Massaja
Lettere

Vol. 1

/246/

131

Al cardinale Giacomo Filippo Fransoni
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 377rEminenza

Lione 24. Febbrajo 1851.

Trovandomi di ritorno da Parigi ed anche da Londra, dove mi sono recato alcuni giorni, per abboccarmi coll’Emin.mo Cardinale Wisman, epperciò nel chiudere tutte le mie operazioni tentate in Europa per il bene della mia e di altre missioni, debbo rassegnare all’E. V. R.ma lo stato delle cose come sono, e quello che io conto di fare, nelle attuali oscurissime circostanze in cui trovasi la povera Missione a me affidata.

Lo scopo della mia venuta in Francia ed in Europa, era per far conoscere la brutta situazione in cui si trova l’interesse Cristiano Cattolico in tutte quelle parti relativamente all’islamismo, che lavora potentemente per risorgere, e minacia un futuro molto più terribile di quanto si pensa da noi. Io mi lusingava di poter riattivare colà la rappresentanza francese, per poter fare qualche operazione sui littorali, e per salvare tutte quelle missioni da un’imminente naufragio. A questo fine in Parigi ho scritto un discorso Sui pericoli dell’islamismo, munito di ottanta note interessantissime, ed ho dato al governo delle memorie le più ragionate e documentate. È incredibile il fanatismo, con cui furono sentite le mie conferenze e letti i miei scritti dalle persone più capaci e più solide nella politica; per secondare le brame delle persone del più alto merito, ho dovuto permettere, che i medesimi siano litografati e distribuiti a chi li cerca ed è in grado di promovere la questione, universalmente considerata di prima importanza politica – anzi persone le più rispettabili nel governo vollero come obbligarmi a far ritorno in Roma, per raccomandare lo studio della questione medesima ai Prelati, capaci di illuminare, e di influire nelle operazioni politiche dei varii governi Cattolici perché, come [f. 377v] mi dicevano questi, la Chiesa deve camminare avanti in queste operazioni dell’interesse Cristiano così generale, e spingere le potenze a delle viste da essa dirette; cosa però che io non credo necessaria, bastando che io mandi costà una coppia di tutti i documenti lasciati in Parigi, sicuro che verrà egualmente studiata e coltivata.

A fronte di tutto questo, attese le circostanze attuali di reazione politica, non solo in Francia, ma in tutta l’Europa, l’implorata assistenza o non avrà luogo, oppure lo avrà troppo tardi per il caso prattico concernente la mia Missione, attualmente travagliata da una crisi di totale rovina, che mi presenta da ogni lato complicazioni le più difficili nelle risoluzioni da prendere – Se sono vere le relazioni ultime sull’espulzione di tutti i miei missionari dall’interno, io confesso candidamente di non sapere più a quale operazione appigliarmi, rapporto ai missionari che aspetteranno una mia dispo- /247/ sizione, non conosco più luogo da collocargli, e neanche avrei mezzi sufficienti da mantenere una mossa di tutti questi individui fuori dell’interno, dove ogni passo va pagato con scudi.

La Missione Galla però, prima di morire devo morire io; tali sono le mie idee e le mie risoluzioni a qualunque siasi costo – Stando sempre nella supposizione delle notizie ultime venute, e che nulla si facia dai governi per ottenere una protezione, da fare qualche cosa sui littorali, l’unica operazione possibile, per salvare la Missione da un totale naufragio, sarebbe quella di penetrare più avanti fuori di ogni influenza abissinese, e colà cercare di stabilire qualche cosa de novo. Io mi sento di fare questo passo, e lo farò ad ogni costo, ma per farlo io dovrò essere libero affatto da ogni altro impicio di amministrazione e governo di altri – Avrò bisogno di andarmene solo, per altra strada, con altro nome, ed in forma di mendicante. Con queste cautele ho una morale certezza di poter vincere tutte le difficoltà, ed aprire la via alla missione in altri luoghi più lontani; dopo di me potranno poi anche venire degli altri, a norma delle istruzioni che io di mano in mano, non lascierò di mandare indietro per norma di chi mi dovrà seguire. Se io non facio questo passo, la Missione Galla [f. 378r] è perduta per sempre, e la sua caduta potrebbe disarmare gli animi per ulteriori operazioni in favore di quelle povere nazioni.

