/375/

38.
I cappuccini in Smirne. Città e prodotti.
Mese mariano e anniversario episcopale.

Lascio ora il paragone fin quì seguito tra Bairuth e Smirne per occuparmi unicamente di quest’ultima. Strada facendo in mare, io amava trattenermi con alcuni viaggiatori di Smirne, dai quali io cercava [di] prendere delle note poiché nell’opinione [p. 449] publica, per chi ha l’esperienza di scavare in questo delicato terreno senza cadere nelle esaggerazioni, vi suole trovare un repertorio più interessante di certe descrizioni di viaggiatori dotti, i quali si occupano quasi unicamente della parte materiale dei paesi, e raramente della parte ideale e tradizionale dei paesi medesimi. Conversazioni con un pellegrino Uno adunque di questi viaggiatori, era un pellegrino venuto da Gerusalemme di ritorno a Smirne con alcuni altri dei nostri cattolici; [osservò:] ella, Monsignore, da quanto mi pare, è quel Vescovo venuto dall’Africa, di cui ho sentito parlare molto in Gerusalemme nel [Martedì santo: 23.3.1880] Giovedì Santo, mentre si celebrava la Messa della Comunione (1a); Ella dunque è un Vescovo Cappuccino, epperciò anderà immancabilmente a mi parla dei cappucini di s. Policarpo
[introdotti nel 1628;
acquisto di s. Policarpo: 22.12.1631]
S. Policarpo, nella casa dei nostri buoni Padri ad alloggiare? Figlio mio, risposi, io conosco dalla storia che S. Policarpo è stato l’apostolo di Smirne, ma, a dirvela schiettamente, ignoro affatto quei buoni Padri miei fratelli, e nemanco per sogno conosco se essi stiano alla Chiesa di S. Policarpo, oppure dedicata ad altro Santo. Lì per lì, il buon pellegrino mi fece la più bella descrizione la più esatta di tutti i Padri di quella famiglia, raccontandomi il bene ed il male di ciascheduno, senza neanche lasciare da una parte il cuoco ed altri fratelli laici di servizio, in modo, che, se io fossi stato un Prelato visitatore di quella missione, avrei potuto ricavarne eccellenti documenti al mio scopo. Lasciamo i Cappuccini, dissi fra me, perché avrò tempo a conoscerli più da vicino, e [mi] proposi a coltivare il buon Pellegrino per altre informazioni più interessanti.

/376/ Un’altra volta discorrendo con lui gli ho domandato se non vi era qualche cosa da vedere in Smirne, e nei contorni, ed egli mi parlò di Efeso: Se volete andare, mi disse, [vi faccio notare che] anticamente i forestieri [p. 450] per visitare Effeso vi mettevano tre giorni, uno per andare, l’altro per rimanere, ed un terzo per ritornare: dovevano prendere un’asino per tre giorni, e portare provviste per il vitto a tutta la carovana, perché là si trova solo aqua da bere. Oggi colla strada ferrata si parte la mattina e si ritorna la sera. Ma cosa si trova là da vedere, io dissi? rovine di Efeso. Anticamente, rispose, si trovavano alcuni ruderi, che si supponevano del tempio di Diana; ma poi alcuni signori inglesi, coll’autorità del Sultano dopo lavori di molti anni, tutto hanno scavato e portato via, [fino ad] oggi rimasero campi seminati. Al sentire l’ultima antifona della gran Città di Effeso, antico centro dell’Asia Minore, dove ebbero luogo tanti fatti della storia, mi spaventò talmente che non pensai più a vederla.

torre e chiesa dei greci Messa da una parte l’antichità di Effeso il mio interlocutore, come seconda meraviglia di Smirne, mi parlò della bella torre che si innalza sopra la Chiesa maggiore dei greci scismatici: appena Ella sarà entrata nel quartiere franco, l’unica cosa che [che] [at]tira l’occhio del forestiero e un’alta torre di un gusto tutto particolare, più arabo che latino, o bisantino. Ella, entrato che sarà nel Convento di S. Policarpo, sortendo sul terrazzo per prendere un poco di fresco, l’avrà sempre avanti [a]gli occhi. Il suo gusto, il quale ha un poco del gusto di un minaretto di moschea araba per i diversi piani che presenta all’esterno, dove suole cantare il Dervis, direbbe piuttosto essere segno di una moschea attigua alla Chiesa nostra del santuario di s. Policarpo Santo titolare [p. 451] suddetto, invece è la Chiesa greca scismatica; la quale, benché abbastanza grande, è tuttavia quasi invisibile, perché molto bassa. Ai sentire i greci scismatici, sarebbe quella la vera Chiesa di S. Policarpo, ma siccome in tempo [1666]
[1797]
della persecuzione araba, i Veneziani, e dopo la caduta di Venezia, i Francesi hanno sempre protetto i Cristiani dell’Oriente, i cattolici antichissimamente avendosi fabbricata una Chiesa dedicata a S. Policarpo, questa sola, anche nel linguaggio di tutta la popolazione, musulmana stessa, è stata sempre, come Chiesa detta di S. Policarpo. Un miracolo occorso per il passato, e conosciuto dagli stessi musulmani, si aggiunse ad autenticare la venerazione di detta nostra Chiesa come Santuario di detto Santo. In tempo [1778 e 1797] di incendio generale che ha consummato tutta la Città di Smirne, suole dire il publico di ogni credenza, è stato veduto da tutti [il Santo] comparso sopra la Chiesa nostra, che la difendeva dalle fiamme. Ora, passato il tempo della persecuzione araba, i greci scismatici per rilevare l’onore della loro Chiesa vicina alla nostra, hanno fabricata /377/ la torre sopradetta, la quale si può dire la prima altezza tra i fabbricati di Smirne. La Chiesa venerata, come Santuario di S. Policarpo, è la più frequentata di Smirne, ed è la parrochiale di tutta la colonia francese, e di molte famiglie dell’antica colonia veneziana: essa è oggetto d’invidia dei scismatici.

