/176/

21.
Nuovamente a Kobbo e a Loja.
Kisti-Duki, Aviètu, le mogli di Negùs-Sciùmi.

[p. 307] Dopo questo, senza perdere il mio tempo ho voluto pensare ad organizzare il mio viaggio. Non volendo lasciare il Gudrù senza rivedere Gobbo, ove mi premeva di dare un secondo eccitamento a quel villagio cristiano, e vedere di amministrare i Sacramenti ad alcune persone già mezzo preparate, ho mandato colà Abba Joannes con due a[l]tri giovani a riprendere il catechismo, assicurandoli che io sarei arrivato frà tre o quattro giorni, portando con me la medicina del [male] venereo che aveva promesso ad alcuni; ho aggiunto anche ai medesimi una donna, con ordine di spedirla a Lagamara accompagnata da un giovane, la prima occasione che avrebbero trovato una compagnia; a quest’ultimi ho consegnato una lettera al P. Hajlù, nella quale gli diceva che sarei venuto per la via di Gombò.

partenza da Assandabo; arrivo a Cobbo. Difatti, aggiustate tutte le cose della casa, e congedatomi dalla casa di Gama, accompagnato da molti dei nostri cristiani dei contorni tre o quattro giorni dopo sono partito per Gobbo. Arrivato a Gobbo tutto il villagio cristiano mi venne all’incontro; il primo a presentarsi fu Gemberiè [il] fabricatore degli eunuchi, e ciò che mi stupì più di tutti fu la mussulmana tutta umile e compunta; ho domandato cosa voleva [significare] quel cambiamento, ed Abba Joannes mi rispose che Gama gli aveva mandato qualche parola di salute, e viddi che la predicazione di Gama [p. 308] era stata più efficace della mia; intanto fui stupito al vedere come Gama, il quale, quando io gli ho parlato di questa donna, non ha lasciato di opporre delle difficoltà, abbia subito fatto sentire la sua voce; da ciò mi sono persuaso sempre più che Gama era veramente uomo degno di regnare, perché dice poco e fa molto, [dimostrando un] carattere grande. viene Kisti Duki; sue regalie a me. La sera stessa del mio arrivo a Gobbo venne Kisti Duki a trovarmi. Questi avendo sentito che io doveva venire in Cobbo venne espressamente da un’altra proprietà lontana per trovarmi portandomi un bue di regalo in ringraziamento della cura che gli aveva fatto /177/ in Assandabo della sua malattia venerea, e dopo di lui lo seguiva una processione di schiavi, i quali portavano pane, birra, idromele e latte in quantità; dope aver parlato diede ordine ai suoi schiavi di portarmi mattina e sera circa due litri di latte, e 15. pani tutti i giorni sino alla mia partenza.

Kisti Duki solleva la questione del ragazzo e della ragazza galla Dopo che Kisti Duki ha terminato tutti gli atti di convenienza e cortesia che sogliono aver luogo in facia di tutti mi prese in disparte, e mi sollevò due questioni. Come io, disse, sono il capo di tutti questi contorni di Cobbo e padrone indiretto di questo villagio debbo finirla riguardo a questi scandali di Gemberiè, e di questa mussulmana. Fin qui [non] ho mai parlato, perché noi Galla non usiamo [di] occuparsi della casta mercante, [p. 309] ma oggi che lo stesso Gama mi ha dato l’impulzione non posso restare più in silenzio: chiamato Aboi ed alcuni altri i più principali del villagio fece loro una buona strapazzata per non aver agito come capi della casta mercante, ed aver permesso dei scandali che disonorano il paese; in loro presenza fu chiamato Gemberiè e gli fece l’intimata formale, ma questo, dissi io, è un’affare già finito. sentenza. Venne poscia la mussulmana, ed in sua presenza si presentò la donna [donna] galla col ragazzo rovinato che perdeva gli escrementi, e la sua sorella maggiore stata viol[ent]ata quasi per forza. Furono chiamati i giovani della mussulmana accusati di questi delitti, e convinti del loro delitto, fu condannata la mussulmana alla riparazione dei danni verso la madre del ragazzo e della ragazza, come padrona e risponsabile delle persone di sua casa. I due mussulmani accusati cercarono [di] difendersi dicendo che in Gogiam chi abusa di una persona qualunque, questa ha niente da ripetere quando è stata pagata; allora Kisti Duki finì la questione dicendo: Se voi aveste fatto questo con [i] mercanti potevate essere giudicati secondo gli usi del Gogiam, ma avete fatto ciò con dei Galla, epperciò dovete essere giudicati secondo gli usi galla; d’altronde io non credo che in Gogiam si usi così quando si tratta di ragazzi, e ragazzi violentati. Così finì la questione, [ 310] dichiarando Aboi Sciaifù risponsabile dell’esecuzione di detta sentenza, sotto pena d’espulzione dei delinquenti dal Gudrù in caso di ulterio[ri] riclami.

Kisti Duki domanda la medicina del venereo per le sue mogli. Dopo ciò, avendo licenziato tutti, parlò con me della cura venerea che gli ho fatto in Assandabo nel primo anno dopo la mia venuta. Senza di voi, disse, io sarei già morto; oggi sono perfettamente guarito, e non mi è rimasto altro che un poco di raucedine; epperciò, dopo il mio Padre, voi avete il primo posto nel mio cuore. Voi mi avevate detto di astenermi dalle mie mogli infette di sifilide; io me ne sono astenuto fin qui, ma ho compassione di esse che sono desolate per questa ragione; io /178/ sono ricco e non manco di donne, ma esse che sono maritate con me, e non possono più maritarsi sono più degne di compassione, (quì si gettò ai miei piedi) vi prego perciò di usare [fare] ad esse la stessa cura che avete fatto a me. Se si tratta di paga io vi darò tutto quello che mi domandate, ma per carità non negatemi questo piacere.

Caro Signor Kisti, io risposi, io non uso di ricevere paga dagli uomini, poiché amo di essere pagato da Dio, il solo buon pagatore; quando avrò bisogno per me, e per i miei poveri, io vi domanderò di soccorrermi per carità, e così tutti [e] due riceveremo la paga da Dio, io per aver fatto, e voi per aver dato per amor suo. Come ho fatto quello che ho potuto per voi, così farò anche per le vostre mogli. Ma permettetevi che vi domandi una cosa: [p. 311] cosa ne fate di tante mogli? non siete più giovane, e Iddio ne permette solaniente una, non vi potrebbe bastare una sola? Io conosco oggi troppo tardi, rispose egli, tutto quello che mi volete dire; Negus Sciumi mio grande amico mi disse tutto quello che avete detto a lui, ed il bravo Avietu che voi avete maritato pochi giorni sono colla figlia di Gama, non sono più di due giorni mi disse tante belle cose da farmi piangere, ma cosa volete? Le mie mogli oggi sono legate con me, e non possono più maritarsi con altri, e passano già i due anni dacché sono separato da loro per timore di riprendere il male; ed anche supponendo di non accostarmi più a loro, come potrò lasciarle così, mentre sono certo che io sono quello che ho communicato loro il male venereo?

disposizioni per il viaggio di Loja. Vedendo che gli scandali, che tanto mi occupavano erano come tolti [non] mi restava solamente più che tre cose a pensare[:] 1. prendere le misure e fare i preparativi per la mia partenza. 2. Vedere i Sacramenti che si potevano amministrare. 3. Dare le medicine del [male] venereo alle poche persone che [io] aveva fissate di dare.

Riguardo alla mia partenza ho [ho] spedito Abba Joannes a Loja ad Avietù, affinché mi aspettasse; significasse a lui che io pensava di restare in Loja qualche giorno per continuare il catechismo incomminciato, e frattanto egli pensasse [p. 312] a prendere le sue precauzioni per il mio viaggio per Gombò, e per Lagamara. ministero sacro in Cobbo. Essendo ritornato Abba Joannes la sera dello stesso giorno da Loja, abbiamo passato ancora parecchj giorni in Cobbo occupati nell’istruire i nostri neofiti, e preparare alcuni a ricevere i Sacramenti. Gemberiè e la mussulmana erano i più assidui al catechismo; benché io attribuissi ciò più alla grazia venuta da Gama e da Kisti Duki, pure non ho lasciato di servirmi del buon movimento per fare gli ultimi sforzi onde guadagnare quelle due anime per- /179/ dute, ben sapendo che Iddio, sempre Padre sollecito della salute delle anime nostre, qualche volta si serve anche della sferza per ricondurre le pecore all’ovile, onde non siano sbranate dal lupo. Siamo arrivati con tutta facilità a poter battezzare alcuni ragazzi e ragazze già grandicelli bisognosi d’istruzione per ricevere il S. Battesimo. Per gli altri Sacramenti poi, ad eccezione di alcuni vecchj, la prudenza volle [suggerirmi] di temporeggiare ancora.

cure sifilitiche in Cobbo. Mentre si lavorava nella vigna mistica per il bene delle anime, si pensava poi anche a tappezzare i pantaloni della carne loro stati logorati e straciati dalla precedente cattiva conversazione col demonio. Stavano prendendo le pillule di sublimato corrosivo [p. 313] circa dieci persone, comprese le due mogli di Kisti Duki, e la giovanetta galla che io mi era come obligato a curare, mediante retributione, nel giudizio che si fece. Come le pillule erano state fatte con una proporzione molto minore, per evitare una crisi troppo forte in persone mancanti di mezzi, ed in luogo, dove io stesso mancava di purganti ed altri adminiculi, la cura andava un poco più a lungo; aveva fatto raccogliere molta gomma arabica, cosa che si trova in paese, gli amministrati bevevano quasi abitualmente la soluzione di questa gomma con del miele, e questa teneva loro il corpo libero, dimodoche la cura andava molto bene. Con qualche raccomandazione, o lasciando alcuni a sorvegliare queste cure, io avrei potuto partire, ma Kisti Duki mi fece tante istanze, che ho dovuto prolungare la mia dimora in Cobbo molto più di quello che pensava.

partenza da Cobbo per Loja. Non che dopo tre settimane che [che] ho potuto lasciare Cobbo, quando tutti i miei amministrati si trovavano in uno stato quasi di convalescenza. Se io avessi potuto prendere la via del Sud, attraversando Nunnu, in una buona giornata di viaggio sarei arrivato a Lagamara, ma in Nunnu si trovava l’affare del sangue versato da Plauden e Bel, epperciò invece di tenere [p. 314] la strada del sud abbiamo presa quella dell’ovest e siamo partiti per Loja. La nostra partenza fù una vera desolazione per tutto il villagio, alcuni [si rammaricavano], perché desideravano sinceramente di completa[re] la loro istruzione religiosa ed arrivare ai Sacramenti; altri poi, perché speravano la medicina, ancora essendo rimasti molti che non l’avevano ricevuta. Ma fu forza partire, perché alcuni ci avevano preceduto per avvertire Negus ed Avietu del nostro arrivo. congedo con Kisti Duki; arriva Negus con Avietu a cavallo. Sino a mezza strada ci accompagnarono molti del villagio con alla testa di tutti Kisti Duki. Dopo il ritorno di Kisti e di tutti gli altri non abbiamo tardato molto a trovarsi in vista della casa di Negus, dove, appena ci viddero corsero molti ad incontrarci coi soliti trilli di allegrezza. Negus ed Avietu galopparono a cavallo ed in un’istante ci /180/ furono arrivati; tutti [e] due mi aspettavano per farmi delle feste, perché io non aveva assistito alle nozze, come avrebbero voluto.

feste nel villagio al mio arrivo. Alla gran porta della casa di Negus si trovavano a ricevermi tutte le Signore di Negus con alla testa Sabie, la meno allegra di tutte, dopo venivano tutte le altre mogli secondarie, fra le quali tre più allegre, le quali non avevano più l’onta della sterilità, e si pavoneggiavano nascondendo lo sviluppo della loro fecondità in modo che tutti la potessero veder meglio, come è proprio delle donne; come portavano il frutto [p. 315] della gran festa celebrata cinque mesi prima, quando furono emancipate dalla guardia dell’eunuco, avrebbero voluto esternarmi la loro riconoscenza indirettamente. Dopo di loro Hada Gulti, gloriosa di possedere vicino la giovane sposa di Avietu, già molto cangiata nella sua figura in meno di tre mesi, perché gloriosa anch’essa di essere divenuta madre; questa avrebbe voluto baciarmi la mano, ma in mezzo a tutta quella quantità di gente ancor pagana ha giudicato meglio risparmiare quest’atto che da alcuni sarebbe stato giudicato un’affettazione; alla mia destra stava Avietu, e sotto voce [mi] disse queste parole, se ne [è] accorto che io sono Padre? Essa rideva di contentezza.

