/386/

45.
Ritorno al Gudrù. Gama e i Uara-Kumbi.
Furto di Abba Fessah. Partenza definitiva.

Dal momento che l’affare fu deciso non vi fu più rimedio. Il principe con tutti gli onori ci fece accompagnare per la via più breve sino a Zemiè, dove arrivati, [p. 512] un corriere di Tedla Gualu passò il Nilo, con una lettera a Gama così concepita = in seguito ad alcune difficoltà insorte Abba Messia non potendo più continuare il suo viaggio, io lo facio condurre sino al fiume, e voi pensate a riceverlo come si conviene, affinché non nascano inconvenienti. Appena arrivata la lettera ad Assandabo fu una vera festa. lavorio di abba Fessah coi nemici di Gama I nemici di Gama, i quali erano informati dalle loro spie di quanto arrivò in Gogiam, a mio carico, avevano già sparso [la voce] che io era stato messo in prigione, e che la mia causa si stava giudicando. Che quindi certamente io non sarei più ritornato. Tutte queste notizie avevano sparso la malinconia dapertutto; agli stessi paesi di Gombò, di Giarri, e di Nunnu non lasciarono di fare del gran male, perché io aveva lasciato tutti quei paesi ben disposti in favore della pace e della missione.

Mi parve una cosa incredibile come abba Fessah fosse inteso anche coi nemici di Gama a questo riguardo, eppure fu così: io camminando da Lagamara al Gudrù stava preparando [p. 513] amici, ed elementi d’apoggio per la pace in caso di bisogno, e l’astuto monaco che già pensava di ritornare frà i galla e di sconcertare la missione colla guerra unica sua speranza, aveva lavorato in questo senso. Egli, appena fatto il colpo mortale contro di me in Gogiam si mise nelle file dei Warra Kumbi, e rientrò secretamente in Gudrù, e dove stava nascosto? abba Fessah nascosto in casa di Gama nella casa stessa di Gama all’umbra della vecchia Dunghi. Appena arrivò la mia lettera in Gudrù fu un colpo mortale per lui. La vecchia Dunghi, e Gama stesso che non avevano ancora compreso il colpo di mano, per una specie di bontà servivano ai loro nemici tenendolo nascosto. Io ancora in Zemiè dal corriere medesimo aveva già compreso che Abba Fessa[h] /387/ era in casa dello stesso Gama nascosto, [e stava] lavorando per la guerra.

mio passaggio del Nilo Appena disceso al fiume la turba dei nostri passarono gloriosi per prendermi; Bascià Walde Ghiorghis con Abba Joannes mi aspettavano all’altra riva con impazienza, e tutti i soldati di S. Michele mi presero e mi trasportarono dall’altra parte, dove, appena arrivato, ho preso da una parte Bascià Walde Ghiorghis e abba Joannes, e spiegai loro il mistero [p. 514] dell’operato da Abba Fessah, e che questo briccone si trovava nascosto in casa dello stesso Gama; ora spedite subito alcuni soldati dei più arditi, [dissi,] forze vi riuscirà di prenderlo. abba Fessah è stato scoperto
[sentenza contro abba Fessah: 15.6.1862]
Abba Joannes uomo fervoroso ed ardente, preso alcuni soldati con se, partì sul momento, e montò tutta quella montagna come un fulmine. Appena arrivato entrò nella casa di Dunghi. Abba Fessah stava nascosto dentro una Gottara (ripostiglio di grani vuoto) e mentre stavano frugando da una parte di quella gran casa, egli poté scappare ancora. Abba Joanhes ed i soldati stanchi non poterono tenergli dietro. Egli, rimasto nascosto tutto il giorno in una casa, nella notte lo fecero partire per Lagamara.

io passo i[l] Nilo Io intanto, passato il fiume stava seduto sotto un’albero [di] Tamarindo per tutti i complimenti di uso. Si fece un poco di caffè, e preso qualche ristoro, ho congedato i pochi Gogiamesi, e quando questi ebbero ripassato il fiume, noi siamo partiti, e rimontata la prima salita, abbiamo preso la via della casa di Workie, dove ci aspettavano per passarvi la notte. Strada facendo i nostri ebbero campo di sentire tutta la storia delle vicende nostre avvenute in Gogiam dal vecchio [p. 515] Abba Gualu, il quale ne conosceva i detagli meglio di me. Discorrendo ho potuto conoscete che alcuni avevano conosciuto come un secreto l’arrivo di Abba Fessah in Gudrù e la sua dimora in casa di Gama, ma erano da compatire, perché non avevano la chiave degli avvenimenti, ed hanno creduto prudenza osservare silenzio. Lo stesso Bascià Walde Ghiorghis ne sapeva qualche cosa, ma egli non conoscendo tutti i precedenti, ed il giuramento fatto fare da Gama di legarlo, ha creduto prudente oservare silenzio. Appena arrivati alla casa di Workie, ho bevuto un corno di Birra, e poi mi sono ritirato per riposarmi un tantino, ma il povero vecchio Abba Gualu, il quale pure ne aveva bisogno, dovette soddisfare tutta quella moltitudine curiosa.

