/241/

24.
A Gadàref: interessata ospitalità
di un greco. Morte di due giovani.

Passata la crisi della schiava io sono ritornato alla casa, dove già mi aspettava la famiglia. Era il quinto giorno del nostro arrivo in Doka, e conveniva partire presto per Gadaref assai lontano da Doka. I miei due compagni, con la cura replicata di solfato, si trovavano sufficientemente in forze: cosi gli altri ammalati della famiglia, [p. 260] epperciò non vi era più motivo grave a ritardare la partenza; il consiglio del medico di Matamma di non perdere tempo, ed accelerare il viaggio, per prevenire crisi più gravi, doveva mettersi in prattica. Anche la guida venuta da Matamma, la quale doveva consegnarci al governatore di Gadaref faceva gran premura di partire. Si aggiustarono quindi alcuni cammeli di nolo per ogni caso di bisogno, affinché tutti i giovani potessero avere una montura a parte per ogni caso che la febbre ci sorprendesse in viaggio. partenza da Doka
[12.11.1879]
Così disposte le cose, la mattina del sesto giorno dal nostro arrivo abbiamo lasciato Doka, e siamo partiti direttamente per Gadaref. Per due giorni la nostra carovana poté camminare sufficientemente bene; io, bensì stanco dalle antiche crisi di Devra Tabor, e dal seguente viaggio, mi trovava mediocremente bene: così alcuni giovani ancora intatti dal miasma, fin là eravamo in sufficiente buon stato. Gli ammalati di Doka andavano migliorando; epperciò tutto pareva [andar] bene, e ci prometteva un certo favore per il resto del viaggio sino a Gadaref, ma non fù così per molto tempo: il miasma assorbito da noi non doveva rimanere inoperoso, senza farci provare altre crisi, e turbare il nostro viaggio.

rincommincia la febbre Dopo la partenza da Doka, nel terzo giorno [il miasma] incomminciò ad assalire alcuni dei giovani ancora intatti dalla febbre, a fronte delle replicate dosi di solfato. A forza di replicare il rimedio, essi avevano potuto resistere ed esserci fino là [p. 261] di un grande ajuto. Colui che era il più forte e che pareva bravare sul nemico fù il primo ad essere assalito; un giorno dopo un secondo [giovane], e così in seguito /242/ carattere di essa due altri. La febbre però pareva rispettare in parte la gran quantità di specifico assorbita, e non fu tale da imporre imperiosamente un decubito, e si poté alla meglio ancore continuare il viaggio a piccolissime tape. Io stesso, già anticamente sazio di specifico, dopo tutti non fui risparmiato. Una febbre, da principio [si presentò] con una marcata intermittenza, ma sempre seguita da una [alterazione] subcontinua che andava crescendo ogni giorno. Non si mancò di ripetere sempre una sufficiente dose di kinino, anche per quelli stati assaliti in Doka, ma l’azione di questo specifico diveniva ogni giorno meno efficace da non troncare il corso della febbre subcontinua, la quale ci indeboliva, e rendeva disgustoso ogni specie di nutrimento.

[insolazione di M.: 14.11.1879;
ad Assar: 15.11.1879]
In questo modo si poté continuare il nostro viaggio a piccolissime dosi o tape, due volte [volte] al giorno da poter contare al più due leghe ogni giorno tra mattina e sera. Il viaggio da Doka a Gadaref [che] in stato normale avrebbe durato al più da sette ad otto giorni, passò i dodeci giorni. Io, già distrutto anticamente a Devra Tabor, andava declinando più di ogni altro e quasi mi divenne impossibile il poter marciare sopra il camelo. Si spiegò negli ultimi giorni un’irritazione gastrica che mi obligava soventi a fermate, ora per vomiti, ed ora per secesso. [p. 262] vicino a Gadaref
[16.11.1879]
Nell’ultimo giorno, poco più di un’ora lontano da Gadaref, anche essi molto soff[e]renti, vedendo che io mi trovava assai male camminarono avanti per cercare nella città un luogo ove ricoverarmi appena arrivato. Io intanto, impotente ad oltre reggermi sopra il camelo, sono rimasto corricato sotto un’albero di mimmosi, accompagnato da una metà dei giovani e dalla guida di Matamma, onde prendere un poco di riposo, ed aspettare qualcheduno dalla città per prendere qualche altro partito sul modo di poter continuare il viaggi[o]. Arrivato qualche ajuto, mi adaggiarono sopra un’alga, e fui trasportato da quattro persone sopra quella lettiga sino alla casa del Governatore, dove già mi stavano aspettando i compagni col Governatore medesimo in persona.

