogiam, e villagio o borgo di Egibiè, dove si trova l’altro gran mercato del Gogiam che da la mano a quello di Assandabo nel cangio delle merci del Sud col commercio del Nord.

i soldati di Gama scortano la carovana che va al Gogiam. Gama per assicurare il libero commercio fra questi due gran mercati dell’alto piano etiopico ha ordinato che i suoi soldati, l’indomani del mercato di Assandabo, accompagnassero la gran carovana dei mercanti che si reca in Gogiam; quindi ha conchiuso col governatore di Egibie, affinché alla partenza delle carovane [p. 264] dal Gogiam al Gudrù fossero accompagnate con’eguale scorta, onde assicurarle dai razia distruttori del Kuttai, che soleva discendere, e costeggiando il Nilo, molte /152/ volte con un’imboscata si gettava sopra le medesime ne faceva un massacro e rubava tutto quello che vi era. Prima di Gama questi razia si moltiplicavano molto, ma egli ha saputo impadronirsi delle chiavi principali della politica favorevole ai medesimi, ed arrivò ad arrestargli. Il Kuttai ha bisogno del mercato di Zemie per il suo commercio, e Workie Jasu capo di Zemie, del cui mercato mangiava le dogane, per obligare i mercanti di Assandabo a passare in Zemiè teneva mano al Kuttai per questi Razia. Gama molto amico di Workie Jasu da una parte, e dall’altra avendo guadagnato una grande influenza sul Kuttaï, arrivò ad impedirle. Per questo il Gudrù ha avuto bisogno di Gama per mantenere il suo gran mercato.