[17.6.1862]
una mia collera contro Gama male interpretata
L’indomani montato in Assandabo, domando di Abba Fessah e sento che l’apostata era fugito verso Lagamara. Fù allora, che io in collera contro Gama per avere violato il giuramento, e lasciato passare l’apostata, dissi un’espressione, la quale fu presa come una maledizione di Ga- /388/ ma, tu hai lasciato passare il nemico che va a rovinare la casa di Dio, ma Dio lascierà passare i tuoi nemici, i quali arriveranno quì a rovinare la casa tua. Io aveva piuttosto predetto un trionfo [p. 516] passeggiero dei nemici di Gama, ma mi sono guardato da [proferire] una maledizione; io aveva detto questo, come in privato alla presenza di poche persone, benché fuori della casa vi fosse un mondo di gente, eppure i nemici di Gama fecero un gran rumore di questa mia maledizione, se ne parlò in tutto il Gudrù ed in tutti i paesi dei contorni; i nemici di Gama gridavano apertamente[:] l’Abuna è con noi, [S.] Michele è con noi. ultimo sforzo dei nemici di Gama
[mag. 1863]
Come sia andata la cosa è un mistero. un bel giorno vi fu un movimento quasi improviso; i nemici erano pochi e Gama impreparato, come una buffara passeggiera si fa sentire; l’armata di S. Michele ebbe appena tempo ad organizzarsi, che arrivarono alla casa di Gama e diedero il fuoco. Bascià Walde Ghiorghis prese i nemici di dietro e troncò loro la strada per la ritirata, e ne fece[ro] un vero massacro. Tutto il gran male di questo attacco fu il fuoco dato alla casa stessa, dove Abba Fessa[h] stette nascosto.

umiliazione di Gama. Iddio in collera con lui Fu questo l’ultimo sforzo dei Warra Kumbi nemici di Gama. Benché questo attacco sia stato per Gama più un trionfo che una perdita, pure Gama fu da ciò molto umiliato. Iddio era in collera contro di lui, ma non contro [p. 517] il paese, e posso dire contro la monarchia di Gama; Iddio volle dare un’ultimo avviso a questo uomo, il quale, benché pensasse più al suo regno che all’anima sua, pure bisognava confessare che aveva fatto grandi servizii all’opera di Dio. Gama era arrivato ad un punto in cui tutte le sue scuse abituali di prudenza [non] servivano più a nulla, perché era divenuto abbastanza padrone di se per convertirsi e pensare all’anima sua. Ma il vizio l’aveva come istupidito, ed invece di convertirsi, aggiunse ancora il delitto secreto di cui si è già parlato. La sua nuova moglie o Betsabea, come io la chiamava, cercò più volte di fare la pace con me mandandomi regali, ma io ho sempre respinto ogni cosa. Anche questo doveva servire di lezione a Gama, ma nulla valse, epperciò Iddio lo aspettava al gran colpo fatale per lui, e la spada era attaccata ad un filo sopra la sua testa.

Gama cerca la pace con me Gama umiliato dall’ultima insurrezione cercò di fare la pace con me, ed a questo oggetto mandò ai miei piedi tutte le persone più care, come fra le altre Waldeghiorghis, Avietu e Workie Jasu. Io risposi sempre a tutti che Gama come Principe rappresentante il Gudrù fu sempre mio amico e lo sarà sempre, perché non posso tradire [a] lui senza tradire [al] Gudrù. Ma che intanto [p. 518] Gama come semplice uomo io non poteva dispensarlo dal pagare certi debiti a Dio che egli solo cono- /389/ sce[va], per i quali la pace mi era impossibile, non potendo io pagargli per lui. ritorno a Lagamara di monsignor Cocino. Fratanto la fuga di Abba Fessah in Lagamara obligò Monsignor Cocino a ritornarsene subito alla sua missione [di] Lagamara per guardarsi da quel lupo che avrebbe fatto colà del gran male. Difatti, appena arrivato Abba Fessa[h] in Lagamara, egli raccomandato da alcuni nemici di Gama entrò al servizio di un galla, col quale era già in relazione prima di partire da quel paese; prese la medicia e si fece figlio adottivo suo onde mettersi al sicuro. abba Fessa divenuto galla in Lagamara Si dichiarò galla e prese una moglie con tutte le formalità pagane. Conosciutosi in Gogiam questo fatto fu l’ultima prova della sua condotta. Fu allora che Tedla Gualu mandò a Gama ed a me tutte le deposizioni fatte da Abba Fessah, tenute secrete fino a quel momento, e spiccò un’ordine di cattura al primo comparire che avesse fatto sul terreno [del] Gogiam.

