Castelnuovo don Bosco
Santi, freisa e malvasia...

Di Castelnuovo in Italia ve ne sono ben 33: da Castelnuovo al Volturno in provincia di Campobasso a quello in Valsugana vicino Trento, ma per noi torinesi quello per antonomasia è Castelnuovo don Bosco.

Siamo andati a curiosare nell’Archivio Storico della Biblioteca Civica “Nicolò Francone” di Chieri, ed abbiamo scoperto che Goffredo Casalis nel suo “Dizionario geografico”, edito a Torino nel 1837, nel volume IV°, del nostro paese, che allora si chiamava Castelnuovo d’Asti, dice: ”La sua positura è a maestrale di Asti da cui è lontano 14 milia... residenza di un Vicario foraneo, oltre al Tribunale di giudicatura vi sono un Ufficio di Posta di IV° classe ed una Stazione di Carabinieri Reali... a comodo vantaggio della popolazione vi sono medici, chirurghi laureati, flebotomi, veterinari, speziali che esercitano ad un tempo la professione di droghieri mercanti da panni chincaglieri ed artigiani di ogni maniera...

All’inizio di questo 2001 il Sindaco di Castelnuovo assunse la Presidenza della neonata Comunità Collinare dell’Alto Astigiano, costituita da 14 Comuni del Basso Monferrato. Circa 200 anni fa, il Casalis, nel suo Dizionario, (corsi e ricorsi della storia!), citava Castelnuovo come Capo di Mandamento che assoggettava i Comuni di Albugnano, Berzano, Buttigliera, Moncucco, Mondonio, Pino e Bremiglia e lo indicava quale “territorio molto fertile che produce formento a sufficienza per la popolazione ed abbonda soprattutto di vini eccellenti e sani... l’estivo calore è quasi di continuo temperato da un soavissimo zefiro; di leggeri (facilmente) vi si trova quanto può satisfare i desideri di un’agiata e civile persona... Delle sue vie una da Ostro conduce alla capitale ed un’altra da levante...”.

Oggi diciamo più semplicemente che Castelnuovo è un crocevia, a cavallo fra la provincia di Torino e quella di Asti; ad Ovest la strada conduce a Chieri ed a Torino, a Sud si scende attraverso Villanova o Montafia verso Asti, a Nord si raggiunge Chivasso passando o per Gassino o per Casalborgone e ad Est si penetra nel cuore del Basso Monferrato per andare verso Casale. “... vi corrono due rii, uno detto del Bardella e l’altro di Nevissano... nel territorio vi sono varie cave di gesso... sonovi due sorgenti di acque minerali, una dei chiarissimi dottori Cantù Bertini e Cafassi, l’altra del teologo Francesco Cottino, parroco di Moncucco”; delle fonti sono citate le caratteristiche organolettiche rilevate nell’analisi del Cantù, che nel 1823 ne precisa anche la portata: “la quantità d’acqua che scaturisce nello spazio di un’ora, per calcolo approssimativo, è di 150 bottiglie ordinarie”. Abbiamo appena lasciato alle nostre spalle Andezeno, Arignano, Mombello e Moriondo quando incontriamo il cartello: “benvenuti nella provincia di Asti”. Qualche saliscendi ed il paese ci appare, aggrappato alla collina; fra i coppi ancora spruzzati di neve fanno capolino i ruderi del castello medievale e le settecentesche chiese di San Bartolomeo e la Parrocchiale di Sant’Andrea con il campanile ricavato da una torre del mille. Trascuriamo la circonvallazione e ci infiliamo nel senso unico che porta nel centro del paese, a piedi, poiché oggi, giovedì, è giorno di mercato.

Mentre il Direttore va ad intervistare il Sindaco ci aggiriamo fra bancarelle e negozi e scopriamo un’atmosfera paesana che tende però ad avvicinarsi alle caratteristiche dei mercati cittadini come quello della Crocetta o quello di piazza Borromini a Torino.

