Massaja
Lettere

Vol. 1

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Al barone Antonio de Jessé
presidente della Propagazione della Fede – Lione

[F. 1r]Ill.mo Signor Presidente

Massawa 24. Decembre 1847.

Per mezzo del mio amico, e corrispondente Monsignore Perpetuo Guasco Vescovo di Fez, e V. Ap.o dell’Egitto, ho ricevuta la somma di fr: 5600. che cotesto V.mo Consiglio Centrale si è degnato spedirmi come sussidio per conto dell’anno corrente, lasciandomi sperare un qualche aumento nel prossimo Marzo dell’anno vegnente – Come pure ho ricevuto pochi giorni sono lo stampato da inserirvi lo stato attivo, e passivo della Missione affidatami.

Come veggo che ho da fare con persone che sentono l’interesse delle Missioni più vivamente di quello lo possano sentire i Missionarj medesimi, mi credo dispensato dal tessere, come vorrei, un formale discorso di ringraziamento alla S. V. Ill.ma, ed a tutti cotesti Consiglieri di Lei Collaboratori, persuaso come sono, che per quanto grande possa essere il senso di gratitudine in me, e nei Missionarj affidati alla mia cura, verso le SS. Loro, non potrà essere maggiore del piacere che loro medesimi provano di poter contribuire all’opera eminentemente evangelica delle Missioni – Quando è comune l’interesse, si deve altresì supporre reciproco il senso, colla differenza che in Loro il senso medesimo, come Paterno è sicuramente più nobile, e più eminente – Per lo stesso motivo, crederei offendere la premurosa sollecitudine che le SS. Loro hanno per me, se facessi la menoma osservazione sulla quantità del sussidio suddetto – Chi regola gli affari da Padre, come fa cotesto V.mo Consiglio, non ha bisogno di altro che di sapere lo stato delle Missioni figlie; io perciò amo meglio darLe un succinto ragguaglio dello stato economico, e finanziere della mia Missione, e poi rimettermi alla paterna sollecitudine di chi ha tutto l’impegno.

Colla scorta di due mille scudi che ho ricevuto dalla S. C. di Propaganda in Roma, e col sussidio di tre mille talleri che cotesto V.mo Consiglio di Lione mi ha spedito in Agosto 1846. io ho potuto fare le spese in Roma nella circostanza della mia Consecrazione, tutte le provviste occorrenti per il viaggio [f. 1v] e per l’impianto di una Missione di cinque persone, e quelle ancora del viaggio medesimo; quindi portarmi in Abissinia con un capitale oltre i due mille talleri di residuo – Ivi giunto non avendo potuto fare alcuna mossa prima dello scorso Novembre, per causa della rottura politica che ha sconvolto tutto questo paese, ed intercettate tutte le strade, e perché ancora io aveva istruzioni superiori che mi obligavano a questa fermata per i bisogni di questa floridissima Missione, ancora senza un Vescovo, di cui ha sommo bisogno, con quasi un’anno di stazione, vivendo in famiglia, ho potuto venire sino all’epoca della partenza suddetta, con una scorta di mille seicento e /139/ più talleri, quali uniti al sussidio di quest’anno, di franchi 5600, io mi trovo con più di 2500. talleri per le spese che occorreranno, e che potranno rilevare dallo stato dei movimenti come segue.

Mentre io ancora non mi trovo svincolato da questa Missione e dovrò fermarmi in queste vicinanze col compagno Religioso professo del mio Ordine, i due PP. Giusto da Urbino, e Cesare da Castelfranco viaggiano alla volta dei paesi Galla di questa parte visitati dai viaggiatori Europei, ed il mio P. Segretario Felicissimo da Cortemilia parte da qui alcuni giorni sopra un bastimento mercantile che trovasi in questo porto, alla volta di Aden, dove giunto, e prese le informazioni che colà potrà avere sul littorale dei due mari appartenente al terreno del mio Vicariato, si porterà a visitare quei luoghi che presenteranno maggior convenienza per stabilire anche qualche cosa di quella parte, come luoghi che si prestano più per le relazioni coll’Europa, e per la sicurezza che si bramerebbe per un qualche stabilimento. Visiterà segnatamente il Capo Orfui che mi dicono da poco tempo occupato da cotesto Governo Francese, e che sarebbe un bellissimo punto da servire mirabilmente al caso nostro.

