Achille Motta
Vezzolano e Albugnano

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Capitolo XI.

La signoria o contea
Il molino feudale

1. Nonostante l’infeudazione 1226, il Prevosto e Capitolo di Vezzolano restavano sempre i Signori di Albugnano; vediamo infatti, nel 1306, il nuovo Marchese Teodoro, Paleologo, in Chivasso, prestare fedeltà al Prevosto Nicolò, Enrico VII, in Asti nel 1310, investire il Prevosto del luogo di Albugnano (presente il Marchese), il Castellano o Podestà e Consoli o Sindaci nominati dal Prevosto, la casa della Signoria e del Curato apparteneva a Vezzolano, ecc. Questo potere, dopo il 1400, andò tuttavia limitandosi colla nomina dei Prevosti Commendatari, i quali, perché non residenti ed in buone relazioni coi Signori Monferrini, cedevano i loro diritti per guadagnarsi anche la benevolenza. Prova ne è l’atto 1462, in cui Vezzolano cede al Marchese i diritti Signorili antichi che aveva sul Po da Chivasso a Lavriano. Pertanto, il primo atto di fedeltà, finora noto, degli Uomini di Albugnano al nuovo Marchese Bonifacio IV, è in data 11 Aprile 1483.

In questa occasione si è fatta la conferma dei vecchi patti o Statuti, finora irreperibili; in A. S. T. (Fontana) si trova breve narrazione dell’atto compiuto dalle parti, ma non gli Statuti; così si legge di altre posteriori conferme. Il 12 Dicembre 1519, per procura del 10 dello stesso mese, i Municipali, in Casale, fanno atti di fedeltà alla Ved. Marchesa Anna Alençon, tutrice di Bonifacio V. Per il fatto che Albugnano era stato occupato dai francesi e spagnoli, il 24 Ottobre 1559, i Sindaci Serra Not. Giacobbe e Marco Marcoto riconfer- /118/ mano in Casale la fedeltà e gli Statuti; in occasione poi del nuovo governatore, Rolando Della Valle, i Sindaci Bernardo Serra e Baldassare Luparia confermano la fedeltà il 9 Ottobre 1567. L’ultimo giuramento noto è in data 13 Luglio 1589, in Lucedio, prestato al nuovo Marchese Vincenzo I.

2. Passato Albugnano sotto Casa Savoia, per il trattato di Cherasco 1631, il potere degli Abati si limita alla nomina del Podestà e dei Sindaci, passando il governo diretto sotto il Duca del Piemonte. Invero, già gli Uomini avevano prestato fedeltà al Duca fin dal 20 Novembre 1630 e le carte dell’Archivio Comunale hanno principio da questo tempo. Intanto, sebbene per l’istrumento 1226 Albugnano non potesse infeudarsi ad altri, il Duca amicatosi l’Abate Galliano, con lettere 2 Luglio 1635, investiva di parte di Albugnano Amedeo Benso, Consigliere di Stato e presidente allora del Monferrato. Egli prese possesso il 22 Settembre e ricevette l’omaggio degli Albugnanesi, essendo testimoni Carlo Grisella, Conte di Moncucco, e G. Francesco De Rossi. Ma nell’investitura del Benso, dicendosi soltanto di parte del Luogo, l’Abate di Vezzolano fino al 1737 è ancora detto Consignore d’Albugnano e perciò, d’accordo col Conte, nomina i Podestà. In A. S. T. 2, trovasi un mazzo di carte, con date 1634-1737, portanti la nomina di Podestà, per parte dell’Abate; in data poi 1638, si trova l’aggiustamento tra Conte e Abate, in cui si dice che i due Sindaci sarebbero stati eletti dall’Abate ovvero dal suo Vicario in una quaterna che il Consiglio avrebbe presentato il 2 Febbraio d’ogni anno. Il Procuratore della Camera Apostolica, nella vacanza di Vezzolano 1657, dice che metà è giurisdizione dell’Abbazia. In Municipio, nello stesso anno, 2 Febbraio, i Sindaci si rifiutano di giurare nelle mani del Vicario, perché l’Abbazia mancava ai suoi doveri verso la Comunità, cioè non dava l’olio della lampada, la cera della Candelora, trascurava le riparazioni alla Chiesa di /119/ S. Pietro, alla Canonica, ecc. Ancora, nel 1666 la Comunità, nella questione dei fiorini, chiamava Signori d’Albugnano e l’Abate e il Benso.

Ma la nomina di un novello Conte d’Albugnano fu l’inizio di guai finanziarii: nell’investitura concessa al Conte Benso, come da atto del 14 Maggio 1639, si parla del tasso della cittadella di scudi d’oro 106, oltre scudi 16 dell’ordinario e scudi 20 d’accordii, in tutto scudi d’oro 142, a carico annuo della Comunità. Per il che, fin dal 1642, il Comune si dichiara debitore verso il Conte di 400 scudi!! Da questo gravoso tasso e da quello di 160 scudi, in occasione delle nozze del Duca Carlo Emanuele, 1662, ebbero origine il debito, di L. 800 verso il Conte Grisella per atto 1642, il debito verso il Can. Bunis di Chivasso per atto 14 Agosto 1641, la vendica dei due terzi del Molino allo stesso Bunis nel 1668, gli acquisti di terre fatti in Albugnano, circa questo tempo, dal Conte Robbio di Chieri, dal Conte di Castellengo Bonifacio Frichignono in Pianfforito, dal Conte Garagno di Chieri e dal Conte G. Michele Vergnano Fuselli di Villar e Bairols (Nicese), in maggior parte uomini di Finanze.

