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8.
Popolarità evangelica e «Devra-Libanos».
Finfinnì (Addis-Abeba). A Fekeriè-Ghemb.

opposizioni con[tro] la mia popolarità Molti, massime fra il partito chiamato Devra Libanos, oppure Sost Ledet, il quale era il partito dominante in Scioha, ed anche il più favorevole a noi missionarii, assuefatti a vedere il loro vescovo eretico circondato da grandi onori civili, affatto isolato dal popolo, e sortire al publico con gran fracasso di tamburri, ed anche con un accompagnamento militare, come un generale d’armata, dominati questi da una certa invidia, non vedevano [p. 359] [vedevano] di buon’occhio la mia popolarità, sopratutto il mio sistema di dare medicine al popolo: si dirà, dicevano essi, che voi non siete un vescovo, ma piuttosto un medico; i nostri nemici si rideranno di voi, e diranno che non sapete farvi rispettare e farvi temere, e così non sapete il modo di fare il vescovo. una mia confutazione Cari miei, risposi io, meglio non essere conosciuto per essere lasciato in pace a predicare la parola del nostro divino Maestro Gesù Cristo; egli avrebbe potuto farsi conoscere figlio di Dio con dei grandi miracoli, eppure amò meglio restarsene incognito agli stessi suoi discepoli, fra i quali il solo Pietro lo conobbe e lo confessò per figlio di Dio. Quando i due discepoli di Giovanni vennero al redentore per domandargli se era Cristo? dite a Giovanni che i muti parlano, i sordi sentono, ed i poveri sono istruiti, rispose loro; così, figli miei voi dovete rispondere a coloro che diranno che io non sono un Vescovo. In quanto agli onori del Vescovo Salama sappiate che Cristo passava i suoi giorni colle turbe e lascia[va] Caifa a godersi gli onori del Pontificato.

Ma non finisce qui la scuola di Cristo: dopo aver mostrato zelo e rigore coi flagelli contro i violatori del tempio, unico atto di simil genere riferito nel Vangelo, interrogato il nostro Signore[:] qual segno egli dava della sua missione? [p. 360] egli rispose che dava per segno la sua morte e la sua risurrezione, distruggete questo tempio del mio corpo, rispose, e dopo tre giorni colla mia risurrezione vi darò il segnale decisivo della mia missione. Con ciò il nostro Signore voleva dirci: la mia /71/ cattedra è l’umiltà, il mio trono il mistero della croce insegnato da Cristo è la croce [e] tutte le grandezze della mia natura divina devono rimanere nascoste all’umanità e debolezza del mondo, affinchè il tesoro della croce non mi cada di mano. Per questa stessa ragione discendendo dal Taborre ordinò ai suoi discepoli di tenere nascosti i raggi della sua divinità veduti sul monte santo. Se ciò ordinò ai discepoli è anche una gran lezione per noi, che c’insegna di nascondere la mitra ed il pastorale in questi paesi dove Cristo non regna; ora fino a tanto che non regna il nostro divin Maestro, noi dobbiamo passare per la croce dei calvario dove è passato egli per regnare con lui nella resurrezione. Voi dunque, carissimi, non dovete scandalizzarvi di vedermi sempre occupato fra il popolo, e dare delle medicine, forze io sono maggiore di nostro Signore che si occupava degli infermi? Son forze io maggiore di San Paolo, il quale diceva ai vecchj di Effeso: il necessario per me e per i miei fu sempre guadagnato con queste stesse mie mani?

Questo partito di Devra Libanos nella fede relativamente all’incarnazione del Verbo divino era speculativamente parlando con noi, perché credeva le due [p. 361] nature in Gesù Cristo, confessandolo in tutto vero Dio e vero uomo, ma per essere stato molti secoli sotto i vescovi eutichiani, esso non diceva esplicitamente[:] vi sono due nature in Gesù Cristo per timore di dire due persone, questione di nome
[Dioscoro patriarca: 444-451; deposto: 10.10.451; † 4.12.454
perché questi due termini[:] natura e persona, incomminciando dai tempi di Dioscoro erano stati confusi: difatti i nestoriani accusavano noi latini come eretici nestoriani, errore pratico che si mantenne sempre in tutta l’Etiopia, ma ben esaminata la questione si trovava che l’errore era di semplici termini, credendo in tutto il resto come crediamo noi relativamente alla natura del verbo divino fatto uomo. Le persone di maggiore capacità arrivavano facilmente a capire il vero significato di questi due nomi[:] natura e persona, e nella conversione loro facevano la loro confessione come era prescritto dal formolario ordinato dalla Chiesa, ma non mancavano di quelli, i quali, benché credessero in tutto come noi, pure presentavano ancora delle difficoltà per fare una simile confessione temendo sempre di cadere nel nestorianismo.

