Massaja
Lettere

Vol. 1

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Al padre Felice Fenech da Lipari OFMCap.
procuratore generale – Roma

F. 8rR.mo Padre Procuratore Amatissimo

Aden 28. Marzo 1848.

Posto che mi trovo fermo ancora per qualche giorno in luogo dove posso con tutta facilità farLe pervenire delle mie notizie, non voglio lasciar partire il vapore senza una mia alla P. V. R.ma, che son certo l’accoglierà con piacere, e non mancherà di trasmetterla al P. Generale mio amatissimo Lettore, che suppongo in S. Visita.

Nelle afflizioni è di gran conforto il potersi aprire cogli amici, e colle persone che dividono l’interessamento, e l’impegno; onde mi compatirà, se in questa mia non faccio altro che aprirLe le pene che attualmente agitano il mio spirito. Sono passati già due anni dalla partenza dal Piemonte, dove tutto per me era attività di ministero, e dopo due mesi potrò anche contare due anni dalla partenza da Roma, dove la mia Missione si presentava come una primavera traboccante di fiori, e di speranze, eppure ancora non posso chiamare la Missione incominciata; non posso così chiamarla, perché mi trovo attualmente affatto senza notizie dei due Compagni, che in Novembre ho lasciato in Gualà, sul ponto di partire verso i tanto desiderati paesi Galla, ed io sono ancora in aspettativa di potervi entrare. Partito da Gualà, e disceso in Massawa per pochi giorni, onde aggiustare alcuni affari col Console Francese, e schivare prudentemente i pericoli che io solamente vedeva per allora, dopo pochi giorni scoppiata la procella mi trovai sbalzato un passo notabile nella strada già fatta, e così quasi improvvisamente mi trovai sen- /145/ za compagni, senza scorta di vesti e del necessario corredo per l’esercizio del ministero Sacerdotale, ed Episcopale, e ciò che più m’importava, senza una certa speranza di poter presto rimontare l’Abissinia prudentemente, e senza pericolo di male a quella Missione, e perché Massawa era ancor troppo vicina alla tempesta, che anche là si faceva sentire, o per lo meno io poteva diventare lo scoglio di mal augurio che anche in lontananza colla sua umbra provoca il furore delle onde, parte per prudente economia, parte per tentare un’altra via per giungere al mio destino, in quello stato di privazione delle cose anche più care, e necessarie, senza poter essere soccorso, perché in Abissinia i torbidi impedivano di mandarmi l’occorrente, ho dovuto prendere alle buone di nuovo il mare che altre volte ha tentato replicatamente di perdermi, ed incamminarmi da queste parti. Dopo quindeci giorni di navigazione giunsi a Berbera porto del littorale Affricano, e quasi Galla, da cui avrei creduto poter penetrare nell’interno, ma ho veduto impossibile senza aspettare le carovane che sarebbero giunte dopo un mese, e partite dopo due, e senza il permesso del Re di Soha, ed una sua scorta. [F. 8v] Con piacere ho subito risolto di scrivere una lettera a questo bravo Se, che sapeva molto favorevole a noi, e nemico dell’Abuna eretico d’Abissinia, quasi sicuro di ottenere tutto quello che io ardentemente bramava; fatale destino! poco appresso mi venne riferita la morte del medesimo, e che il di lui figlio stava contrastando la successione. Il messaggiere colla mia lettera dopo venti giorni circa di viaggio sarà giunto in Soha, ma quali disposizioni troverà colà...? Il padre morì mentre camminavano per Roma i suoi inviati per chiedere al Papa un Vescovo Cattolico per i cristiani del suo regno, ed avrebbe senza fallo fatto tutto per me destinato per i Galla che formano i due terzi del suo stato, ancora nell’idolatria; ma il figlio quali disposizioni avrà, e quando anche fosse come il Padre, cosa potrà fare...? Io intanto venuto in Aden per aspettare il risultato di questo, passano i quaranta giorni dalla spedizione, ed ancor so nulla. Se non viene, o sono costretto a ripassare nuovamente lo stretto per recarmi a Berbera e partire per Soha colle semplici Carovane, a fronte di qualunque pericolo, oppure ritornarmene in Massawa per rimontare l’Abissinia che non so come attualmente si trovi. Passando per questa parte io scorcierò il viaggio dei due terzi, ed apro una via di comunicazione con Aden paese quasi Europeo, locché sarebbe un tesoro per la Missione, la quale diversamente per la via d’Abissinia dovrebbe stentare moltissimo per le relazioni con l’Europa, le quali per lo meno saranno sempre eterne. Sono tentatissimo di prendere il primo partito a dispetto di tutti che mi consigliano a far diversamente; ma nel tempo stesso mi trovo angustiatissimo, e per l’imprudenza che temo di comettere passando da questa parte, e per i pericoli che ancor devo temere anche per l’Abissinia. Aggiunga che ho dovuto lasciare questo paese nel disordine materialmente causato da me almeno in parte, ma più nel bisogno quasi estremo di un Vescovo, dopo aver fatto di tutto per provvederlo di uno che sarebbe stato l’unico conveniente, e dopo aver ottenuto il tutto /146/ dal Signore, e dalla Chiesa, e coll’aggiunta di certi vincoli che mi legano colà fino a tanto che quella Missione non è provvista diversamente. Mi fermerò presentemente ancora qui al più quindeci giorni per aspettare la bramata risposta da Soha, quale venendo partirò immediatamente per quella parte, non venendo poi, stando il progetto di entrare per questa parte, dovrei partire egualmente subito per non perdere la compagnia delle carovane, le quali vengono a Berbera rarissime volte nell’anno, ed anche prendendo la via di Massawa non dovrei tardar molto, perché dopo il mese di aprile cangiano i venti di questo mare, e si faranno contrarii. Intanto lascio a V. P. R.ma il considerare quali debbono essere le mie angustie; però non creda che per questo io mi trovi disanimato nell’impresa che ho dalla D. Providenza, anzi tutto all’opposto, vedendo come il nemico moltiplica i suoi sforzi contro l’opera di Dio, io ne rilevo la maggiore sua sublimità, ed il maggior bisogno d’impegnarmi; onde posso assicurarLa, che quando bene dovessi combattere a costo della vita, e per un tempo ancor maggiore di quello che è già decorso non lascierei l’impresa, ne rallenterei di un jota gli sforzi per vincere, [f. 9r] sicuro che il Signore non tarderà a secondare i miei voti coll’aprirmi la bramata via alla Missione Galla; ed avrà mille modi di compensare il tempo perduto. Mi sono presa la libertà di esternarLe questa mia afflizione unicamente per scaricare un tantino il mio cuore, ed anche affinché, Ella conosca intus et foris tutto quello che passa nella nostra Missione, per poter rispondere a chi, non sapendo, potrebbe restar ammirato nel vedermi ancora fuori Missione. La Missione Galla, o non è ancor matura, oppure lo è troppo, ed il Signore vuole prepararci molto bene prima d’introdurci in un campo di troppa gloria. Se invece che Le scrivo potessi parlarLe a viva voce, sentirebbe delle cose che in Roma non possono essere credute. Il Demonio ci fa una guerra incredibile... e si serve di mezzi che il dirlo non è creduto. Ho mandato al P. Generale qualche detaglio che in certo modo potrà persuaderLa di quello che dico.