Le genti liguri ed in seguito i romani che popolavano il territorio, hanno lasciato il posto ai piemontesi, ai piemontesi d.o.c. che oggi accettano anche qualche extracomunitario. In questa terra ricca di vigneti, trovarono le loro radici anche personaggi illustri, contemporanei, quale l’ambasciatore degli Stati Uniti, Peter Secchia, che alcuni anni fa vi scoprì la casa dei nonni.

La marmorea statua di Don Bosco, sulla piazza centrale, quella affacciata alla salita che invita alla parte alta del paese, dove troneggia la torre medievale, ci ricorda che nel mondo intero, forse ancor più che in Italia, il paese è ricordato per aver dato i natali al Santo dei ragazzi. Il colle con la casa natale del Santo, i Becchi, è il sito più familiare a quanti raggiungono Castelnuovo Don Bosco. L’imponente complesso di edifici costruiti per continuare la sua opera di apostolato, sovrasta chi si avvicina al colle sul quale si possono anche ammirare la piccola chiesa di Maria Ausiliatrice, il Museo contadino, il monumento dedicato a mamma Margherita e un Don Bosco fanciullo che, in un aereo bronzeo monumento, si libra sulla fune di saltimbanco, per intrattenere i compagni di giochi. L’imponente mole del Santuario Salesiano si scorge da lontano e nei suoi sotterranei si può visitare un interessante e ricco museo etnografico dove sono raccolti reperti provenienti da ogni parte del mondo missionario.

Lasciando piazza Don Bosco, quella del monumento, dal centro scendiamo lungo la via principale, via Roma, naturalmente. Gli inviti natalizi occhieggiano dalle vetrine; un negozio di “oggetti d’arte” si distingue per l’insegna curiosa “Via RomAntica”, dall’evidente duplice significato. Proseguiamo oltre le bandiere che indicano l’ingresso del Municipio che, visto all’interno, ci stupisce per le linee architettoniche decisamente avveniristiche che ci ricordano il Centro Pompidou nel Beaubourg parigino. L’aria è pungente ed il Caffè Giardino di piazza Dante è una tentazione che non sappiamo vincere.

Riprendiamo la nostra breve inchiesta sulle peculiarità del paese spostandoci in via San Giovanni dove un grappolo d’uva stilizzato nel cemento, completa l’accattivante insegna della “Cantina del Freisa”.

Un vivace andirivieni anima ’l Crotin dij nòstri vin..., il salone della degustazione e degli acquisti; sulla sinistra, la Cròta: una fila di silos luccicano nello sfavillare dell’acciaio inossidabile, pronti a farsi spillare le prelibate varietà di vini D.O.C.G..

Il presidente della Cantina Sociale, il geometra Giacomo Aldo Musso ci riceve nell’angusto ufficio; evidentemente il suo campo di battaglia è fra i macchinari, le cantine ed i clienti.

Alle nostre domande sull’andamento dell’azienda precisa:

“Ce la mettiamo tutta per salvaguardare il nostro territorio, il territorio che produce uve. La Cantina raggruppa una ventina di comuni; i principali sono dieci o dodici, da Pino Torinese a San Damiano d’Asti, passando da Baldissero e da Montaldo...”

— La base è la Freisa?

“Ogni Cantina, sono dodici consorziate sotto la guida commerciale della società Terra da vino, ogni Cantina è situata in una zona vocata, zona di tipicità : noi siamo per la Freisa e la Malvasia, altri sono caratterizzate dal Moscato, dal Barolo...”

— La Cantina non è solo luogo di arrivo, ma anche di partenza, vero?

“L’azienda raccoglie trecentoventi soci, copre un territorio che va dal nord Astigiano al primo Monferrato, con cinquecento ettari di vigneto; trasformiamo da 25 a 30 mila quintali di uva che per 60% vendiamo direttamente al pubblico qui in Cantina, per il resto, attraverso la Terra da vino, curiamo la commercializzazione per la Grande Distribuzione e per l’esportazione”/

— Qual’è il punto più lontano dove si beve il vostro vino?

“Siamo apprezzati in Germania, nel Canada, negli Stati Uniti, in Giappone dove i mercati sono più ricettivi; qualche piccola partita va anche in Australia.”

— Abbiamo visto solo ’l Crotin dij nòstri vin... e il resto?