che si possa tacere in pratica? Naque quindi la questione, se cioè convenisse usare una prudente economia per salvare le anime, dispensando gli ignoranti e le persone del basso popolo dal fare una simile confessione [p. 362] esplicita[:] confesso le due nature in Gesù Cristo, oppure se convenisse doversi tener fermo nell’osservanza materiale della prescrizione ordinata dalla Chiesa nella professione di fede. La questione speculativa sta per la legge della Chiesa, la quale ha diritto, anzi dovere di fissare dei termini per assicu- /72/ rare il capitale della fede; ma cangia di molto la questione pratica, o diremo meglio praticamente pratica, perché questa non ha più per oggetto diretto la conservazione del capitale della fede, ma sibbene riguarda principalmente la salute delle anime fine ultimo della fede, ed ha per regola, non più la lettera, ma il senso filologico della lettera medesima relativamente all’idea che significa hic et nunc. una mia decisione Per questa ragione io aveva ordinato che il catechista, assicuratosi della vera fede del suo catecumeno, sospendesse l’atto della professione di fede divenuto eretico e scandaloso per conscienza erronea invincibile nel publico, perché nel caso pratico indicato cessava il precetto della Chiesa non più in ædificationem.

i seguaci di Devra Libanos Questa mia decisione era unicamente per i seguaci di Devra Libanos, i quali, benché non dicessero[:] due nature in Cristo per le ragioni sopra esposte, tuttavia credevano Gesù Cristo vero Dio e vero uomo in tutto come noi; ne vi era in ciò pericolo di errore, perché formando questo il punto di separazione dalle altre sette eutichiane era forze il punto [p. 363] unico in cui erano istruiti in tutti i detagli più minuti, come materiale di disputa continua fra [di] loro. cose particolari di essi Con ciò non voglio poi dire che siano cattolici, perché dopo secoli passati sotto la gerarchia eutichiana dopo l’apostolato di Abuna Tekla Haïmanot, erano caduti in molti altri errori vigenti in Abissinia, e fra gli altri quello del Scisma. In ciò però esisteva per loro una tradizione fra i più dotti, secondo la quale essi si chiamavano romani, e riconoscevano il Vescovo eretico solamente per le ordinazioni e per la benedizione del loro Tabbot o altare; in tutto il resto si consideravano come indipendenti. Per tutte queste ragioni la conversione degli individui di questa setta costava fatica quasi eguale a quella degli altri, solamente si trovava fra loro maggior tendenza [verso il cattolicesimo]. In quanto a me, il prestigio guadagnato alla corte di Menilik mi rendeva più facile l’accesso, non solo coi seguaci di Devra Libanos, ma anche degli altri partiti, fra i quali esistevano molti bisognosi di medicine, oppure di raccomandazione presso i grandi.

arrivo in Scioha di Filippo Verdier
[25.7.1868]
[14.1.1868]
Ciò detto, prima di passare avanti nel racconto, debbo qui riferire un fatto avvenuto nel primo anno del nostro arrivo in Scioha, fatto di una certa entità nella missione, da non doverlo dimenticare, perché riguarda gli europei. Già, prima di partire dalla costa, è stato riferito l’arrivo in Ambabo di un certo Filippo Verdier [p. 364] il quale avrebbe voluto venire con noi in Scioha, ma che allora io non ho creduto bene di aderire [alla sua richiesta], perché egli aveva pochi mezzi, ed io avrei dovuto aggiungere spese, oltre [certe] ragioni particolari che mi consigliavano a non acettarlo, come persona sconosciuta, e che avrebbe po- /73/ tuto compromettere il nostro passaggio. il re da ordini ad Abubeker per Verdier Ora, arrivati noi alla corte di Menilik avendo inteso questo Re la venuta di questo viaggiatore scrisse una lettera ad Abubeker di farlo accompagnare colla prima carovana, e che egli avrebbe rimborzato le spese occorrenti. Egli arrivò in Scioha, se non erro, [25.7.1868] nel mese di Decembre dell’anno medesimo del nostro arrivo. Noi eravamo già stabiliti nel paese, alla corte, e la nostra posizione di missionarii cattolici era già come fatta, e potevamo perciò essergli utile in moltissime cose, lasciando anche da parte l’interesse dell’anima sua, come cristiano cattolico. Ma egli non aveva dimenticato le cose passate alla costa in Ambabo, e ne conservava un rancore non indifferente, se pure non vogliamo pensare che egli piuttosto non si volesse servire di questo pretesto per conservare una totale sua indipendenza in un paese, dove egli credeva [di] poter godere liberamente di tutta la libertà, più di quello che prudentemente conveniva.

