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39.
Processo al falso prete abba Aràssabo.
Zelo dei Bussàssi di Afàllo.

l’antico prete abba Arassabo. Prima del nostro arrivo a Ghera esisteva colà un sedicente prete di Abissinia per nome Abba Arassabo, il quale era mantenuto dai Cristiani di Affallo, e protetto dallo stesso Re Abba Magal. Questi da principio avendo veduto che tutti i cristiani erano in gran movimento di conversione al cattolicismo, trovandosi non solo abbandonato da tutti, ma come perseguitato, si appellò al Re, e mi sollevò una questione che mi diede molto [d]a fare. Egli, appoggiato da alcuni mussulmani, e da alcuni galla suoi amici, avrebbe voluto impedire [a]i cattolici d’istruire i suoi cristiani, perché a misura che imparavano gli fuggivano dalle mani, ed egli vedeva arrivato il momento di trovarsi abbandonato da tutti.

il prete cita i Bosassi in giudizio. Il Re Abba Magal volendo dare una soddisfazione a questo prete fece chiamare tutti i capi di Affallo [e] tutti i capi Bosassi a Ciala ed ordinò a tutti i suoi grandi radunati vicino alla mia casa di Ciala [che] sentissero le ragioni del prete Abba Arassabo e le diffese dei Bosassi contro di lui. [p. 626] La radunanza contava più di 500. persone. Da Afallo vennero non solo i capi del villagio cristiano stati chiamati, ma vennero persino le donne, i ragazzi, e le ragazze capaci di camminare, e non vi rimasero che alcune schiave, e pochi bimbi; coi cristiani venne la stessa moglie di Abba Arassabo con due dei suoi figli più grandi. Per mancanza di vino Abba Hajlù non celebrando la Messa in Afallo, vennero tutti ben provisti del necessario vitto almeno per tre giorni, perché si pensava di fare in Ciala una gran funzione, ed amministrare molti battesimi ed alcuni altri Sacramenti. lo spettacolo della carovana di Afallo. Venendo la carovana era divisa in diversi drapelli, ciascheduno dei quali aveva un catechista alla testa, camminando si diceva il rosario, e riposando si faceva il catechismo. Abba Hajlù era alla testa del drapello dei capi di famiglia, Gabriele alla testa del drapello dei giovani, i quali stavano intorno a lui, come le api intorno alla regina. Per dove passavano le popolazioni in folla correvano per vedere questo spettacolo. L’arrivo di questa carovana sollevò un /353/ gran movimento nella stessa regia, e corsero tutti a vederla. Tutta la popolazione accorsa allo spettacolo, lasciava di fissare il drapello dei capi a parte, quelli delle donne anche a parte, [e] quasi tutti si afollarono sopra il drapello dei giovani, in mezzo del, quale sedeva come maestro il giovane Gabriele vaghegiato da tutti, tanto il suo nome era già divenuto celebre in tutto il paese di Ghera.

il giovane Gabriele. Appena arrivò la carovana Abba Hajlù venne subito da me, e prima di parlarmi di affari, venga, dissemi, a vedere un vero spettacolo; mi alzo e vado sino alla porta della casa [p. 627] e veggo tutti quei mussulmani incantati a contemplare Gabriele, il quale era intento ad istruire i giovani del suo drapello. Come io sapeva che era tutta gente della corte, e di che pelo erano, pensai subito ai tre angeli rifugiatisi nella casa di Lot in Sodoma. Poteva sbagliarmi, ma non mi sbagliava certamente di molto nel pensare [al]la corrente turbinosa delle passioni che bollivano in tutti quei cuori [turbinosi] che mi obligarono qualche settimana prima ad allontanarlo. Il povero giovane quando non era investito dalla massima religiosa incomminciava [ad] esternare un’aspetto smunto dalla stanchezza, ma sotto la pressione della massima, ed investito dallo spirito di Dio, allora pareva tutt’altro, e la sua figura incantava per la bellezza sua angelica. Questa gentaglia che aveva avuto tanto dispiacere quando partì, al sentire che era ritornato non si saziava più di contemplarlo.

