Achille Motta
Vezzolano e Albugnano

Capitolo IV.

Scomparsa dei monaci – Leggenda di S. Carlo Borromeo – Fine della ricca abbazia

L’Ordine Agostiniano dovette verosimilmente scomparire da questo Monastero non ad un tratto, ma lentamente, poiché, se il passaggio della Prepositura in Commenda è indice ed inizio di decadenza, per contrario noi troviamo ancora in appresso a Vezzolano dei frati potenti ed attivi per un periodo di circa 150 anni. Infatti, oltre all’atto di transazione 1485 sottoscritto da religiosi, si trova che alli 26 marzo 1490 Francesco Bernardo de Bozzoli, Vicario di Vezzolano, compra uno stabile in Albugnano.

Nel 1509 addì 2 giugno in Vezzolano, Antonio Asinari, dei Signori di Costigliole d’Asti, fa rinunzia al fratello dei suoi beni e ragioni, essendo per prendere gli Ordini Sacri, cioè forse, per entrate nell’Ordine /45/ Agostiniano (1). Alli 27 settembre del 1515 Francesco Bernardo de Bozzoli Vicario, unitamente all’Abbate Antonio Lascaris, dà investitura di tre pezze a Francesco Gallo da Crescentino, sui fini di questa città. Nel 1591 era Vicario Generale Galeotto de Bernardini, e Fra Bartolomeo Rachieto da Carmagnola, nel 1592, mise in possesso il procuratore dell’Abbate Carisio. Il medesimo Bartolomeo, essendo Vicario di detto Abbate, alli 4 febbraio 1594, dà investitura ai de Rubeis e Rustichelli, di Gassino, di giornate 20 sui fini di Settimo Torinese.

La prima data pertanto che segna la scomparsa dei Monaci da Vezzolano è quella del 1607 in cui si trova un Don Lomello Tomaso, Vicario dell’Abbate Ottaviano Galliano.

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Il lento sgretolarsi dell’Ordine di S. Agostino in Vezzolano fa credere infondata la leggenda che San Carlo Borromeo abbia soppressa l’Abbazia, e ciò non solo per la ragione che nessun documento viene in suffragio del fatto, ma anche per gli argomenti che abbiamo in contrario.

Poiché, quando il Santo morì, 1584, a Vezzolano vi erano ancora alcuni Canonici. Nella meravigliosa ed instancabile vita del Borromeo non si legge che abbia visitato la nostra Abbazia, sebbene in quel tempo fosse Abate di Vezzolano il cugino Card. Marco Sitico. Inoltre, la detta soppressione non poteva eseguirsi dal Santo se non quale Visitatore Apostolico; ma sappiamo che la nostra Diocesi, Casale, ebbe per le Visite Apostoliche, nel 1577, Mons. Ragazzoni, Vescovo di Bergamo, e nel 1584 Mons. Montiglio, vescovo di Viterbo. Anzi, Mons. Ragazzoni, visitando Vezzolano, dice: «Avrà S. B. (Beatitudine) a decidere se a Vezzolano dovranno ancora restare i Monaci o altri Sacerdoti per /46/ ufficiare». Infine, gli atti 1592-4, redatti in Vezzolano da Canonici, provano a sufficienza contro l’immaginata soppressione del Borromeo.

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Come già si è detto, l’istituzione degli Abbati Commendatarii iniziò il periodo di decadenza non solo della vita religiosa, ma anche del bene materiale del Monastero. Difatti, le Abbazie erano diventate oggetto di sfruttamento per parte del Commendatario che godeva i redditi vivendosene lontano, e di abbandono per parte dei monaci che, destinati a perire, poco si curavano del bene della Chiesa. Estinti poi i religiosi, gli Abbati nominavano un Vicario il quale, perché revocabile, non aveva altra mira che di farsi aumentare il magro stipendio vicariale, scusando i danni e le perdite col noto adagio – il feudo è un pupillo contro cui non si prescrive. –