entro in casa; Avietu mi lava i piedi. Mi sono licenziato da tutta quella moltitudine, e sono entrato nella mia casa antica, che trovai tutta ben aggiustata e tappezzata di erbe aromatiche. Seduto sopra una bella sedia, detta patriarcale in quei paesi, perché [era] un regalo antico mandato dal Padre di Abba Baghibo, all’avo di Avietu; questo volle ad ogni costo lavarmi egli stesso i piedi, che, appena presi in mano gli baciò con tanta e tale stretta da farmi male, ma non resterà maravigliato chi avrà letto poco avanti [del]le lacrime sparse [dal giovane] prima del suo matrimonio. Appena passarono cinque minuti, che la sposa di Avietu entrava gloriosa coi suoi regaluccj di comestibili per refiziarmi [p. 316] ed appena entrata, messi da una parte quegli oggetti, i quali non servivano che come paliativi, incoragiata dal suo sposo, che ancora si trovava ai miei piedi, e stava terminando la sua operazione, mi presero tutti [e] due un piede per ciascheduno, e come non vi erano altri, mi diedero formalmente la gran notizia di aver concepito la prima volta che si sono trovati insieme: io non sapeva ancora conoscere i segnali, [soggiunse la sposa,] ed ho raccontato ogni cosa alla mia nonna Dunghi, ed essa mi baciò congratulandosi dell’avvenimento. Sia benedetto Iddio, dissi, e se sarai fedele al tuo sposo Iddio te ne darà molti altri in premio della vostra buona condotta; gli ho benedetti tutti [e] due e gli ho fatto alzare. Volevano farmi dei casi di conscienza, ma risposi che non era il buon momento, e che gli avrei ascoltati una volta tutti [e] due, insieme.

/181/ visita di Negus, e suoi complimenti. Appena sortiti i due sposi incomminciarono le visite, e prima di [di] tutti venne Negus, col quale ebbi una lunga conferenza sull’amicizia di Gama; Se io ascoltava la mia moglie, disse, avrei fatto la guerra a Gama, ed a quest’ora sarei perduto, come lo sono tutti i Waracumbi; io non credeva che Gama avesse tanta bontà per me; oggi non passa giorno che non mandi qualcheduno a domandare il mio parere sopra qualche affare; gli ho domandato la pace per qualche mio parente del partito Waracumbi; e mi rispose affermativamente, [p. 317] riservandosi solo di parlare con me per qualche condizione da mettergli. Io debbo tutto questo a voi ed al vostro Abba Joannes. Io aveva già deciso di sospendere il matrimonio di Avietu colla sua figlia, e siete voi che avete aggiustato questo affare. Temo solo che dopo la vostra partenza le cose non cangino. Oggi sono contento io, contento Avietu, e siamo contenti tutti.

visita di tutte le sue mogli. Partito Negus, una dopo l’altra, vennero tutte le mogli di Negus, e vennero molte con qualche regalo, principalmente le tre che in occasione della gran festa divennero madri dopo la sterilità di molti anni; esse attribuirono a me la grazia della loro fecondità, benché io sapessi quasi [di] certo che dicevano questo per un complimento a me, e per far piacere a Negus. In verità esse dovevano a me questa [grazia] per aver ottenuto da Negus la loro emancipazione dall’Eunuco custode. [In] Negus per il grande abuso in questo genere il senso generativo divenne come incapace; ed egli stesso mi espose tutto il caso domandandomi qualche medicina, come per ravvivano, e intanto teneva tutte queste donne schiave; una libertà accordata da Negus. avendolo io gridato di ciò, egli prese occasione dalla festa [seguita all’inoculazione] del vaïvolo per dichiararle emancipate dall’eunuco; nel corso di otto giorni che durò la festa, naturalmente che egli si trovò anche con queste donne, ma essendo libere, esse non mancarono [p. 318] di trovarsi anche con altri, ma Negus glorioso d’aver trovato figli se ne gloriava; fece anzi una gran festa, alla quale furono particolarmente invitati quei medesimi che dal publico si credono i veri padri. In questo grande invito fece una parlata tutta di lode a me per tutte le grazie ricevute a mia intercessione. Certamente che i veri padri dovevano ridere nei loro cuori, ma così accade nei paesi dove il vangelo non ha segnato ancora i veri confini della morale. Io ho fatto il caso di conscienza a me stesso, se cioè abbia io fatto bene o male influire nella libertà di quelle donne, ancora attualmente la risposta schietta mi è occulta; io so solamente che [io] in quel momento [io] ho inteso piuttosto di rimproverare Negus per tutta quella quantità di mogli divenute schiave per lui, mentre si confessava impotente; io pensava di ridurlo /182/ così alla base evangelica, neanche pensava alla loro libertà, ed a tutte le conseguenze. Da questa storia si conosce il valore di quell’uomo più ricco che furbo. Da quella libertà conceduta da Negus per soli otto giorni, per la fortuna che vi trovò la prolungò indefinitamente.

questioni con Sabie. Dopo tutte le mogli secondarie venne la prima moglie Sabie, cioè la vera padrona della gran casa di Negus, donna verso i 40. anni, epperciò passata al di là delle crisi proprie delle donne, ma una donna di grande capacità, Ella aveva [da dibattere] con me [p. 319] due grandi questioni fisse nel suo cuore, una era quella del matrimonio di Avietu colla figlia di Gama, matrimonio che essa aveva deciso di anullare, perché, essendo essa Waracumbi, voleva che Negus si mettesse alla testa del partito Waracumbi per tentare una rivincita a Gama. La seconda questione era quella d’aver favorito la libertà delle altre mogli, che essa opprimeva come schiave, perché di là nascendo figli maschi, alla morte di Negus, essa col suo figlio adottivo, diventavano sudditi del vero erede, secondo la legge Oromo. Io avrei creduto che nella circostanza di gran festa in cui eravamo per il mio arrivo, non avrebbe sollevato queste questioni, ma l’odio della donna non conosce pazienza, non conosce limiti; appena ci siamo trovati soli vi sortì in tutta la forza del termine. Mi sono contentato di darle risposte curte e chiare, e poi stetti quieto.

viene la nonna di Avietu. Dopo Sabie venne Hada Gulti nonna di Avietu moglie di Sciumi, una vecchia anch’essa di gran capacità, e che governava la gran casa di Avietu. Essa pure venne per farmi dei complimenti relativi al matrimonio del suo picolo figlio Avietu, matrimonio benedetto da Dio: [disse:] io sono quella che ho ricevuto Abbadia vostro fratello; io gli preparava quello che mangiava, [p. 320] e mentre mangiava, io seduta vicino gli faceva compagnia; mi faceva [faceva] sempre delle questioni, domandandomi, ora dei fiumi, ora delle montagne, ora degli usi nostri, ed ora dei nostri antichi; appena [io] aveva detto qualche cosa, lasciava di mangiare e scriveva dentro un piccolo libro; chi avrebbe detto allora che dopo tanti anni sarebbe venuto il suo fratello a portarci tante benedizioni? io sono pazza nel vedere l’amore di questi due sposi, disse, ma mi pare, che [la sposa], essendo gravida, [il marito] dovrebbe lasciarla un poco più tranquilla, perché la creatura nel ventre della madre potrebbe soffrire; abbiamo delle schiave, ma esso neanche le lascia avvicinare per lavargli i piedi, non vuole vedere altre [donne] che la sua sposa. Appena pronunziò queste parole gli ho fatto una vera strapazzata, ricordandogli d’averla già [s]gridata una volta a questo riguardo prima del matrimonio. Queste vecchie, qualche volta, dotate di eccellenti qualità in altre cose, sono vere diavolette a questo riguardo; ho dovuto /183/ fargli una lunga conferenza per persuaderla, perché troppo mi stava a cuore la condotta di questi sposi.