commercio di fichi Frà gli articoli di asportazione del nostro commercio di Smirne, continuava il mio interlocutore, il principale è quello dei fichi. Anticamente questo articolo era quasi tutto asportato da bastimenti russi, oggi si può dire che la nostra Europa si disputa la maggioranza, non essendovi in Essa città, dove i fichi di Smirne non siano cercati. Nelle dipendenze di questa nostra capitale dell’Asia minore non si fa che piantare fichi [p. 452] ed ancora non bastano allo smercio. [commercio di fichi] I coltivatori di fichi si sono arrichiti. Tutti i paesi, chi più e chi meno hanno fichi in quantità, secondo me la qualità nostra [per] essere tanto ricercata dipende, non solo dal clima che gli porta ad una perfetta maturazione, ed alla specie e qualità diversa, ma più di tutto dal modo di coltivarlo, di raccoglierlo, e di custodirlo. Dopo ciò, il fico ben maturo, collocato in casse più o meno grandi, ben compressi a vite, dopo che è secco, cioè ben purgato dall’umore aqueo, alle volte anche preso dall’atmosfera più o meno umida e piovosa o roggiadosa, esso può rimanere anche degli anni, non solo senza perdere della sua bontà, ma aggiungervi [sapore] con una modica fermentazione, che col tempo non manca a simili frutti. Sono queste tutte parole del mio interlocutore, frutto di esperienza e di riflessione. La stessa diversità del legno delle casse può contribuire all’effetto di una conservazione ben riuscita. Alcuni sogliono, nell’impasto del fico secco, prima d’incassarlo, [aggiungervi] una minima quantità di essenza aromatica di una specie di erba odorosa, ma ciò non è certo, mi diceva. (1b)

isola di Scio Mentre il mio interlocutore si tratteneva [la nostra imbarcazione] passò avanti all’isola di Scio, neanche gettò l’ancora, ma discesi alcuni forestieri, e ricevutene altri, e dopo lo scambio di alcune merci si continuò il viaggio. Uno dei viaggiatori novellamente entrati era un nostro cattolico, dal quale ebbi qualche detaglio della missione cattolica di quell’isola, dove abbiamo [Ignazio Giustiniani: 13.5.1879] un vescovo, una nostra missione Cappucina. La popolazione dell’isola; essa non arriva ai dieci mille anime, delle quali, circa mille sono musulmani, alcune centinaja di cattolici, pochissimi /378/ persecuzione dei greci contro i cattolici israeliti, ed il resto sono tutti greci scismatici; di questi una parte sarebbero amici nostri, e disposti a convertirsi, mi diceva il suddetto, ma la parte maggiore contraria esercita sopra [di] loro una pressione tale, che guai se essi frequentino [p. 453] il nostro prete e la nostra Chiesa, sarebbero perseguitati a morte; come traditori della loro nazione. Mi raccontò di una piccola ragazza di madre greca e di padre incerto, abbandonata da tutti, stata ritirata ed educata dalia missione cattolica, per la quale dovettero occuparsi i consoli per aggiustare le questioni sollevate dal clero scismatico dell’isola, il quale pretendeva di riaverla, e ribattezzarla. Per questa ragione nell’isola di Scio poco è quello che la missione può fare. Avendogli domandato come stava l’isola di produzione agricola e richezza indigena: non stiamo male, mi rispose, se si coltiva bene, si può trovare pane, vino a sufficienza per vivere; si trovano anche prodotti di frutti e di ortaglie per il mercato di Smirne non molto lontano da noi. Sarebbe molto classico il prodotto del così detto mastic (1c) in lingua nostra (se non erro una specie di gomma, di gran prezzo, ma carica di forti dogane, per le quali quasi tutto se ne va di contrabando), il quale non lascia di essere un bel reddito. Ho detto[:] se si coltiva perché qui i terreni sono tutti proprietà del governo, e molti terreni vanno incolti, lasciati alla coltura della pianta che produce il mastic, come cosa propria dell’isola nostra. Noi in Scio siamo soggetti al terremoto, e si dice in paese che l’isola anticamente sia sortita dal mare. (2a)

