San Giuseppe Cafasso

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San Giuseppe Cafasso in una stampa ottocentesca

San Giuseppe Cafasso
Memoria: 23 Giugno

Nato a Castelnuovo d’Asti il 15 gennaio 1811
Morto a Torino il 23 giugno 1860
Sacerdote. Docente di teologia morale. Confessore e assistente dei carcerati
Proclamato Beato il 3 maggio 1925 da Pio XI
Proclamato Santo il 22 giugno 1947 da Pio XII

L’ingresso della casa natale in via Aliberti

La vita

La vita di questo sacerdote non ebbe particolare clamore; probabilmente pochi fra i contemporanei si accorsero di quest’uomo dal fisico gracile e sofferente, docente nel Convitto ecclesiastico San Francesco di Torino, e cappellano di una categoria che solitamente si preferisce ignorare: i carcerati, uomini perduti e dimenticati, oggetto di attenzione morbosa solo nel momento in cui lasciavano la vita sulla forca.

Né lui cercò in alcun modo di avere dalla vita altre gratificazioni oltre all’intima coscienza di un lavoro fatto bene. Il bene, è una costante dei santi castelnovesi, si fa senza rumore.

A San Giuseppe Cafasso poi si riconosce anche un modo di presentarsi particolarmente sommesso. Dotato di voce gracile, non particolarmente dotato per l’oratoria, sicuramente non bello d’aspetto, trasformò questi oggettivi limiti in uno stile di comunicazione che mirava all’essenziale. Uno stile di comunicazione che lo rese grandissimo formatore.

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Il convitto Ecclesiastico San Francesco d’Assisi era stato fondato nel 1817 dal teologo Luigi Guala per la formazione dei giovani sacerdoti secondo l’ispirazione di Sant’Ignazio de Loyola, Sant’Alfonso de’ Liguori, San Francesco di Sales. Il Cafasso vi entrò studente nel 1833, per rimanervi poi tutta la vita, prima come docente “ripetitore”, poi come professore principale, infine, dalla morte del Guala (1848), come direttore. Alla docenza di teologia morale il Cafasso affiancava l’attività di predicatore e di confessore, e un’intera generazione di preti piemontesi ebbe in lui la sua guida. Una particolare venerazione per il Cafasso ebbe sempre Don Bosco, che proprio nel cortile del Convitto Ecclesiastico cominciò a riunire nel 1841-42 i suoi primi ragazzi. Nonostante la piccola differenza d’età, Don Bosco, che era nato nel 1815, vide sempre nel Cafasso il suo padre spirituale, e attribuì ogni scelta della sua vita al suo consiglio.

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Nella casa natale, alcuni quadretti celebrativi ripercorrono la vita del Santo

Divenuto nel 1842 membro della Confraternita della Misericordia di Torino, che dal 1578 al 1890 ebbe l’incarico dell’assistenza ai carcerati e ai condannati a morte, fu frequentatore assiduo delle carceri torinesi, dove portò il conforto non solo dei sacramenti, ma soprattutto di una presenza umana che non si proponeva di giudicare ma di capire e confortare. Fu testimone delle condizioni tremende in cui vivevano i carcerati di allora, incatenati in tuguri umidi e puzzolenti dove non vi era altra prospettiva che una lenta consunzione nella sporcizia, nella desolazione e nella rabbia. Come cappellano dei carcerati accompagnò alla forca una settantina di condannati a morte, assistendoli nelle ultime ore, e ottenendo da tutti l’espressione di un autentico pentimento, tanto che nelle sue preghiere si rivolgeva sempre ai suoi “santi impiccati” come ad autentici interessori della grazia divina.

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Come ogni sacerdote del XIX secolo, visse in modo drammatico le vicende storiche dell’età risorgimentale, ovviamente dalla parte di una Chiesa romana che non accettava l’evoluzione verso una forma moderna di stato liberale e laico. Secondo un’ipotesi forse esagerata, una concausa della morte del Cafasso sarebbe stata l’angoscia per la persecuzione poliziesca nei confronti dell’Arcivescovo di Torino Luigi Fransoni, che per la sua rigida opposizione alle leggi Siccardi era stato mandato in esilio a Lione.

Fu canonizzato nel 1947 da Papa Pio XII, che volle accostare la sua figura a quella di Jean-Marie Vianney, il “curato d’Ars”, come modelli di sacerdozio.

A Castelnuovo don Bosco la casa natale di San Giuseppe Cafasso, in Via Aliberti, è ora un piccolo santuario, dove i Padri della Consolata mantengono vivo il ricordo di questa gloria locale.

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