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18.
Ragioni del viaggio a Lagàmara.
Ordinazione sacerdotale di abba Joannes

ragioni pro e contro il mio viaggio di Lagamara. Dopo tutte queste vicende io doveva pensare a Lagamara, dove si lavorava con grand’energia alla costruzione della casa sulla speranza della mia venuta colà; naque perciò il bisogno di spianare tutte le difficoltà [opposte] a questa partenza, difficoltà di ogni genere. La missione del Gudrù non si poteva più abbandonare per moltissime ragioni; prima di tutto, perché aveva già dei cristiani, i quali non si potevano abbandonare più. [p. 265] In secondo luogo, perché il Gudrù è la porta di entrata e di sortita dei paesi galla. In terzo luogo perché la missione è stata per quasi tre anni molto favorita, e direi quasi in gran parte mantenuta da Gama, titoli tutti di gratitudine che ci obligano a passare d’intelligenza con lui. Le ragioni favorevoli allo stabilimento di Lagamara sono anche molte. 1. Lagamara è più centrale e più prossima alle missioni del Sud già stabilite. 2. Lagamara è più lontana da una crisi contraria proveniente dalla politica nemica dell’Abissinia. 3. In Lagamara esistono molte famiglie Cristiane, le quali diversamente minaciano di passare al paganesimo. 4. Lagamara è un paese agricolo, dove si trovano terreni in afitto e si fanno coltivare a metà per la famiglia ed i poveri, mentre nel Gudrù bisogna che tutto venga dal mercato: 5. Lagamara si presta per aprire all’Ovest, per la via di Leeca, Baccarè, e Fasuglu.

ragioni generali per un sistema di andare e venire Un missionario europeo quando è rimasto in un luogo qualche anno con successo pare una cosa conveniente di restarvi sempre, come arriva in Europa fra un popolo già tutto cristiano, eppure accade l’opposto nelle missioni fra i barbari[;] [p. 266] egli restando molto tempo perde con facilità il suo prestigio guadagnato, ed ha bisogno di andarsene altrove, e poi, se può ritornarsene per dare un’eccitamento col suo antico prestigio. Sotto un rapporto i barbari sono come i ragazzi, ed accostumati troppo vi calpestano, ed abituati alla parola non la venerano più come prima. Sotto un’altro rapporto poi i medesimi hanno delle grandi passioni proporzionate ai loro paesi, ed alla civilizzazione della /154/ loro società, passioni di predominio, passioni d’invidia, passioni di odio fra loro; e ciò tanto più che il ministero sacro fra i barbari nel suo principio non fa brecia sopra tutta la popolazione in massa, come arriva nei paesi d’Europa, dove si lavora sopra una base cristiana, ma fa brecia solamente sopra una frazione minima.

continua il ragionamento Se il missionario ha saputo rendersi utile con altri servizii materiali, come la medicina, oppure altro simile, allora avranno di lui un’idea molto favorevole, e molti guidati da una speranza futura saranno anche obligati a rispettarlo, ma fino a tanto che la fede non ha fatto brecia nel suo cuore, tutto ciò che è semplicemente materiale non può avere una gran forza [p. 267] per resistere ad un’altra passione materiale più forte, perché la sola fede è quella che presenta il missionario sotto un’altro aspetto superiore a tutte le cose materiali da tenerlo sempre nel suo posto in tutte le collisioni che non mancano mai frà i poveri barbari che non sanno pascolarsi di altro che di materia. Di ciò noi ne abbiamo una prova nella nostra stessa Europa in questi ultimi tempi, dopo che sgraziatamente una parte della società nostra ha perduto la fede; due caste che non si comprendono, e non si avvicinano: la casta dei liberi pensatori non è più capace di sollevarsi per comprendere i bei discorsi fatti dai nostri oratori cattolici, nei quali con calcoli matematici provano loro la presenza del precipizio sociale; le stesse opere di carità ammirabili parti di filantropia nel loro senso, non sono più ne comprese, ne valutate; anzi tutto ciò da loro non è più ne cercato, ne letto, ne sentito, [perché ridotti a] vere machine materiali, regolate e mosse da passioni materiali, ecco tutto.