suo carattere ostile a noi Comunque si voglia pensare dei motivi che reggevano il suo interno, il fatto è che al suo arrivo spiegò sùbito un carattere piuttosto ostile che altro: egli venne a farci [p. 365] una visita fredda e secca, e poi non si vidde più in casa nostra. Come egli non conosceva la lingua il Re aveva esternato il suo desiderio di metterlo sotto la mia direzione, ma egli rifiutò nettamente dicendo che ne aveva avuto abbastanza dei preti nel suo paese, e che desiderava di mantenersi libero e lontano da noi; mekev è il suo baldarabà così invece [lo] gli diede per baldarabà il Signor Mekev, il quale conoscendo un poco di lingua araba avrebbe potuto meglio occuparsi di lui. Del resto il Re lo trattò molto bene, forze anche troppo, perché se ne abusò a proprio danno. Il poveretto non tardò a spiegare una moralità poco conveniente e fare delle bassezze da rendersi anche un poco ridicolo; non fosse stato altro che per il decoro del nome europeo non ho lasciato di fargli dire molte cose dal Signor Mekev, ma tutto fù inutile, e dovendo in seguito parlare ancora di lui, per ora basti il [già] detto.

un nuovo stabilimento fra i galla
[udienze: 17.5.1868; 4.7.1868]
Intanto il movimento in casa nostra crescendo ogni giorno fini per stancarci tutti; per altra parte, sia il P. Prefetto Taurino, e sia ancora il P. Ferdinando desideravano d’incomminciare qualche lavoro apostolico fra i Galla, e fatto consiglio, fu deciso di incomminciare uno stabilimento in Antotto, come luogo che ci avrebbe avvicinati alle missioni ovest di Kafa e di Ghera. Per questo dopo la Pentecoste [p. 366] abba Jacob parte per Antotto
[6.7.1868]
il Padre Prefetto, accompagnato dagli uomini del Re portatori di lettere e di ordini opportuni, partì per Antotto, facendo un viaggio onde esplorare il luogo più conveniente a tale effetto. Non mi tratterrò in grandi detagli circa questa missione, perché a fronte del gran desiderio che ho sempre avuto di visitarla, passarono 12. anni, e non mi riuscì di potervi andare /74/ quasi sempre trattenuto o dal mio ministero, oppure dal Re Menilik; son certo però, che Monsignore attuale mio successore, egli ha tutti gli appunti preparati per scriverla [la storia di questa missione] subito che avrà un momento libero per farlo; è cosa troppo giusta essendo tutta opera sua; io perciò non farò che citarla di passaggio, ogni qual volta il presente mio lavoro lo domanda. suo ritorno e rendiconto
[25.7.1868]
Egli dunque dopo dieci giorni dopo la sua partenza ritornò dicendo, che, visitati tutti quei contorni, aveva scielto un luogo chiamato Finfinnì vicino alle aque termali di questo nome, dove pensava [di] stabilirsi sopra un terreno di pascoli reali detto in lingua del paese Abelam.

si tiene consiglio, e parole del re
[31.7.1868]
Difatti un bel giorno fummo chiamati dal Re a tale effetto; il P. Prefetto fece la sua relazione, e presentato il suo piano alla presenza di molti impiegati della corte in specie del dicastero detto Sega-biet (in nostra lingua[:] ministero della carne, o meglio dei macellaj) a cui appartenevano [p. 367] tutti i terreni dei pascoli reali dispersi per tutto il regno; fu discussa la questione per l’approvazione, e per la cessione di un terreno sufficiente, e poi, secondo l’uso, fu rimesso l’esito alla saggezza del Re e dei suoi consiglieri. Nel congedarci il Re mi fece cenno di aspettare io solo. Appena restammo soli, mi piaque, disse il Re, il piano fatto da Abba Jacob ([il] prefetto così si chiamava) ma non lo eseguirò subito, perché [mar. 1869] conto di cangiare il ministro del Sega biet e di mettervi il Signor Mekev vostro amico, col quale potrete meglio intendervi. Ciò vi serva di regola solamente per voi; spero che Abba Jacob farà molto bene là a tutta la mia gente, ed a tutta quella tribù di Galla. Così fu conchiusa la questione di Finfinnì, ed il nostro Abba Jacob ebbe tutto l’inverno, cioè il tempo delle pioggie per prepararsi un poco di catechismo in lingua galla, e per preparare il suo piccolo fardello per la formazione di quel nuovo stabilimento.