Io non aveva ancora finito di prendere le informazioni dell’isola di Scio, quando di dietro si avvicinò il mio antico interlocutore di Smirne facendomi segno, che si avvicinava la Città suddetta. Dove è Smirne, gli dissi? golfo di Smirne La città dal mare poco si vede, mi rispose egli, veda a destra ed a sinistra i due littorali e tenga l’occhio fisso alla prora del bastimento, ed il punto dei medesimi è una specie di baja riparata dai venti sud-Ovest e nord-Est, proprio nell’ [p. 454] angolo di fronte stà la Città in parte coperta in un vasto piano: i littorali che si vedono sono seminati di deliziosi piccoli villaggi suburbani con ricche produzioni di giardinaggi e di frutti. sbarco a Smirne
[1.5.1880]
Difatti non tardammo ad entrare nel porto, dove stavano ancorati molti bastimenti europei e barche arabe. Il nostro vapore, ap- /379/ Incontro coll’Arcivescovo
[di Smirne dal 13.5.1879]
pena stava prendendo posizione per gettarvi l’ancora, che già [a terra] ci salutavano alcuni religiosi da terra, sono, disse, i suoi fratelli di S. Policarpo che fanno corona a Monsignore Timone Arcivescovo venuti ad incontrarlo. Il porto era di così facile sbarco, che appena il bastimento fu fermo, già quei signori erano sopra a darci il benvenuto. Monsignor Timone era un’antico alumno di Propaganda fatto [30.7.1875] prima Vescovo di Scio mentre Monsignore Spacapietra mio amico era arcivescovo di Smirne; morto questo [8.4.1862] da alcuni anni, Monsignor Timone fù eletto al suo posto. Appena salutati, chi significò quì il mio arrivo, dissi? Anche in Gerusalemme ed in Baïruth noi abbiamo amici mi risposero.

porto, e dialetto Discesi a terra, ci siamo trovati in un bel piano, e passammo in mezzo ad un mercato vivissimo, quasi tutto di tipo greco, ma più della metà divenuto arabo e figlio di Maometto. Dal poco che ho potuto vedere passando, la lingua del mercato era più araba che greca, mi parve però un dialetto avente una base araba tendente al turco, con molto accento greco volgare, tre lingue, delle quali, io non poteva essere giudice competente. quartiere franco Passato il mercato del porto, siamo entrati nel borgo franco della Città, porzione abitata [p. 455] particolarmente dalla razza franca: si dice in tutto l’oriente razza franca la razza straniera, che parla, anzi che ha introdotto, o forze meglio conservato la così detta lingua franca (1d) Nel caso nostro il quartiere franco era solo per gli europei, i quali vi rimanevano chiusi senza poter sortire, e dovevano fare nello stesso luogo il loro piccolo commercio. Per gli altri cristiani sudditi dell’impero il governo musulmano aveva assegnato loro altri luoghi, parimente chiusi, come presso di noi [i ghetti per] gli ebbrei, nei tempi passati, dove solamente essi potevano parlare la loro lingua, ed avere il loro culto a porte chiuse. Oggi, non solo in Smirne, ma in Costantinopoli, in Alessandria, i Caïro, ed in altri luoghi centrali sono ancora conosciuti questi quartieri franchi, per lo più sempre nelle estremità della città o vicino al mare, ancorché dopo i trattati di pace vi sia una certa emancipazione che permette a tutti di rimanere quasi in tutti i luoghi. Ora, ciò notato, /380/ il quartiere franco di Smirne incomminciava dal porto, ed arrivava sino alla parrochia di S. Policarpo, benché poi in seguito, non molto lontana, sia stata aggiunta una seconda parrochia di religiosi francescani, e dall’istessa parte una terza parrochia, quella della Cattedrale.

parrochia di san Policarpo Appena entrati in città dalla parte del borgo franco, accompagnati dall’Arcivescovo, dai religiosi di S. Policarpo, e da una parte del clero, noi fummo nella Parrochia nostra detta parrochia francese, [fummo] salutati dalla casa del Console Francese, sortita ad incontrarci, e la nostra comitiva andava crescendo come tumultuariamente sino alla Chiesa, dove siamo entrati a fare l’adorazione, dopo la quale, sortiti per una porta laterale, fummo condotti al Convento nostro, dove ci aspettava un piccolo rinfresco e caffè. Dopo Monsignore Arcivescovo, [p. 456] e tutta la comitiva si disperse, andando ciascheduno a casa sua. la sera al mese di Maria Il mio arrivo a Smirne, ebbe luogo, se non erro, se non il primo, certo sul principio di Maggio, in cui ogni sera vi era la benedizione del Santissimo Sacramento, preceduta da una publica preghiera, e da un discorso morale in lingua greca volgare. Io, benché stanco e mezzo ammalato, pure la sera ho voluto assistere alla funzione, e fui stupito di vedere la Chiesa piena [e] zeppa di mondo assistere alla predica con un raccoglimento molto edificante. predica in greco
[di p. Francesco da Padova].
Il Predicatore era il Vice Parroco, sacerdote ancora molto giovane nostro italiano, chiamato P. Francesco. Io non conoscendo il greco abbastanza per formare un giudizio sopra il discorso, pure giudicando dall’attenzione dell’uditorio e dall’azione del Predicatore molto investito [del soggetto], ho argomentato che piacesse molto, come poi in seguito ho potuto accertarmi, anche discorrendo con molti dell’uditorio medesimo. Era la prima volta che io sentiva predicare in greco, se pure non debbo calcolare qualche piccola cosa sentita dalle gallerie del S. Sepolcro in tempo delle funzioni dei greci; confesso però che il porgere, e l’espressione dell’oratore greco volgare non è inferiore all’italiano e francese per la sua azione nel cuore dell’uditorio.

