/354/

40.
Guado dell’Hauash.
Aggressione scongiurata. Contrabbando.

alcune mie ragioni e timori È ormai tempo di lasciare le osservazioni. Il lettore di queste mie memorie mi compatirà d’essermi forze un poco troppo esteso; confesso la mia [p. 230] colpa; ai piedi del monte Azzelo ho veduto [per] la prima volta in lontananza la città di Ankober, dove il mio arrivo sarebbe stato un’avvenimento, come persona molto conosciuta per fama, epperciò da alcuni desiderata, da molti temuta, e da molti anche odiata. Benché io avessi domandato al Re Menilik il mio semplice passagio per il suo regno, onde arrivare alle mie antiche missioni galla al Sud-Ovest del suo regno, ed egli me lo avesse accordato, e giurato anzi; tuttavia io conosceva già troppo il carattere dei principi abissini, per aspettarmi tutto ciò che poi accadde; poteva quindi imaginarmi il nuovo sistema di missione che poteva ben presentarsi per se stesso difficilissimo. Se non altro perciò il fin quì detto sarà sempre come un preambolo per preparare il lettore alla nuova storia che sta per aprirsi a misura che ci avvanzeremo.

nostra partenza per l’Awaz
[2.3.1868]
Lasciato il piano del monte Azzelo la nostra carovana tenendo sempre l’ovest leggermente inclinato verso il sud camminò ancora due giorni di corsa ordinaria per una discesa appena visibile frammezzo [a] scorie vulcaniche, per arrivare alle sponde del fiume Awaz. Fin là la nostra carovana ha sempre schivato i centri delle popolazioni Denakil camminando sempre nei luoghi più deserti, sia per non esporsi ad incontri [p. 231] pericolosi, e sia forze ancor più per evitare dogane. verdura nelle vicinanze del fiume Dal momento però che si avvicinava l’Awaz non vi era più la siccità che abbiamo trovato per l’addietro: la terra incomminciava ad essere vestita di erba verde, prova che le pioggie delle altezze dell’Abissinia arrivavano almeno qualche volta a quelle lande di terreni incolti viciniori. Le popolazioni nomadi dell’interno privo di pioggia da due anni, si erano concentrate verso l’Awaz ed avevano coperto tutti i terreni delle due sponde del /355/ fiume suddetto. Là abbiamo incontrato una carovana numerosissima di schiavi guidata da un’altro figlio di Abu Beker, la quale camminava verso Mullu, e voleva arrivarvi per il mercato, onde rinfrescare le loro provigioni per tutta quella moltitudine di schiavi.

incontro di una carovana, e notizie Il Signor Mekev parlando con alcuni mercanti che discendevano a Tagiurra aveva raccolto notizie ed anche alcune lettere dal paese di Choha o Scioha, e la sera, appena la carovana si fermò mi partecipò [tutto]. Il Re Menilik, disse, ha già sentito il nostro prossimo arrivo, e sta preparando in Liccè una casa nel mede-biet per voi; si vocifera che [† 25.10.1867] sia morto il Vescovo eretico Abba Salama; in Ankober si parla molto di un Vescovo nuovo. [p. 232] Dopo tutto ciò il Signor Mekev mi dava notizie della sua casa, ed in specie che la sua moglie aveva avuto un figlio. alcuni timori Ma occupiamoci delle notizie vicine, egli proseguì: Fin quì noi siamo venuti bene per grazia di Dio, ma avremo due o tre giorni di pericoli prima di arrivare in luogo sicuro: un capo dei nostri disceso verso il fiume si è battuto cogli Adal o Danakil (1a). Oggi che tutti i Denakil o Adal si trovano sopra l’Awaz sono molto forti, ed il nostro capo della carovana teme la macchia del sangue, e si prenderanno delle misure particolari.