mio sistema di missione. Io intanto, obligato a passare la stagione delle pioggie, per abituare la popolazione del Gudrù alla mia assenza sono rimasto poco in Assandabo, ma passava il mio tempo nelle piccole missioni dei contorni, ora a Kobbo, ora in Loja, ed ora [p. 519] anche nei bassi del Nilo facendo solo delle apparizioni in Assandabo per i bisogni del ministero. Appena il Nilo incomminciò ad essere passabile, io ho ripreso il mio antico costume di recarmi a far vita eremitica nella grotta detta Devra Salassie in pieno deserto. Abba Gualu, ed Abba Joannes, or l’uno or l’altro venivano con me. Dimodoché, sia il Gudrù che il Gogiam si abituarono a questo mio passagio senza farmi notare. Il mio scopo era quello di partirmene un bel giorno per il mio viaggio di Massawah. Così eravamo intesi con Monsignor mio Coadjutore; egli facendo sua stazione principale in Lagamara divideva il suo tempo, ora con Nonno, ed ora con Nunnu, mentre io facendo mia stazione ordinaria in Assandabo, ora mi trovava al Nord di quà o di là del Nilo, ora al Sud in Kobbo oppure in Loja. Eravamo però intesi di trovarci tutti [e] due in Assandabo per prendere le ultime risoluzioni.

mese di settembre in Assandabo. Dopo aver passato adunque i mesi di Luglio e di Agosto ad Sud, ora in Kobbo, ora in Nunnu, ed ora in Loja; ho passato, il mese di Settembre in Assandabo. Dopo sono disceso nelle regioni del Nilo, ed ho passato quasi tutto ottobre nella grotta del deserto, dove sono stato visitato da molti eremiti [p. 520] alcuni dei quali risolvettero di lasciare il deserto per seguirmi fra i paesi galla. Ho passato quasi un mese in quella grotta facendo scuola ai miei giovani, e ad alcuni di detti eremiti, i quali incomminciavano a prendervi gusto; ma poi ho ripassato il Nilo per restituirmi in Assandabo per la festa di tutti i Santi. una missione ai soldati di s. Michele Dopo questa festa, prima di partire per la costa, ho voluto dare in specie di missione ai /390/ Soldati di S. Michele, molti dei quali erano ancora catecumeni. In questa missione si fecero molti battesimi, molte confessioni e comunioni, ed alcuni matrimonii. Dopo quella missione si sono riveduti i regolamenti della compagnia, e furono di nuovo solennemente approvati.

battesimo del 4° figlio di Avietu. Sul fine di Ottobre, mentre io mi trovava ancora nel deserto, la moglie di Avietu aveva dato alla luce il quarto dei suoi figli maschi e [i genitori] desideravano assolutamente che io mi recassi a battezzarlo. Dovevano venire in quell’occasione da Nunnu i due giovani sposi, e forze anche Natan con suo figlio. Così pure io ho fatto avvertire alcuni giovani di Gombò, i quali desideravano [p. 521] di ricevere il battesimo, essi pure dovevano venire; epperciò pensava di fare anche qualche giorno di missione per ravvivare un poco più la fede per queste funzioni. questione del padrino La moglie di Avietu avrebbe desiderato che Gosciò suo fratello fosse padrino del battezzando; sarebbe stato tutto a suo luogo, ma ostava una circostanza anche canonica, non essendo quel giovane ancora confermato. Quel giovane aveva incominciato molto bene, ma in tutto il tempo del mio allontanamento si è guastato. Egli era animatissimo per la missione, ma per la pratica poi era un poco inclinato a camminare per la via del suo Padre; epperciò ho risposto di cercarne un altro. Per lui aveva già dato una negativa relativamente alla Società dei Soldati di S. Michele; non l’ho voluto per v.[ice] Presidente per questa stessa ragione; ciò non fece piacere, ma pure dovette contentarsi.