ricevimento del Governatore Il governatore di Gadaref era un’antico uffiziale di Goldon Pascià, il quale già aveva ricevuto qualche telegramma da lui a nostro riguardo, e già ci stava aspettando. Mi è impossibile descrivere la cordialità di questo capo del governo, colla quale fummo ricevuti: Egli ci fece entrare in una casa tutta vicina al suo palazzo, ben fornita di alghe o letti arabi da poterci riposare; dove abbiamo trovato un modesto pranzo arabo da riparare un tantino le forze a tutta la nostra famiglia, la quale si trovava nell’estrema abjezione ed avvilimento. [p. 263] un cordiale che mi diede vita Questo nostro ricevimento in una città musulmana, naturalmente antipatica dei cristiani, /243/ contribuì non poco a rillevare il morale nostro e di, tutta la famiglia. Questo solo valeva più del pranzo in quel momento di estremo abbattimento per noi. In quanto a me, trovato un buon caffè arabo, con qualche altro rinfresco ed un buon letto arabo, ho potuto riposare ed anche dormire qualche ora, e fu questo un gran rimedio, anzi un vero cordiale da calmarmi un tantino, e farmi riprendere un poco di vita nello stato in cui mi trovava.

Dopo qualche ora di riposo e di pacifico sonno, volevano farmi prendere un poco di cibo per riparare un tantino le mie forze, ma il mio stommaco non era ancora abbastanza calmo dalle sofferte rivulzioni e vomiti, e non [mi] fu possibile gustare qualche cosa di solido; il mio stommaco non sentiva altro bisogno, che di un forte caffè arabo, oppure qualche gocia di vino potente; ciò fu tutto quello che ho potuto gustare di quella giornata. gli amici di Gadaref Ciononostante di quella stessa giornata ho potuto ricevere un numero competente di visite di impiegati egiziani, ed in specie dei principali nostri Cristiani, fra i quali un bravo nostro armeno cattolico, e prendere parte a certe notizie dell’Egitto, dell’Europa, e della nostra Abissinia. [risposta di M.: 15.12.1879 al telegramma di Gordon: 30.11.1879] In quella prima giornata il Governatore non ci abbandonò più; egli ci diede molte notizie di Goldon Pascià dal quale aveva ricevuto parecchi telegrammi per affari governativi, nei quali non mancava di domandare notizie di noi, e di raccomandarci alla sua [p. 264] attenzione. si rileva il morale nostro Questi segni di vita amicale in un momento di estremo abbattimento rilevò molto il morale della nostra carovana. Benché fossimo tutti chi più chi meno travagliati dalla febbre, pure, risarciti nel morale, anche il fisico nostro riprese un poco di lena, ed in certo modo parve provare un certo miglioramento. Oltre il Governatore, che continuò sempre a prodigarci in Gadaref le più benevole attenzioni, per quanto era compatibile nella sua posizione in facia ad una popolazione fanatica musulmana; trovammo in quella città un cattolico armeno, ed un greco scismatico, degni amici da essere qui mentovati da me. Il parlare di essi è per me non solo un dovere di giustizia per tutto ciò che fecero per noi, ma anche di fedeltà storica, avendo essi avuto parte la più attiva in tutto ciò che accadde [in] quel paese in tutto il tempo di nostra dimora colà, che durò quasi un mese.