le pioggie del 1868 Le pioggie di quell’anno furono molto abbondanti, epperciò dalla metà di Luglio sino quasi alla fine di Agosto furono chiuse tutte le strade dai fiumi, e la città di Menilik riposò un tantino dalla grande affluenza di forestieri. Anche la nostra casa ebbe un poco più di riposo sino al fine di Agosto. [p. 368] mie vacanze in oggetto Io pertanto ho voluto prendere un poco di riposo, dopo più di sei mesi di continua occupazione, prima che partisse Abba Jacob per Finfinnì. Passato d’intelligenza col Re, ho deciso di recarmi a Fekeriè Ghemb e passarvi colà l’inverno. Il Re diede ordine ad Ato Waldeghiorghis, affinché mi preparasse colà una casa commoda con una piccola cappella per la mia abitazione, e mandò ordine a tutti gli impiegati di quella amministrazione affinché si facessero colà tutti i preparativi necessarii per il consueto dorgò di viveri quotidiani che io sole- /75/ va ricevere dalla corte. Ato Walde Ghiorghis, il quale era ancora alla testa dei lavori di quella fortezza e nuova città in via di costruzione, partì subito, e dopo pochi giorni venne a prendermi con tutto il mondo necessario per il trasporto dei pochi effetti necessarii per una casa provisoria.

mia partenza per Fekerie Ghemb
[1.6.1868; ritorna: 24.6.1868; riparte: 3.8.1868]
Circa la metà di Luglio sono partito per Fekerie Ghemb lasciando l’amministrazione della casa di Liccè al Padre Prefetto. Come sul fine di Settembre doveva formarsi la nuova famiglia per Finfinni, io ho preso quell’occasione per formarmi una nuova famiglia. Il Re mi aveva dato la facoltà di scegliere alcuni tra i giovani di sua casa che mi avrebbero convenuto di più tanto nella casa di Liccè, come in quella di Fekerie Ghemb, sia fra [p. 369] il ceto dei servi, come fra quello dei giovani schiavi; così ho potuto formarmi la mia nuova casa scegliendo quelli che aveva conosciuti migliori e con qualche disposizione a ricevere la fede ed anche per la carriera ecclesiastica. città e chiesa di Fekerie ghemb Fekerie Ghemb un’anno prima, per il timore di Teodoro, quando si incomminciarono i lavori della fortezza, fu dichiarata città reale, e l’antica chiesa di quella fortezza, dedicata a San Giorgio, fu dichiarato Santuario di primo ordine, e residenza di un’alaca con una quantità di Deftari, o dottori per la formazione di una scuola, che in lingua nostra sarebbe chiamata academia, centrale del partito Devra Libanos. Al mio arrivo in Scioha i lavori di Fekerie Ghemb camminavano con grande energia per i pericoli di Teodoro; ma poi quando [† 13.4.1868] morì Teodoro si rallentarono i lavori di quella fortezza. Rallentandosi i lavori della fortezza, pericolavano ancora in Fekerie Ghemb molti altri progetti in specie il voto fatto dal Re Menilik a S. Giorgio di farvi una gran Chiesa eguale alla Chiesa del Santissimo Salvatore di Ankober.

