Libro dei Miracoli
di Santa Fede
Trad. Maurizio Pistone

Libro I

Latino →

4.

Un miracolo simile

Un certo cavaliere Geraldo, persona di riguardo, abitava nel Rouergue, in un borgo chiamato Vialarels, distante circa sei miglia da Conques1. Un giorno, mentre se ne tornava da Roma, il mulo, che aveva avuto in prestito dal fratello Bernardo, un chierico, cominciò a star male per non so quale malanno. Poiché abitava vicino alla chiesa di Santa Fede, si ricordò dei miracoli che essa faceva, e le promise una candela lunga quanto l’animale la sua guarigione. Ma il mulo, in vece di guarire, continuò a peggiorare fino a morire. Allora disse all’oste che gli avrebbe venduto il cuoio. Ma poiché quell’imbroglione gli offriva un prezzo miserabile, Geraldo, furibondo perché quello se lo sarebbe preso lo stesso, anche se non gliel’avesse venduto, sfregiò la carogna con diversi tagli per lungo e per traverso, per impedire all’oste di averne la pelle intera una volta che se ne fosse andato. Quindi, preso il suo bastone da pellegrino2, con la punta forò gli occhi dell’animale, e lo colpì sulla coda. E intando diceva con rabbia: Che danno avrebbe avuto Santa Fede se, fra le altre guarigioni, avesse guarito anche questo mulo, in modo da avere in cambio una candela così lunga? Ed ora io ne ho un doppio danno, perché ora me ne resto per strada a piedi, e a casa dovrò pagare a mio fratello cento soldi3. Questa era l’indennità stabilita fra i due fratelli, se il mulo fosse morto. Ma aveva appena finito di pronunciare queste poche parole, che il mulo tornò in vita, e con un bel salto si rimise sulle quattro zampe. E perché non si dubitasse che era veramente resuscitato dalla morte, nel momento stesso in cui ciò accadeva, su tutta la pelle comparivano i segni di quelle lacerazioni della pelle come se fossero dipinti; e non sembravano appena fatti, né macchiati di sangue, ma, come ho detto di quell’altro caso, vecchie tracce di lanugine biancastra. Geraldo se ne tornò a casa tutto contento, e ringraziò moltissimo Dio e la Santa, diffondendo ovunque la notizia del miracolo.

Era uomo famoso per nobiltà, e ritenuto degno di fede; non era abituato a parlare a vanvera, ma mostrava a tutti il mulo con gli evidenti segni delle ferite. Questo fatto mi è stato raccontato dai monaci, e da tantissimi altri testimoni, che più di mille volte avevano visto Geraldo. E se non bastasse la loro testimonianza, farei volentieri una digressione nel mio viaggio di ritorno per conoscerlo di persona, se fosse ancora vivo; non mi allontanerebbe troppo dalla mia strada, poiché abitava abbastanza vicino.

Certo, sono debole nei sensi, e gravato dal peccato, indegno del compito che mi sono assunto, ma non tanto bugiardo da dire deliberatamente il falso. E non correrei il rischio di essere accusato di riferire con leggerezza un evento così prodigioso, se non fossi sicuro della verità dei fatti. Non è lecito, per qualche timore terreno, nascondere la verità di Cristo; coloro che lo fanno, temo che Cristo rifiuterà di riconoscerli presso il Padre nei cieli. Infatti Egli ha detto: Chi mi avrà disconosciuto di fronte agli uomini, io lo disconoscerò di fronte al Padre mio che è nei cieli4. E ancora: Chi arrossirà di me e delle mie parole, di lui il Figlio dell’uomo arrossirà, quando verrà nella maestà sua, del Padre e dei santi Angeli5. Che io non arrossisca mai di affermare di fronte agli uomini la tua verità, o Cristo, e di scriverla nel mio libro, affiché tu non arrossisca di riconoscermi di fronte al Padre tuo che è nei cieli, e cancelli il mio nome dal tuo libro, che hai scritto. Ma per concludere, chi sarà così folle da negare la risurrezione degli uomini nel tempo futuro, visto che nel tempo presente risorgono perfino gli animali?

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1. Oggi nel comune di Decazeville, a circa 18 km da Conques. Torna al testo ↑

2. Poiché il personaggio viaggiava a dorso di mulo, il bastone da pellegrino doveva avere più che altro un valore simbolico. Torna al testo ↑

3. Il testo dice decies denos solidos (dieci volte decine di soldi = cento soldi). Si tratterebbe quindi di 1200 denarii, cinque librae d’argento: una somma che sembra esagerata. Ma forse decies è una glossa di denos che si è insinuata nel testo; in questo caso il mulo sarebbe valutato 10 soldi (120 denari). Era già una somma sufficiente per comprare un piccolo manso (cf. Cartulaire). Torna al testo ↑

4. Matt. x, 33. Torna al testo ↑

5. Luc. ix, 26. Torna al testo ↑