conclusione. Ora il missionario frà i barbari, dopo avere ottenuto un successo nell’opinione publica, continuando a restare fra loro, non potendo far a meno che prendere una minima parte [agli interessi locali], non fosse altro che per difendere i proprii neofiti, oppure nell’esternare la sua riconoscenza [p. 268] a persone che ci hanno prestato grandi servizii, tanto basta per essere presi di mezzo in queste crisi inevitabili in tutti i paesi, dove non esiste, una società con un’organizzazione di ferro. Gama aveva fatto del gran bene alla missione, e noi non potevamo separarci da lui senza meritarci la tacia d’ingrati presso gli stessi nemici. Gama non pensava affatto alla crisi succeduta, anzi calcolava di ottenere il suo scopo senza guerra affatto per acclamazione publica, altrimenti io sarei sortito prima dal Gudrù per non trovarmi in questa crisi. Ma i Waracumbi hanno avuto troppa premura, ed hanno cercato di prendere Gama impreparato per vincerlo, ed io non ho avuto tempo di fare onoratamente la mia operazione.

/155/ apro il mio cuore a Gama; sue proteste. Io non ho nascosto tutti questi miei ragionamenti a Gama, ed egli, uomo riflessivo, aveva compreso molto bene il sistema nostro, ed un giorno parlando appunto della questione presente, vedete, disse, io sono stato sorpreso dai miei nemici, e sono stato obligato a fare presto un’operazione a cui non vi pensava; del resto vi assicuro che ho conosciuto il vostro sistema, ed il vostro spirito, e vi assicuro, che se avessi preveduto per tempo tutta questa crisi vi avrei avvertito, e forze io stesso vi avrei esortato ad allontanarvi, perché sarebbe stato un bene anche per me che voi conservaste tutto il vostro prestigio sopra tutto [p. 269] il Gudrù per ogni caso di ulteriore movimento. Postoché Iddio oggi mi ha liberato da questa crisi, e mi ha fatto padrone del Gudrù, avrei bramato di vedervi qui un poco [a] riposare, poiché nulla avvi più a temere; io allora potrei darvi qualche segnale di tutto quel rispetto e gratitudine che vi professo. Io però non voglio punto disturbare tutto il corso delle vostre operazioni, e dichiaro sin da questo momento di lasciarvi libero di andare e venire colla sola condizione che questa casa di Gudrù stia sempre aperta, assicurandovi che farò sempre per la medesima tutto quello che ho sempre fatto sin quì, e che voi dopo qualche tempo ritorniate. Vi avverto però che dovunque troverete difficoltà di questo genere, ma la vostra prudenza vi farà padrone del mondo, come l’ha fatto qui; Iddio è con voi, e tanto basta.

mia risposta a Gama. Da questa parlata si vede che bel carattere aveva Gama carattere degno di un re; bisogna confessare che fu questo carattere schietto, e cuore generoso che lo innalzò sino al punto che è arrivato. Io gli ho risposto avanti tutto ringraziandolo per tutto quello che ha fatto alla missione, passando in revista tutte le cose principali da lui fatte per la missione. Che io vada o che io venga, dissi, il Gudrù sarà sempre [p. 270] il mio paese, dal quale non potrò mai allontanarmi. La mia casa in Gudrù terrà sempre viva la mia parola, sia per quelli che la desiderano per la salute dell’anima sua, sia ancora per mantenere viva la corrispondenza, e la gratitudine verso gli amici. Non vi facio complimenti in proposito della vostra vittoria, perché penso ai vinti, i quali mi sono tanto cari, quanto lo siete voi. Io sarò felice il giorno in cui sentirò che tutti i vostri nemici saranno rientrati in Gudrù, saranno arrivati ai vostri piedi, e beveranno un corno d’idromele in vostra compagnia. Una sol cosa mi addolora, ed è che lo scopo che mi sono prefisso venendo in Gudrù da lontani paesi, quello cioè di vedergli tutti cristiani, ed in via di salute, era ancora molto lontano, e molti del Gudrù ancora non avevano compreso la mia missione. Allora Gama prese la parola, e tutto commosso disse: questa è opera di Dio, e Iddio certamente lo farà.