il cattolico armeno
[Nahum; visita: 17.11.1879]
Il Cattolico armeno, di cui in questo momento non mi ricordo più il nome, era un negoziante in grande di gomme, di sesamo, di sale, di pelli, e di molti altri articoli d’importazione e di asportazione, il quale aveva i suoi socii e corrispondenti in Kassalà, in Soakim, ed in Cairo. Esso fù un vero figlio divoto nella casa nostra, il quale si prestava gratis ad ogni nostro bisogno. Questi dal primo giorno sino all’ultimo non /244/ mancò di mandarci quasi ogni giorno pane e qualche piatto delicato con qualche bottiglia di vino per noi e per i nostri [p. 265] infermi più bisognosi. Egli veniva ogni giorno a trovarci, e noi potevamo ricorrere a lui in tutti i nostri bisogni, come ad un Padre. La nostra casa era per lui come la sua Chiesa parrochiale, che frequentava ogni mattina, ancorché non si potesse celebrare qualche volta la S. Messa per causa di infermità nostra, e vi raccoglieva i pochi Cristiani, come avrebbe fatto un nostro più zelante sacristano. [battesimo della figlia Maria: 30.11.1879] Fece battezzare un figlio, ed in quel giorno, volle che fosse un vero giorno di nozze, facendovi grande invito. Da tutto ciò e da molte altre cose che tacio per brevità il mio lettore potrà farsi un criterio di questo nostro fervente cattolico.

signor Giorgio [Thomas] greco
[visita: 17.11.1879]
Il greco scismatico poi, era di un carattere molto diverso. Egli era ancor più ricco del suddetto nostro cattolico; esso era meno negoziante in prodotti di commercio all’estero, ma era un famoso calcolista, e direi anche di più politico affarista. Egli aveva come il monopoglio di quasi tutti gli appalti del governo; la sua casa era come una banca di publico imprestito con lucro anche poco morale a modo istraelita; la sua casa stessa era come un’emporio dei forestieri, massime abissini, ai quali soleva dare anche alloggio, cibo, lavoro, e mezzi di utilizzare la loro persona con suo vantaggio. Con ciò egli era alla testa del commercio meno Cristiano, e quasi musulmano della tratta abissina, ed accordava a tutti i mercanti alloggio per loro e per i loro schiavi, ed in casa sua vi si faceva come un mercato. Questo Signor Giorgio era divenuto con questo mezzo, una persona di prima importanza in Gadaref da adombrare le stesse [p. 266] prime autorità di Gadaref e di Kartum colle sue corrispondenze col Caïro, e coll’Abissinia. Fu questi l’unica persona che osasse sostenere una lotta di opposizione con Goldon Pascià in tutto quel viaggio da Matamma sino a Soakim, da quanto poté risultarmi.

sua amicizia per noi Con tutto ciò il Signor Giorgio in Gadaref pretendeva di essere l’unico amico e protettore della missione cattolica, epperciò grande amico nostro. Egli volle darci un pranzo diplomatico, ma per molte ragioni, e principalmente per causa della febbre, appena qualcuno di noi poté acettare l’invito ed intervenirvi. Dal primo giorno del nostro arrivo il Signor Giorgio ci aveva fatto delle graziose esibizioni: Se ha bisogno di denaro, oppure di qualunque altra cosa mandi pure, che io non mancherò di compiacerla, tenendo nota di ogni cosa, che Ella potrà soddisfare in Egitto con tutto suo commodo. Così dicendo il Signor Giorgio, sarebbe stato per noi un gran benefizio quando ci fossimo trovati nell’estrema miseria, ma in materia di denaro noi ne avevamo ancora abbastanza per arrivare sino all’Egitto, e non era il caso di ricorrere ad /245/ imprestito tanto più che l’interesse dei greci nel Sudan si diceva enorme da tutti. Per non disprezzare la sua offerta mi sono servito di lui per altre piccole spese giornaliere per non cadere ogni giorno a carico dell’armeno nostro, il quale faceva tutto gratis, ed avrei abusato di lui. Difatti, avendo pagato la nota al greco sul fine, ho trovato che i suoi prezzi erano tutti enormi.