un mio costume d’Etiopia L’ora della cena e seguente conversazione è ben soventi la più propizia ad un forestiere, che brama notizie e detagli sopra il paese dove si trova. Io aveva preso questo costume nei miei viaggi d’Etiopia, dove, [se] una persona di rispetto che passa la sera in una famiglia, se domanda troppo direttamente un’informazione a qualche persona in conversazione esternando precedentemente il suo sentimento, difficilmente sarebbe arrivato a conoscere [p. 457] il vero: per esempio, se io bramava conoscere i pericoli della strada da prendere l’indomani, non avrei ottenuto il mio scopo se io prima avessi esternato qualche mio interesso o impegno; il desiderio di compiacermi avrebbe inclinato il vento della /381/ conversazione in favore di una parte più che dall’altra. Io mi intendeva con uno dei miei giovani per intavolare il discorso facendo io finta di non occuparmene. Così, io poteva sentire la vera posizione di una questione qualunque. sua utilità in Europa, In Europa anticamente l’educazione era troppo schietta, e si poteva camminare più direttamente senza incorrere il pericolo di esaggerazioni; oggi poi sotto la pressione di una marea di opinioni e di passioni che governano il mondo sociale, la cosa ha un poco cangiato. in Oriente In oriente poi le cose camminano un poco più a modo etiopico, perché [vige] la diversità della caste e credenze che traggono seco le passioni e gli interessi atti a generare diversi bisogni e tendenze. Nelle conversazioni io soleva intendermi con qualcheduno che sollevava certe questioni, fingendo io di poco occuparmene. Ora confesso che in questo modo solamente, ho potuto formarmi un vero giudizio sopra lo stato relativo di quelle società di diverso tipo, di diversa religione, e di diverso carattere, perché fra [di] loro solamente sogliono versare tutto il fondo del cuore loro (1e).

Il dotto uso a meditare sopra queste materie ha già potuto comprendermi leggendo il fin qui detto, ma riflettendo che queste mie memorie saranno lette anche da persone meno accostumate a questi miei calcoli, ancora forze troppo speculativi per loro, mi servirò della storia pratica in materia religiosa. risolvo di rimanere in Smirne Ho voluto rimanere in Smirne tutto il mese di Maggio, sia per riposarmi, e sia ancora per soddisfare ad un certo bisogno del mio cuore, bramoso di onorare la gran Madre di Dio, facendo la prima volta il mese [p. 458] di Maggio dedicato particolarmente alle glorie di Maria, come mese, nel quale presso di noi, la natura lascia il suo duolo invernale per darsi alla vegetazione, vestendosi di verde, e coronandosi di fiori. mese di Maggio in Etiopia All’opposto della nostra Etiopia, dove questo mese è il più ingrato, il più secco e polveroso di tutto l’anno, cedendo a Settembre tutte le sue richezze suddette, come primo mese di buona stagione, dopo le pioggie della zona. Ora in un mese di permanenza a Smirne ho avuto tempo per studiare molto più da vicino la nostra stessa missione di S. Policarpo, e vedere ogni giorno le funzioni della nostra Chiesa, il concorso alla medesima, e la simpatia per la parola di /382/ Dio nelle diverse lingue[:] italiana, francese ed anche greca; ho avuto tempo per vedere anche le altre chiese nostre e conversare col nostro clero tanto secolare che regolare, e far visita di convenienza alle scuole d’ambi i sessi, e parlare col mondo di tutte le razze, oltre la nostra colonia abbastanza numerosa e soddisfacente. Non parlo di essa, perché camminava abbastanza bene, e non è qui il luogo di giudicare della medesima; d’altronde non è il mio scopo.

razza greca musulmana Il fine diretto di queste mie memorie, è solamente quello di far conoscere lo stato della società orientale relativamente all’avvenire dell’apostolato cristiano cattolico, l’unico capace di riformarla. Ora, dopo tutte [le] suddette mie indagini, ecco il gran mistero che si presenta alla mia imaginazione. In Oriente nulla avvi da sperare dalla parte principale della popolazione divenuta araba e musulmana, la quale, tolto un vero miracolo della grazia, la quale sola può cangia[re] il ferro in oro, essa [non] sarà mai cristiana, e [non vorrà mai] piegarsi alla sua civilizzazione; questa è abbastanza [p. 459] numerosa ed orgogliosa per sollevare delle crisi gravissime all’occidente ed al Nord, tirando a se delle orde fatali dall’Arabia, dall’Africa, e dall’Asia, ma unirsi a noi giammai (1f) razza greca cristiana Ora la speranza dell’apostolato cattolico, incomminciando da Smirne a quasi tutto l’arcipelago, limitandosi alla sola razza greca cristiana, conservatasi intatta dall’islamismo, arrivato [io] a Smirne aveva concepito [per] un momento grandi speranze di conquista al cattolicismo, vedendola, in certo senso, simpatica a noi ed alla società cattolica, non [sol]tanto nel civile, ma anche nella parte religiosa, inclinata alla nostra chiesa stessa di S. Policarpo, e quasi simili a noi in certe ceremonie esteriori del culto, osservando essa molte formalità nostre nell’amministrazione dei sacramenti. Ma poi esaminando meglio la questione, e discendendo più al particolare a numerare il proselitismo ottenuto, e vedendo nulla o quasi nulla, allora ho dovuto persuadermi non solo dell’opposto, ma convincermi che noi siamo più lontani dai greci di quello che siano i musulmani, e pagani medesimi dell’Africa.