arrivo di M.r Cocino Prima delle feste di Natale arrivò Monsignore Coadiutore in Assandabo. Abbiamo passato insieme le feste; abbiamo parlato dei nostri affari; piano di viaggio si conchiuse la mia partenza col ragazzo Stefano, fratello [p. 522] del Sacerdote indigeno Abba Matteos, e del giovane monaco Abba Raffaele nativo di Saint. Il vecchio Abba Gualu molto conoscente del Gogiam, ed Abba Joannes mi avrebbero preceduto per prepararmi la strada da farsi di notte da un’amico all’altro sino alle estremità del Gogiam, e poi sarebbero ritornati. Questo era il piano di viagio secreto. In facia al Publico, io, secondo l’uso sarei disceso verso il Nilo per fare la missione; dopo qualche giorno sarei ritornato alla mia grotta del deserto.

partono abba Joannes e abba Gualu. Ritornato difatti Monsignore Coadjutore verso Kobbo per recarsi poco per volta a Nunnu ed a Lagamara, incomminciarono a partire Abba Gualu, ed Abba Joannes unus post alium per prepararmi la strada sotto pretesto ad uno di andare a Basso per fare alcune proviste, ed il vecchio per vedere alcuni suoi amici del Gogiam. Io aspettava ancora qualche giorno per ricevere alcune lettere che dovevano venire da Lagamara. Appena partito Abba Joannes, prima [p. 523] ancora che arrivasse /391/ Monsignor Coadjutore a Lagamaa, ecco arrivarmi Dinagdè da Lagamara portatore di cattive notizie.

furto nella chiesa di Lagamara Abba Fessah, divenuto galla, come sopra già si disse, nella notte, unito ad alcuni galla suoi amici, ruppero la porta della Chiesa di Lagamara e rubarono tutto quello che vi era. Capo dei ladri era l’apostata Abba Fessah, il quale conosceva tutti i secreti della casa. scoperta dei ladri Dinagdè nostro vicino di casa, persona che conosceva tutti i secreti dei contorni, e nostro cattolico fervente, non tardò a scoprire i ladri, e come faceva un poco da Procuratore o fabriciere della Chiesa, in assenza di Monsignore coadjutore, fece subito la questione. passò da Monsignore Coadjutore, e venne da me. Molti oggetti stati rubati erano già partiti per Basso; Abba Joannes avvertito gli sequestrò.

oggetti rubati sequestrati in Basso. Questo affare ritardò di qualche giorno il mio viaggio. Gli oggetti sequestrati in Basso, furono l’ultima prova. L’apostata essendo un’affigliato galla, Abba Unduma padrone galla della missione [p. 524] fece la questione in Lagamara col padrone dell’apostata. L’esame fatto in Basso scoprì dei complici in Assandabo. questione dell’apostata trattata in tre luoghi La questione quindi fu agitata in tre luoghi distinti, e prese una sproporzione colossale. Degiace Tedla già irritato contro l’apostata in Basso riservò a se la questione; là il galla fu preso e messo in prigione; un’altro possessore fu legato in Assandabo da Gama. L’apostata fu legato in Lagamara. Una quantità di famiglie si trovarono compromesse in questo affare. Fra tutti il più inesorabile fu Degiace Tedla, il quale minaciava tutti i mercanti venuti a Basso dal Gudrù e da Lagamara.

mia partenza ultima da Assandabo
[fine mag. 1863]
mio viaggio di sei notti
Io non viddi più il fine di quella questione, perché, dati alcuni ordini a Monsignore Coadiutore io sono partito da Assandabo per la grotta. Di là, partito di notte, mi sono recato a Naura, dove ho passato il giorno dell’indomani. Nella notte seguente sono andato a Liban alla casa dei parenti di Zallaca, dove pure ho passato il giorno a dormire. Nella terza notte sono andato ad un piccolo villagio di pastori vicino a Devra Senebet, dove [p. 525] ho passato il giorno, nel quale ho congedato Abba Joannes, il quale si recò a Basso per proseguire la causa del rubarizio di Lagamara. Partito nella quarta notte sono arrivato vicino a Devra Work nella casa di un’amico del vecchio Abba Gualu, dove pure ho passato il giorno. Nella quinta notte Abba Gualu egli stesso mi condusse alle vicinanze di Martola Mariam, e fui ricevuto nella casa dei parenti del mio giovane Giorgio morto in Roma nel collegio di Propaganda, se non erro, [† 25.2.1852] nel 1853. Nella sesta notte i parenti del mio Giorgio mi condussero alle Vicinanze del Nilo; furono essi che nella giornata seguente col /392/ mezzo di amici e parenti loro mio ultimo passagio del Nilo ho potuto passare il Nilo, presente il vecchio Abba Gualu, il quale colà appunto fu congedato, e ritornò indietro.