Per questa ragione, aspetterò al più un mese, parte qui in Lione, e parte in Marsilia, onde sentire le osservazioni e disposizioni di cotesta S. C. di Propaganda; quindi, senza neanche rivedere, ne patria, ne genitore nonagenario, io partirò immediatamente per l’Egitto; colà scriverò ai compagni tutto quello che crederò utile da farsi provisoriamente, e poi prenderò la via del Sennaar, per effettuare il suddetto piano. Partendo io lascierò nelle mani di Monsignore Guasco tutti i libri di registrazione, e tutti i fundi della missione, ascendenti a dodeci mille franchi circa, esistenti, parte presso il suddetto Vescovo Guasco, parte presso le monache del Buon-Pastore, e parte presso Fr: Pasquale in Massawah. Non prenderò con me che il puro necessario per attraversare l’alto Egitto e Sennaar, dove è necessario qualche denaro – Il suddetto Monsignore poi, consegnerà tutto questo a quella persona che verrà incaricata dall’E. V. per surrogarmi nel governo della Missione, a cui io, nel caso supposto, intendo di rinunziare, almeno relativamente ad Aden ed a tutti i paesi in contatto coll’Abissinia, ritenendomi la sola facoltà di potere lavorare in quel paese dove potrò penetrare, e fino a tanto che avrò potuto stabilire nuove relazioni ed intelligenze con cotesta S. C. di Propaganda –

I missionarii poi, supposta la loro totale espulzione dalla parte dell’Abissinia, alcuni potranno essere impiegati in Aden, dove l’ottimo prete Sturla avrà bisogno di ritornare in Europa per la sua salute soffrente; e gli altri non trovando ad occuparsi in alcuni luoghi di quei littorali provisoriamente, potranno anche essere mandati nelle Indie, in specie il P. Leone che già conosce un poco d’Indostano, /248/ e parla sufficientemente l’Inglese. Qualora l’espulzione dalla parte dell’Abissinia non sia stata totale, e che ancora riesca a qualcheduno di custodire i suoi posti, non vanno levati, perché è troppo importante la coltivazione di quei paesi, ma si potrebbero provisoriamente mettere sotto gli ordini di Monsignore De-Jacobis – Anzi credo questa una disposizione molto saggia, onde distruggere alcune umbre che vi sono tra le due missioni, umbre che [f. 378v] io prima non voleva credere, ma che poi in Parigi ho conosciute come reali. Dopo che io avrò aperto un’altro campo in luoghi più tranquilli, allora potranno seguirmi anche i compagni.

Frattanto l’E. V. potrà fare esaminare bene la posizione delle cose dietro questa mia, e l’altra scritta precedentemente da Parigi; quindi colle cognizioni già avute precedentemente da me e da altri, potrà prendere quelle risoluzioni che crederà più del caso prattico. Io aspetterei la risposta in Marsilia, anche per un tempo indefinito, ma mi sarebbe troppo doloroso restare tanto tempo nell’incertezza, e senza prendere misure e risoluzioni – Ancorché quindi non mi venga la risposta prima di un mese, io considererò il piano suddetto come approvato dall’E. V. e dalla S. C. di Propaganda, per camminare avanti nell’esecuzione. Senza dubbio poi, che occorrendo in Egitto nuove notizie, per cui venga cangiato l’aspetto delle cose, e per cui io debba prendere altre vie, non mancherò di tenere al corrente l’E. V. medesima, per sua norma.

A giorni riceverà coppia di tutti i documenti lasciati in Parigi. La prego di fargli studiare, perché contengono delle notizie essenzialissime per il governo delle Missioni – Quindi venendo le medesime trovate di quel peso che io ed altri le hanno giudicate, La prego pure di sollecitare le providenze in esse implorate, assicurandoLa che tutto quello che dico, non sono mie immaginazioni, ma sono fatti che camminano, e che dopo qualche tempo cangieranno d’aspetto, non solo l’interesse delle missioni nostre, ma l’interesse cristiano europeo.

Io sono venuto in Europa per versare queste idee, persuaso che tale è l’interesse di tutta la Chiesa e Cristianità; in prova di quello che dico, io non ho domandato un soldo a Persona, e neanche cerco di rivedere la mia patria; io parto per l’Affrica, perché là è il mio cuore, ed il mio dovere, se le potenze presteranno il loro bracio, come ho chiesto, io sarò fortunato di poter contribuire al bene delle anime più in grande; in caso contrario sono risolto di lavorare per mia parte sino all’ultimo respiro, e questa risoluzione è così sacra che non cederà a nessun’altra ragione...

Gradisca, Eminenza i soliti sentimenti di attaccamento, mi benedica, e mi creda sempre

Divot.mo ed Obbl.mo figlio in G. C.
† Fr: Guglielmo Massaja Vescovo