/383/ Io sono certo che questo mio discorso sarà giudicato una mia esaggerazione, e talmente ne sono certo, che io stesso sarei tentato di non credere a me medesimo, se certi calcoli matematici non mi dessero sempre in ultima analisi lo stesso risultato, risultato anzi più di perduto che di guadagnato. La Chiesa di Dio guadagna qualche anima, e forse qualche piccola cristianità, ben soventi guadagno nominale e poco stabile, nei luoghi lontani dalla nazione e dal governo greco (si noti quì che io non dico chiesa greca, perché essa non esiste più, che nella nostra sola imaginazione, essendo essa divenuta una sola cosa colla società civile). pericoli per i nostri cattolici Ora nei paesi greci, e dovunque arriva il prestigio della nazione e governo greco, non solo non si trova [p. 460] più guadagno, ma la Chiesa di Dio perde invece di guadagnare, perché il missionario cattolico deve limitarsi ad evangelizzare le sole colonie europee cattoliche di lunga data e nulla più, anzi dal troppo pacifico contatto colla razza greca scismatica, pericola di perdere qualche cattolico, in occasione massime di matrimonii misti, che qualche volta la missione si trova nella necessità di tollerare, ben soventi con condizioni non totalmente canoniche, perché allora il povero missionario trovasi nel caso di un povero medico che azzarda un’operazione anche pericolosa per non esporre l’infermo ad una morte certa. Il povero missionario frà popolazioni di un cristianesimo più che dubbio, ma troppo amico trovasi per lo più in casi peggiori che frà i pagani dell’Africa, dove simili casi sono più rari, e quasi impossibili. La povera razza greca adunque, divenuta troppo materiale, per mancanza di principio vitale evangelico, guadagnerà poco o nulla dal nostro apostolato in Oriente, e la Chiesa di Dio avrà più da perdere che da guadagnare con essa.

pericoli futuri per i greci Ora, quale sarà la fine della lotta greco-latina colla chiesa di [di] Dio, nella crisi che ci sta minaciando? Io non sono Profeta, ne pretendo [di avere] rivelazioni, ma argomentando solo umanamente, la Chiesa di Cristo avrà molto da soffire, ma non si perderà, perché ha le sue radici in Cielo; essa continuerà sempre nel suo ministero apostolico per salvare la nazione greca, anche con poca speranza di salvarla. Di questa intanto cosa avverrà? Essa confidando nell’orgoglio della sua nazionalità ellenica, questa sarà sempre una piccola cosa per lottare colla sua antica [p. 461] padrona, la Porta Ottomana, la quale, benché debole, sarà sempre un gran colosso con radici in Africa ed in Asia. una futura crisi araba In caso di una grande crisi, essa non avrà altro scampo che gettarsi nel mare dello slavismo, dove troverà salute nella sua nuova schiavitù peggiore della prima. L’ellenismo è troppo orgoglioso ed irrequieto per trovare pace, essa sarà sempre battuta come la povera Polonia. Non è ancor certo /384/ che una crisi araba possa organizzarsi, ma il movimento delle forze occidentali tendenti all’abbandono dell’Egitto fa pensare; in questo caso non sarebbe la sola Inghilterra, ma tutta la nostra Europa è compromessa. A questo riguardo non deve perdersi di vista ciò che già dissi altrove sopra i pericoli del canale di Suez, ed in proposito del golfo arabico. l’Europa antica e moderna Noi Europei camminiamo verso lo sfascio, per correre in diffesa; supposta la crisi in discorso sarà colla Russia, e la chiave suddetta dell’Egitto se la disputeranno frà i due colossi in lotta. Noi europei siamo allucinati da falsi calcoli. La nostra imaginazione lavora sopra i calcoli dell’onnipotenza nostra antica, la quale non è più proprietà nostra, ma dei nostri Padri. Noi siamo figli degeneri e non abbiamo più la forza loro; oggi abbiamo [a] che fare per conservare l’ordine in casa nostra, quell’ordine che i nostri Padri conservavano con un decimo di sistema [di] militarismo: essi vivevano in famiglia cristiana sotto il prestigio papale ed erano omnipotenti, perché benedetti da Lui e da Dio.

