Massaja
Lettere

Vol. 1

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Al canonico Giovanni Maria Pagnone
prevosto di S. Maria della Scala – Moncalieri

[F. 1r]Signor Prevosto Carissimo

Gualà Prov.a d’Agamien – Abissinia 24. Marzo 1847.

Mentre il Signore mi vuole qui fermo quasi sulle porte del mio Vicariato per i bisogni di questa Missione d’Abissinia, voglio scrivere anche due linee al Caro Prevosto di Moncalieri, onde fargli vedere che so ricordarmi degli amici – La moltitudine delle lettere scritte in Europa, specialmente in Torino a molti Correligiosi, essendo la più parte ostensibili agli amici, L’avranno informata del mio viaggio e per terra, e per mare, da Roma all’Egitto, e di là a questi paesi d’Abissinia, non che alcuni detagli avrà sentito in proposito di questi paesi – Cosa mai potrò dirLe pertanto che già non sia detto, e che sia degno del nobile ed elevato di Lei spirito? Lasciata l’Italia sede, e trono del bello, e del sublime, caro Prevosto! io avrei mai creduto, con otto giorni di viaggio sul nostro mediterraneo, di vedermi in altro mondo, come mi sono veduto, appena mi si affacciò il porto di Alessandria, epperciò dell’Egitto una volta culla del sublime primitivo – il primo colpo di vista che mi avvertì del gran passo che io stava facendo, e che mi stordì quasi affatto, si fu un formicolajo di gente che si affacciava tutto all’intorno di quel porto derelitto – che gente! assuefatto a vedere i nostri popoli d’Europa di una stirpe spiegata, e conosciuta, di una fisionomia, e colore uniforme, pensi che impressione non fece sul mio spirito, un mondo di gente di tutte le stirpi, di tutti i colori, di ogni fisionomia, bianchi, neri, giallastri, grandi, picoli; quindi ciò che più colpisce, gente la più miserabile, seminuda, querula, e che porta in fronte il segno di maledizione, della propria viltà e schiavitù civile non solo, ma ideale – Nel dover lasciare il vapore, ancor terreno, per così dire, Europeo, ed ultima grandezza d’Europa, per scendere sul canotto che mi doveva trasportare alla riva, sentiva un ribrezzo nel dovermi avvicinare a quei succidj barcajuoli, e dopo il breve tragitto dovendo montare /116/ la riva, provai i medesimi affetti che Dante all’affacciarsi dell’inferno – il mio cuore in quel momento sentì tutta la debolezza, talmente si restrinse, s’impicciolì, che se la carità di Cristo, e lo spirito Evangelico non venivano in mio soccorso a darmi un po’ di spinta, e farmi un poco di largo, io sarei ritornato sul Vapore per rivedere la cara Patria, senza neanche interessarmi di visitare quel famoso [F. 1v] terreno patrio di eroj affatto dimenticati, e solo viventi nella storia dei nostri paesi – Mi son fatto coraggio, e salita la riva non senza difficoltà, perché montando ho dovuto farmi largo in mezzo [a] tanta gentaglia che da tutti i lati mi opprimeva coll’importuna esibizione dell’opera loro sperando guadagnar qualchecosa – fui finalmente la prima volta tra gli infedeli – Passato alla dogana, ove il capitano Cattolico fervente, volle neanche vedere i miei involti, e si compiaque anzi di accompagnarmi sino al Convento, così accompagnato da quel buon galantuomo, e dal Fratello Pasquale m’innoltrai nella Città, e qui ebbe luogo il secondo colpo di vista non meno del primo fastidioso – Chi ha passeggiato [per] le contrade di Torino, che cangiamento nell’entrare in Alessandria! gli si presenta all’occhio un vasto campo seminato di case, che non son case, ma, nell’aspetto esteriore sono piuttosto veri letamaj del Piemonte – fatte di terra, dell’altezza appena d’un uomo, e di fuori incrostate di sterco bovino, sopra coperte o di terra, o di strame – un buco rotondo è la porta di dove si vede entrare ed uscire quei raminghi degeneri figliuoli d’un sì nobile paese, e con loro si vedono entrare, ed uscire o il boricco, solito patrimonio del bedoino, o la capra, che dormono, mangiano, e vivono in comune coi loro padroni in quelle grotte – tale è il quadro primo che si presenta all’occhio del viaggiatore al primo entrare in Egitto – fermandosi poi qualche giorno un Franco (così detto l’Europeo) che abbia un poco di cuore, e di genio