Achille Motta
Vezzolano e Albugnano

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Capitolo III.

Durata dello splendore della prepositura – La prepositura ridotta in commenda

Dopo una serie gloriosa di Preposti, verso l’anno 1400, era già tramontata l’indipendenza insieme alla floridezza del Monastero. Circa questo tempo anche le Prepositure più fiorenti, se non si spensero, segnarono la parte discendente della parabola.

Quale causa di questa decadenza da alcuni viene indicato il rilassarsi della disciplina religiosa; e non può essere diversamente. Ma quale è stata la causa di questo rilassamento? La crisi religiosa travagliò i Canonici in due epoche distinte: la prima, che si risolvette in loro onore, fu verso il 750, quando i Canonici, senza regole e costituzioni, in confronto della novella e savia regola benedettina, si riconobbero religiosamente deficienti. La necessità di una canonicale riforma era sentita e si imponeva ovunque. Primo a correre ai ripari fu S. Crodegango, Vescovo di Metz, 743-766, che apportò piuttosto regole per il buon ordine che leggi. Nel 794 il grande Alcuino, non potendo far accettare dai Canonici di Tours le regole di S. Benedetto, diede loro quelle di S. Crodegango. L’imperatore Lodovico il Pio, dopo aver conferito con Papa Stefano IV, nell’816 convocava ad Aix la Chapelle un Concilio in cui si approvarono 145 Capitoli per la riforma dei Ca- /42/ nonici. Poco dopo ne radunava un secondo, presenti molti Abati italiani (Henrion, Storia Univ. pagine 260-300).

Queste riforme e nuove costituzioni, sul finire dell’800, restituirono ai Canonici il buon nome. Infatti, nel 938 S. Odilone, attirato dalla buona rinomanza, era prima entrato tra i Canonici di Tours e nel 957 troviamo già Vescovo d’Aosta un Gisone, Canonico Prevosto di S. Gilles di Vèrrès.

Il secolo XI frattanto erigeva ovunque Chiese, Beneficii, ecc., senza cura d’anime, che venivano offerti ai Canonici, perché a differenza di altri religiosi, potevano vivere separati e lontani dalla Casa madre. Ma i Canonici, dispersi in lontane Chiese, separati ed isolati, senza vita comune, presto divennero clero secolare e, peggio, senza governo e direzione. Pertanto, dopo le riforme dei secoli IX e X, la floridezza canonicale decadde con appena qualche secolo di vita.

Il germe di questa dissoluzione già lo intuiva il B. Pietro de Honestis, tentando nel 1005 una riforma; poscia fu chiaramente riconosciuto nel 1245, quando Papa Alessandro IV approvava gli eremitani di San Agostino. Per il che, verso il 1300, gli aspiranti a vita religiosa disertavano le Case canonicali, e, attirati da miglior nome, accorrevano ai nuovi Ordini di S. Benedetto e più di S. Francesco e di S. Domenico. Questa la causa della decadenza dei Canonici in genere; e della conseguente scarsità dei Canonici in Vezzolano. Invero, sebbene questo Monastero abbia elevato gran fama di sé, il numero dei Canonici deve sempre essere stato appena sufficiente per il servizio delle Chiese e Cappelle dipendenti. Argomento di questa scarsità sono l’improprietà ed insufficienza dell’abitato per una famiglia numerosa, le opere intraprese e non finite e l’intervento di pochi monaci negli atti più solenni in tempi di maggior splendore; per esempio, nell’atto di investi- /43/ tura 1226, non si vedono sottoscritti che tre Preti, due Priori, un Canonico, un Diacono, un Suddiacono e tre conversi (1). L’atto è stato compilato in Vezzolano, perciò, se più numerosi fossero’ stati ivi i religiosi, si sarebbero tutti sottoscritti.

* * *

Pertanto, circa il 1400, molti Monasteri, venendo meno per iscarsità di personale, invalse l’uso di separare una parte dei redditi delle Abbazie per darli a Chierici secolari, il che si chiamava dare in commenda, lasciando il resto pei mantenimento’ dei Monaci, e ciò si faceva per compiacere le nobili famiglie, che in tal modo provvedevano ai loro figliuoli cadetti, e per accaparrarsi nello stesso tempo la loro proiezione. Di qui però gravi danni all’Ordine ed al Monastero, poiché i Commendatari sL contentavano di godere i redditi senza curarsi del Convento da cui se ne stavano lontani.

Questa sorte toccò pure alla Prepositura di Vezzolano di cui il primo Prevosto Commendatario si trova, nel 1405, nella persona di Tommaso Lascaris dei Signori di Tenda. Giova però ritenere che, sebbene ridotta in. Commenda secondo l’uso di quei tempi, la Prepositura non era ancora per nulla, decaduta dal suo florido stato, giacché, sotto questo Commendatario, il numero delle Chiese e Priorati dipendenti da Vezzolano non era diminuito, ed i frati o canonici, sottoscriventi gli atti importanti, si trovano in numero pressoché uguale a quello di altri atti anteriori.

/44/ Nello stesso tempo anche i più ricchi Priorati passarono in Commenda, restando pur sempre la nomina dei Priori all’Abbazia di Vezzolano. Leggiamo infatti nell’atto 1431, che Capriasco è commendato agli Avogadro di Casanova; in Gerunda nel 1452 è Priore commendato un Signore de Vettignate; nell’atto 1483, fra i Priori intervenuti, nove sono Commendatari. Alcuni Priorati, per di più, passarono in Commenda ereditaria a nobili famiglie, come discendenti dai fondatori, quale il Priorato di S. G. Battista di Borgaro ai Signori di Bulgaro; quello di S. Giovanni di Luserna e S. Marcellino di Bibiana ai Signori e Consignori di Luserna; quello di Banengo ai Signori Cocastello di Montiglio. È da notare che da principio alcuni Commendatari portavano il nome di Canonico.

[Nota a pag. 43]

(1) Alla sospensione dei lavori materiali potrebbe anche aver concorso il fatto che, in tempi, remoti ed ignoti, tre temibili frane, quali veggonsi ancor oggidì, assediarono da vicino il Convento, per cui i religiosi, temendo della futura solidità, sostarono dalle opere. Altre volte si disse ancora che è stata distrutta molta parte dell’antico Convento; sono d’opinione che il distrutto fosse la parte colonica, giacche i coloni, da tempo incerto, occupano una parte già abitazione dei Monaci. Torna al testo ↑