relazione del sacerdote indigeno. Dopo ciò Abba Hajlù mi raccontò tutto l’accaduto in Afallo nelle due settimane dalla nostra separazione principalmente rapporto al giovane in discorso, divenuto nel tempo stesso il principale attore del religioso teatro di quella missione portentosa: mi creda, caro Padre, diceva Abba Hajlù, dopo molti anni, dacché sono Sacerdote, ho imparato oggi da questo giovane cosa vuol dire [essere] missionario. Un giovane di 15. anni o poco più, sempre calmo, sempre cogli occhj bassi, sempre allegro, anche quando cade dalla fatica, sempre pronto ad istruire, [p. 628] un giovane che dice delle cose quasi sempre nuove con una persuasione, come se le vedesse, con uno zelo e calore straordinario, per me ha del portentoso; io, benché Sacerdote, pure essendo stato servo del diavolo (1a) non ho il sovrano onore dei secreti favori di Dio, come questo giovane ancora innocente. La ragione è, perché Iddio ama a preferenza /354/ i semplici nelle sue manifestazioni. In questo giovane vi sono delle cose che non so spiegare. La sua stessa bellezza che incanta è una cosa che viene da Dio, perché è molto più bello quando parla di Dio; egli, giovane come è, parla già della sua morte come di nozze vicine. La sera dopo le dieci io era obligato [a] staccarlo colla forza dall’istruzione per farlo riposare, e ciò per timore di perderlo. Ha un’attrattiva tale, che i catecumeni starebbero tutto il giorno con lui.

Come dovrò ritornarvi immancabilmente sopra questo giovane per completare la sua breve storia, basti per ora la breve relazione suddetta di Abba Hajlù. Messa comunioni, e battesimi Si passò la notte a confessare; la mattina prima del giorno si celebrò la S. Messa, nella quale fecero la S. Comunione tutti quei di casa. Dopo la S. Messa ebbero luogo molti battesimi di bimbi, per i quali la cerimonia è più breve, ed appena terminata questa funzione, era già arrivata l’ora fissata per la questione del prete Abba Arassaho. Per questa, già si era radunata una gran quantità di gente, principalmente della corte, epperciò in gran parte mussulmana; ma io non ho voluto assistere, sia perché era molto stanco per la funzione della notte, [p. 629] sia ancora perché voleva lasciai libero ognuno per dire tutto ciò che pensava.

un sonambolo. Mi sono posto perciò a dormire, e tutto vicino a me ho fatto dormire il giovane Gabriele. Questi quasi subito si addormentò, ma il suo dormire impediva il sonno a me, perché non faceva altro che parlare e ripetere il suo catechismo. Oggi non mi ricordo più in particolare di quanto aveva sentito, ma posso affermare che disse delle cose tanto fuori del comune, da restarmi così impresse, che due mesi dopo nella breve orazione funebre da me recitata sopra il suo sepolcro, ho potuto tutte riprodurle, e fecero tanta impressione ai suoi compagni, che anni dopo ancora me le ripetevano. Fra le altre cose mi ricordo ancora di queste parole = il nostro Padre ci diceva che noi dovevamo invidiare gli angeli, perché vedono di continuo il nostro Signore, ma dopo la s. comunione è arrivato il nostro momento, e gli angeli hanno invidia di noi, perché lo possediamo dentro noi stessi, oh che piacere, che gran piacere! = Si vede che il buon giovane obligato a dormire poco dopo la comunione, seguitava il suo dolce ringraziamento e ne godeva grandemente.

relazione del processo contro di noi La questione col prete Abba Arassabo terminò verso mezzo giorno, e le persone principali mandate dal Re non vollero pronunziare il giudizio, ma levatesi in corpo, pensarono meglio [di] rapportare ogni cosa al Re Abba Magal. Io poi non avendo assistito personalmente ho sentito ogni cosa da Abba Hajlù, ed ho terminato l’ultimo mio criterio dietro i di- /355/ versi racconti sentiti in casa [p 630] dagli stessi nostri giovani, i quali ne fecero un soggetto della loro conversazione privata per molti giorni. Da quanto ho potuto rilevare, ecco in breve il processo.

accuse di abba Arassabo contro la missione. Prima di tutto Abba Arassabo, chiamato dai delegati del Re a dar conto della lagnanza da lui presentata al Re contro della missione, incomminciò per riferire il paese di sua origine, il suo viaggio sino a Kafa. Io, disse sono nativo del paese di Scioha, ed avendo inteso [che] da questa parte cercavano dei preti ho lasciato il mio paese, e sono venuto in Comboat, dove sono rimasto due anni, ma poi vedendo che quel paese mi rendeva poco, ho lasciato la moglie ed un figlio che aveva per venire a Kullo, dove i cristiani mi avevano chiamato. In Kullo non stava male, ed aveva già due mogli con dei bimbi, ma essendo venuti colà i Lemmy di Kafa, i quali mi promettevano tante cose, sono fuggito di Kullo lasciando tutto per venire a Kafa. Qui il Re mi amava, e mi aveva dato dei terreni abbastanza, ma gli altri preti miei compagni mi hanno accusato che io aveva il mal venereo; in quel frattempo i Lemmy di questo Re di Ghera vennero colla parola del Padre di Abba Magal, e con mille promesse di questi cristiani essendo stato invitato a venir quì sono venuto. Il Padre di Abba Magal mi amava molto, ed anche Abba Magal fin qui mi ha sempre amato, e mi fece sempre dei regali. Oggi sono venuti questi nuovi Preti, i quali si sono messi [p. 631] ad insegnare una fede che io non conosco; tutti i miei cristiani mi hanno abbandonato; la stessa mia moglie non è più della mia fede; un giovane per nome Gabriele ha ingannato gli stessi miei figli, ed anche questi si sono dichiarati contro di me. Ora io, abbandonato da tutti, vecchio come sono dove vado a rifugiarmi?