3. Al Conte Amedeo Benso, caduto in disgrazia del Duca e morto nel 1641, successe il figlio Antonino, con atto 14 Giugno. Questi con istrumento 1660, rog. Giulio Cesare Gribaudo, cede al fratello Carlo metà della giurisdizione di Albugnano, ed il 10 Giugno 1670, per necessità di finanze, si fa inventario del passivo e attivo dell’Antonino. Nella parte attiva si legge un credito verso la giurisdizione d’Albugnano di Ducatoni 800, pari a L. 2320; il reddito della terza parte del Molino di Ducatoni 100, pari a L. 290 ed il tasso d’Albugnano di scudi 136.

Morto l’Antonino, senza discendenza, l’11 Maggio 1674, gli succede il fratello Carlo, che, con testamento 14 Ottobre 1678, erige Albugnano in primogenitura; ma deve esser morto poco dopo, perché la vedova Margarita /120/ Lodovica Forni, alli 28 Novembre dello stesso anno, ringrazia la Comunità del condiviso dolore. Durante la reggenza della Forni, per transazione 16 Agosto 1687, il tasso del feudo, che era di scudi 136, fu ridotto di scudi 40. Carlo Benso, Dott. Coll. d’ambe leggi nell’Università di Torino, ebbe due figli: Giuseppe Maria morto giovane e Franc. Michelangelo, morto senza discendenza il 6 ottobre 1691, all’assedio di Carmagnola. Per questo il feudo d’ Albugnano passò alla sorella primogenita Margarita Amedea, sposata Gonteri di Faule, e ne fu investito il figlio Giuseppe Antonio Gonteri il 18 Febb. 1702, per rinunzia della Madre passata a seconde nozze con il Conte Grisella di Rosignano. La suddetta Marg. Amedea Benso aveva una sorella secondogenita, Anna, sposata Scaglia di Verrua, la quale negli anni 1704-5 esigeva il tasso in Albugnano, forse in nome del nipote o perché teneva il feudo indiviso colla sorella.

4. Ma il feudo d’Albugnano stette per poco tempo nei Gonteri, poiché il Conte Giuseppe Antonio ne fu privato per declaratoria del 27 Aprile 1722, senza saperne precisamente la causa; perciò il 10 Agosto dello stesso anno venne dato all’Avv. Bartolomeo Serra d’Albugnano, mediante lo sborso di L. 4.000. L’investitura è in data 4 Settembre, col titolo comitale per Lui e successori maschi, col mero e misto impero, con prima e seconda cognizione delle cause civili, criminali e miste, con facoltà di eleggere i giudici fiscali, segretari, campari ed altri inservienti alla giustizia, colla ragione delle pene, multe, pesca e caccia, con più la porzione spettante del sito del Castello. Il possesso del nuovo Conte è preso il 23 Settembre, delegato allo scopo G. B. Gallono, da Casalborgone, Not. e Podestà d’Albugnano, il quale si trasferì col detto Conte sotto l’atrio del forno della Comunità, solito tribunale e albo pretorio, posto in cima della piazza, in coerenza del palazzo del Conte Garagno; poi, preso per mano il Conte, lo mise nel reale possesso del feudo e giurisdizione, facendolo passeg- /121/ giare nel tribunale ed affiggendo al muro lo stemma del detto Conte. Trasferitosi poscia nel sito del vecchio Castello, posto nel recinto, in coerenza della strada, della Chiesa, dei fratelli Caldera e Domenico Conrotto fu Giov., prese ad estirpare erba in presenza del R. D. Giacomo Serra e del Medico G. Felice Novarese, quasi a dimostrare l’acquisito diritto. Il giorno dopo, dovendo seguire il giuramento di fedeltà dei Sindaci, vi furono proteste per parte di questi riguardo alla durata del Podestà, la proibizione della caccia, pesca, ecc.; con tale riserva si fece giuramento senza pregiudizio delle parti.

I diritti che il nuovo Conte voleva esercitare sollevarono questioni e opposizioni con Abate, Comune e privati. Nel 1727 il Conte viene in lite col Not. Giac. Serra, perché questi era in possesso di fossi appartenenti al Feudo; nella causa il Comune attesta che il feudo è indiviso e che i fossi sono stati occupati e coltivati con licenza del Vicario Rolando. Nello stesso anno il Comune nega al Conte l’assoluta padronanza di proibire la pesca, caccia, ecc., avendo il Conte fatto acquisto solo di parte del feudo (Arch. Com. e Parr.).