età decrepita di donne agiate; Questa nonna di Avietu nel tempo che io l’ho conosciuta contava almeno 70. anni di età, ed era ancora in pieno vigore, ed amministrava una [p. 321] vastissima casa di 40. e più persone con tutta energia; vecchia come era aveva un giovane schiavo chiamato da tutti il suo marito officioso, ed aveva tutte le passioni di una giovane. Dunghi madre di Gama era poco presso della stessa età, ed egualmente vivace ed appassionata, eppure aveva ancora la sua madre che ho battezzato in Am[i]liè. Kisti Duki, uomo che passava certamente i 45. anni, aveva pure la sua madre chiamata Hada Guluma (madre di Guluma) dal suo primo figlio di questo nome, quello che ha ricevuto Plauden e Bel, e gli ha obligati a battersi con Nunnu. Anche questa vecchia ardente ed attivissima [fu] da me conosciuta. Così [come] molte altre da me conosciute in Gudrù ed altrove.

loro passioni, e loro avilimento sul fine. La donna dei paesi galla fino a tanto che e giovane non gode del mondo, perché è custodita gelosissimamente la sua verginità. Maritata è vera schiava che non può godere del pieno mondo all’infuori del suo marito, il quale è poligamo, epperciò la fa sospirare. Io attribuisco a questa condizione, l’età avvanzata di molte donne, perché le mette nella necessità di conservarsi. Dal momento che hanno aquistato la loro emancipazione, non hanno più figli, ma godono del mondo fino agli ultimi estremi; perdute che hanno le forze vitali, prive, come sono, di una speranza futura, cadono in un’avvilimento indescrivibile, cosa da me stesso veduta.

età minore dei maschi agiati; ragioni di ciò. L’uomo poi in proporzione ha una vita curtissima, e rarissimanente si trovano vecchj, massime della classe agiata, [p. 322] io attribuisco questo a due ragioni principali. La prima ragione è quella della guerra, la quale suole mietere circa la metà dei maschi nel fiore della loro età, quando il mondo loro arride di più. Cade in un momento, mentre si agitava per uccidere il nemico, gli salta questi adosso gli rade colla sciabola l’idolo dei suoi piaceri, ed emascolato diventa immondo, a segno che lo stesso suo fratello gli passerà vicino e non lo tocca più; la sua salma è mangiata dagli avoltoj nel giorno, e dalla jena nella notte. Le sue mogli passano al suo fratello. La seconda ragione che impedisce d’invecchiare il maschio è l’abuso delle donne, perché incommincia [ad] abusarne, appena è sortito dalla pubertà colle schiavette che ha per lo più a petizione, e poi colle mogli che moltiplica a misura delle sue forze economiche. condizione dei vecchii poveri. Per questa parte i poveri sono di migliore condizione, se la miseria non sottentrasse al vizio per indebolirli. Non è poi /184/ una fortuna per il maschio galla povero il divenire vecchio, perché dal momento che non può più presentarsi in guerra è condannato ai più vili lavori della casa, e perdute le forze per questi cade in un’avvilimento tale in famiglia che fa compassione, corricato per terra, riceve un pezzo di pane quando si trova. Se poi è schiavo dal momento che non è più utile, prima ancora di esalare lo spirito a Dio, se non ha figli, neanche è sepolto, ma è gettato in un precipizio alle jene. La donna è di migliore condizio[ne] quando ha figli, perché tiene sempre la casa essa.

dimostrazioni a me. Premesse queste digressioni troppo convenienti per far conoscere lo stato di quei paesi a chi leggerà queste mie memorie, ritorno al mio arrivo in Loja presso Negus Sciumi. [p. 323] Al mio arrivo Negus mandò un bue, ed un’altro me lo mando Avietu; un bue fu subito scannato alla casa del secondo, ed un terzo alla casa mia per le persone del mio seguito, le quali erano molte. Il pranzo veniva ogni giorno dalla casa [casa] di Negus ordinato alle diverse mogli per turnum; la cena poi veniva ordinata ogni giorno anche da Avietu per tutti i giorni sino alla partenza. La mattina mi veniva un vaso di birra ed un’altro d’idromele; così pure la sera. Di modo che in tutto il tempo che siamo rimasti colà, fummo in una vera abundanza, non solo per la casa, ma per gli amici, e per i poveri. Tanto Negus, che Avietu fecero inviti particolari per testificare tutta la riconoscenza che mi avevano questi signori sotto diversi titoli. In Loja il mio arrivo fù una vera festa di famiglia.