suo guadagno prima di tutto In materia d’interesse il Signor Giorgio non l’avrebbe perdonata allo stesso suo padre, come soleva dirsi da tutti, ma poi debbo confessare, che come cristiano, egli voleva, anzi [p. 267] la sua religione pretendeva di essere il primo nelle osservanze esteriori, egli non solamente interveniva nel giorno di festa ed in altre circostanze alla messa ed alle funzioni, quando vi erano, ma faceva intervenire tutta la sua colonia greca ed anche abissina colla sua influenza imponente; l’uomo senza Dio è un mostro, soleva dire, o siamo musulmani, oppure andiamo [d]al prete quando vi è; sia egli greco, sia egli latino, per noi e tutto lo stesso, purché non ci tocchi nel nostro interesse e ci lasci vivere in casa nostra come vogliamo. Tale era il sistema del Signor Giorgio, e bisogna confessare che in questo senso egli non lasciava di fare grandi servizii alla missione; solamente in facia ai musulmani del paese sarebbe stato molto desiderabile una condotta migliore, non fosse altro, per il solo onore del cristianesimo. In quanto alla missione cattolica, pretendendo egli [di] esserne il difensore, sarebbe stata di tutta necessità una condotta cristiana, e persuadersi nel tempo stesso che il Prete cattolico non è un semplice porta bandiera, incaricato solo di qualche funzione esterna di semplice gala, ma è altresì un’oracolo porta parola apostolica di Cristo, e risponsabile della moralità del cristiano.

un fatto che spiega tutto
un sacerdote cattolico in Gadaref
Dico questo, perché alcuni mesi prima essendo venuto dalla missione di Kartum un sacerdote di Gadaref per incomminciarvi una missione cattolica, mandato da Monsignore Comboni. Quel sacerdote missionario avrebbe dovuto entrare nella casa dell’unico cattolico di Gadaref, l’armeno di cui si è parlato sopra, e tale sarebbe stato il desiderio dei due, ma non fu possibile, perché il nostro greco esercitò una morale pressione tale col suo potente prestigio, che non solo il povero [p. 268] missionario dovette risolversi a prendere stanza dal Signor Giorgio, ma lo stesso nostro armeno cattolico dovette consigliarlo in questo senso a fronte del gran desiderio che avrebbe avuto di possederlo, e ciò per non andare incontro a certe rivalità che l’avrebbero non poco incagliato nel suo negozio. Il buon missionario nulla sapendo degli intrighi del greco Giorgio in tutta buona fede si recò da lui, e si vidde come affogato in un mare di carezze, buon’alloggio, buona tavola, e maggiori /246/ promesse, che gli avrebbe fabbricato ben presto un’alloggio destinato alla missione cattolica di Gadaref, senza aver bisogno di domandare un terreno al governo, e senza bisogno di mettere fuori denari, potendo Monsignore soddisfare ogni cosa in Cairo con tutto suo commodo.

il sacerdote in casa del greco Il missionario subito da principio ubriacco di tante cortesie e promesse credette di aver toccato il cielo, e di avere conquistato tutta la città di Gadaref alla missione cattolica in pochi giorni; ne scrisse a Kartum a Monsignore Comboni, ma questi ben conoscendo la finezza del greco benefattore, senza scoraggirlo, gli rispose una lettera, nella quale si congratulava, ma nel tempo stesso non mancava di esortarlo per renderlo più cauto sopra i punti più delicati. La lettera di risposta arrivò in Gadaref quando il missionario aveva già passato circa un mese in casa del Signor Giorgio, e già incomminciava ad essere stanco e sazio trovandosi in una casa, dove il bene che poteva fare era molto poco, ed [era molto] il male di vedere esposta la sua persona medesima in mezzo ad un mercato d’immoralità, dove il male, se non peggio, di dover approvare colla sua [p. 269] sola dimora pacifica il male che si faceva era molto maggiore del bene che potesse sperare. Il buon missionario era abbastanza buono e timorato per comprendere la falsa sua posizione. Egli incomminciava a desiderare di trovarsi a preferenza nella casa dell’armeno cattolico, dove avrebbe voluto passare, se questi fosse stato disposto a riceverlo, questione troppo delicata per il pericolo di sollevargli una persecuzione. suo ritorno a Kartum In questa falsa posizione il povero sacerdote pazientò ancora qualche mese, ma poi, trovato un motivo di doversi confessare, e conferire col suo superiore, con tutta la buona grazia possibile, e con bei motivi se ne ritornò in Kartum.