alcune precauzioni Difatti la sera nel formarsi del campo si fece una specie di muro colle mercanzie; e non solamente noi tre missionarii, ma lo stesso Signor Mekev, fummo collocati in mezzo e tutti gli uomini della carovana furono obligati a montare la guardia intorno a noi. Tutte le conferenze si passavano in lingua dankali che da noi non era intesa; le stesse notizie raccolte dal Signor Mekev furono in gran parte da me occultate ai due compagni per non mettere un’alarme inutile nella nostra famiglia. Con, tutto ciò la notte passò abbastanza tranquilla. passagio del fiume Awaz
[3.3.1868]
La mattina, seguente, se non erro, il primo Marzo, il capo della carovana publicò l’ordine del trasbordo: [p. 233] il fiume era nella sua minore bassezza, perché il mese di Marzo è il mese secco e senza pioggie sull’alto piano; le aque del fiume erano incassate in modo che la larghezza dell’Aawaz non arrivava forze ai dieci mettri; a questo riguardo perciò nessun allarme si presentava; passò una quantità di cameli semi carichi, l’aqua arrivava al ventre ed a mezzo ventre in alcuni luoghi; l’altezza dell’aqua perciò era molto di sotto dei due mettri. Prima di me passò il P. Taurino, il quale aveva sofferto meno di tutti nel viaggio; dopo di lui sono passato io, e dopo di me il P. Ferdinando. Dopo di noi passò il Signor Mekev, i /356/ nostri due giovani ed i due servi di Mekev. Colla pazienza, a piccoli carichi di Camelo poté passare tutto il nostro bagaglio, le mercanzie di Abu Beker, e quelle dei mercanti senza bisogno di ricorrere alle zattere, che si sogliono fare in altre stagioni. In Ottobre l’Awaz suole allagare dalla parte ovest tutto il piano attiguo, in molti luoghi a due kilometri; la riva est è salva dall’innundazione, perché è [in] salita, come già si disse.

al di là del fiume si recita i[l] Te Deum.
confini del regno
Passato che fù il fiume abbiamo ringraziato Iddio coll’inno Te Deum. Il trasbordo però impiegò tutta la mattinata, talché in pieno mezzodì solamente eravamo accampati nel piano opposto, ed in certo modo potevamo chiamarci arrivati sui confini del regno di Menilik. Noi eravamo ancora [p. 234] in paese degli adal o denakil, epperciò non ancora fuori pericolo, tuttavia ho chiamato quel paese in certo modo confine del regno di Menilik, perché gli Adal sogliono pagare al Re qualche tributo per essere liberi da ogni attacco delle truppe regnicole, le quali potrebbero discendere sino al fiume. Ho detto pure che non eravamo ancora sicuri, perché gli Adal in caso di rottura passano all’altra riva del fiume, e facendo delle escursioni in gran numero possono sostenere una guerra accanita coi regnicoli. interessi de[i] due confinanti Vi sono però degli interessi reciproci tali da garantire la pace trà i due confinanti. Gli Adal per parte loro hanno bisogno di quel terreno per i loro bestiami, principalmente nei casi di siccità molto frequente nell’interno, ma molto più hanno bisogno dello smercio del sale, col quale comprano vesti e grano dai regnicoli. I regnicoli hanno bisogno di restare in pace cogli Adal per avere del sale, e per il commercio col mare. Le piccole questioni trà i regnicoli e gli Adal sono trattate dall’Abegaz capo della Provincia del basso Iffat, e capo religioso di tutti i mussulmani del regno, le grandi questioni però sono riservate al Re.

minacie di una tribù nemica
[4.3.1868]
Ciò premesso, ritornando al viaggio nostro, il capo della nostra carovana avrebbe voluto partire subito, per prevenire ogni consiglio ed agglomerazione di quei nomadi per causa del sangue sparso di sopra già citato, e difatti [p. 235] aveva già dato l’ordine di caricare, appena che il mondo della carovana avesse finito la sua refezione, ma mentre si stava caricando già molti della tribù nemica erano [già] in gran parte radunati, prevalse perciò il consiglio degli amici nel fare ritardare la partenza per non dare l’aspetto di fuga alla medesima. consiglio dei vecchi. Si radunarono [i] vecchj di altre diverse tribu, si conferì tutto il giorno, e tutti dissero che non essendo una guerra generale [ma] di alcuni individui di una tribù che si è battuta con una squadra dell’Abegaz, la causa era coll’Abegaz semplicemente, e non col Re direttamente; quindi doversi lasciare /357/ in pace la carovana del Re e le persone del Re; tanto più, che essendovi dei custodi pagati di quasi tutte [le] tribù, questi avrebbero dovuto prenderne la difesa, e sarebbe divenuta una causa di generale interesse da compromettere la pace universale fra i denakil medesimi. La causa del sangue versato deve terminarsi presso l’Abegaz, e non può andare al Re che in caso di appello. La questione sarebbe stata finita, ma frà popoli senza un governo la pace è difficile ad ottenersi.