Ciò nonostante, anche dopo la scomparsa dei Monaci, Vezzolano disponeva ancora dei principali Priorati, fatta eccezione di Crea e di qualche Chiesa di minor importanza. Nel 1670 l’Ab. Compagni rivendicava la nomina a dodici Priorati; la Mensa nell’orig. Messa corr. a penna Mensa dell’Abate era sempre di 300 giornate in Albugnano, 590 in Riva e di numerosi canoni in altri Comuni (1). Su questi tenimenti però, dopo il passaggio sotto Casa Savoia, 1631 nell'orig. 1651 corr. a penna 1631, cominciarono a gravare molte pensioni a Chierici e secolari benemeriti, come quella di 400 scudi romani al Cav. Paolo Pasta, passata poi a Carlo Franc. Compagni, fratello dell’Abate omonimo (Ved. atti 1727-17441770 cap. XII).

Ho detto che l’Abbazia era ridotta all’unica ricchezza consistente in terreni, giacché l’asserzione che Vezzolano possedesse oggetti d’arte, cose preziose, ecc., /47/ è puramente gratuita. Le ragioni difatti sono diverse: – innanzi tutto i tempi in cui la Prepositura raggiunse il suo maggior splendore non erano quelli in cui si accumulassero tesori ed oggetti d’arte – una famiglia religiosa a Vezzolano è sempre stata in fieri e non in facto, come lo indicano tante opere incominciate e non finite – in fine, nel 1400 si era già in decadenza, e gli Abbati Commendatarii non avevano alcun interesse di accumulare gioielli d’arte, perché erano solamente usufruttuarii.

Una prova abbastanza chiara del mio asserto è l’Inventario «mobilium et immobilium quorumdamque Abbatiae B. M. V. de Vezzolano nullius Dioecesis» del 1662, che ci indica di più in qual misero stato si trovasse fin d’allora il Monastero (1). Eccone alcuni passi: In quest’elenco, alcuni termini poco noti o disusati: cataluffo tessuto di modesto valore in canapa o lino; ormosino (ormesino) taffetà; sattino seta; granate sagnate e dorini gemme di colore rosso o dorato.
Frequenti i piemontesismi: mantili tovaglie; albera pioppo; pessera pino silvestre; brandari alari; botalli barilotti; bosco legno; arbio bigoncia.
Da segnalare infine la grafia lottone ottone.
«Dico prima sopra dell’altar maggiore una croce di ottone... sei candelieri simili... un calice e sua patena indorata. Una pisside similmente indorata... Una dozzina di purificatoi... camici n. doi... e quattro amiti et un Rocheto. Pianete n. sei, una cioè di Cataluffo feriale (e le altre son dette di ormosino e di sattino). Più mantili per altare tra buoni e frusti n. otto. Due tovaglie sottili... et altre logorate ossia fruste. Più un piviale di sattino bianco... Voti d’argento di varii sorte n. sedici e doi giri di granate sagnate e dorini... Più tre Missali, cioè uno buono e gli altri mediocri... l’Incensero ed una navicula di ottone. Più una campana di dieci rub. circa (2). Il lampadaro di lottone..... doi confessionali d’albera e due cadreghe di noce e due banche simili per il coro in Chiesa. Più nella salla e camera ivi attinente una guardarobba per le paramenti... una credenza vecchia... Una tavola di noce, doi capi-fuoco o siano brandari da fuoco di poco va- /48/ lore, uno cioè rotto e l’altro stroppiato... una paleta, un mortaro ed il pistone per pistare il sale. Più in cuccina un arca larga, una credenza vecchia d’albera di poco valore. Più nella cantina grande due tine cerchiate di bosco, quattro botalli grandi cerchiati parimenti di bosco... Una tina vecchia... Un torchio vecchio grande ed un arbio di pessera grande... due cadreghe di corame vecchie stroppiate e di poco valore... cinque libri scritti a mano contenenti e concernenti investiture, consegnamenti, raccognizioni a favore dell’istessa... abbazia. Con più una sacchetta di tela piena d’altre scritture e molte altre fuori d’essa tutte reposte nella guardaroba delle suppellettili e paramenti della chiesa...» (1).

