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Storia
dell’antica Abbazia e del Santuario
di Nostra Signora di Vezzolano
ornata di disegni
con alcuni cenni
Sopra Albugnano e paesi circonvicini

Del Sac. Cav. Antonio Bosio
Membro effettivo della Regia Deputazione di Storia Patria
decorato dal re di medaglia d’oro per studio di patrie memorie.

Torino, 1872
Collegio degli Artigianelli. — Tip. e Lib. S. Giuseppe
Corso Palestro, N. 14.

Visto dall’Autorità Ecclesiastica.

All’inizio del volume vi è una tavola non numerata con l’immagine della facciata. Vedi Disegni

Al dotto e pio sacerdote
Don Angelo Serafino
Professore di teologia nella R. Università
Cav. ed Ufficiale Mauriziano
questo tenue lavoro fatto negli ozii autunnali
della sua amena villa d’Albugnano
ove da lui e dalla sua eletta famiglia
viene ospitato
Il Can. e Teol. Antonio Bosio
offre e dedica.

/1/

Due parole di prefazione

Il culto della Vergine Madre Santissima del Divin Verbo Incarnato è antico quanto è antico il Cristianesimo (1).

In ogni parte dell’orbe, ove fu predicato il nome di Cristo Redentore, con esso recato venne celebrato con onoranza quello della sua Beata Madre.

/2/ Portato il salutifero Vangelo ne’ suoi primordi fra i popoli subalpini, sorse anche la divozione verso Colei, che tanta parte ebbe alla nostra redenzione.

Abbiamo dalla storia e dal fatto, che il Santo Vescovo di Vercelli, Eusebio, il Grande, abbia recato dalla Palestina i simulacri o statue in legno della Beata Vergine che collocò nei monti d’Oropa, ed in quelli di Crea, oltre a quello che mandò a Cagliari sua patria, i quali tutti si conservano tuttora e sono visitati con grandissima divozione.

Dalle stupende omelie del nostro Santo Dottore e Vescovo di Torino, Massimo, vediamo con quanto calore inculcasse il culto della Vergine Madre; non fa quindi meraviglia, che da tempi assai vetusti venuta sia in grande venerazione la Madonna Santissima di Vezzolano, della quale intendo qui specialmente parlare, e di descriverne l’antichissima sua chiesa sì poco conosciuta fuori del Piemonte, eppure visitata da quanti nostrani devoti della Vergine hanno /3/ anche in pregio le antichità cristiane, le quali, bisogna pur dirlo, parlano potentemente al cuore dei fedeli, e sono così eloquenti a combattere gli errori e le follie dei dissidenti (1).

/4/ Ed in vero fra i non molti monumenti, i quali, dopo tante guerre e rivoluzioni che devastarono il nostro Piemonte, ancora si conservano, principale luogo deve tenere la Badia di Vezzolano ed il Santuario alla /5/ Vergine ivi consacrato, che forse risale ad un’epoca anteriore ai tempi di Carlo Magno, come vuole la tradizione, corroborata dai monumenti tuttora esistenti.

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[Nota a pag. 1]

(1) Il dottissimo Cardinale Nel testo: Bilia
vedi Correzioni
Luigi Bilio, Alessandrino, Barnabita, in un suo elaborato discorso detto nell’Accademia Tiberina di Roma nel 1867 pella festa della Natività della Vergine Santissima, provò contro un Professore Anglicano dell’Università d’Oxford esistere il culto della Madonna nei tre primi secoli della Chiesa coll’autorità dei Santi Padri di quel tempo, corroborata dai monumenti d’arte, che si scavarono recentemente nelle romane catacombe, sapientemente illustrate dall’erudito commendatore Giuseppe De Rossi e pubblicate a grandi spese del munifico nostro Santo Padre Pio IX.

Alcuni credono che sin dalla metà del secondo secolo la Madonna avesse culto in Testona. Ma prima della pace data alla Chiesa dal Magno Costantino col permesso d’erigere /2/ templi non poteva certamente il culto cristiano essere che nascosto. E se in quella vetusta città di Testona distrutta nel 1230, e sulle rovine della quale sorse Moncalieri a tre miglia da Torino, vi fu una chiesa, dovea essere in una cripta o sotterraneo.

Il primo che illustrò le catacombe colla bellissima opera: Roma sotterranea, fu il nostro Antonio Bosio, il quale, quantunque Romano, era originario di Chivasso in Piemonte. Il P. Arringhi tradusse in latino ed ampliò detta opera. Il Boldetti, il Lupi, il Marangoni, l’Agincourt, il Northcote e molti altri valenti s’internarono in quell’immensa selva e labirinto di vie che si diramano sotto la vastissima città dei Cesari, e nelle circostanti campagne; ma li superò tutti di molto il prelodato Commendatore De-Rossi. [Torna al testo ]

[Nota a pag. 2]

(1) Già fin dal 1859 io avea stampato in Torino, coi tipi di Sebastiano Franco e figli, brevi Memorie storiche dell’antica Abbazia e del Santuario di Nostra Signora di Vezzolano presso Albugnano, in 8°.

