Achille Motta
Vezzolano e Albugnano

/Segue pag. 113/

Capitolo X.

Di alcune memorie civili d’Albugnano

1. Queste non risalgono oltre il secolo X e per di più sono connesse alle religiose. La più antica ascende al 902, in cui Martino di Vercelli dona terre in Albugnano ai Benedettini di Nonantola (Modena); segue altra memoria in atto dell’aprile 903, in cui è teste, in Azzano d’Asti, un Giovanni de Albuciano (Cart. Arch. Capit, Asti). Altra importante memoria la leggiamo in un atto 1019, riportato dal Tesauro, Storia di Torino, pag. 392, in cui si trova teste un Burcardo, Vice Conte del Castello di Vezzolano (?).

La riverenza che i religiosi, nel Medioevo, godevano presso Re e Imperatori, faceva sì che all’ombra di un Cenobio il popolo stesso godesse d’una privilegiata immunità.

Papi e Imperatori andavano alla pari nel prendere sotto la loro protezione questi luoghi, concedendo agli stessi cittadini privilegi civili e militari, sempre quando prestassero fedeltà agli Abati e Preposti. Nei Diplomi invero 1159 di Federico I, 1210 di Ottone IV, 1238 di Federico II, 13 io di Enrico VII, troviamo, a favore di Vezzolano, la plena signoria, la potestas gladii, e l’esenzione dei cittadini dalle armi. Il Prevosto di Vezzolano perciò reggeva i due poteri, il religioso per sé ed il ci- /114/ vile e giudiziario per il Castellano o Podestà. Di questo duplice diritto abbiamo prove di fatto negli atti 1325-1333-1334.

Albugnano, per certo tempo, godette di questa privilegiata vita civile, ma, causa la sua strategica posizione, fu presto trascinato nel turbinio delle passioni belliche dei Signorotti medioevali. La vetta di Albugnano era ricercato baluardo di difesa dalle avventuriere soldatesche; e questa deve essere la vera causa per cui i Frati, nel 1226, si videro costretti ad infeudare il Castello di Albugnano al Marchese del Monferrato. Invero, dice il Manuel, non si scorge quale potente motivo abbia potuto indurre i Frati a privarsi del diretto dominio su Albugnano gratuitamente, se non costretti della necessità di farsi difendere da scorrerie soldatesche e salvaguardare la loro proprietà. Con questo atto pare che i Frati volessero liberarsi per sempre da un inciampo alla vita religiosa e laboriosa: la guerra. Perciò lo cedettero «ita et taliter ut praedicta Ecclesia (Vezzolano) non teneretur ad defensionem si de praedictis Marchio inquietaretur».

La detta infeudazione si fece tuttavia con tutte le restrittive formalità e condizioni, da lasciare piena libertà di potere al Prevosto e piena immunità al popolo. Leggiamo infatti, nel trattato, il divieto al Marchese di infeudare ad altri, la fedeltà da prestarsi al Prevosto, il Castellano che piacesse al medesimo, il fodro riservato sugli abitanti, determinate le tasse sul popolo e il divieto di condurre gli uomini d’armi oltre Gassino e Moncalvo e ciò solo per difesa delle sue terre.

2. Con tali clausole il Prevosto restava ancora l’unico e vero Signore d’Albugnano, come lasciano vedere i diplomi imperiali posteriori, 1238-1310: ma, se la cessione della fortezza fu per i Frati la liberazione dal pericolo bellico, per Albugnano fu il principio di mali e gravami guerrieri. Il Marchese, avendo fortificato il Castello, richiamò attorno all’inespugnabile rocca l’ira /115/ e l’invidia dei nemici, avidi dell’amicizia del Prevosto di Vezzolano. Pertanto, un forte e primo attacco alla fortezza avvenne nel 1290, quando gli Astigiani, sentito che il Marchese del Monferrato era stato fatto prigioniero dagli Alessandrini, loro alleati, volsero nell’orig. valsero corr. a penna volsero le armi verso la piazzaforte di Albugnano. Fatto prigioniero, presso Tonengo, il condottiero dei Monferrini, Guglielmo di Robella, dopo alcuni giorni di assedio Albugnano e Pogliano si arresero il 29 Settembre ed il 5 Novembre gli Astigiani erano a Riva.