fine della storia del greco Per finire questa questione aggiungerò, che [io] prima di lasciare Gadaref, il Signor Giorgio mi pregò di far conoscere a Monsignor Comboni, o in Caïro, oppure in Roma, dove questo Prelato non avrebbe mancato di portarsi, la convenienza di fondare una missione in Gadaref, e la sua buona disposizione di adoperarsi in favore dell’opera cattolica. Io mi sono trovato in Roma con Monsignore suddetto nell’anno [20-21.10.1880] 1881., non ho lasciato di fare la sua commissione, ma Monsignore Comboni conosceva troppo il greco Giorgio, ed ecco la risposta che mi fece: caro Padre, mi disse, quanto bramerei di fondare una missione in Gadaref, ma non sarà possibile, perché il Signor Giorgio speculando sul guadagno, vuole farla egli, e non lascierà mai che altri la facia. Per questa, e non per altra ragione la missione cattolica [non] vi sarà mai in Gadaref, dove realmente vi sarebbe del bene [p. 270] da fare, fino a tanto che vi sarà colà il suddetto nostro Signor Giorgio. Il mio lettore intanto dal /247/ fin qui detto potrà farsi un criterio, non solo relativamente al famoso nostro benefattore suddetto; ma ancora relativamente alla città di Gadaref, ed alle difficoltà per la missione cattolica in quel paese. La città di Gadaref sarebbe fra i centri di movimento di tutto il Suddan, il luogo meno dominato dal miasma febbrile, ed io aggiungo, a giustificazione della colonia cristiana greco abissina colà esistente, che tutti quei cristiani eretici, sarebbero una vera conquista naturale per la missione cattolica, quando il Signor Giorgio, lasciate le sue immorali tresche di mondo, e di guadagno, fosse un vero convertito. Ciò notato, facio ritorno alla mia storia di casa, rimasta fin quì in riposo.

malattia e morte dei due giovani
[Noeli: † 19-20.11.1879: sepolto: 20.11.1879;
Kapt-Himer † 27.11.1879; sepolto: 28.11.1879]
In tutto il viaggio, dopo la nostra partenza da Matamma la febbre aveva tormentato alla peggio tutta la nostra casa, lasciando intatti i due più giovani della famiglia, che appena toccavano da 14. a 15. anni. Uno di essi era di razza galla allievo di Monsignore Coadjutore, e nativo di Finfinnì; il secondo [era] di razza cristiana nativo di Scioa da me educato. Erano questi due cari giovanetti che presentavano ottime speranze; entrambi parevano bravare tutte le minacie della febbre, anche trasandando e negligendo le medicinali precauzioni contro il miasma fatale, e sia in viaggio, che dopo il nostro arrivo a Gadaref erano come i due angeli tutelari che correvano a tutti i bisogni della casa inferma. qualità della febbre loro Qualche giorno dopo il nostro arrivo in Gadaref, quasi tutti [e] due contemporaneamente furono assaliti dalla febbre in modo [p. 271] da resistere a tutti i rimedii tentati per salvargli. Il galla appena diede tempo per essere amministrato dei sacramenti che domandò e ricevette colla massima edificazione, quali ricevuti cadde in un’assopimento da spirare sul fine del terzo giorno, lasciandoci tutti nella desolazione.