Preveggo che il mio lettore sarà già stanco di questa mia lunga digressione, ma si consoli che siamo verso il fine di queste mie memorie, motus in fine velocior ed vehementior. Si avvicinava il fine del mese di Maggio, e mi rimane[va] ancora [d]a raccogliere alcuni fiori della stagione a gloria di Maria Madre e patrona nostra. [Ero] Vicino alla [p. 462] mia partenza per il Bosforo. alcune visite La circostanza della mia partenza voleva di fare alcune visite a persone molto amiche dei cattolici nostri. Il mio arrivo in una casa aveva occasionalmente radunato molta gente di diverse società e nazioni, italiani, francesi, spagnoli, portoghesi, maltesi ed altre nazioni anche della Germania, tutti o quasi tutti buoni cattolici, non esclusi alcuni greci delle isole ionie, quasi tutti [con] un solo linguaggio [mi parlavano] di una una matrona cristiana
[Pellisier de Reynaud]
Signora Francese, moglie del Console, o vice Console che fosse, di quella nazione, della quale si [rac]contavano come ammirabili della sua carità per i poveri di Smirne. Fui stupito di sentire in quella stessa conversazione una specie di miracolo fatto da Dio per l’intercessione del Papa Pio IX. in favore di quella Signora medesima, la quale versava in gran pericolo nel momento terribile del parto. (1g) L’indomani, [at]tirato io stesso dalla curiosità di vedere il fatto di quanto aveva sentito, la mattina, poco dopo che la Signora aveva fatta la Santa Comunione nella nostra Chiesa di S. Policarpo, accompagnato da alcuni nostri religiosi mi sono recato alla casa /385/ del Console Francese, dove viddi una gran quantità di poveri di ogni sesso, i quali aspettavano la limosina. La Signora, mi dissero s’è fatto un forno, nella notte si cuoce il pane per i poveri non solo cattolici, ma anche eretici ed arabi. Essa venne a riceverci, ci condusse nella sala [d]al suo marito, e dopo pochi complimenti se ne andò, come una madre di famiglia, a distribuire la limosina, aggiungendo a tutti [i poveri] una parola di salute.

attività dell’apostolato cattolico Il mio lettore [resta edificato] nel leggere questo spettacolo di virtù maschia, che Salomone ci descrive, quasi alla lettera, nelle sue parabole, come un fatto molto raro prima della scuola di Cristo, servendosi [p. 463] di quelle fatidiche parole[:] quis inveniet... procul de ultimis finibus; fatto, oggi divenuto come ordinario dopo Cristo, e quasi solo privativa della Sua Chiesa Cattolica, la quale sola si può dire con ragione l’orto favorito del mistico Sposo eterno cantato dai profeti. Il sopradetto mio lettore, essendo cattolico di qualche coltura, deve certamente conoscere tutta l’estenzione di queste mie espressioni, certamente non esaggerate, non essendo più questione di una sola donna di una carità portentosa nel seno di una sola famiglia come la decantata di Smirne, ma di un regimento immenso di anime elette dei due sessi, le quali, dato un solenne addio al bel mondo coronato di rose, e seminato di piacevoli divertimenti, o chiusi dentro un monastero alla sequela di Cristo sopra il calvario, oppure alla sequela dei suoi apostoli in cerca di anime da ricordursi alla gran famiglia di Cristo e della Sua vera Chiesa, in cerca di croci, ed in cerca di martirio, [costituiscono lo] spettacolo, che, in questi tempi di nuova persecuzione, presenta al resto del mondo pagano, un misterioso teatro di meraviglie, e di vero incanto.

un’argomento dai fatti Ora è tempo di conchiudere questo mio ragionamento tutto appogiato ai fatti. È incredibile a dirsi il prestigio aquistato dalla Signora Francese suddetta sopra la classe povera di Smirne, non solo in favore della [della] nostra colonia cattolica, ma in favore di tutte le altre credenze, tanto maomettane che cristiane greche scismatiche, che là accorrevano a ricevere la carità. La Signora Francese da noi descritta aveva aquistato una celebrità in materia di carità cristiana, ma non era certamente sola in tutta la colonia cattolica di Smirne, [p. 464] e donne di simil tempra non si limitano alla carità del pane materiale certamente senza lanciarsi sul campo della parola evangelica, come si suppone; ma ciò non bastava per l’apostolato di Smirne: gran zelo nella missione quella colonia cattolica contava tre parrochie con un clero sì secolare che regolare zelantissimo; contava di più congregazioni religiose dei due sessi, epperciò nessun dubbio che vigeva un zelo attivissimo nell’istruzione della gioventù, non solo in favore /386/ dei cattolici, ma anche dei greci scismatici molto mancanti in materia d’istruzione. il disinganno Dopo tutto ciò io avrei creduto di vedere un gran progresso cattolico in quella missione così ben governata; eppure ho dovuto convincermi dell’opposto: nel giorno che io domandai a qualcuno dei nostri se non esisteva una chiesa cattolica di rito greco, che volontieri avrei voluto visitare, mi fu risposto che non esisteva: Caro Monsignore, mi rispose il mio interlocutore, Ella cerca una cosa direi quasi impossibile; il greco crederebbe di apostatare [d]alla sua nazione facendosi cattolico, perché per lui cattolico suona latino, cosa impossibile in Smirne. Il peso, e la verità di simile risposta io la lascio ad altri l’esaminarla, avendo io già detto molto in questa materia.