risposta dei Bossasi. Dopo che ebbe parlato l’accusatore Abba Arassabo furono chiamati i Bossasi, e si presentò per tutti Abba Tabacco loro capo. È vero, disse che noi l’abbiamo chiamato da Kafa; è vero ancora che oggi noi tutti l’abbiamo abbandonato, e non vogliamo più saperne di lui. Fin quì però noi l’abbiamo sempre rispettato, e noi crediamo di avergli dato sempre, a suo tempo, tutto ciò che gli avevamo promesso; in caso di richiamo siamo disposti a dargli una soddisfazione. Egli però dovrà rispondere a tutti i quesiti seguenti: 1. Il battesimo che ci ha dato è il battesimo del suo paese? 2. Il Kurban che ci ha dato che Kurvan è? 3. Come ha trattato le nostre mogli nel giorno del battesimo? come ha trattato le nostre figlie? 4. Quando ci portava il Kurvan di Pasqua perché faceva sortire di casa il marito e tutti i maschi? Ecco tutte le nostre donne e le nostre figlie sono qui, rispondano esse. 5. Di tutte queste cose quante volte l’abbbiamo avvertito e minaciato? [p. 632] 6. Il Prete /356/ fa tutte queste cose in Gogiam ed in Scioha? 7. Un prete che ha dato la [la] malatia venerea a tante case nostre cosa si merita? Quando egli avrà risposto a tutte queste questioni, allora si parlerà di altre cose. In quanto a noi abbiamo onta di aggiungere qualche cosa di più. In quanto alla sua moglie ed ai suoi figli nessuno gli ha obligati a venire, sono essi che di loro volontà son venuti, ed essi sono quì lo dicano.

Quando ebbe finito Abba Tabacco, allora gli inviati del Re Abba Magal chiamarono Abba Arassabo, e gli domandarono cosa rispondeva a tutte le questioni dei Bossasi esposte da Abba Tabacco. Noi, dissero, non abbiamo ordine di terminare la questione, ma solo di riferire le cose sentite al nostro Re Abba Magal. La sentenza appartiene a lui solo. Così si levò la seduta. sentenza del re contro abba Arassabo. Abba Magal quando ebbe sentito tutte le questioni delle due parti, allora fece chiamare il povero Abba Arassabo e gli disse: cosa rispondete voi alle questioni dei Bossassi? se non provate il contrario io dovrei farvi legare, ma amo meglio rimettere la questione ai vostri nemici medesimi; essi faciano di voi [p. 633] tutto quello che credono. Allora Abba Arassabo venne da me, ed alla presenza di tutti i capi Bossasi di Afallo si confessò colpevole, e domandò perdono.

conversione di abba Arassabo. Per non ritornare sopra questa questione dirò, che questo Abba Arassabo cercò in seguito di farsi istruire ed abbraciare il cattolicismo. Cercò di avvicinarsi per essere istruito, e più volte essendosi presentato per sentire l’istruzione nessuno dei drapelli lo volle con se. Io sentendo questo, e non potendo rifiutare l’istruzione ad una persona supposta pentita ho dovuto prendere io stesso l’incombenza di istruirlo, e di ordinare ad Abba Hajlù di farlo egli stesso in mancanza mia. A misura che il popolo cresceva nell’istruzione della morale cristiana egli discendeva più [in] basso nell’opinione publica fra quei cristiani, e diveniva sempre più come infame per la sua condotta passata, e quando io incomminciava [ad] aquistare una certezza morale della sincerità della sua conversione, volendo aiutarlo coi Sacramenti, ho dovuto amministrarglieli secretamente, e tenerlo legato da una publica penitenza, per la riverenza dovuta agli stessi Sacramenti; perché l’opinione publica, in certo modo, ha bisogno di correggersi sul particolare di quella data persona scandalosa, [p. 634] difficoltà sorte per la conversione di abba Arassabo. e ciò per due ragioni. La prima ragione è affinché non si verifichi il caso di dare il Santo ai cani; nel supposto anche che Abba Arassabo fosse stato sinceramente convertito, e divenuto un’angelo, fino a tanto che i suoi scandali non erano riparati, e conosciuta la sincera sua conversione da tutti, anche dando i Sacramenti ad un’angelo, in facia al publico gli avrei dati ad un cane, perché il cuore non basta per correggere l’opinione publica; nel solo caso di morte il /357/ cuore basta per salvarci avanti [a] Dio. La seconda ragione è quella della moralità publica, perché essa crolla nelle sue basi in seguito ai publici scandali. Per questa ragione uno scomunicato personale in morte può essere assolto da qualunque semplice Sacerdote avanti [a] Dio solamente; ma resta sempre intatta la sua pena e la privazione della sepoltura ecclesiastica fino a tanto che la Chiesa non l’ha assolto publicamente, e così fatto conoscere a tutti la sua conversione. La scomunica è una pena medicinale, non solo per lo scomunicato, ma molto più per la publica moralità. Abba Arassabo, benché non fosse scomunicato personalmente per mancanza di autorità competente, perché fuori della Chiesa, pure aveva dato gravi scandali e doveva riparare le ferite fatte alla publica moralità colla penitenza, prima di ricevere i Sacramenti.