Il secondo che pareva presentarci qualche speranza, nel terzo giorno incomminciò a presentare segnali di tifo da toglierci [da] ogni speranza di salvarlo. Anche questi ebbe tutto il tempo di ricevere i sacramenti colla massima edificazione, e conservando sempre la piena sua cognizione volò al suo creatore sul comminciare dell’ottavo giorno. È stato singolare il ritardo notabile nello sviluppo del miasma febbrile in questi due giovanetti; io l’ho attribuito ad una minore loro predisposizione allo sviluppo del morbo, a cagione dell’età loro meno soggetta allo sbilancio della bile, trattandosi di febbre di carattere bilioso.

gran crisi nella famiglia Morti quei due giovinetti, cangiò d’aspetto la nostra casa, essa perdette le bracia, anzi l’anima; il nostro cattolico armeno solo pensava a noi, e per il servizio degli infermi fummo costretti ad aggiungere due servi fra gli abissini cristiani della piccola casta mercante residente in casa del Signor Giorgio; erano questi gli unici che ancora ci avvicinavano, e che /248/ luna del Ramadan sentivano per noi un poco di compassione, poiché la casa del Governatore nostra vicina ed amica, essendo musulmana, ed in tempo del loro digiuno detto il Ramadan, se ne vivevano affatto isolati da noi, di giorno se ne dormivano tranquilli, e si vedevano in movimento nella sola notte, (1a) come già e stato detto altrove. [p. 272] Il morale di tutta la famiglia cadde nell’estremo avvilimento, ed ognuno domandava al suo compagno = quando sortiremo da questo campo di morte? Gadaref divenne per tutti un luogo di malinconia, e non si vedeva il momento di partire. Ma era forza aspettare che la luna del Ramadan terminasse, perché nei paesi musulmani, la machina sociale è come ferma in detto mese, come ognun sa.

strada di Kassala Il viaggio nostro sarebbe stato verso il Nord-Est, per arrivare a Kassala Provincia di Taka, città forte lontana da Gadaref almeno dodeci o 15. leghe. Sarebbe stata una piccola lontananza per una carovana ordinaria di mercanti, ma per noi tutti ammalati era una distanza enorme. Ciononostante nessuna difficoltà si trovava per tutti gli individui della nostra casa. Anzi per gli abissini girare intorno all’alto piano etiopico, senza perderlo di vista, era nella loro simpatia. per me difficile. Non così era per me, divenuto come quasi paralitico, ed incapace di tenermi sopra il camelo. Il nostro armeno cattolico col Signor Giorgio, immaginarono alcuni sistemi di trasporto sopra il camelo in forma di lettiga, i quali non riuscirono. progetto di una lettiga Non mancavano di quelli che inclinavano a farmi portare da persone sopra una lettiga. Sarebbe stato il mezzo più semplice, benché molto [di]spendioso, il quale domandava maggior tempo; ed una quantità di portatori da mutarsi almeno ogni mezz’ora. progetto per Kartum Per questa ragione nel mio calcolo, avrei quasi abbraciato il partito di prendere la via di Kartum, tenendo la strada Sud-Ovest per raggiungere [p. 273] il Nilo tenendo la direzione della città del Sennaar, dove in pochi giorni di portantina sarei arrivato per trovare un’imbarcazione per Kartum. Per la mia persona sarebbe stato questo il vero partito da prendere, ma io era una sola persona e non era tutta la missione, e militavano fortissime ragioni in contrario. La cristianità lasciata in Abissinia, benché lontana, essa teneva gli occhi sopra di noi, e la nostra sola presenza alla costa del mare, teneva il fuoco vivo nella medesima. La strada di Kartum all’opposto sarebbe stata la strada del Nilo, la quale conduceva direttamente al Caïro, e di là all’Europa, altra difficoltà gravissima, se non per noi /249/ europei, per i giovani del nostro seguito, per la ragione che la missione non aveva più in Europa una casa da riceverli.