Se io cerco di stabilire la Missione solamente da questa parte nei paesi in contatto coll’Abissinia visitati dagli Europei, temo che la Missione non possa avere tutto quello sviluppo che bramerei, e che sarebbe necessario per far urto all’Islamismo che si propaga terribilmente, e che minaccia d’impadronirsi di tutto questo bellissimo paese. I paesi sullodati, oltre essere situati in distanza enorme, e di difficilissimo tragitto per i continui sconvolgimenti politici a cui va soggetta l’Abissinia, che chiudono la porta per anni intieri, essendo divisi in piccolissimi regnocoli dove regna o un dispotismo stravagante, ovvero un’antipatia straordinaria gli uni contro gli altri, con tutta facilità fra i medesimi potrebbe mancare o la sicurezza, o la libertà necessaria [f. 2r] ai Missionarj per l’esercizio del loro ministero, e per stabilire qualche cosa che possa dar vita e movimento alla Missione. D’altronde la Missione fra i medesimi, da quanto veggo, non sarà la più felice, essendo già la più parte infestati dal proselitismo di Maometto. I migliori Galla sarebbero quelli che si trovano tra i paesi anzidetti, e la costa del mare, i quali sono anche numerosissimi, e benché per la più parte non ancora conosciuti, pure io posso argomentare che sono ancora tutti vergini dal infezione eterodossa. Per poter penetrar presto in questi paesi di mezzo è di tutta necessità prenderli da due lati, e sollecitar la formazione del clero indigeno con qualche stabilimento in luogo sicuro, come sarebbe Orfui, qualora sia vero che questo luogo debba, o sia già posseduto dai Francesi. Trovar dei giovani in questi paesi è cosa facilissima, già ne tengo quattro che leggono quasi correntemente il Latino, e da qui un’anno io potrei già avere dei Sacerdoti che per lo meno potrebbero servire di compagno ai Missionarj d’Europa, mentre con loro possono compire il corso dei loro studj, e così io potrò diramare un tantino di più gli operaj. Secondo le mie deboli viste, per impedire il progresso dell’islamismo, che ci toglierebbe ogni speranza futura, non vi è altro rime- /140/ dio che sollecitare uno stabilimento, e questo sarà difficile poterlo fare nei paesi in contatto coll’Abissinia –

Ecco il motivo per cui mi sono risolto di mandare innoltre il mio Segretario a visitare la costa. A questi ho dovuto dare una somma di riguardo, che possa bastare pel compimento del viaggio divisato, ed anche per fermarsi provisoriamente in Orfui, qualora vi sia il bisogno. Ai due che sono partiti alla volta dei Galla di questa parte, trattandosi di viaggiare in paesi, dove secondo il costume, la strada si apre con regali in tutti i paesi, i quali regali non possono essere minori di un tallero per mancanza di moneta di inferiore detaglio, e trattandosi di andare in paesi lontani, dove probabilmente non potranno avere altro sussidio prima di un’anno, o forse più, ho dovuto dare anche a questi una parte notabile della scorta che mi restava. Io, dovunque sarò, mancomale dovrò anche vivere con tutta la mia piccola casa, ed il vitto costerà poco meno di un tallero ogni giorno, senza le spese straordinarie di provviste che sempre occorrono, di corrieri ecc. e sopratutto di viaggj, che anche dovrò fare.

A fronte di tutto questo, e benché finora io non abbia ancora ricevuto un centesimo per altro canale, fuori di quello che ho avuto in Roma prima della mia partenza, e dopo da cotesto V.mo Consiglio, fino a tanto [f. 2v] che non mi occorrerà di fare qualche stabilimento, per il solo vitto, e per quello che occorre nei viaggj, io mi rimetterò sempre alla loro premurosa discrezione, disposto anche a restringermi quando occorresse il caso di trovarmi meno parteggiato per soccorrere altre Missioni di maggior bisogno. Quando poi dovrò incominciare un qualche stabilimento, allora griderò tanto che basti, a costo anche di obbligare l’Opera della Propagazione a fare, per così dire, dei miracoli per soccorrermi nell’impresa che io credo di prima importanza, per il buon’esito di questa prestantissima Missione.

Io non faccio altro in tutte le mie lettere che scrivo agli amici d’Europa, che inculcare con tutto il zelo che mi è possibile la diffusione dell’Opera della Propagazione, come instituzione la più grande, la più sublime, e tutta di genio eminentemente evangelico; come l’unico mezzo alla portata di tutta la Cristianità, per soddisfare al grave precetto della diffusione Evangelica; precetto che ben inteso da principio è stato Padre fecondo della nostra fede, e della nostra civilizzazione; precetto, che come nel principio era essenziale, e di prima importanza, così lo è ancora attualmente, e lo sarà sempre fino a tanto che vi sarà un solo figlio dell’umanità sotto il livello dei figli rigenerati, e civilizzati dal S. Vangelo, fino a tanto che il balsamo, preparato dal D. Redentore per rimarginare le piaghe dell’umanità caduta non scorre agli ultimi confini del mondo, e la Croce di G. C. non sarà piantata in mezzo al globo, come sta nello stemma dell’Opera Cosmopolitico Evangelica. Io non so, se questi miei scritti siano comparsi alla publica luce all’effetto che io intendeva, dipendendo questo dal giudizio che ne fanno i miei corrispondenti, e dalle loro disposizioni, ma io posso assicurare V. S. Ill.ma, che faccio in proposito tutto il mio possibile, sicuro di procacciarmi /141/ un gran merito presso il Signore, quando solo mi riuscisse di accrescere il capitale del fuoco sacro nella Chiesa, anche solamente di una scintilla; dunque io porto ferma fiducia di potermi presentare al uopo costà con tutta quella confidenza che spira una Società che ha per primo punto di partenza la Carità mondiale, e che ha per scopo la rigenerazione, e civilizzazione cristiana dei popoli infedeli, massime selvaggi, che è l’unica meta a cui spirano i miei voti, e dove tendono tutte le mie industrie.

Intanto, mentre prego V. S. Ill.ma a scusare le espressioni, ed il rozzo stile di questa mia, Le offro coi saluti e miei, e di tutta la Missione, anche i sensi della più sentita riconoscenza, colla massima venerazione ed affetto godo raffermarmi

D. S. Ill.ma

Divot.mo ed Obbl.mo Servo in G. C.
† Fr: Guglielmo Massaja V.o di Cassia V. A. dei Galla