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Capitolo X.

Famiglie lontane.

Fra gli umani affetti, il più prossimo alla purezza del sentimento religioso, è l’amore della famiglia, onde un Padre della Chiesa disse la famiglia una religione naturale. I due grandi sentimenti sono gettati dalla stessa mano creatrice nella profondità delle anime, affinchè vi crescano assieme e si confortino a vicenda: la famiglia è il tempio naturale in cui l’anima riceve i germi della vita religiosa, e la religione è il fondamento incrollabile dell’istituto famigliare. L’apostolo della religione non può non coltivare nei cuori i casti affetti che legano i parenti e i congiunti.

In guerra si constatò facilmente l’efficacia religiosa dell’affetto materno, e l’opportunità di suscitare o mantenere nei cuori i ricordi domestici: questi furono la porta stessa per cui la grazia di Dio potè accedere in molte anime, la risorsa unica ma infallibile di certe speranze conservate a lungo nel silenzio dei cuori sacerdotali.

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La lontananza dai proprii cari, sperimentata forse per la prima volta, e congiunta alla vigilia continua di pericoli mortali, era uno stimolo potente di affetti famigliari.

«Una volta potevamo dare dei dispiaceri a nostra madre: ma ora che sappiamo quante lacrime ella versi per noi, è impossibile che la si possa offendere; » così intesi parlare un soldato.

La madre ebbe dal cuore dei nostri combattenti, quasi un culto di amore. La dolce poesia materna, nella tragedia della guerra, fu una lirica insuperabile di palpiti di fuoco: altissima poesia che parve sempre religiosa, perchè quasi sempre si innalzò a Dio.

Il soldato non poteva pensare alla madre lontana senza sentire sulla fronte lo stampo caldo ed umido dell’ultimo bacio, senza udirne risuonare nell’orecchio l’ultima benedizione. Nel suo portafogli sgualcito, il ritrattino della mamma combaciava coll’immagine dei santi protettori, consegnate con calde raccomandazioni dalle mani tremanti della pia donna. Ogni lettera di quella creatura benedetta portava raccomandazioni e benedizioni: e il figlio non sorrideva di miscredenza sulla religione e sulla fiducia materna. Dinnanzi alla morte non si deride la fede, e sopratutto l’accorata fede di una madre. Si teneva conto delle sue preghiere, come di una forza indefettibile e infallibile.

All’alba delle grandi giornate, sorgendo pei terribili combattimenti, si mormorava: «Mia madre, prega per me...» Sui vesperi delle battaglie, quando la terra /96/ era rossa come il cielo, rossa di sangue, chi si reggeva ancora in piedi fra gli innumerevoli caduti, diceva nel proprio cuore: «Certo mia madre oggi ha pregato assai». E chi vorrà negare l’efficacia delle preghiere materne? Se Dio non ascolta una madre, chi dovrà esaudire?

Ma il fervore della preghiera materna, dal Dio dei portenti ottenne, non solo insperate incolumità corporali, ma sopratutto il ritorno dei figli al bene. Le lettere materne erano calde di preziosi incitamenti per la religione, come quelli che ella ci suggeriva nella nostra infanzia, quando ci giungeva le manine per la preghiera. «Prega, figlio mio, prega come quando eri piccolo! Ogni sera dico la corona pensando che anche il mio Gigetto in quest’ora stessa, nella trincea, dice le sue orazioni,» scriveva una madre. Un’altra: «Nel pacco dei cioccolattini ti ho messo un libriccino: te lo manda proprio la mamma tua. Vedi di leggerlo e di fare quello che vi si dice.» Questo giovanotto, a cui era pervenuto il catechismo del soldato, venne a cercarmi e mi pregò di dargli i Santi Sacramenti che da anni non aveva più ricevuto. «Dia una consolazione alla mia mamma»; mi disse poi, «le scriva quello che ho fatto».

I feriti e moribondi cambiavano il gemito spontaneo dei loro diversi dolori, in questa invocazione: «Mamma, mamma!» Questo grido verso la madre, della quale noi cappellani volevamo, in quei frangenti, tenere le veci, era il primo passo di molti verso il sacramento confortatore. Tornava così facile trasportare il pensiero dalla madre a Dio!

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La visione di teneri figlioletti, dolce pegno d’amore e di speranze, aveva sull’anima dei nostri combattenti influenze benefiche.