Ora poi, essendone esaurita la edizione, e venendo l’operetta sempre più ricercata, ho creduto pregio dell’opera di ristamparla corretta e di molto ampliata, corredandola di alcuni documenti, aggiungendovi alcune iscrizioni, le quali con grande pazienza e con non minore fatica si son potute decifrare. Tali iscrizioni essendo inscritte nelle pitture assegnano a queste l’epoca precisa, in cui vennero eseguite; ed essendosi parimenti fatti rivivere alcuni stemmi, si è potut<t>o venire in cognizione di alcuni fra quegli egregi personaggi, che fecero cosi riccamente ornare di dipinti e di scolture i chiostri, alcuni dei quali personaggi ebbero poi in esso onorevole sepoltura.

Ho poi creduto ugualmente ben fatto di adornare queste memorie con alcune tavole che egregi amici ed esperti disegnatori mi vollero graziosamente favorire.

Le pitture della parete di uno degli archi, e di parte della sovrastante volta nei chiostri, le quali sono le meno danneggiate e le più importanti per la storia, siccome quelle in cui si vede espressa la venuta di Carlo Magno a questo Santuario, pitture queste che devono essere le più recenti, quantunque eseguite nella seconda metà del secolo XIV, come dalla data in esse scritta appare, vengono ora per la prima volta pubblicate, mercè gli accurati disegni fatti dall’esimio giovane Signor conte Rodolfo Curbis di S. Michele, il quale per la grande inclinazione che ha per le arti belle assiduamente frequenta in Torino la Reale Accademia /4/ Albertina, e vi fa buoni progressi. Questo gentile signore e la sua ottima e nobile famiglia allegrano questi colli, passando molti mesi della bella stagione nella loro amena villeggiatura che in Albugnano posseggono.

Qui poi devo indicare alcune fonti, onde ricavai queste memorie, oltre a quelle che già avea desunte da alcune notizie manoscritte e queste probabilmente tolte da una cronaca di Vezzolano ugualmente manoscritta in lingua latina, in parte in esse inserita dal fu dotto Avvocato Giuseppe Montalenti di Castelnuovo d’Asti, che trascrisse in diversi volumi documenti e memorie riguardanti Chieri ed il suo interessante agro. Ho consultato pure le pergamene e carte appartenenti a Vezzolano, che si conservano negli Archivi generali del Regno, dell’Arcivescovato di Torino, dell’Economato generale, nonchè in quelli della Parrocchia e della Comunità d’Albugnano. Così pure ho vedute le Notizie e documenti riguardanti la Chiesa e Prepositura di S. Maria di Vezzolano nel Monferrato che pubblicò il chiarissimo Barone Giuseppe Manuel di S. Giovanni, illustrate con accurati disegni del conte Edoardo Mella, che vennero inserte nel Vol. I della Miscellanea di storia italiana pubblicato nel 1861 dalla Regia Deputazione sovra gli studi di Storia Patria.

Qui chiedo licenza al chiarissimo Conte Mella, ma non saprei parlare dell’architettura di questa chiesa senza recare le sue stesse parole: Esso dice che presenta nel suo insieme tratti caratteristici di diversi stili, per cui potrebbesi difficilmente indicare con precisione l’epoca, in cui le varie parti ne siano state costrutte. E se in essa il tondeggiare delle strettissime finestre (quasi feritoie), i cordoni quadrati delle volte, i pilastri che reggono gli archi principali e varii /5/ dettagli e sagome potrebbero assegnarsi al terzo periodo dall’architettura bisantina, detto stile Lombardo, la curva degli archi e delle volte e (cosa singolare) quella stessa dell’abside poggiata in acuto, nonchè varie sagome, richiamino già decisamente il periodo dell’architettura gotica, per cui potrebbesi conchiudere con fondamento appartenere l’insieme di questo monumento all’epoca di transizione, fra i due stili, ed essere perciò posteriore al secolo X ed XI, benchè la grettezza della costruzione e dei dettagli della parte occidentale del chiostro che vi è annesso, sembri accennare ad età molto più antica e verrebbe in conferma dell’essere già quivi a questa preesistita altra chiesa come porterebbe la tradizione.

Il piano della chiesa contiene un’area rettangolare di metri 30,10 di lungo, per metri 11,55 di largo compresi i piloni. Questa superficie è divisa soltanto in due navi, la maggiore di metri 7 e la minore di metri 3,50, cioè la metà della maggiore, non compresa la grossezza dei piloni. La nave maggiore è poi scompartita, a partire dalla porta, in tre quadrati, non perfetti, portanti tre grandi archi, e le rispettive crociere. Ciascun grand’arco è suddiviso in due minori tutti o più o meno acuti. Un altro semiquadrato, con l’aggiunta dell’abside (circolare in pianta) e rialzato su tre gradini forma il presbiterio, il cui grand’arco è sorretto da colonnette binate in doppio ordine. Un cordone sporgente con sotto fascietta a punti di diamante, caratteristico dello stile bizantino, corre lungo i fianchi della nave maggiore all’altezza dei capitelli, e ne divide le lunette.

È veramente da lamentare che molte carte siano perdute nella soppressione dell’Abazia, state forse presso l’ultimo Abate, e presso i vicari del medesimo, anzi, si conosce /6/ che molte furono, non sono molti anni, vendute come inutili; con esse probabilmente si sarebbero riempiute molte lacune, che pur troppo rimangono.

Sarebbe molto importante il trovare un qualche documento anteriore a quello del 1095, che certamente dovea sussistere, poichè da questa antica pergamena appare chiaramente che la chiesa era già non solamente eretta, ma uffiziata, ed abitato era il suo monastero.

Chi sa che un giorno o l’altro il caso lo faccia scoprire. [Torna al testo ]