origine e progressi di Tekla tsion. Alaca della Chiesa di S. Giorgio in Fekerie Ghemb era Tekla Tsion considerata la persona più dotta di tutta l’Abissinia. Tekla Tsion [era] nativo dei contorni di Ankober; egli era di un talento particolare, e nella sua gioventù aveva frequentato tutti i più grandi [p. 370] maestri dell’Abissinia (1a) ed esaurì tutte le materie più particolari dei gran dotti abissinesi, ed arrivò ad un punto da superare tutti i suoi maestri medesimi nella publica opinione. Questo grande oracolo nella scuola delle /76/ due nature in Gesù Cristo fu perseguitato dal Vescovo Salama e dovette fuggire di Gondar e ritirarsi in Gogiam, dove fondò una scuola a Dima Ghiorghis che durò circa sei anni coronato sempre da oltre 500. allievi venuti a lui da tutte le parti dell’Abissinia, fino a tanto che nel 1867. fu chiamato dal Re Menilik in Scioha unitamente ad un suo compagno chiamato Sina Ghiorghis. Al mio arrivo in Scioha il primo era Alaca a Fekeriè Ghemb, ed il secondo a Devra Bran. Il primo di questi due alla scienza univa una moralità ed una pietà senza pari nel paese; il secondo era dotto, ma senza moralità. Tutti [e] due furono assidui nel frequentare la mia scuola in Liccè per quanto permettevano le loro occupazioni.

desiderio di Tekla tsion Tekla Tsion mi aveva esternato sempre il desiderio che io andassi a passare qualche tempo a Fekeriè Ghemb, dove, egli diceva, io tengo molti giovani venuti dal Gogiam e da Gondar, i quali desiderano molto la vostra dottrina, e dove io potrò farvi conoscere molti altri, i quali vi sentiranno volontieri; e là si potrà combinare [p. 371] qualche cosa di interessante. viaggio da Kondy a Fekeriè ghemb...
feste
Fu per questa ragione che io ho scielto Fekeriè Ghemb per prendere un poco di riposo. Io prevedeva benissimo che in Fekeriè Ghemb, invece di riposo avrei trovato forze maggiore lavoro, ma il riposo del ministro di Dio non si cerca in questo mondo. Se non altro in Fekeriè Ghemb avrò minori disturbi dalla parte del Re, da quella delle medicine, ed anche per parte delle visite di persone puramente civili, io pensava, e potrò là trovarmi più facilmente libero per trattare più direttamente affari di conscienza in secreto, cosa che mi rimaneva quasi impossibile in Liccè, dove era obligato a passare tutta la mia giornata in mezzo ad un mondo [curioso], e nel sentire dispute religiose molto sterili. Di fatti quando seppero il mio arrivo fu una vera festa; il Governatore della fortezza con un seguito di soldati, unitamente all’Alaca Tekla Tsiyon con una cinquantina di giovani vennero ad incontrarmi a Kondì sull’altezza, di cui già si è parlato altrove.

Da Condì a Fekeriè Ghemb in linea retta orizzontale vi sarebbe una distanza poco più di cinque kilometri, ma calcolata la discesa e la salita sarebbe un vero triangolo colla linea retta suddetta, epperciò non meno di 15. kilometri di cattivissima strada, impossibile a discendervi a mulo, e direi impossibile a salire in molti luoghi, [p. 372] massime per me, assuefatto a camminare a piedi, per causa di certi precipizii che girano il capo. Ho preso il partito di rinunziare al mulo e di andarmene a piedi. gli alumni di Tekla tsion Cosa da stupire, i giovani studenti di Alaca Tekla Tsion quasi mi portavano, e tanto era il desiderio di sentire la mia parola, che divoravano spine, pietre, e precipizii, come se nulla fosse. Una cosa anche mi /77/ fece stupire, non mi lasciavano in pace un momento che non mi facessero qualche questione, e la mia risposta non si perdeva più, ancorché detta così alla sfuggita; nelle piccole fermate che si facevano all’umbra di qualche albero mi sentiva ripetere tutte le mie parole ad litteram; non avevano che [a] conferire fra [di] loro un momento per riprodurla, come se vi fosse stato fra loro uno stenografo. loro sistema d’imparare Si fa la scuola di notte all’oscuro, mi diceva Alaca Tekla Tsion, eppure sono certo che non se ne perde una sillaba, l’avidità con cui la sentono e l’abitudine all’oracolo della parola fa sì che non la perdono più; si direbbe una vera stenografia, eppure no, perché simili studenti non sanno scrivere, essendo fra [di] loro la scrittura poco onorata, e non sapendo scrivere.