Lascio ora la questione dei greci, e di altre razze cristiane d’Oriente, per le quali la Chiesa di Dio conta già circa dieci secoli di un sterile apostolato per ridurle all’unità della fede e della Chiesa, perché, prima di lasciare quei paesi, per rientrare in Occidente, la storia ancora mi [p. 465] obligherà di ritornare alla medesima questione. Il mese di Maggio versava sul suo fine, ed io aveva deciso di partire per Costantinopoli col primo vapore di Giugno. [3.6.1880]
una mia festa
Il 24. del mese mariano correva, giorno anniversario della mia consacrazione in Vescovo. Il caro Monsignore Timoni Arcivescovo di Smirne, avendo penetrato il caso di detto mio anniversario, d’accordo coi religiosi miei fratelli, organizzò una festa solenne per detto giorno, alla quale ho dovuto rassegnarmi. Dopo il 1846. fu la prima volta, che ho celebrato detto mio anniversario con una certa solennità nel [1880] 1881. Per il passato, alcune volte trovandomi in viaggio in detto giorno, neanche poteva celebrare la Santa Messa; in altri tempi era fortunato di poter celebrare servito da qualche mio catechista. gran concorso Il suddetto Prelato volle compensare l’economia passata, e volle assistere egli stesso con tutto il suo Clero nella nostra Chiesa di San Policarpo. Benché fosse in giorno feriale, e la Chiesa fosse abbastanza spaziosa, pure non fù abbastanza grande per capire la piena di popolo concorso.

Io, come mezzo infermo, era stupito di me medesimo per avere trovata forza sufficiente per resistere sino alla fine della lunghissima messa cantata. commossioni provate La commossione, effetto, non so, se più delle antiche rimembranze suscitatemi dalla circostanza per se rammemorativa di care idee passate, oppure dall’insieme della festa fattami da persone amiche, e dall’entusiasmo del popolo radunato sostennero, in parte almeno, la fralezza della mia povera già quasi cadente persona. Terminata la S. Messa [p. 466] discesi la gradinata, [mentre] la popolazione esternava un certo entusiasmo e movimento verso il Sancta Sanctorum, come per ricevere un[a] ultima mia benedizione, almeno così io pensava: no, mi disse il /387/ esortato a predicare cerimoniere, essa vorrebbe invece sentire da Lei qualche parola, allora, benché impaziente di arrivare alla cattedra per spogliarmi e riposarmi, breve discorso come mi trovava in mezzo al Sancta Sanctorum, vestito di pianeta, mitra, e pastorale, ho preso la parola. Sentite, oh figli di S. Policarpo, per non chiamarvi piccoli figli dello stesso diletto apostolo della carità, il gran Giovanni, il quale ebbe la sorte di succhiare l’unica vera dottrina dal petto medesimo del Verbo eterno incarnato, oh figli di S. Policarpo! voi oggi in Smirne credete [di] onorare un’apostolo dell’Africa, vi compatisco, lo spirito che vi guida è vero, e posso dire di averne avuto la santa missione; anzi vi confesso schiettamente, che, trovandomi sul campo di battaglia circondato da una sequela di fedeli proseliti, vero trionfo della grazia di Cristo, venuti, parte dal paganesimo, e parte dall’eresia e dal scisma, ho creduto un momento di potermi gloriare di essere tale, come voi credete; ma poi, sia pure [per] una buffara sollevata da un persecutore coronato che mi respinse colla forza, come vuole la storia del fatto occorso, il fatto è che io mi trovo quì oggi fra voi di semplice passaggio, fuori del campo, senza aver lasciato là la marca del mio sangue in testimonio; quì sta la gran difficoltà, o figli carissimi di Smirne; il persecutore inspirato da Satana, non può oltrepassare i confini a cui Satana deve rispettare, come segnati da Cristo padrone, ed eccovi svelato il gran pensiero.

storia di mia missione In tutto questo gruppo di storia dolorosa il solo vero che io conosco è quello di essere io stato mandato da Cristo in Etiopia per evangelizzare quei popoli in gran parte pagani ancora, ed in parte [p. 467] eretici o scismatici; ora non potrebbe darsi il caso che il mio padrone che è Cristo, mi abbia riconosciuto come inutile soldato, ed abbia perciò permesso al nemico di caciarmi dal campo assegnatomi? mia confusione Voi, figli dilettissimi mi fate complimenti, ed io sono occupatissimo nel esaminare me stesso, e tremo nel rendiconto [che dovrò sostenere] col mio padrone; il merito del soldato non consiste nelle divise e nelle decorazioni, milizia apostolica ma nelle vittorie riportate, o nel sangue sparso per Cristo; l’Etiopia, campo assegnatomi per le apostoliche battaglie, essa è scossa, ma non ancora convertita a Cristo; il mio esilio è una vittoria del nemico della salute di quei popoli a me commessi: qual motivo ho io adunque di gloriarmi? Pregate piuttosto per un povero vinto. La misericordia di Dio verso i popoli anche infedeli, [essa] è grande, ma è altresì un gran mistero.

storia di Smirne e di Efeso Questa stessa città di Smirne, non è stata essa un gran campo di trionfo per la fede? non è quì che si segnalò il grande apostolo Policarpo? non è in Effeso non molto lontano che si cantarono i trionfi della divina maternità di Maria? Ora cosa sono divenuti [questi luoghi]? Effeso non /388/ esiste più, e Smirne? mi manca il coraggio di dirlo, voi la vedete nella maggior parte alle moschee divenuta araba, ed una parte che si dice cristiana, [essa] è fuori dell’Arca di salute che è la Chiesa di Cristo; Una minima frazione è rimasta fedele al redentore, ed è straniera.