Le differenze si riaccesero colla nomina dell’Abate Coppier, 1727: il Conte voleva nominare il Podestà ed i Sindaci a suo piacere, ma il Consiglio e l’Abate richiamarono subito il Conte al vecchio stile, cioè la nomina del Podestà spettare anche all’Abate, Consignore, e quella dei Sindaci al solo Abate, secondo concordato, 1638. Il Conte per fare atto di assoluta padronanza, fa piantare olmi sul piazzale del Castello; l’Abate da Annecy ordina di toglierli ed il Comune, 1733, attesta che il feudo è indiviso.

5. Al Conte Bartolomeo Serra, morto nel 1734, succede il figlio Avv. Giacomo Filippo, per investitura 9 Aprile 1736. Come si vede l’investitura arrivò in ritardo, perché l’Abate, dopo la morte del Conte Bartolomeo, aveva ricorso in Senato, affine di tutelare i suoi diritti signorili. Sappiamo infatti che l’Abate, nel 1737, /122/ nominava ancora a Podestà il Not. Massaglia, da Marmorito (A. S. T. 2); ma questo fu l’ultimo suo atto di giurisdizione, poiché, per consiglio del Re e disposizioni civili, rinunziava ad ogni passato potere di Signoria.

Morto il Conte Giacomo nel 1780, per investitura del 10 Maggio 1782, gli succede il figlio Luigi Vincenzo, Avv. Ministro, Presidente delle Finanze, il quale muore nel 1824 lasciando erede del suo ricco patrimonio l’unica figlia, Luigia, sposata Casimiro Curbis di S. Michele. Nella Cappella di S. Sebastiano fu eretto un busto che ricorda l’effigie ed il nome insigne di questo ultimo Conte.

Così finì la Contea e Signoria di Albugnano, non avendo i Curbis acquistato il diritto a succedere nella medesima, perché ereditaria soltanto in linea maschile. Tuttavia, i Curbis, succeduti nei beni famigliari del Conte Serra, si mantennero in possesso dello spianato del Castello, detto Torre, usufruendo delle piante non come diritto ma come possesso, restando però sempre libero l’accesso al pubblico.

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Il Molino feudale. – Dal torrente che lo bagna era detto del Rivofreddo o del Maltempo. Solo da atti posteriori veniamo a sapere che da tempo era feudale, cioè due parti spettavano al Comune, la terza al Feudo. Questa feudalità ha la sua origine nella transazione 1485, quando l’Abbazia rinunziava a certi diritti feudali, mediante il compenso di fiorini 80, da parte del Comune: ed ecco quando e come la feudalità fu divisa. L’investitura 1635 del Conte Benso parla soltanto di Molini in genere, l’altra invece del figlio Antonio dice «di parte del Molino». Ora questa porzione di Molino dal Conte Antonino passò all’Avv. G. B. Serra d’Albugnano come segue: il 10 Giugno 1670, Carlo Benso a scopo di regolare i dissesti famigliari del proprio fratello, Conte /123/ Antonino, gli permette di poter vendere la porzione terza del Molino all’Avv. G. B. Serra suddetto. Questo consenso di Carlo era necessario perché l’Antonino Conte, il 16 Marzo 1660, aveva ceduto al fratello la metà della giurisdizione di Albugnano. Pertanto, il 16 Dicembre 1671, si fa istrumento di vendita all’Avv. G. B. Serra, che ne viene poi investito il 16 Febbraio 1674 dal Duca di Torino, Carlo Eman. (Arch. Parr.) Le altre due parti, spettanti alla Comunità, passano pure al predetto Avv. Serra per le seguenti vie. Il Municipio, con atto in Vezzolano 1668, cede le sue ragioni del Molino al Canonico Carlo Franc. Bunis di Chivasso, a saldo del debito, 24 Agosto 1641, e di altre numerose pendenze incontrate per il passato. Morto il Canonico Bunis, Arciprete anche di Cavagnolo, gli eredi, affine di poter pagare doppie venti per investitura di terre enfiteutiche dell’Abbazia di Vezzolano, avute in eredità dallo zio, con atto 30 Aprile 1680, in Torino rog. Franc. Terraneo, vendono per L. 500 le due parti del Molino allo stesso G. B. Serra che già possedeva la parte terza (A. S. T. e Arch. Comunale Albugnano).

La feudalità del Molino, per la parte del Comune, si faceva ancora rivivere dopo la morte dell’Avv. G. B. Serra, i cui eredi, nel 1709, volendo alienarlo, trovarono opposizione in Municipio che ricorse al Senato per il riconoscimento dei suoi diritti. Dietro questo appello, i Serra nel 1710 pagarono alla Comunità L. 400 perché la medesima rinunziasse ad ogni diritto a favore del nuovo acquisitore Massaja da Marmorito. Da allora il Molino passò in proprietà privata fino al 1924, quando la proprietaria Vaj Celestina fu Angelo, per liberarsi da sproporzionate tasse, lo smontò per sempre.