Massaja
Lettere

Vol. 2

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Al cardinale Giacomo Filippo Fransoni
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 1220rEminenza Reverendissima

Lega-Amara 8. Novembre 1855.

Il corrente mese finito, compisce il terzo anno dacché sono entrato nei paesi Galla, luogo del mio apostolico ministero – In questo spazio più volte scrissi all’E. V. R.ma, e perché ebbi nessun riscontro, dubitando che le mie lettere siano state perdute, ed altronde premendomi d’informarLa delle vicende di questa scabrosa Missione, non che occorrendo non poche providenze a prendersi, sul finire di Maggio del corrente anno io spediva un’espresso alla costa di Massawah munito di molte lettere per l’Europa, ed in specie a cotesta S. Congregazione di Propaganda, nelle quali esponeva lo stato delle cose ed i bisogni più urgenti – Dopo cinque mesi passati, nessuna notizia dell’espresso mandato, mi fa dubitare che anche queste siansi perdute; quindi, appena oggi si riaprono le communicazioni coll’Abissinia, io spedisco un’altro corriere allo scopo medesimo con molte lettere, raccomandando a Dio di proteggerlo affinché arrivi sano a salvo a Massawah, per sicurezza delle presenti, ed aver notizia delle passate. [F. 1220v] Le più grandi difficoltà per le corrispondenze sono tra qui e la costa di Massawah; io qui non trovo una persona che voglia andare in Massawah, anche con paga enorme; la prepotente Abissinia per il Galla è un precipizio più oscuro della morte stessa, e ad eccezzione di alcuni mercanti mussulmani o Cristiani, i quali ci mettono anche due anni per andare e venire, io non trovo una persona da spedire e debbo disfarmi sempre di un servo fido fra quelli venuti con me dall’Abissinia per spedire lettere alla costa; per questa ragione, benché mi sortano rispettabili somme dalla Propagazione di Lione, pure io qui sono nell’estrema miseria, non avendo ancora in tre anni potuto far venire più di 300. talleri – In Giugno mi arrivò qui da Massawah un carico di un asino, dal quale ho ricevuto carta da scrivere, e qualche oggetto di Chiesa; questo carico portatomi da un mercante, tra la sua paga e ciò che mi ha rubato, mi venne a costare circa 40. talleri; da ciò calcoli le difficoltà – