/359/

40.
Controlli morali e lotte.
La piaga dell’omosessualità.

sono chiamato dal re Partita che fu la nostra carovana per Afallo il Re mi mandò [a] chiamare verso sera, avremo una seconda [udienza] di cambio, dissi fra me, ma pure [p. 637] bisognava andare, tanto più che doveva ringraziarlo per tutto quello che accordò alla missione, ed anche per domandargli come andavano le cose nostre di Kafa. Io aveva condotto con me Abba Fessah, persona di un’aspetto poco [ac]caparrante, e di una certa età con Ghebra Mariam di Gondar, altra persona matura, perché non avrei potuto condurre alla corte qualcheduno dei giovani catechisti senza esporli a certi pericoli. Appena arrivato fecero restare nell’atrio i due miei compagni e fui chiamato solo dal Re ad una piccola casa del cortile interno, dove egli si tratteneva di cose indifferenti con la moglie di Kafa, alcune ragazze, ed un’eunuco. Appena entrato io tutto quel mondo sortì, ed io, ringraziatolo per tutto quello che aveva accordato alla missione, passai subito a domandargli notizie delle cose di Kafa. Egli fece venire i lemy di Kafa; notizie. i Lemmy venuti da Kafa, i quali mi presentarono una lettera di Abba Jacob. Da quanto mi diceva egli, pareva che il Re di Kafa facesse istanze per la mia andata colà al più presto, e le cose andavano bene.

Letta che ebbi la lettera del re, parlarono i due Lemy venuti di là e mi dissero che il Re era fermo per la mia andata al più presto possibile; che anzi egli già aveva fatto dei preparativi a questo riguardo, ma che poi il partito [p. 638] [il partito] contrario non lasciava di opporre ancora delle gravi difficoltà. nuovi cimenti. Io ho capito subito che il re Abba Magal era un poco d’accordo coi nemici, e che avrei dovuto superare ancora delle gravi difficoltà prima della partenza. Ma pure la questione era molto delicata, ed era necessaria gran prudenza e maggiore pazienza ancora. Prima di tutto incomminciai ad armarmi, e pregare nel mio cuore Iddio e Maria Santissima per [i] nuovi attacchi che mi rimanevano, forze di quella stessa sera. Difatti, fatti sortire i Lemy, Abba Magal /360/ incomminciò per far venire quella donna ammalata, alla quale 15. giorni prima io aveva amministrato una medicina; un’altra bella farsa. appena venuta mi cadde ai piedi baciandoli strettamente, dicendo che io gli aveva data la vita; mi raccontò, come dopo quella medicina fece una quantità di vermi, e così si trovò guarita. Così è, dissi, noi faciamo il bello, e la nostra pancia è un sepolcro di vermi che ci rodono vivi. Io aveva bel dire, ma quella povera gente che non sapeva masticare altro che carne, e non intendeva che col senso, incomminciarono a sortire il discorso di alcuni bisogni che essa aveva di consultarmi da solo, e così dicendo si alza il re e parte per lasciarci liberi, ma io, che aveva compreso il loro linguagio, mi alzai subito e lo seguiva; allora Abba Magal dissemi, come non ha compreso? essa ha bisogno [p. 639] di parlare da solo con voi; io, dissi, ho già capito tutta la sua malattia; ma facia il piacere, soggiunse, ma io allora ho rizzato un poco il naso, come il cane in collera, e dissi un bel no rotondo.

ancora una proposta; gravi qu[e]stioni. Dopo ciò Abba Magal fece sortire la finta ammalata, e, fattomi rientrare, intavolò un’altro discorso sul serio. Io, disse il Re, ho fatto questi tentativi per sapere come rispondere a Kafa; tengo ancora nelle mani due giovani schiave, le quali non sono mie, ma mandate da amici per voi, epperciò voi dovete riceverle, altrimenti si potrebbe dire che io le ho tenute per me. Io, risposi, ho bisogno di schiave per farmi della farina e del pane a tutta la casa, ma schiave di una certa età per il lavoro, e non schiave di lusso per servire alle passioni, epperciò dichiaro assolutamente che non le ricevo. Per vostro discarico, se volete, io le rifiuterò in publico. Vi prevengo che nel caso che mi seguano, o che mi vengano sino a casa, io le cacierò col bastone. V.[ostra] M.[aestà] sa che la questione di Kafa è una questione stata incomminciata da quasi tre anni, e terminata con Abba Baghibo. Ella sa che il Re di Kafa ha giurato tutti gli articoli convenuti; è questa una [cosa] conosciuta in tutta l’Ennerea, epperciò non voglio sentire altro. Se non fosse di questo io non sarei venuto. Ecco la risposta che la M.[aestà] V.[ostra] deve fare al Re di Kafa. Tutti questi giri non fanno onore, ne al Re di Kafa, [p. 640] ne a V.[ostra] M.[aestà], ne al buon vecchio Abba Baghibo, epperciò si stia al convenuto e non si parli più di altro.

mi trovo tra S[c]illa e Cariddi Quando Abba Magal sentì questo mio modo di parlare, allora cangiò un poco registro. Perdonatemi, [soggiunse] ma io debbo mettere fuori tutto quello che ho nel mio cuore, e poi dopo vi dirò come la penso. Io ho ancora una questione con voi, e poi faremo la pace, è questa la questione di quel giovane chiamato Gabriele, divenuto celebre e vagheggiato da molti. Io non l’ho ancora veduto, ed avrei avuto piacere di /361/ vederlo, ma non ho osato, perché presso di noi mussulmani un giovane di quella fatta, quando gode l’affezione di qualche persona onorata come siete voi, diventa come una cosa sacra e più nessuno oserà avvicinarsi, come cosa troppo grave. Ora dovete sapere che sono già più di dieci giorni dacché tengo due messaggieri di una gran persona, la quale ad ogni costo lo vorrebbe con lui; egli pagherebbe tutto quello che volete, anzi io ho già ordine di darvelo se voi decidete di darlo. In caso contrario voi non dovete fare altro che dichiararmi in presenza di testimonii che questo giovane è per voi e non può passare ad un’altro. In questo solo modo si finisce ogni questione. I due messaggieri suddetti sono andati due giorni di seguito a contemplarlo e mi dissero delle cose mai sentite da me sull’impressione che fece loro il solo vederlo. Ora datemi una risposta per poter spedire questi messaggieri al loro padrone.

una mia risposta per chi intende. [Gli risposi:] Prima di tutto sappiate che il giovane tanto acclamato e vagheggiato è una cosa non compresa da tutti coloro che lo vagheggiano; [p. 641] la bellezza che presenta quel giovane non è una bellezza puramente umana, ma è una bellezza che viene da Dio, perché quel giovane è un giovane il quale pensa sempre a Dio, e parla solamente di Dio unico padrone del suo cuore. Io non posso darlo, perché non è schiavo, ma libero, egli è mio figlio nella fede, e sono obligato a morire mille volte prima di comettere un simile delitto. Ma supposto anche che quel Signore lo avesse non potrebbe ottenere da [da] lui quello che egli spera, perché io so [di] certo che quel giovane prima di prestarsi a quel certo atto, egli morirebbe a preferenza, perché è un gran peccato; egli, non solamente non farebbe quello che brama quel Signore, ma trema al solo pensarvi: la storia del Re di Goma, che V.[ostra] M.[aestà] conosce, non basta? lo poi non posso dichiarare che quel ragazzo appartenga a me per [per] servirmene, nel senso inteso da quel Signore, perché direi una gran bugia, e confermerei quel Signore nella sua passione orribile a tutto il mondo che ha un poco di educazione, e commetterei anche io un gran peccato.

Abba Magal sentendo questo si conturbò molto, ma non stette quieto. Quando è così, disse, io debbo assicurarvi che molti, massime dei nostri mussulmani pensano così di voi; già si sa, dicono, i nostri Santoni che vengono della Mecca non si maritano, amano invece di essere circondati da giovani; voi poi quando avete [p. 642] rifiutato le donne in casa mia si fece un grido universale contro di voi nel senso indicato, e con quest’arma alla mano vi condannano nell’affare vostro di Kafa. Ora cosa rispondete voi a questo?

/362/ A questo ho già risposto sopra dicendo che è una gran falsità ciò che pensano di noi le vostre donne, [ripresi io,] essendo falso che noi amiamo di essere circondati da giovani nel senso indicato da loro. E una grande ingiuria che ci fanno paragonandoci ai Santoni della Meca, e per distruggere questo pregiudizio ecco il rimedio unico che io propongo. rimedio imaginato e adotato. Da questo giorno io vi domando una grazia, ed è quella di far custodire la nostra casa giorno e notte da una persona di maggior vostra confidenza tutto il tempo che io resterò qui, oppure in Afallo, sino alla mia partenza per Kafa. Quando sarete certo della falsità di quanto si pensa dai mussulmani vostri sul conto di me, e di tutti i miei giovani, allora vi risponderò, e vi dirò molte cose sopra questa materia; oggi che voi mi credete simile ai vostri Santoni, cosa posso dire? Pensate dunque a darmi una guardia di vostra confidenza per levarmi questa calunia; ma badate di raccomandare a questa vostra persona di non cercare, ne da me, ne da altri simili cose, perché altrimenti sarebbe un guai[o], essendo presso di noi una grande infamia, non solo il cercare, ma pensare a parlare di cose simili. [p. 643] La persona che manderete essa potrà restare anche vicino a me se vuole, sia di giorno che di notte, e sentire tutto quello che da noi si fa e si instruisce a questo riguardo.

gravi ragioni per simile rimedio. Il re Abba Magal acettò il partito che gli ho fatto. Chi leggerà queste mie memorie resterà certamente stupito vedendo il partito da me preso, ma pure non vi era altro rimedio per distruggere questo pregiudizio presso i mussulmani. Dico presso i mussulmani, perché presso i cristiani e presso i galla non sarebbe stata necessaria una simile cautela in altri paesi, dove non dominano i Santoni della Meca. Presso queste corti mussulmane è troppo necessario distruggere questo pregiudizio, altrimenti quall’idea di castità noi potevamo ancora insinuare presso i medesimi? Essi pensando così di noi non credono di farci un’ingiuria, essendo fra loro una cosa divenuta come normale. Ma era interesse della missione distruggere questo pregiudizio, sia per stabilire i principii di vera morale, sia anche per abbassare il prestigio di questi Santoni divenuti oracoli scandalosi. Io poi nodriva una speranza di fare con ciò brecia nel cuore degli stessi mussulmani, dal momento che mi sarebbe riuscito di distruggere un simile pregiudizio; l’esito poi farà vedere [p. 644] che non mi sono sbagliato in questa mia risoluzione. viene la guardia del re; precauzioni. Difatti la prima guardia che venne stette circa otto giorni, e non si allontanò da me che nei momenti della confessione e della celebrazione della S. Messa; nella notte aveva il suo letto vicino a me, senza perdere di vista tutti i giovani, tutti corricati in circolo, anche vicini a lui, perché la casa appena era abbastanza sufficiente per tutti. In quel fratempo ho voluto /363/ fare il catechismo pratico sul sesto comandamento di Dio, stabiliendo le basi della morale sui matrimonio cristiano in ordine alla generazione, unica cosa permessa e benedetta da Dio, fuori di cui tutto è grave peccato, qualunque atto o completo o incompleto, come sappiamo. svegliarino della sera. La sera poi, prima di congedargli al sonno, come era mio uso, faceva un piccolo svegliarino raccomandando che ciascheduno doveva dormire inviluppato nella propria tela, e mai due sotto la medesima coperta; raccomandava persino la modestia delle proprie mani, le quali dovevano starsene sui petto alla custodia del cuore, oppure sotto la testa: figli miei, soleva conchiudere, pensate che avete l’angelo custode a destra ed il diavolo a sinistra, attenti, io vi lascio nelle mani del vostro angelo custode, voi date il vostro cuore a Dio, disposti a morire prima di acconsentire a qualunque pensiero o atto cattivo. Era questo un’atto che [non] si lasciava mai prima di dormire, mancando io lo faceva il prete, oppure uno degli anziani. La guardia, dopo aver sentito l’istruzione, vedendo ancora ogni sera tutte queste cautele, incomminciò [p. 645] a riflettere seriamente, e non tardò a convincersi sulla sincerità della nostra condotta anche secreta. A stabilire questa convinzione contribuì non poco un caso arrivato alla guardia stessa. una bella lezione! Questo povero mussulmano da principio, non ancora convinto, ne dall’istruzione, ne dalle raccomandazioni dello svegliarino della sera, forse per assicurarsi della verità, come egli stesso poi mi confessò, mentre il suo vicino dormiva avendo voluto tentare qualche atto sopra di lui, appena questi si sentì toccato in certi luoghi si svegliò come spaventato e gli lanciò uno schiaffo dicendo questa parola[:] egnu (quis est?) Sentito questo rumore io mi sono alzato, e seduto sul letto ho domandato cosa è stato; il mio giovane [non] mi rispose nulla, ma la guardia stessa avvicinatasi a me mi raccontò schiettamente la cosa, e lo schiaffo ricevuto, pregandomi di nulla dire al Re; sta tranquillo, gli risposi, e non temere, figlio mio, solamente devi sapere che ognuno ha diritto di difendere la roba sua, quando si avvicina il ladro, ed in casa mia chiunque si accosta ad un’altro è ricevuto con uno schiaffo, è suo diritto, fossi anche io stesso; in caso simile, l’angelo custode pensa a svegliare il padrone affinché cacci il ladro; dormi tranquillo, figlio mio, e non cercare più queste cose. L’indomani ho parlato col mio giovane, era questi lo stesso, di cui ho parlato sul fine dell’altro volume, convertitosi dietro uno schiaffo ricevuto da me in simile caso, gli racconterai, gli dissi, la storia della tua conversione.

La guardia, benché giovane corrotto e guasto, pure non lasciava di avere il molino della coscienza, il quale in simili casi non lascia di macinare /364/ i principii dell’onestà naturale, e fare della buona farina a pascolo di un’anima ancor sem- [p. 646] plice, ma ingannata da certi oracoli scandalosi. Il poveretto convinto dalle istruzioni, e vinto dall’esempio di tanti giovani, i quali non mancavano di esortano a loro bell’agio, finì per diventare un vero nostro catecumeno secreto, perché io aveva lasciato intendere di andare adagio. Una sera vedendo che tutti i suoi, come compagni, si confessarono nella notte, quando tutti i giovani dormivano è venuto a trovarmi dicendo che voleva confessarsi anche egli; caro mio, dissi, tu non puoi confessarti, perché non sei ancora cristiano, e non potrai esserlo tanto presto, perché i tuoi mussulmani ti amazzerebbero, epperciò potrai dirmi tutto quello che vuoi, ma bada bene che non è confessione. Comunque, disse, io voglio che voi sappiate tutto. Quando ho ricevuto la schiaffo io sono venuto da voi e vi ho detto che era io, ma non ho detto tutto. istruzioni secrete del re alla guardia. Quando il re mi ha mandato mi disse di non cercare di fare cose cattive coi suoi giovani, perché altrimenti io mi sarei lagnato a lui, e sarebbe stato obligato a punirmi. Ma intanto mi disse, che quando tutti saranno addormentati pian piano anderai a visitarli tutti, e se qualche duno ti cerca farai come vorrai, purché il padrone non lo sappia; visiterai tutti grandi e piccoli senza svegliarli; e quando verrai mi racconterai tutto ciò che hai trovato e fatto. Io dunque ho potuto visitare molti senza svegliarli, alcuni anche grandi; quando sono arrivato a quello più vicino a me, quello si svegliò e mi diede lo schiaffo. Io non aveva idea di fare del male. Ora se il re mi interroga posso raccontargli tutto? Se mi rifiuto egli mi bastonerà e manderà un’altro con ordini più severi, e forze di quelli che cercano [di] far male.

[p. 647] esame della questione. Dopo tutte queste rivelazioni io mi trovai molto imbarazzato a rispondere. Gli ho domandato se il re aveva ordinato questo per cattivi fini, ed egli mi rispose apertamente di no; io, disse, forze sono il più amato di tutti dal re, ma pure quasi mai mi ha cercato [per] queste cose; simili affari sono cose, dice qualche volta, dei Santoni, e non dei nostri paesi, simili persone, ne sono buoni soldati, ne fanno dei soldati; egli ama molto le sue mogli; però bisogna dire che ama molto di vederci quando ci divertiamo fra noi, orsù, dice qualche volta, giocatemi una partita, e così ci sta osservando per ridere, e loda quello che ha più abilità.

Io credo piutosto che il Re in ciò desidera acertarsi di una cosa sparsa dai nostri Santoni dopo l’affare di Goma, alcuni di essi fanno credere che i vostri giovani prendono una medicina, e diventano impotenti. Io stesso dopo quella visita mi sono disingannato, oh, dissi fra me, è proprio il timor di Dio che gli tiene, perché ho veduto che sono più arden- /365/ ti di noi. Se dunque questi giovani sono così riservati è perché [l’atto] è proibito da Dio, perché sarebbe peccato. Io credo perciò che Abba Magal non cerchi altro che sapere questo piuttosto in favore vostro che contro di Voi. mi sono persuaso in favore del re. Dopo aver sentito tutto questo discorso, calcolando anche le cose passate due volte tra me ed Abba Magal, mi sono persuaso che questo uomo in tutti questi suoi giri, egli non cerca[va] altro che di convincersi di certi pregiudizii [p. 648] sparsi contro di noi, e ciò per sciogliere una questione morale che lo agita[va] tra i Santoni della Meca, e la missione nostra. Per convincermi meglio sopra questo mio criterio pratico non ancora formato, ho domandato a questo giovane, se l’affare dei due corrieri venuti, i quali cercavano il nostro Gabriele, era un’affare finto, oppure reale; ed egli senza nessun dubbio rispose che era un’affare reale, e che questi corrieri erano corrieri del re di Goma, cosa che Abba Magal non mi aveva detto. In seguito a ciò il mio criterio pratico fu stabilito, e mi sono risolto di rispondere direttamente alla questione propostami da questa guardia. Quando il Re ti domanderà, tu potrai dire a lui tutto ciò che hai veduto e fatto per eseguire i suoi ordini, e potrai anche contargli lo schiaffo ricevuto. Così mi sono tranquil[liz]zato sopra questa questione che molto mi agitava, e dissi alla guardia di dormire tranquillo.

cangiamento della guardia. Mancavano ancora tre giorni per arrivare al giorno fissato della nostra partenza per Affallo, quando la sera verso le quattro venne dal Re un giovane, e chiamata la guardia gli parlò in secreto; subito egli venne da me a congedarsi dicendo che era chiamato, e surrogato. Io ho fatto finta di niente, e partì. Tutti i giovani restarono mortificati, perché incomminciavano ad amarlo, e molti anche speravano di convertirlo. Alcuni anche dubitavano che sia stato effetto di alcune dicerie che i Santoni [p. 649] non lasciavano di spargere, come se egli fosse venuto per sentire il catechismo, poiché la sua qualità di guardia era un mistero [non] conosciuto da nessuno, ma la guardia in casa passava sotto il nome di Baldarabà (nome che si da ad una persona che il re suol dare ai forestieri come protettore). nuova persona, nuove precauzioni. Io poi sapendo qualche cosa di più, ho salutato la nuova guardia, e gli ho assegnato il luogo dove doveva dormire la notte, raccomandandogli di essere fedele agli ordini del suo padrone, essendo io inteso con lui; egli mi rispose politamente di sì; questi però era un poco più maturo di età, e mi pareva anche un poco più serio dell’altro, epperciò non mancava di preoccuparmi.

Alcuni, dei miei giovani più ferventi sono venuti a dirmi di fare la stessa istruzione che aveva fatto all’altro sopra la castità, perché quella aveva fatto molto bene. Nella preghiera della sera perciò, invece di spiegare il /366/ sesto comandamento ho spiegato il decimo che veniva per turnum, e con altro titolo ho ripetuto poco presso lo stesso [argomento], battendo più particolarmente [su] certi punti più a proposito. La sera poi prima di dormire ho fatto il solito svegliarino anche più caloroso con raccomandazioni generiche bensì, ma abbastanza espressive spiegando quelle parole[:] il diavolo a sinistra, dicendo loro, che il diavolo, di cui era questione, non si presenta sempre colle corna, [p. 650] ma egli entra nel cuore di qualche giovane compagno, e fa il grazioso, fa delle carezze, e per mezzo di questo suo procuratore cerca di perdervi; ma badate bene, egli è come il cane, ed inclina piuttos[toj ai luoghi secreti vostri, che alla vostra figura. Ma voi, figli miei, già sapete che l’aspersorio delle vostre mani è potente per farlo partire. Voi poi tenetevi coll’angelo vostro custode, al quale vi consegno — Benedictio.... [ed impartii loro la mia benedizione]

Fatto ciò tutti si misero a dormire, ma io lungi dal dormire, aveva anzi fissato di montare la guardia, e mi sono posto a pregare, inteso col giovane dello schiaffo, che dopo la mezza notte io avrei dormito, ed egli avrebbe montato la guardia sino al giorno. visita della guardia nella notte.
un bel dialogo.
La guardia vedendo che io non dormiva ebbe pazienza un poco, ma poi si alzò e venne da me, perché non dormite, disse, il re mi ha mandato a montare la guardia, epperciò potete dormire tranquillo ed io custodirò la casa, e nessuno entrerà. Lo so che voi fate la guardia, risposi io, ma cosa volete? La sera non posso dormire subito, e sto facendo qualche preghiera, e poi dormo verso [la] mattina. Una persona come voi, disse, [non] dorme mai sola, se non ha una donna deve avere un giovane con lui; ma io [non] sono mai solo, dissi, io me ne sto col mio angelo custode, il quale non mi abbandona ne giorno ne notte. Va bene, ma questo angelo custode è un uomo come noi? l’avete sotto la vostra coperta? vi divertite con lui? fatemelo vedere. Caro mio, dissi, voi non potete vederlo, perché non siete puro; tutti i miei giovani [p. 651] che sono puri lo conoscono tutti. Io sono molto puro, disse, benché sia ancora giovane, pure non lascio di purificarmi quattro volte al giorno, solamente questa sera non mi sono purificato, perché il re mi ha ordinato di non sortire dalla casa. Ah, caro mio, [continuai io,] è questa una gran questione che voi non potete comprendere tanto presto; come fate voi le purificazioni? prima di tutto mi lavo le mani, poi mi lavo la bocca, il naso, gli occhi, le orecchie, l’ano, e la verga, egli disse. Ma, caro mio, [interruppi,] se lavate tutto questo e non lavate il cuore vostro, [non] serve a nulla la vostra purificazione. Il cuore mio sta dentro come posso lavarlo? [domandò.] Figlio mio, [risposi,] quì sta la difficoltà, prima /367/ dovete imparare a lavare il vostro cuore, e quando il vostro cuore sarà puro, allora conoscerete l’angelo custode. Ma io voglio purificare il mio cuore, disse, per vedere l’angelo custode; dunque come debbo fare? Figlio mio, [conclusi io,] lasciamo per altra volta questa lunga lezione, per ora vi, dirò solamente che l’angelo custode è un puro spirito che abita nel cuore del uomo puro, ed il vostro cuore non pensa che alla carne, e non ama altro che carne. Quan[do] voi vi siete levato dal vostro letto per venire a me; il mio angelo custode mi diceva ciò che voi pensavate allora, voi lo sapete non è vero? sono i cani che pensano così: voi non siete un cane, ma siete un, uomo, come volete voi che l’angelo custode stia nel vostro cuore così sporco? voi pensate tutto il giorno a queste miserie, il vostro cuore è pieno di queste immondezze; e questa stessa notte voi pensavate a pascolarvi di queste brutture, e voi volete vedere [p. 652] l’angelo custode, ah caro mio, quanto siete ancora lontano! tutta finzione, è malatia di cuore. Questo mio discorso in stile profetico lo spaventò talmente che non seppe più cosa dire; prese la mia mano la baciò; la notte non mi lasciava vedere, ma mi accorsi che era tutta bagnata di lacrime. Al vedere queste lacrime ho creduto un momento di averlo vinto e prostrato, ma mi sono sbagliato di molto. Si vede, disse, che il vostro angelo custode vi ha fatto conoscere tutto, quello che io pensava; ma cosa volete? Io vorrei vedere questo vostro Angelo custode, ma come posso io lasciare tutte queste cose? ah! questo mi è impossibile. Quando il re mandò un’altro mio compagno qui come guardia della casa, sono otto giorni; io era desolato; ma quando jeri mi mandò, il mio cuore si liquefaceva di piacere; ora veggo che sono ingannato, e non potrò ottenere il mio intento, e sono desolato.

sono di nuovo nelle angustie. Vedendo ciò sono caduto dalle stelle, e viddi subito che, tutt’altro che poter dormire tranquillo io era obligato a far la guardia tutta la notte per salvare dai pericoli i miei giovani; oh quanto questa guardia era diversa dalla prima! L’ho mandato a dormire, e mi sono rimesso a pregare anche per questo cieco mercante di piaceri immondi. lo minacio e lo mando a dormire. Figlio mio, gli dissi congedandolo, voi siete pazzo, e guardatevi bene questa notte, perché facendo qualche tentativo riceverete dei schiaffi; vi avverto che i miei giovani [p. 653] hanno tutt’altre idee; essi hanno un’orrore per tutto ciò che voi pensate, e vi serva di regola. Io poi sono qui e monterò io la guardia. Se fate qualche ragazzata, domani farò le mie lagnanze al re contro di voi; posso assicurare che questo pazzo mi fece passare una notte agitatissima. Il giovane che doveva surrogarmi nella guardia, benché sicurissimo, pure temendo di esporlo ad un cimento, quando si alzò l’ho chiamato subito, e gli ho dato qualche avviso, affin- /368/ che sapesse regolarsi, ma non poteva dirgli molte cose, perché l’originale era là tutto vicino. Il mio giovane se ne ritorna a letto, ed io mi metto a recitare il rosario, condannato a montare la guardia; il nostro amico era corricato ed inviluppato nella sua tela ai piedi del mio letto, io lo guardava per quanto mi permetteva di vederlo il poco fuoco acceso nella casa ad hoc, e qualche raggio di luna che entrava per certi buchi della capanna, e gli aveva l’occhio sopra, come un’infermo grave, pareva volesse tranquillizzarsi e dormire, perché allora avrei potuto tentare anch’io di riposare, ma il mio rosario appena era finito, che lo veggo [a] fare un piccolo movimento, ritorna di nuovo. alza la sua tela e mi guarda, si alza, e ritorna da me: cosa vuoi, gli dissi, egli senza nulla dire mi prende la mano, me la stringe, e la bacia senza nulla dire; forze le mie minacie l’hanno spaventato, e vuole domandarmi [p. 654] perdono; così io ho pensato un momento, ma invece da me interrogato ancora cosa voleva, allora sortì una seconda sciocchezza: si spiegò chiaro. io pensava che mi avreste amato, invece amate più il vostro angelo custode di me; allora mi scappò uno scopio di riso, [e gli domandai:] ma cosa debbo fare per amarti di più? [rispose:] io voglio dormire con voi; [io sbottai:] ti aspettava qui mascalzone che sei. Lo presi per le orecchie, e dopo averle ben stiracchiate gli aggiunsi due schiaffi, e l’ho caciato via. Domani mattina me ne vado, disse, e lo dico al re che mi avete dato due schiaffi, ed allora ne aggiunsi ancora un’altro, dicendo[:] e gli consegnerai ancora questo. Ho poi saputo che questo giovane, frà i trenta circa che ne avrà [avuto] Abba Magal, era divenuto come pazzo, quasi continuamente esaltato da questa passione, dico passione, perché non [era] attiva, ma passiva. un figlio di Donoce. Dieci giorni avanti, trovandosi ancora Abba Hajlù in Ciala, era venuto il figlio del principe Donoce, figlio di Abba Baghibo esiliato in Ghera. Questo giovanetto di circa 16. anni era anche arrivato a questo punto di perfezione a segno che il suo Padre, quasi vergognandosi di lui era venuto da Abba Hajlù, il quale l’aveva conosciuto in Ennerea prima del suo esilio, di cui ho parlato già altrove; egli voleva metterlo in casa nostra, autorizzandoci di tenerlo anche legato, per guarirlo colla nostra istruzione.

pazzia per passione. Noi in Europa abbiamo l’esempio di giovani dei due sessi, i quali ben soventi arrivano alla pazzia strascinati da una passione, certamente immorale, per lo più esaggerata per la lettura [p. 655] di romanzi, e ciò solamente nella classe colta, rarissimamente nella bassa classe dei campagnoli, ma comunque cattiva ed immorale, e sempre ancora nella periferia dei due sessi, e per lo più determinata ad una persona colla quale può aver luogo il matrimonio legittimo, anche cristiano. Dobbiamo per- /369/ ciò ringraziare Iddio ed il nostro Signore Gesù Cristo, se siamo liberi affatto da una brutalità degradante, e vergognosa come la sopra riferita. Non voglio dire che si trovi in tutti, no, anzi farò giustizia dicendo che domina appena un quarto del sesso maschile, e ciò non dapertutto, ma solamente nei luoghi, dove regna l’elemento arabo, in specie i santoni o fakir della Mecca. Accade qualche volta che questo gran flagello, o malatia che si voglia dire, diventa solamente prorito passivo, ordinariamente nei giovani dai 15. ai 20. anni, allora molti di questi mojono; arrivati ai 25. anni, allora sono fuori pericolo. Un fatto arrivatomi spiegherà ciò che io dico.

un’altro esempio. Trovandomi ancora in Lagamara un bel giorno vengono a dirmi che nella casa di un mercante vicino stavano per emasculare un ragazzino, onde farne un’eunuco per speculazione, e mi consigliarono a comprarlo per salvarlo, e l’ho fatto per compassione. Questo ragazzino non arrivava ancora ai 12. anni di età, ed era di un’aspetto angelico. Appena un mese dopo si poté battezzare, e per le sue buone qualità era divenuto l’idolo della casa. Dopo circa [p. 656] un’anno questo ragazzo diventa più magro e pensieroso; cerco di esaminarlo, mi occultava il verme che lo rodeva nel cuore. Un giorno incommincio [a] sorprenderlo colle mani dietro di se, come se avesse qualche piaga allo sfintere; gli ho domandato e mi rispose che nulla aveva, e che stava bene. Un giorno rubò una candela di cera, e nella notte facendo la visita dei giovani col lume, secondo l’uso, ho trovato presso di lui questa candela... ho dubitato di lui, e dolcemente sono venuto a scoprire ogni cosa. Il mercante suo antico padrone l’aveva dato come paggio ad un suo figlio, il quale si servì di lui per circa due anni per lo sfogo della sua passione, ed il poveretto mio ragazzo si trovava martirizzato da questa passione, e la mia casa certamente non era commoda per lui. questa gente non si converte. Ho fatto di tutto per emendarlo, prima coi mezzi morali, ma fu impossibile, ed arrivò a lasciare i sacramenti. Quasi un’anno intiero dormiva colle mani legate, ma tutto fù inutile, e la passione sua crebbe talmente da renderlo petulante e scandaloso. Nel mio esilio di Kafa del 1861. lo lasciai là; per tagliar corto mori nel 1864. Quel povero ragazzo passò cinque anni in una continua esaltazione; è singolare come egli non cercasse di sfogarsi in qualche modo per la via attiva, oppure coll’onanismo. Si diede per vinto quando perdette le forze, ed allora poté ricevere i Sacramenti.

Di questo carattere ho conosciuto un figlio di Abba Baghibo, morto anche quello; tale fù il Re di Goma morto tre anni dopo; così fu la seconda guardia di Ciala in Ghera, ed il figlio di Donoce nello stesso paese, mentovati sopra. [p. 657] I casi di questo genere per fortuna /370/ sono molto rari; lo degrada e diventa malattia mortale. stando alla storia narrata sopra, pare che arrivi questo solamente quando questo disordine incommincia in età molto tenera, allora diventa come una natura, e l’individuo dimentica ogni altra passione nella quale avvi uno sfogo. Questo produce un riposo, mentre quello non avendo sfogo attivo mantiene l’individuo in una continua esaltazione che lo consuma, e lo rende quasi pazzo, e lo degrada orribilmente. Se l’individuo mantiene la passione attiva colla passiva, non come moralità, ma come malatia è meno grave, ed io col mezzo del ministero ho veduto che coll’aiuto della grazia guariscono, ma la suddetta passiva, non lasciando riposo per l’operazione della grazia, il caso è come disperato.

Solamente, se la passione è più moderata, e che l’individuo possa arrivare ad un’età matura, quando giuoca più la riflessione, allora poco per volta si raffredda e potrà guarire. Così mi risulta dalla poca mia esperienza avuta. Il pentapolismo è quasi generale in tutto l’oriente mussulmano; fa un gran male nell’economia della generazione, perché allontana sempre più o meno l’uomo dalle vie naturali ordinate da Dio, ma la specie esclusivamente passiva l’ho trovata solo fra le popolazioni mussulmane dell’interno africano.

una mia protesta; Se in molti luoghi ho rilevato, forze un poco troppo al vivo questa materia non è già per ubbidire ad una leggierezza, poiché mentre scrivo mi trovo in un’età poco sospetta di leggerezza, essendo vicino a rendere conto [p. 658] di tutto il mio operato presente e passato. D’altronde la gran moltitudine delle vittime, dei spettacoli orribili veduti ed anche curati in tutti i sensi mi rende certamente poco dilettevole lo scrivere, e persino pensare a simili miserie della povera nostra umanità. l’uomo senza Cristo. Un sincero desiderio all’opposto di essere utile in questi tempi di generale vertigine, è quello unicamente che mi spinge a dilungarmi qualche cosa di più in queste mie memorie, per aggiungere qualche granello di esperienza da persuadere il mondo cristiano, che senza Cristo, e senza la morale evangelica la nostra povera umanità diventa subito un puzzolente cadavere. L’uomo senza Cristo è un’egoista, ed il suo egoismo non è solo a spese del privato per concentrare a se le richezze altrui a suo profitto con tutti i mezzi giusti o ingiusti, come tutti sanno, ma l’egoista fa servire alle sue passioni del momento le leggi anche più sacre che toccano l’economia generativa, vero tesoro sociale, e quelle stesse dell’igiene publica e privata, ed anche della propria persona. Tutti sanno come questo egoismo per la passione del momento nel mangiare, nel bere, e nel piacere del senso, quante vittime fa.

/371/ partenza della seconda guardia. Ritornando intanto alla mia seconda guardia, dal momento che l’ho conosciuta, ed egli ha conosciuto noi, l’ho esortato a partire ad ogni costo sotto pena di parlarne al re, e se ne partì senz’altro. La sera dopo fu di ritorno la prima guardia; il re fu contento delle sue belle maniere colle quali se la passava con noi, e lo rimandò subito. [p. 659] Quando venne tutta la famiglia si rallegrò, ed egli arrivò come in casa propria. Venne subito da me dicendomi che il re l’aveva mandato come Baldarabà o protettore della nostra casa con obligo di riferire al re tutti i nostri bisogni; che doveva seguirci in Afallo. una partita perduta. Gli ho domandatò come il re aveva preso il ritorno dell’altra guardia, e mi rispose che il re vedendolo arrivare rideva come un matto di lui, egli poi non osò parlare, perché aveva perduto la partita. Perduto la partita, come sarebbe? dissi io. Questa è una questione delicata, perché tocca voi in persona, disse; egli aveva giurato a tutti i compagni = io, disse giurando ai compagni in presenza dello stesso Abba Magal, io non cerco i giovani di Abba Messia, ma Abba Messia stesso, e quando ritornerò sentirete se non l’ho vinto; se non lo vinco ditemi che sono una donna = Ora quando egli arrivò già si sapeva qui che invece ha ricevuto due schiaffi ed una buona [s]tirata d’orecchio. S’imagini perciò qual sarà il trionfo dei suoi compagni quando sapranno che è stato caciato via? sentenza del re contro il colpevole. Quando io sono partito la cosa non era ancora scoppiata, ma Abba Magal diceva già che voleva vestirlo da donna; Abba Magal già prima soleva dire[:] Abba Messias ha vinto me per due volte, non si lascierà certamente vincere da questo scioccacio. [p. 660] Vestito da donna lo consegnerò ai suoi compagni, i quali lo accompagneran[no] alla casa della missione, e là riceverà uno schiaffo da tutti i giovani di Abba Messias. Ciò che era un semplice progetto la sera, l’indomani mattina era un fatto; appena noi avevamo terminato la preghiera, già arrivava il drapello dei giovani della corte col colpevole vestito da donna a ricevere lo schiaffo. Fu una semplice cerimonia, ma intanto dovette ricevere quella bella figura; ciò che più gli era duro erano le parole che doveva dire ricevendo lo schiaffo = jeri era uomo oggi sono donna = Lo fece restare 15. giorni colle schiave di servizio. Seppi poi da Kafa, che questa umiliazione fece gran bene a quel giovane, perché, obligato da Abba Magal a restare con una schiava ardita ed istruita dal padrone, questa ebbe l’abilità di correggeilo cangiando la corrente al fiume, per farlo camminare nel suo alveo. La mortificazione fu [di disdoro] al giovane, ma fu ancor maggiore per i Santoni, i quali lo avevano messo in questo impegno.