per la povera umanità, l’assicuro, caro Prevosto, che in Egitto trova di che fastidiarsi tanto che vuole – In Alessandria fuori del Borgo franco montato all’Europea, e abitato dagli Europei circa otto mille la maggior parte Cattolici, dove si vive come in Europa – del resto la condizione di quel popolo è spaventevole e vergognosa – Il giogo di Maometto ha incurvato talmente il dorso di quel misto di generazioni, che e nel fisico, e nel morale, e nel civile, si stenta riscontrarli per figli di Adamo – Il Governo è Turco, che vuol dire unico padrone assoluto di tutto, e perfino delle persone che contiene a forza di bastonate, e delle quali dispone a suo talento – La Religione è un’ammasso di superstizioni stomachevoli – i costumi sono affatto perduti – il fisico degli individui affatto rovinato – cosa si può dire di più? brutta cosa per questi paesi l’aver abbandonato Gesù Cristo! Mi consolò però non poco l’aver veduto anche colà alcuni elementi indicanti un migliore futuro – Il contatto cogli Europei in gran numero, e sopratutto la Missione Cattolica attivissima, la quale e colle beneficenze publiche che esercita anche in favore degli infedeli, e coll’insegnamento ai fanciulli anche eterodossi ed infedeli, ed in mille altri modi spinge avanti l’affare, fa sperare gran cose – Ma forse Lei sentirà più volentieri qualche picola cosa di questi paesi d’Abissinia – Voglio appa- /117/ garLa per quanto permette la brevità di una lettera – Quando l’Abissinia fu creata dal Signore unitamente a tutto il resto del globo, io non dubito che fosse la più bella parte della terra per tutti i titoli che in quel tempo potevano convenirli – Ora che tutto il resto del mondo a forza di spingersi avanti [f. 2r] è giunto a travisare l’opera stessa di Dio, con innestare l’ottimo sull buono, e questo introdurre dove non c’era, a forza d’industria, e di progresso – l’Abissinia che ha dormito sinora e che dorme tuttora nel medesimo stato di suo primo sviluppo, colle perdite continue che son naturali alle cose create, tanto fisiche, che morali, quando non sono dominate da una forza progressiva, in paragone fa una cattivissima figura, e si può dire meritamente paese infelice, perché non conosce affatto tutto quello che si può dire opera del uomo – Del resto l’Abissinia è un paese che ha ricevuto dal Signore tutto il bello desiderabile – una temperatura che giunge mai al gelo, e passa mai i 25. gradi di calore, benchè nella zona torrida a cagione dell’grande altezza del suolo circa 7. mille piedi sopra il livello del mare, locchè produce una continua ventilazione – Un suolo per la più parte montagnoso, montagne però abitabili, e che non conoscono la neve – Un terreno, benchè alquanto immagrito dalle pioggie che scendono ogni giorno, da Aprile sino a Settembre, dalle due alle sei di sera, – tuttavia, massime nelle valli è abbastanza fertile da produrre tanto quanto il nostro, se fosse coltivato, e più perché sempre in bilancio di temperatura – cosa vuole di più? I regni, minerale, vegetale, ed animale, presentano un sorprendente teatro, ed un richissimo tesoro indigeno – Mancherebbe il sale marino, per l’uso delle vivande, e supplisce il sal gemma in grande abbondanza, ed ottimo, il quale serve di minuta moneta – Io venuto di Massawa unico porto d’Abissinia sul mar rosso, dove nel più forte dell’inverno il calore toccava abitualmente i trenta gradi, dopo cinque o sei giorni di continua salita, quando viddi la prima volta il vero orizzonte Abissinese, e ne provai la temperatura, ho creduto un momento di trovarmi in Pecetto nel mese di Settembre – Salita l’ultima montagna, si prova la stessa sensazione di chi salita la montagna di Torino scopre l’orizzonte di Chieri, e del Monferrato – ma oh quanto nel civile, e morale siamo lontani! invece di casini, e vigneti, non si vedono che antri spaventevoli circondati da cespugli e mimosi, ed altri generi di piante selvatiche – peccato! queste belle campagne sono passeggiate da leoni, leopardi, tigri, jenne, che sul far della sera spaventano coi loro gridi – e se si incontrano uomini, sono quasi più spaventevoli: neri, o giallastri, vestiti con una