esercizio del sacro ministero. Tutte queste feste però a me fruttavano poco. La ragione principale della mia venuta era quella di continuare in questo luogo l’apostolato già incomminciato un’altra volta, e se non altro ravvivare il desiderio del medesimo; tanto più poi, perché esisteva in quel luogo qualche principio di cattolicismo nelle persone dei due sposi, i quali lo desideravano, e promettevano di promoverlo. [p. 324] Avietu aveva già incomminciato a fare un recinto con alcune capanne abbastanza proprie, una delle quali avrebbe servito come cappella ogni qualvolta sarebbe venuto un sacerdote, per celebrare la S. Messa ed amministrarvi i sacramenti; per parte mia, penserò agli oggetti necessarii per la S. Messa e per il resto del ministero, dissi ad Avietu per animarlo. Intanto ho raccomandato ad Abba Joannes, ed ai giovani di spingere l’istruzione a tutti in generale, ma più in particolare a quelli che presentavano qualche speranza di poter arrivare a ricevere il s. battesimo, ed anche altri sacramenti prima della nostra partenza.

conferenze ai giovani sposi Mentre i miei giovani erano indefessi ad istruire io ho chiamato i due sposi ed ho fatto loro una lunga conferenza sul dovere proprio del loro /185/ stato novello, e sulla maniera pratica per mantenersi costanti sino alla morte nella donazione reciproca che dei proprii corpi [era] stata fatta avanti [a] Dio, donazione stipolata da Dio medesimo, a fronte di tutte le tentazioni del diavolo, ed i scandali del paganesimo. Troppo mi premeva di conservare questi due modelli, in questo apostolato così difficile.

Figli miei, dissi loro, il troppo mangiare produce la nausea ed anche l’antipatia a certi cibi [fossero pure] i migliori, ed anche gli unici buoni, e nasce poi [p. 325] il bisogno di cercare cose nuove, per stuzzicare l’appetito non è vero? così è l’affare vostro: l’abuso, ed il troppo avvicinarvi potrebbe produrre un’affare consimile; in tutto un poco di moderazione e buona; conservatevi sempre con un poco di appetito, mi capite? la privazione di commune accordo, e per l’amore di nostro Signore, conserva l’amore reciproco, e ne eccita l’appetito; avete passato già tre mesi dalla vostra unione, Iddio ha benedetto il frutto di questa vostra unione, siete già padre e madre, dunque non siete più ragazzi, sappiate dunque regolarvi da persone mature, nelle vostre unioni; abbiate sempre Iddio presente, perché è lui che deve santificare tutte le vostre unioni, affinché siano stabili e durevoli. Voi conoscete tutta la storia di Negus, ed in qual stato deplorabile oggi si trova, vi serva di esempio per moderarvi. invito ad altre conferenze posteriori. Per oggi non vi dico altro, e tutti i giorni fintanto che starò quì verrete una volta alla conferenza, perché ho molte cose da dirvi sul modo di conservarvi frà questi pagani. Così gli ho congedati.

Questi poveri giovani sposi si erano conservati intatti contro una corrente che gli trasportava verso la corruzione, ed è per questo che i loro primi amori erano troppo ardenti, e forze un poco esagerati, in modo che diedero motivo ad un’ammirazione; prodotta forze da gelosia [p. 326] come cosa affatto peregrina per tutti quei cadaveri, che vanno alle nozze già metà putrefatti. Per questa ragione ho dovuto moderarli un tantino. Essi stessi mi diedero occasione coi loro moltiplicati quesiti che qui non posso tutti riferire; ai quali ho poi risposto nelle seguenti conferenze. I poveretti obligati a vivere in famiglia e società fra un [am]masso di superstizioni e corruzioni di ogni genere senza l’oracolo di un sacerdote che servisse loro di guida certamente che avevano bisogno [di essere sostenuti] con molte istruzioni ed avvisi, affinché sapessero mantenersi, ne troppo lontani, ne troppo vicini, ne consensienti, ne dissensienti, ne troppo duri, ne troppo pieghevoli, da non compromettere la loro conscienza molto timida ed inesperta da una parte, e dall’altra da non offendere la convivenza, sapessero anzi tirarne partito per le anime dei loro fratelli, parenti, ed amici. Essi stessi mi domandarono un meto- /186/ do di vita, tanto per i digiuni, che per le preghiere da farsi, massime in giorni di festa.