Si passò quindi una cattivissima notte come in prigione, guardati dai nostri medesimi, i quali temevano di qualche sorpresa per parte di quelli che spaciavano diritto di sangue. Venuta la mattina il nostro capo della carovana intimò la partenza, e prima che il sole sortisse, già [p. 236] eravamo in piena marcia, ma i nemici invece di cedere incomminciarono a seguirci con delle minacie. ordine di battaglia Da principio pareva una [cosa] da disprezzarsi, ma poi crebbe talmente, che convenne fermare la carovana e mettersi in ordine di battaglia; dalla nostra parte contavamo circa 80. combattenti, e due con fucili, mentre i nemici erano forze cento; fra le nostre guardie venute con noi dal mare quattro erano molto rinomati combattenti, i quali avevano già ottenuto parecchi trofei nelle guerre passate. Vi fu un momento in cui già erano per attaccare la zuffa, ma poi saltò in mezzo Mahumed Gurra con un’altro vecchio che ci aveva seguito da parecchi giorni per scorta, ed incomminciarqno a parlamentare. Io non capiva la lingua dankali, ma stando alla traduzione che me ne fecero era un vero capo d’opera di eloquenza nel gusto di quei paesi che noi diciamo barbari.

parla Mahumed Gurra sua eloquenza e sua fede Fratelli, prese la parola Mahumed Gurra a nome anche dell’altro vecchio, prima di toccare questa gente, o [che] voi amazzerete noi, oppure [che] noi amazzeremo voi; in questo caso meno male, perché dopo la nostra morte, o [che] i nostri figli se la disputeranno con voi, oppure i vostri figli se la disputeranno con noi, la vittoria o la sconfitta sarà sempre trà fratelli; dopo la guerra verrà la pace e l’eredità dei nostri Padri, la razza nostra e la nostra [p. 237] famiglia sarà sempre la stessa, ma se voi verserete una sola goccia di sangue di questa gente, sapete voi che gente [è], e che sangue è il sangue di essi? essi sono i fratelli dei nostri Santi del monte Azzelo, il loro sangue è sangue di Dio stesso, è sangue di Menilik medesimo, e voi, ed i vostri figli potranno battersi col monte Azzelo, con Dio, e con Menilik[?]. Ora, se noi vostri fratelli siamo venuti ad accompagnarli, non è già per loro, ma per voi nostri fratelli, e per l’onore, e per l’interesse della nostra razza, e per avertirvi del gran mistero. Sapete voi per quel ragione Menilik gli ha chiamati? è per benedire il suo regno. La questione del vostro sangue sparso, è già /358/ una questione decisa, lasciatela a noi, e noi ne parleremo all’Abegaz, ne parleremo a Menilik, e vi sarà fatta giustizia.

finisce la questione, e si parte Ciò detto, i nostri due vecchi seduti in circolo coi nostri nemici medesimi, chiamarono il capo della carovana, il quale fece loro un regalo, adorarono prostrati in terra, uno di loro si unì ai nostri vecchi come custodi, e la nostra carovana continuò il suo viaggio. l’eloquenza con Dio sola grande Ora cosa dirà il lettore di queste mie memorie? non dirà egli che l’eloquenza del barbaro Mahumed Gurra è un pezzo [p. 238] di eloquenza da mettere vicino a quella del nostro oratore romano, dirà che Mahumed Gurra è il Tullio fra quei barbari, e nel tempo stesso sarà costretto a confessare che l’uomo che noi chiamiamo barbaro è mai tale fino a tanto che ha ancora una fede bastante per alzare gli occhi al monte dei Santi, e di là guardare ancora in cielo. Cicerone era grande, perché alla fine lo appoggiava sempre ancora la fortezza misteriosa di una teocrazia, superstiziosa bensì, ma rifugio e base bastante per chiudere la bocca alle masse; ma i nostri che hanno stabilito di tenere gli occhi fissi in terra, dopo che han dato alle masse un’onnipotenza materiale nel distruggere coi mezzi inapellabili delle bombe e della dinamite, dove si salveranno?