/156/ sono libero di partire per Lagamara;
mi preparo alla partenza.
Così ha terminata la nostra conferenza, ed io ho conosciuto di essere perfettamente libero nelle mie operazioni, e che poteva calcolare sulla persona di Gama per la sicurezza e per i bisogni della mia casa di Gudrù; ma il momento della partenza non era ancora arrivato, ed a questo riguardo aspettava ancora una parola [p. 271] da Lagamara, dove colla massima sollecitudine si lavorava a preparare il luogo, e l’abitazione. Fratanto ho avuto tutto il tempo per preparare tutte le cose mie. Gli effetti della casa erano ancora in parte nella casa di Workie, verso il fiume, e gli ho fatto venire, ma quando mi sono posto a dividergli per lasciare ancora il necessario alla casa del Gudrù, riguardo alla cappella appena mi restava il puro necessario. La spedizione del Sud per due case aveva decimato molto tutti i nostri effetti di Chiesa, non vi rimaneva più che un solo ferro per le ostie, ed un vaso dell’olio santo. Per tutte le vesti io non era imbarazzato, perché poteva farmele, avendo imparato a farle prima di partire dall’Europa.

mancanza di missionarii;
difficoltà per le corrispondenze colla [costa] [e] col mare.
Dal momento che partirono per l’Ennerea i miei compagni ho sempre sperato l’arrivo di qualche missionario dall’Europa, e viveva ancora di quella speranza, ma da un giorno all’altro questa mia speranza, non solo andava delusa, ma ancora, dopo l’espulzione del padre Giusto dal Beghemeder persino le corrispondenze divenivano ogni volta più rare e difficili. Aveva spedito parecchi corrieri alla costa con lettere, nelle quali io domandava missionarii [p. 272] ed alcuni oggetti di prima necessità che aveva lasciato a Massawah, ma gli stessi corrieri non ritornavano più. Da qualche lettera che mi arrivò seppi che il P. Leone des Avançer di ritorno dall’Europa aveva portato con se il P. Gabriele da Rivalta, e dovevano trovarsi alla costa con molti oggetti di Chiesa di nuovo venuti con lui, ma poi dove [fossero] andati i missionarii, e dove [si trovassero] tutti questi oggetti, [non ebbi] più nessuna notizia affatto, tutto finiva in una speranza di nessun colore. Teodoro si trovava ancora nel forte delle sue conquiste aveva messo tutta l’Abissinia in perfetto disordine; Degiace Ubiè, ingannato e tradito da Blata Quocabie era disceso dal Semien nel Waggarà per battersi con Teodoro, e dopo un breve combattimento, dove perdette il suo figlio Degiace Escetù, [9.2.1855] fu consegnato al nemico, il quale pensava ad incoronarsi imperatore sotto il nome di Teodoro secondo. [11.2.1855] Frammezzo a questo guazzabuglio il paese si trovava in perfetta anarchia, e tutte le strade erano chiuse, principalmente ai missionarii cattolici perseguitati dal Vescovo Salama.