Se adunque la Badia era in questo stato fin dal 1662, è vero segno che non ha mai posseduto oggetti comunque preziosi, fatta eccezione dei suddetti cinque libri scritti a mano e della sacchetta d’altre scritture, le quali oggi, se ancor si possedessero, potrebbero gettar su Vezzolano una luce storicamente importante.

Ridotti pertanto i possessi di Vezzolano in pensioni a favore di persone benemerite e benvise al Duca di Savoia ed alla Chiesa, le cose durarono in questo stato fino a che, per il disposto della legge 5 Vendemmiaio, anno VIII repubblicano (26 settembre 1800), furono dichiarati beni nazionali, e venduti poscia coll’ampio fabbricato al Sig. Magol Carlo al prezzo di L. 15.033, per Decreti imperiali 3 Febb., 24 Aprile 1810 e pubbliche aste 11 ottobre, 20 e 25 Novembre 1811.

È da notare che, sul ricorso del Municipio di Albugnano, il Governo francese costituì il Beneficio parrocchiale di questo Comune per mezzo di giornate 87 di terreni stralciati dall’Abbazia; e che 166 giornate, /49/ facenti corpo della Cascina Panseto d’Albugnano, come da Inventario di perizia 9 marzo 1797 (1), sull’istanza dell’Economo Generale dei Benef. di R. Nomina, furono vendute avanti la rivoluzione francese, cioè dopo la nomina, dell’ultimo Abbate Mossi a Vescovo di Alessandria. Da tanta rovina, ad istanza del primo parroco di Albugnano teol. Muretti, fu salva per buona fortuna la chiesa monumentale, che con un piccolo corpo di casa fu dichiarata di pubblica e comunale proprietà.

Il Bosio, narrando la fine di Vezzolano, lamenta l’iniquo sperpero delle stoffe, tapezzerie è possessi che da secoli la pietà dei fedeli aveva radunati a gloria di Dio, onore della patria ed a vantaggio dei poveri. Vieppiù è a compiangere con Lui la distruzione e dispersione di memorie e scritti preziosi a danno irreparabile della storia, delle scienze e dell’arte.

Ma, se fu soppressa l’Abbazia e furon dissipati i suoi possessi, non venne però soppressa nel popolo la divozione verso la Madonna di Vezzolano. Tutti i paesi circonvicini, memori che mai invano i loro padri ricorsero alla potente Protettrice, tuttodì a Lei accorrono con fiducia e riconoscenza, specialmente nelle solennità che si celebrano in Suo onore.

[Nota a pag. 45]

(1) Carta negli archivi di Casa S. Marzano. Torna al testo ↑

[Note a pag. 046]

(1) Da atti di locazione, A. S. T. 2, Marzo 4, Vol. 8, risulta che il canone medio d’affitto era di L. 12 mila per i tenimenti d’Oviglia e 3 mila per quelli d’Albugnano. Torna al testo ↑

[Note a pag. 047]

(1) Atto in Casa Curbis, Albugnano. Torna al testo ↑

(2) Nella Visita 1732 se ne trovano due di rispettivi rubb. 20-12, Torna al testo ↑

[Nota a pag. 48]

(1) Il Curato Nebbia, nella sua relazione alla Visita 1748, dice che Vezzolano ha superbissime supellettili. Forse in paragone delle misere parrocchiali oppure trattasi di qualche pianeta o stoffa. Torna al testo ↑

[Nota a pag. 49]

(1) E ciò avvenne in seguito al disposto di PP. Pio VI, 1797-98, che permetteva la soppressione dei Conventi ridotti a meno di otto religiosi. L’atto 1797 in copia conforme è in Casa Curbis e Arch. Parr. Torna al testo ↑