Per quanto è capace di riferire la mia debole memoria tale fù in complesso il mio breve discorso. Il mio lettore sarà certamente scandalizzato di me in quella circostanza tanto propizia [per] non essermi più direttamente [add]entrato nel campo [p. 468] di una pratica esortazione apostolica: la più parte della razza greca divenuta mussulmana ed araba, certamente [essa] non si trovava in quella circostanza presente al[la] nostra funzione, perché, come si sa, essa e morta alle speranze del cristianesimo, ma [ma], come mi avvertì il mio ceremoniere, non mancavano greci scismatici ed anche preti della stessa setta, però bisogna dire, che parlare di conversione a questi è un linguagio sprecato, e come offensivo. Lo stesso mi diceva, per il greco la questione di fede e di unità non è compresa; per essi la questione di fede e di unità è un’attacco al rito loro come espressione di nazionalità. [23.5.1880: rinunzia ufficiale al Vicariato Apostolico dei Galla; accolta dal Papa: 3.6.1880] Calcolato tutto ciò, e calcolata la mia stanchezza, ho pensato di chiudere il mio discorso. Per questa ragione io ho creduto [bene di] diriggermi solo ai veri figli della Chiesa di Dio, cioè ai nostri soli cattolici, nostri fratelli in Cristo, supponendo [di] ignorare la presenza di eretici e scismatici.

La narrazione del Manoscritto si ferma qui: gli eventi successivi che compaiono nei Miei trentacinque anni di missione..., fino alla rinuncia al Vicariato Apostolico dei Galla, sono stati ricostruiti dal Traina sulla base delle Lettere di P. Benedetto da Guarcino, che accompagnò il Massaja nei suoi ultimi viaggi. Da informazioni di P. Antonino Rosso. M.P.


(1a) Il Pellegrino in discorso intendeva parlare del caso già da me raccontato, dello svanimento occorsomi al Santo Sepolcro dopo la S. Messa celebrata sul Calvario. [Torna al testo ]

(1b) in seguito da altra persona ho saputo che un tale condimento dei fichi consisteva in qualche goccia di annisetto preparato col così detto mastic dell’isola di Scio, ma che aveva luogo solo per i fichi destinati per alcuni paesi del nord. [Torna al testo ]

(1c) Qui io do il nome di mastic, nome che ho inteso dagli indigeni, non conosco però il nome che si suol dare dai nostri in commercio. [Torna al testo ]

(2a) Se non erro [inizio apr. 1881] nell’anno 1882., quando il terremoto fece gran guasto in Smirne e contorni, l’isola di Scio soffrì molto più di Smirne; la missione cattolica ebbe la sua chiesa in rovina, e stando alle relazioni dei giornali di quella circostanza mi ricordo di avere letto esservi state milliaja di vittime; che innoltre l’isola stessa di Scio abbia minaciato di [s]profondare. [Torna al testo ]

(1d) [La] lingua franca è un’italiano corrotto, lasciato in quasi tutti i centri di commercio orientale, dagli stranieri Veneziani, Genovesi, e Provenzali. Questa lingua è stata quasi lingua unica per gli europei sino a Napoleone.primo, quando incomminciò [a] introdursi il francese, l’inglese, ed il tedesco: oggi lingue della gran società, ma non ancora delle masse popolari. Per comprendere questa trasformazione di lingue e di nomi bisogna ricorrere all’epoca del terrorismo arabo, quando in Oriente gli europei non erano tollerati, e non potevano restare sicuri senza un’ordine del governo arabo, allora nei centri si formarono i quartieri franchi, dove abitavano gli stessi ambasciadori e mercanti; allora fù che si formò la lingua franca, detta anche lingua dei frangi per disprezzo. [Torna al testo ]

(1e) In tutti i paesi il debole in ogni genere è sempre schiavo del potente. Io in Etiopia, [ero spesso] bisognoso di sapere una notizia per la mia norma; se si trattava di un’amico che mi amava, oppure che mi rispettava non poteva essere sicuro che mi avrebbe dato una vera notizia disgustosa; come all’opposto da un nemico. Prima di rispondere avrebbe desiderato sapere da me come io la pensava nel senso quasi identico, come fra noi si cerca [di] nascondere la morte di un Padre o di un’amico per non affliggere. Così all’opposto trattandosi di un nemico. Ben inteso, eccetto il caso di persone intime, e come di casa. La passione in pratica ha sempre una gran parte nei discorsi. [Torna al testo ]

(1f) Chi non ha studiato e meditato seriamente l’islamismo nella sua natura, ed in tutta la sua estensione potrebbe credere questa una mia esaggerazione (fosse pure!), ma pure non è così. Io europeo civilizzato, mi sono trovato le cento volte assalito in casa da un’orda di formiche, le quali mi hanno obligato a cedere le armi e dichiararmi vinto abbandonando la casa al nemico. Ora è perfettamente questa la differenza che passa tra un’armata europea ed un’orda di barbari. Non mi spiego di più. Noi siamo troppo organizzati, ed anche invincibili in [in] corpo; ma siamo deboli come un’armata libera maggiore. Noi siamo troppo delicati e troppo ricchi: i barbari sono ricchi nella loro povertà; essi cercati [non] si trovano mai, e son sempre padroni del loro campo; non siamo ad armi eguali. [Torna al testo ]

(1g) Avendo visitato quella famiglia il sacerdote che mi accompagnava, benedica [mi disse] questo bimbo, mi disse presentandomelo, esso è nato [, esso è nato] per una grazia impetrata da Pio IX. dietro applicazione di una sua reliquia. [Torna al testo ]