ho deciso di ordinare abba Joannes Morka. In vista di tutte queste circostanza, le quali mettevano in forze la venuta di missionarii, forze per qualche anno ancora, io ho preso la risoluzione di ordinare sacerdote il mio diacono Abba Joannes Morka, giovane cer- /157/ tamente non istruito [p. 273] abbastanza, ma di un fervore e di un zelo oltre ogni credere. Per l’ordinazione di questo giovane diacono vi era ancora una difficoltà, quella cioè dell’età canonica. difficoltà per conoscere l’età di un giovane. Tanto in Abissinia quanto fra i galla, e generalmente in tutti quei paesi dell’Africa orientale, non vi sono registri [anagrafici]. Quando la madre è vicina [cioè consultabile], essi sola suol’occuparsi della nascita del suo figlio e può dare un’aprossimativo [giudizio] fissandosi sull’epoca delle evoluzioni politiche, e dice per esempio[:] è nato nel mese tale nel primo o secondo anno del regno del tale, oppure nei paesi galla, dove esistono le evoluzioni di otto anni dette Butta, essa dice[:] nel tale anno del Butta tale; in questo modo si può avere un calcolo aprossimativo. Ma dove non esiste la madre, cercare l’età di una persona è un vero caos. Per questa ragione io mi sono munito della facoltà di ordinare a vista, quando un giovane presenta aprossimativamente l’età canonica. Anche questo è molto incerto, perché i segni della virilità per una parte anticipano, come la pubertà, per l’altra ritardano, come la barba ed i peli.

Ho voluto esporre questa difficoltà, per far conoscere un punto di storia del paese, il quale potrebbe essere utile ai missionarii che partono per i paesi barbari, affinché prima di partire [p. 274] [sappiano regolarsi] onde procurarsi tutte le facoltà per questa parte. Nel Tigrè avendo fatto molte ordinazioni, prima ancora di avere una facoltà particolare su questo punto, per alcuni ordinandi che mi presentò il Signor Dejacobis, allora solamente prefetto, ho avuto delle difficoltà per ordinargli; alcuni avevano un’aspetto molto giovane, ed appena io gli giudicava di 18. anni, eppure dall’esame fatto risultava che passavano i 24.; alcuni altri tutto all’opposto si supponevano arrivati [all’età canonica], e poi dall’esame fatto si trovarono sotto i 20. anni. Ne. ho veduto alcuni, i quali avevano sofferto molto nell’infanzia di miseria, ed a 15 anni se ne dava appena dieci; dopo poi trovandosi bene e con una buona tavola si sviluppano precipitosamente. Chi gli conosce molto da vicino da altri segnali può giudicare un poco meglio, ma un Vescovo che giudica dall’apparenza di quel giorno può sbagliarsi.

calcolo sull’età di Abba Johannes;
sua ordinazione in sacerdote
[25.3.1854].
Il mio diacono Abba Joannes è stato comprato dal P. Cesare in Gondar in Decembre 1847., e da una sua lettera si dava l’età di circa 15. anni. Quando l’ho battezzato in Gudarit [nel] 1849. io lo giudicava verso i 18. anni. Al mio ritorno dall’Europa, e dal viaggio del Sennaar, quando l’ho trovato in Gogiam non lo conobbi più, tanto era maturata la sua persona, [e] l’avrei giudicato di 22. e più anni. Nel tempo che l’ho ordinato suddiacono, uno che non l’avesse conosciuto prima l’avrebbe [p. 275] giudicato già oltre i 24. [anni,] ma io che l’ho conosciuto, /158/ appena, a rigore di calcolo, posso dire che ha 22. anni, e lo posso ordinare canonicamente, avendo da Roma la facoltà di dispensare per 18. mesi, senza di che ordinandolo senza la dispensa suddetta, colla facoltà di ordinare a vista mi sarei sbagliato di molto, relativamente all’età canonica in proporzione di quanto presentava l’aspetto. Posso assicurare però, che fra i molti che ho ordinato, in nessuno ho provato la pienezza di consolazione, quanto nell’ordinare sacerdote questo giovane, che per quanto fosse giovane, era vecchio di virtù e di fuoco evangelico; la sua virtù ed il suo zelo compensavano la scienza, di cui era ancora mancante.