sempre temere per guardarsi Intanto il capo della carovana raccomandò che si affrettasse il passo, e si camminò fino dopo mezzo giorno per allontanarsi dalla tribù nemica, perché, come egli diceva, benché più non vi sia pericolo di attacco, avendo un vecchio della tribù per guida, tuttavia, quando si tratta di sangue, sempre ancora bisogna usare cautela, se non per la tribù, per qualche individuo; un prossimo parente, oppure un’amico dell’ucciso, non soddisfatto dell’aggiustamento fatto, potrebbe avvicinarsi a qualcheduno dei nostri per fare un colpo [p. 239] da traditore: il taglione è talmente entrato nel cuore e nell’abitudine di certi popoli, che vendicare il sangue è creduto un sacro dovere, affinché l’anima dell’ucciso sia salva: essa se ne sta sospesa nel suo destino eterno fino a tano che sia reso il sangue, io stesso l’ho sentito da molti, diceva il Signor Mekev, e molti non vogliono ricevere il prezzo [del riscatto] per questa sola ragione; così in quel giorno si fece un lunghissimo viaggio, e l’unico bisogno di lasciare riposare gli animali fu quello che ci ha costretto ad accamparci; era[no] circa le due, e di quel giorno non si pensò più a viaggiare. si avvicina il porto
primi segnali
Eravamo ancora in pieno paese Adal - o Dankali, ma a misura che andavamo avvicinandoci gli stessi Adal erano di quelli più accostumati ai mercanti dei confini, epperciò meno [d]a temersi, e non mancavano di quelli che capivano la lingua amarica, e potevano anche parlarla sufficientemente per spiegarsi. Quindi il Signor Mekev ed i suoi /359/ servi non mancavano di trovare notizie da raccontarci la sera, fra le altre la notizia della [† 25.10.1867] morte del Vescovo eretico Salama diventò un fatto conosciuto con qualche detaglio.

A misura che si avvicinava il sospirato arrivo, più di tutti il Padre Prefetto Taurino allo scorgere il verde delle vicine montagne si rallegrava e prendeva forza; lo stesso P. Ferdinando, che pure aveva sofferto il viaggio, fino a lasciarci temere [p. 240] della sua vita, anche egli andava ravvivandosi a misura che l’orizzonte abissino si lasciava vedere più da vicino. io un poco ammal[a]to
[9.3.1868]
Io solo che da principio del nostro viaggio aveva bravato per far coraggio agli altri, come chi stanco di nuotare per non essere ingoiato dai flutti, giunge alla riva senza forze, per fare l’ultimo passo di salute, più di tutti perdeva ogni giorno le forze, e certi segnali di salute perduta apparivano nel mio volto. La mia bocca [era] piena di afte, colle labbra piagate, [tanto che] i miei due cari compagni incomminciavano a fissarmi con un’occhio di compassione e di timore; facia coragio, caro Monsignore, essi mi dicevano, siamo, arrivati e potremo riposarci; essi non conoscevano ancora l’Abissinia, e dovevano parlar così, ma io che la conosceva ragionava tutto all’opposto, ed il solo immaginarmi i disturbi e le pene che mi aspettava, bastava questo per produrmi [una] direi quasi una specie di febbre.

vicinanza di Ankober Dalla stazione in cui eravamo si vedeva Ankober tutto vicino, come chi dalla valle guarda la vetta di una montagna, e si sarebbe detto che non vi volevano più di due giorni; sarei contento che Monsignore arrivasse in quattro giorni, disse il Signor Mekev, perché la strada fa molti giri, ed è una salita molto incommoda; il Re poi, da quanto si dico, non è in Ankober, ma in Liccèe un giorno più lontano, tanto più che i nostri muli sono stanchi, e Monsignore [p. 241] è mezzo ammalato. Ciò non ostante nella seconda giornata dal fiume si fece la mattina una lunghissima camminata quasi sempre al piano frammezzo [a] pascoli coperti di cameli ed altri bestiami. La carovana [si arrestava] qualche ora nel mezzo giorno, sia per prendere un poco di riposo, sia anche per causa del sole cocente... Appena fermata la carovana io sono caduto come morto all’umbra di un’arboscello; tutti fecero una piccola refezione, ma io non ebbi neanche più il coraggio di alzarmi pet mangiare; il P. Prefetto Taurino fece fare un buon caffè, al quale aggiunse qualche goccia di elixir, quello mi diede un poco di vita. Verso le tre pomeridiane si diede di nuovo il segno della partenza, e dovetti rassegnarmi, e camminare altre tre buone ore per arrivare ad un luogo basso, vicino a un fiume, dove sogliono radunarsi le carovane che discendono alla costa /360/ del mare, e si fermano quelle che vi arrivano per lavare le loro vesti, e mettersi in ordine un poco più proprio prima di trovarsi cogli amici dello Scioha ed dell’Iffat.