Messa, Confermazione, Ordinazione. Finita la questione coll’antico prete Abba Arassabo, si pensò seriamente al nostro ministero: l’indomani si fece una gran funzione; nella notte si celebrò la S. Messa, nella quale [si] comunicarono molti dei nostri, [p. 635] ed alcuni di quelli già stati battezzati da Abba Hajlù in Afallo. Nella Messa ebbe luogo l’ordinazione di alcuni minoristi fra i nostri giovani. Dopo ebbe luogo la confermazione di alcuni dei nostri, e di altri altri novellamente battezzati. Fra questi molti domandavano Gabriele come padrino, ma non fù possibile di risolverlo ad acettare; a tutti egli soleva rispondere che essendo ancora giovane aveva egli stesso bisogno di un padre che lo guidasse, epperciò non poteva essere padre di altri; fratelli miei, diceva, pregate per me, perché, senza un’assistenza speciale di Dio, io posso ancora diventare uno scandaloso peggiore di Abba Arassabo, e col mio mall’esempio condurvi all’inferno. Il P. Hajlù mi diceva però che il rifiutare egli sempre costantemente di essere padrino, sia nel battesimo che nella Cresima, dipendeva piuttosto da una certa persuasione che egli aveva di morire molto presto. Abba Hajlù avendolo confessato, per timore che avesse attinto dalla confessione qualche notizia a [a] questo riguardo, non ho osato innoltrarmi di più nella questione.

tre domande fatte al re Dopo la funzione tutti i capi Bossasi andarono dal Re per fargli alcune domande. 1. Avendo terminato una cappella provisoria in Affallo sul terreno di Abba Tabacco, nel significare questo al medesimo volevano domandargli la facoltà per me di andarvi a benedirla. 2. Nel caso della nostra partenza per Kafa, essi pregavano il Re di domandarmi un Sacerdote in luogo di Abba Arassabo, il quale pensasse ad istruire tutti i cristiani di Ghera divenuti Cattolici. 3. In questo caso pregavano il Re di accordare un terreno alla missione, sul quale i Cristiani potessero costruire una Chiesa, ed una casa [p. 636] per il Sacerdote domandato, /358/ se sarà accordato. concessioni del re alla missione. Il re, che molto amava i Bossasi, perché erano i migliori guerrieri del suo piccolo regno, accordò loro ogni cosa, e soggiunse: quando verrà Abba Messias in Affallo, io manderò con lui delle mie persone fide, le quali faranno vedere a lui il terreno che penso dare per la Chiesa. I capi Bossasi perciò ritornarono dalla corte trionfanti di aver ottenuto tutto quello che domandavano. Corsero subito da me a darmi notizia dell’ottenuto, e sopratutto per avere il re aderito alla mia visita di Afallo. Venne perciò subito fissato il giorno della mia partenza per Afallo, alcuni giorni dopo, per dar tempo a tutti i preparativi. L’indomani si fecero alcuni battesimi di adulti, si celebrarono due matrimonii ecclesiastici, e celebratasi la Messa, nella quale [si] comunicarono i novellamente battezzati, ed ho congedato la carovana dicendo, che venendo io in Afallo, si sarebbero fatti gli altri battesimi. Io avrei voluto trattenere il giovane Gabriele, per dargli un poco di riposo, tanto più che il Re stesso aveva desiderato di vederlo, ma non fù possibile, tutto quel mondo [di gente] me lo presero, come per forza, e dovette partire.


(1a) Questo Deftera prima di essere cattolico aveva [fatto] il patto col diavolo, e lo faceva comparire; egli fu servo di Antoine d’Abbadie, e suo scrivano. Si convertì nel 1847. in Tigre. Tardò molti mesi la sua conversione per timore di essere strangolato nel giorno della medesima. Fu ordinato Sacerdote nel 1851. [† 24.10.1874] morì in Kafa dopo un fervente apostolato di 22. anni. Era nativo di Gondar, aveva scritto molte memorie sul martirio dei Padri Agantangelo, e Cassiano. [Torna al testo ]