Il geometra Musso ci precede mostrandoci, con malcelato orgoglio, ‘l salot dove scoppietta il camino acceso, per passare nella Sala dij Rivalba riservata alle conferenze ed alle dimostrazioni. Spiccano sul bancone le confezioni natalizie Un Vino da Campione, speciale riserva di Malvasia che è stata abbinata pochi giorni fa, a Roberto Rolfo, il Campione pinese del Motomondiale 250 cc.

Una signora si avvicina: “President, i devo regalé doe bote a n’amisa, còsa êm consija?” Il Presidente si prodiga in consigli e mentre proseguiamo verso i sotterranei, gli chiediamo:

— Qualcuno in famiglia non beve?

“Mia moglie Maria Grazia è astemia, ma mia figlia Olivia apprezza il buon vino; con i suoi colleghi, i vecchi compagni del Politecnico non brinda certo con la CocaCola...”

— Lei, geometra, una volta costruttore, come è arrivato a questa... professione?

“Avendo notato che il territorio aveva bisogno di... maggior attenzione, ho cercato di convertirmi a questo mondo agricolo... ne vale la pena, dà soddisfazione... è bello arrivare da un amico portando una bottiglia di buon vino...”

Peccato che noi siamo astemi... !

Prima di ritornare in redazione vogliamo andare a controllare se quella che ci è stata segnalata come una “perla”, un orgoglio del paese, la Casa di Soggiorno per Anziani “San Giuseppe”, è veramente degna della sua fama. In una zona nuova di Castelnuovo, a Sud Ovest del paese, verso la collina sulla quale sono adagiate le case di Buttigliera d’Asti, al centro di un parco che lascia immaginare, nella stagione meno rigida, aiuole fiorite attorno ai pini oggi sbiancati dalla brina, in via Aldo Moro sorge il complesso costituito da due moderni fabbricati, uniti da un’aerea passerella in plexi. Il clìncher è ingentilito dai colori vivaci dei serramenti ed un gigantesco abete addobbato per il Natale, troneggia di fronte alla scalinata d’accesso.

La Direttrice, Laura Ronco, bionda castelnuovese di quarant’anni, che abita a Chieri con marito e due figli, lascia trasparire la propria decisione manageriale precisando:

“Sono il Direttore della Casa: funzionario della ASL 8 di Chieri, in comando qui da quattro anni.” e prosegue:

“Era un ricovero per anziani, è diventato un soggiorno. Voglio che l’ospite viva sereno, senza problemi, senza angosce. Non mi ritengo ancora pienamente soddisfatta: l’ala nuova la considero solo un punto di partenza, stiamo adeguando anche la parte vecchia...”

Tentiamo di frenare l’evidente entusiasmo, ponendo la prima domanda.

— Gli ospiti?

“Sono 160 di cui una sessantina RSA, vale a dire in residenza sanitaria assistita, non autosufficienti, ospitati nell’ala nuova, ed una trentina RFA, In residenza assistenziale flessibile; infine abbiamo l’RA, la residenza alberghiera, dove trovano anche persone anziane che normalmente vivono nelle cascine ma nella stagione fredda preferiscono venire da noi.

Prima di guidarci in un giro nei reparti a constatare organizzazione ed atmosfera, la signora Ronco tiene a precisare che nella Casa funziona anche un Centro Alzheimer:

“Un gruppo residenziale di 20 ospiti assistiti, dove abbiamo iniziata anche la pêt-therapy , la terapia con gli animali: inizialmente con i gatti ed ora anche con un cane e con dei cardellini...”

La Direttrice, ci correggiamo, il Direttore continuerebbe per ore ad esporci programmi e progetti; noi ci limitiamo a constatare che in quel complesso ha pure sede la Guardia Medica, la Croce Rossa ed il Poliambulatorio di Castelnuovo.

Colle Don Bosco, Cantina del Freisa, Casa Soggiorno... chissà quante altre cose si potrebbero scoprire a Castelnuovo Don Bosco !

adriano fogliasso

Più – 2002 anno 5° numero 1 – I nostri paesi