alcuni schiarimenti Ho voluto dare questi detagli, perché [per] noi, abituati alla parola scritta, un simile sistema ci stupisce, ma per loro è una cosa ordinaria. Ne chi legge queste mie memorie deve farsi un’illusione pensando che tutti quei giovani fossero campioni di un [p. 373] raccoglimento spirituale, che anzi per lo più sono giovani dissipati e pieni di passioni materiali, meno alcune eccezioni, perché in simili scuole non esiste per lo più l’idea di mistica; ma è semplice sistema d’imparare. Il nostro Tekla Tsion era una persona seria e spirituale, per quanto poteva essere un povero abissino, basti dire che era monaco, secondo l’uso del paese, ben inteso; epperciò i suoi alumni qualche cosa di spirituale l’avevano; massime dopo che mi avevano sentito; ma parlando in generale simili professori sono uomini di tutto mondo, e mischiano anche delle fiabe poco gravi da tener vive le passioni materiali; benché poi in simili scuole non manchi il pudore esterno. Ciò sia detto una volta per sempre, ed unicamente per dare un’idea del vero, sì e come si trova in quei paesi. Così abbiamo fatto il nostro viaggio fino a Fekerie Ghemb, altri detagli sempre conversando ed in una conferenza quasi continua. Io poi dopo avere risposto a tutti i loro quesiti non mancava, di aggiungere frammezzo qualche pezzo di sapienza cristiana e di mistica, domandando anche io qualche cosa ex.[empli] gr.[atia] come solevano spiegare in paese il sermone di nostro Signore detto del monte, e massime il beati mundo corde... per accostumarli e trovar motivo di entrare in discorso.

nostro arrivo in casa, e regalie Appena arrivati, ho trovato una bellissima casetta con cappella molto più commoda di quella di Liccè. Preso possesso della casa, mentre io faceva il giro [p. 374] della casa e del recinto sono chiamato, e veniva una processione dalla parte dell’amministrazione reale; alla testa vi era un bel bove, e dopo una quantità di vasi di birra, d’idromele, di pane e di pietanze; dopo di loro, molti impiegati mi spedivano a conto particolare [altri doni]. Vedendo una notabile quantità di provisioni ho pensa- /78/ to di far mangiare tutta quella gente che mi aveva accompagnato. il bove scannato, e mangiato Ato Ghebra Salassie Governatore sguaïnò la sua spada e tagliò subito la gola al bove, il quale in meno di dieci minuti era già consegnato tutto in pezzi numerati secondo l’uso del paese. [Circa] La destrezza colla quale i giovani di una gran casa si sbrigano in simile affare, io credo di poter dire senza timor di sbagliarmi, che i nostri stessi grandi macellaj con tutti gli stromenti e machine più rafinate, non possono sbrigarsi più presto di un bove, almeno sarebbero incapaci di consegnare la vittima in poco meno di cento pezzi tutti col loro nome proprio.

Avendo voluto dare una dimostrazione alle persone che mi vennero all’incontro e mi accompagnarono, ho fatto sedere tutto quel mondo, forze vicino a cento persone, [e] un’ora dopo del bove, della birra, e dell’idromele, nulla più esisteva che pochi avanzi, i quali furono finiti dai poveri che si trovavano là radunati, [p. 375] e che sedettero immediatamente dopo i primi. Dopo di ciò, di tutto il venuto, sia dalla casa del Re, che dagli amici non vi rimase un sol briciolo per la cena della sera alla famiglia. Mangiato che ebbe [il governatore] partì coi suoi giovani, e poco più di un’ora dopo venne con un bel bove, [e una] quantità di pani, d’idromele e di birra; egli stesso come prima, scannato il suo bove, e consegnata ogni cosa: questa sia la cena della vostra famiglia, disse, e partì. si aggiusta la cappella Partito che fu tutto il mondo, accompagnato da Alaca Tekla Tsion, ho visitato la cappella, perché mi premeva per la [celebrazione della] Messa, ma la cappella era, bensì aggiustata, ma ancor fresca e mancava dell’altare. Tekla Tsion che già aveva veduto la cappella di Liccè, ed anche assistito a qualche Messa, ed aveva veduto [14.5.1868] la consacrazione di quattro pietre sacre, stata fatta con gran solennità qualche giorno prima alla presenza del Re Menilik, mi chiamò sul momento un suo alumno Tekla Haj̈manot di nome, diede ordine, e l’indomani vennero una decina di alumni che più inclinavano al cattolicismo, e tutto fù aggiustato.


(1a) Le scuole superiori in Abissinia sono nella maggior parte tradizionali, e si [ap]prendono a viva voce da maestri acclamati dalla voce publica, poco presso come nei tempi dei Gr[eg]orii e dei Basilii. Solamente che questi oracoli abissini mancano di libri, e nelle loro spiegazioni dei libri santi hanno molte cose arbitrarie. [Torna al testo ]