Un giorno vidi un sergente che leggeva una lettera con palese soddisfazione, come sorbisse un gustoso liquore, e leggendo sorrideva e s’inteneriva e lacrimava... Si accorse della mia presenza, e mi mostrò il foglio in cui la moglie gli diceva: «Io ti penso sempre con affetto... ti voglio tanto bene, sapendo che tu sempre farai il tuo dovere, anche se ti dovesse costare la vita. Anche Marco dice che papà è un bravo soldato e che fa il suo dovere.»

«Ieri abbiamo visto un malfattore in mezzo ai carabinieri. Io dissi a Marco perchè lo conducono via legato. Sai, mi disse, che papà non fa così, vero, mamma? il papà mi vuole bene tanto: anca mi voglio tanto bene a papà e non voglio che vada via coi carabinieri. Vedi, caro marito, come ha sentimento buono. Se il Signore ce lo conserverà, non avremo che a ringraziarlo» E il buon sergente si confermava nei sentimenti di religiosa gratitudine.

Altra volta, un uomo maturo mi richiese di prepararlo ai sacramenti: «Domenica prossima il mio primogenito fa la prima comunione: egli la fa per me: voglio farla anch’io... per lui». E si asciugava i lacrimoni.

Mi parve assai commovente il fatto di un soldato che, essendo caduto con una grave ferita alle gambe, e, esitando i portaferiti a trasportarlo per il furore col quale il nemico batteva il camminamento da percor- /98/ rersi, incitava dalla barella i portatori a compire con fiducia il loro dovere e a salvarlo, mostrando la fotografia dei suoi bambini ed esclamando: «Abbiamo con noi questi angeli protettori; non temete; il Signore non permetterà che veniamo colpiti».

Sì, furono angioli belli e buoni, queste creaturine che, colle innocenti preghiere e colla loro stessa esistenza, attirarono le benedizioni celesti sul capo minacciato dei padri lontani.

Vi è un’altra creatura che guidò mirabilmente a Dio molti giovani combattenti.

Quando il cuore è maturato dalla diciottesima o ventesima primavera, una inquietudine inusitata vi spunta e lo spinge a cercarsi la futura compagna della vita, per offrirle il proprio affetto in una dedizione santa, che Iddio benedice.

Bisogna permettere ai giovani, destinati al gran sole della vita, di sognare la creatura buona che allieterà il loro avvenire, la creatura che si può amare senza perdere la mondezza del cuore, che anzi eleva e santifica chi si avvia alle nozze con cristiana preparazione.

Quante ideali Beatrici illuminarono le torturate notti illuni dei combattenti ventenni! Essi vivevano per la promessa, e sopratutto per amore di lei rinunziarono spontaneamente a tutte le voluttà sensuali che circondavano di avvelenate attrattive i nostri bivacchi, volendo godersi l’onore di presentarle, un giorno, una purezza eroica.

/99/ Quelle due anime, palpitanti forse alle due estremità della patria, erano come due poli distanti ma perpetuamente convergenti con reciproche onde di bene e d’amore. Il sottotenentino quotidianamente si illuminava di gioia o s’imbronciava se il postino gli porgeva o no la solita lettera, che non mancava quasi mai. La confidenza che godevo presso i destinatari, mi commise parecchi di questi fogli profumati, bianchi, azzurri e rosei, scritti senza studio, semplici ma fluenti da quella ardente vena interiore che rende veramente eloquenti. Io credo che fra quelle lettere, gli stilisti scoprirebbero classici esempi epistolari; ma quanto più importa è che in esse sono state scritte parole di lucido ed efficace apostolato religioso. Parecchi giovani si assisero alla mensa eucaristica sotto la dolce ed abile pressione della lontana fidanzata. Alcuni caddero presto nella rete tesa da quelle mani amorose e santamente ingegnose: altri lottarono a lungo, ma finalmente cedettero e si lasciarono trasportare nelle braccia di Dio.

L’affetto di famiglia che in molti combattenti si avvivò, in altri si spense. Alcuni si videro dimenticati e traditi dalle persone che, abusando della lontananza del congiunto, vennero meno alle più sacre fedeltà, e provocarono disunioni e violenze causate solo dai loro falli. Altri, dopo un primo ribollimento di affetti, piombarono in una apatia abituale, da cui forse non li scosse neppure la festa del ritorno.

Costoro hanno perduto non solo il vero nido di felicità terrena, ma ancora uno dei piò potenti mezzi di elevazione morale e religiosa.