pelle di pecora sulle spalle o poco più, con in mano una lunga lancia, od alabarda, con uno sguardo, non so, se d’ammirazione, oppure di sdegno, fanno tremare – sebbene poi in effetto nell’inclinazione, naturale, e nel fondo del costume non si trovi tutto quel barbaro che presentano a prima vista – anzi si trovano certi tratti molto umani, segnatamente verso i passeggieri e viandanti – questi entrati che sono in un paese, è subito avvertito il capo il quale pensa per l’ospitalità – e se è una persona di riguardo gli si regala un bove, o vacca, che subito si amazza – io quasi in tutti /118/ i paesi ho ricevuto questa gentilezza, e siccome aveva con me una cinquantina di portatori del bagaglio, la vacca dava da mangiare a tutti – qui [f. 2v] una vacca vale un tallero, o sei pecore, o cento pezzi di sale di una libbra – non c’è altra moneta un corso fuori del tallero di Maria Teresa, il quale poco presso è qui, come [da] noi una pezza da cento – Se non è di M.[ari]a Teresa, et quidem ben spiegato con tutti i segni soliti, e senza difetto, non è preso – come si sia introdotta questa cosa non si sa – come vede, pare a buon mercato la carne – per noi è così in realtà, ma per gli indigeni è carissima – per guadagnare un tallero un uomo deve lavorare un mese, e neanche si trova a lavorare – vi è perciò una miseria estrema – il povero forestiero è per lo più oppresso dai poveri, i quali non tanto chiedono da mangiare, quanto da vestirsi – Il governo è instabilissimo: un capo banda, quando gli riesce di farsi un seguito tal quale, sottomette alcuni paesi, e poi Provincie, e diventa Negus o Re, e la sua testa il codice del paese sintanto che dura – Presentemente essendo in guerra i due capi principali, o Re dell’Abissinia, quello dell’Amara, e quello del Tigre dove sono io, le truppe sono tutte concentrate, e si può dir cessato ogni governo nelle provincie – cominciano le bande a farsi sentire, e noi siamo in gran timore – già da questa casa della Missione abbiamo trafugato tutti gli oggetti di qualche valore, e noi siamo nelle mani di Dio – Il gran credito però che gode questa Missione, ed il gran movimento favorevole al Cattolicismo, ci fa sperare che non avremo niente di sinistro – Pochi giorni sono venendo di Adoa i servi coi muli di questa casa carichi di provviste vittuarie per questa numerosa famiglia, furono presi tutti quanti da uno di questi Capi – Si armarono tutti gli amici della Missione, e ci fecero restituire tutto – Se il Signore continua a benedire questa Missione non anderà guari che tutta questa vastissima nazione sarà Cattolica – coll’istruzione Cattolica si regolarizzeranno i costumi, prenderà un poco più di forza il governo, e quando non vi saranno più tutti questi derubamenti prodotti dalle guerre quasi continue, si guarderà d’introdurre l’industria – La popolazione sarà in aumento, la terra sarà coltivata, verranno le arti, e cesserà la miseria – già vi sono tutti gli elementi per incominciare una nuova era, – ma deve principiare dalla Religione, madre dei cuori, e regina delle idee – mai io sono stato tanto convinto di questo, come ora che ho veduto – L’Oriente e l’Abissinia quando erano Cristiani erano colossi; ora appena conoscono i segnali della loro antica grandezza, ed hanno bisogno di noi per conoscere i loro medesimi monumenti di grandezza antica – Questo Paese una volta Cristiano Cattolico cadde miseramente nell’eresia Nestoriana per lo scandalo dei Monaci dell’alto Egitto, e tanto bastò per terminare nel zero in tutto, secondo il consueto delle Sette – non escluse quelle medesime d’Europa, che Gioberti le chiama l’obb[rob]rio razionale o ideale – Caro Prevosto! io farei, non una lettera, ma un libro, ma mi manca il tempo, il commodo, e posso dire anche la carta, perché finita la poca provvista non potrò più scrivere – Tanti saluti perciò a tutti gli amici di Moncalieri sempre carissimi, a tutti i Canonici in particolare, al Medico /119/ Ferrerò, ai Barnabiti, Borgarelli, Copperi etc etc – e raccomandandomi alle orazioni di tutti, li abbraccio in spiritu e sono sempre

Aff.mo Amico
† Fr: Guglielmo Massaja V.o di Cassia –
V. A. dei Galla –