La pace fu conchiusa il 29 Ottobre in Albugnano, dove stava l’esercito astese. Il Podestà d’Asti, Enrico Tangatini, bresciano, era rappresentato da Manfredi di Canonica, Sindaco d’Asti ed Albugnano ed il Prevosto dal Not. Francesco, di Banengo. Per questo trattato, gli uomini d’Albugnano dovevano restare fedeli al Prevosto di Vezzolano ed al Comune d’Asti, «salvare et custodire Villam et castrum et jurisdictionem ipsi praeposito et Ecclesiae Vezzolani». In questo trattato sono sottoscritti 90 capi-famiglia, e, tra i cognomi attuali, leggo solo quelli di Barbero, Borello, Nebbia e Vaj. Nello stesso giorno firmarono la pace anche i signori di Pogliano, cioè Conrado per la sua metà, Rainero, in nome anche del fratello Bosio, per l’altra metà, e ne ricevono l’investitura (Malabaila, Codice – Guglielmo Ventura, Memoriale).

3. Restituito nel 1293 il Castello al nuovo Marchese Giovanni il Giusto, questi ne rifece le mura e specialmente lo fortificò Teodoro il Paleologo nel 1320, per cui continuò ad essere bersaglio degli avversari del Marchese. Gli astigiani infatti, nel 1328, da Chieri provocarono in Albugnano un incidente tra Chieresi e Monferrini, per cui ebbero tosto principio le ostilità fra il Comune di Chieri e Teodoro; cosa che Filippo d’Acaja, Conte di Torino, voleva evitare, essendo parente. Nella guerra tra Casa Savoia e Monferrato, Vezzolano ebbe a soffrire molti danni, risarciti nel 1388-91, ed il Ca- /116/ stello d’Albugnano sostenne vari attacchi, quando finalmente, 1401 nell’orig. 1301 corr. a penna il 3 Marzo 1401, fu preso e smantellato dalle soldatesche dell’avventuriere Conte d’Armagnac, disceso in Italia a favore specialmente di Casa Savoia Una Chronica Parva Ripaltae con eventi dal 1195 al 1405 è in Muratori, R. It. Script. Tom. XVII p. 1321 (Cronaca di Chieri-Rivalta).

Dopo questo finale smantellamento, la popolazione d’Albugnano prese ad abitare nel recinto del Castello e si fabbricò la Chiesa di S. Giacomo a comodità dell’abitato, come già si era riservato nell’infeudazione 1226. Nel 1559 Albugnano venne occupato dalle truppe francesi e spagnole e nel 1703, pagando L. 1267, andò salvo dal saccheggio delle truppe del Vendome, acquartierate a Castelnuovo. La fortezza o Castello, detto più tardi recinto, comprendeva la parte superiore alla strada che dal Gelsomino andava verso la Rignona e di qui, per la via dei Fossali, ritornava al Gelsomino. Verso Nord-Est era difesa dalla naturale scarpa del terreno, a Sud-Ovest da barbacani e sottostanti fossi, per cui ancora oggi abbiamo la via dei Fossali e la sovrastante via dei Barbacani. Per accedere alla piazzaforte v’erano tre porte: una ad Est (Gelsomino) con ponti levatoio e torre, l’altra a mezzodì, che dai fossali conduceva sull’attuale Piazza, per la via dell’Arco, la terza a sera più in alto di porta Giulia, raggiungeva pure la Piazza. Dal ponte di levante partiva un corridoio sotterraneo che faceva capo alla piazzaforte, ora impraticabile. Nel 1835, per ordine del Re Carlo Alberto, il Prof. Giuseppe Monticone fece ricerche nei diversi tumoli di Vezzolano e nel detto sotterraneo, ma non si trovò che una spada ed uno sperone. I ruderi del Castello, con avanzo di torre a mezzodì, nel 1861 furono ordinati attorno alla scarpata.

Sul vicino colle che sovrasta il cimitero, essendovi stato, fino al 1848, il telegrafo a segnali, è detto tuttora bricco del telegrafo. Albugnano, luogo di villeggiatura, ha un clima molto temperato d’estate e d’inverno; gli abitanti godono buona salute e sono religiosi, morigerati e /117/ laboriosi. Lfingente e fertile quantità di territorio, Ea. 947, a. 49, ca. 90, è sorgente di benessere generale, di buoni frutti e di ricercati vini e robiole.