divenuto impossibile Nel parlare di questo ai miei due compagni io aveva ristretto il progetto della strada di Kartum, come cosa che io già conosceva, a me solo, lasciando sempre per loro e per la famiglia intatto il piano della strada di Kassela, la quale per loro [non] presentava nessuna difficoltà, ma tutto fu inutile, perché, appena si sentì questo piano di separazione si alzò come un grido di universale riprovazione, protestando contro il medesimo: Se Ella vorrà condurci a morire, per forza vi anderemo tutti, e moriremo con Lei. Kartum nell’opinione publica del paese, per la sua febbre maligna, [essa] teneva il primo posto, epperciò non fù possibile il solo pensarvi; noi, dicevano essi, a preferenza [p. 274] scioglieremo il partito di sottoporre le nostre deboli spalle alla portantina in caso di bisogno. Dopo ciò non fu più possibile ritornare sopra questo piano di viaggio. Passò intanto la luna del Ramadan, ed i tre giorni di festa che sogliono venire dopo la medesima. La mattina del quarto giorno della nuova luna araba, corrispondente al sesto della nostra latina, il basso popolo musulmano si rimise in movimento di lavoro. Nella stessa nostra casa, passato il lutto per la morte dei due giovani sopra riferiti, rinnovatosi un tantino il morale degli ammalati, si sentì il bisogno di pensare al viaggio. risoluzione di partenza Io stesso, persuaso che il mio piano di strada per Kartum, avrebbe incontrato in pratica delle gravi difficoltà, ho risolto di lasciarlo ad ogni costo, facendo anche uno sforzo per arrivare a Kassala come meglio avrei potuto.

partenza per Kassala
[17.12.1879;
arrivo al fiume Atbara: 19.12.1879]
Venuti intanto all’atto pratico, gli amici di Gadaref già sopra indicati, studiarono la maniera di migliorare un tantino il metodo della lettiga semplice sopra il camelo, colla quale io era venuto da Matamma a Gadaref, venne deciso di partire con quella. Anche Iddio per parte sua nella sua misericordia aggiunse alla mia vecchia persona qualche grano di coraggio e di forze per sobbarcarmi a tutti gli incommodi di quel penoso e lungo viaggio. In questo modo verso la metà di Novembre la nostra carovana poté essere all’ordine di partenza. l’armeno cattolico sua generosità Per ogni caso di bisogno straordinario, il nostro armeno cattolico aveva aggiunto alla nostra una sua propria carovana con delle provisioni e degli ordini particolari di prestarsi, sia coi proprii [p. 275] cameli, e sia ancora colle loro cooperazioni personali a tutti i nostri bisogni con quella liberalità sincera e senza affettazione che solo può trovarsi nel cuore cristiano educato dal cattolicismo, come sempre fece in Gadaref in tutte le nostre crisi più difficili. Fu con questi preparativi che io ho potuto abordare di nuovo il dorso del camelo, al quale io aveva preso una ripu- /250/ balsamo del cuore gnanza tale, che io stesso non poteva spiegare. Oh quanto è potente il prestigio della carità evangelica sopra il cuore di una persona ammalata e tribolata. Debbo confessare che in 35. e più anni di vicende non ho avuto occasione di provare in me stesso questa gran verità evangelica. Io allora non era più portato dal dorso del grossolano camelo, ma da cuori angelici di compagni, di figli, e di benefattori. Il nostro Divin Maestro che portò dal cielo in terra questo fuoco divino, egli solo fece vedere di comprendere la debolezza ed il bisogno di un cuore tribolato quando disse — quod uni ex istis fecistis mihi fecistis.


(1a) Si veda la storia del digiuno Ramadan di Cairo del 1846. In quell’anno la luna detta Ramadan era la luna del nostro Settembre. Nel 1879. detta luna ogni anno 11. giorni anticipando si trovava in Novembre. [Torna al testo ]