Nei varii luoghi in cui sono stato, dovunque ho trovato un gran desiderio di avere delle medaglie del S. P. Pio Nono, di cui presto il nome è cognito anche agli stessi selvaggi. Ella perciò mi farebbe gran piacere di parlare a Propaganda per farmene spedire una decina in argento, ed anche più se troverà che siano disposti. Potranno mandarli a questo Missionario in Aden, il quale è incaricato di spedirmi tutto quello che verrà per me. Qualora Propaganda non sia disposta a mandarle, se il P. Generale è in Roma mi aggiusterà questa cosa, oppure volendo V. P. procurarmele, io celebrerò tante Messe [per suo] discarico.

La lettera qui compiegata è di questo Missionario, il quale bramerebbe che giungesse direttamente alle mani del suo Generale senza passare per le mani di altra persona qualunque, meno V. P. R.ma incaricata di tenersela presso di se sino all’arrivo del medesimo, qualora non si trovi in Roma.

La prego intanto a voler gradire coi saluti i più sentiti preventivi ringraziamenti per l’attenzione che si prende a mio riguardo, e /147/ riservandomi a notificarLe la mia partenza di qui quando occorrerà coll’indirizzo ulteriore per scrivermi, colla massima fiducia che Lei vorrà sempre tenermi presente, massime nelle sue orazioni, godo raffermarmi

D. P. V. R.ma

Divot.mo ed Obbl.mo Servo, ed Amico
† Fr: Guglielmo Vescovo Cappuccino

F. 9v Al R.mo Padre P.on Col.mo / Padre Felice da Lipari Proc.re Generale / dei Cappuccini / Roma //.