gran stazione di confine
[Cianù: 5.3.1868]
una mia scusa al lettore
Io conosceva il nome di questa stazione come per pratica, perché occorreva soventi di parlarne, ma oggi non me ne ricordo più. Prendo occasione da ciò per prevenire chi leggera queste mie memorie che perdo ogni giorno [di] più il nome, sia dei luoghi anche i più comuni ed usuali, come di certe persone che mi furono molto care: [p. 242] così per esempio uno dei giovani del Signor Mekev, il quale mi fu carissimo, sia per i grandi servizii che ci presto in viaggio, e sia ancora, perché divenne un fervente cattolico catechista nel descrivere tutto questo viaggio il nome non mi rivenne più; così del luogo delle dogane distante una giornata dalla stazione suddetta; così pure dei capo scrivano e controllore delle dogane, [il deftera Gulti,] persona anche molto importante nella storia presente. Potrebbe darsi che tutti questi nomi dopo mi verranno a memoria, ma mentre scrivo questo abozzo non gli ho presente. Così occorrerà di molti altri. Al crescere dell’età si indebolisce la memoria. Cosa singolare, io tengo nella mia fantasia persino la viva figura delle persone, dei luoghi, e persino dei fatti, ma i nomi sono i primi a perdersi.

importanza di quella stazione Ciò posto, prima di riferire la mia partenza dalla stazione suddetta, dove siamo rimasti un giorno, è di tutta necessità far conoscere le operazioni ivi fatte. Queste operazioni si possono dividere in due categorie, in diurne e notturne, cioè in publiche ed in secrete, e potrei ancore aggiungere in legittime, o meglio in giuste ed ingiuste. alcune circostanze particolari Quando siamo arrivati [p. 243] a quella stazione abbiamo trovato molte persone che ci aspettavano, e tutta la notte seguente fu un’andare e venire continuo di gente, a segno che quasi non si poté dormire. Già era stato organizzato il nostro arrivo in modo che fosse verso la notte, affinché nessuno potesse sapere ciò che arrivò da ciò che non è arrivato in numero e misura. L’indomani si trovò che la carovana era di molto diminuita, e ciò non solo nel numero delle persone, ma ancora dei carichi e della mercanzie. Per comprendere tutta l’importanza di quella stazione bisogna sapere che tutti i mercanti della costa di Zeïla e di Tagiurra hanno case sulla frontiera, ed i più importanti mercanti hanno anche paesi intieri a destra ed a sinistra della strada che conduce al villagio della dogana, e tutto ciò in lontananza di qualche ora di viaggio.

contrabando di ogni natura Ciò posto, la fermata di un giorno che si dice per lavare le vesti, è principalmente per il contrabando. La nostra carovana nella nostra partenza dalla costa contava solo al più 50. carichi di cameli; essa crebbe /361/ sempre a misura che si camminava, e nel nostro passagio del fiume ne contava [p. 244] molto più di cento; sparita la carovana in parte, e rubata la missione ed al nostro arrivo al villagio delle dogane furono notati 37. Al fiume i carichi di sale erano più di 50. ed alle dogane arrivarono 11. I fucili al fiume erano sette carichi, ed alle dogane furono notati 3. Da ciò si vede quanto contrabando vi fu in ogni genere di mercanzie. Ma fosse stato solamente contrabando di dogane, ma vi furono notabili furti alla missione. Al fiume si notarono ancora alcuni sacchi di riso, di datili, di grano, e molte pezze di tela bianca, con un’involto di tele nere, e di tutto questo alla dogana mi fu restituita una sola pezza di tela bianca con due pezze di tela nera, e tutto il resto scomparì. Abbiamo già veduto quanto ci rubò alla costa [l’emiro di Zeïla]; nel decorso del viaggio ho potuto conoscete la omnipotenza di Abu Beker sopra i Denakil, fra i quali dovunque tiene parenti, e tiene anche depositi, ed è l’oracolo che governa. Arrivato alle frontiere del regno di Scioha egli anche là è un vero principe senza gran titolo, ma [con] pieno potere sopra gli estremi confini dei regno.

un prudente silenzio Io dovrò ritornare su questa materia altre volte, quando sarò obligato dalla mia storia a dar ragione di certi fatti avvenuti, ma io [non] potrei mai tutto dire ciò che ho conosciuto, perché tengo dei fratelli missionaiii ed interessi della missione che girano sotto il prestigio di questa potenza in certo senso occulta, la quale può far scomparire la diplomazia più attiva delle nostre potenze d’europa, e senza compromettersi [p. 245] può condannare anche a morte tanto i missionarii che i viaggiatori. Io in seguito ho veduto dei fatti, ed anche [dei] documenti, i quali mi autorizzano a parlare in questo modo; ad ogni evento chi desidera prendere un partito più sicuro segua l’esempio da me dato in questo viaggio, pensando che è stato scritto da me dopo 14. anni di esperienza in quel paese.


(1a) Nell’interno la razza Denakll si chiama[no] [Adal]; si parlerà poi dell’origine di questo diverso nome quando parleremo della colonia di Rasa. [Torna al testo ]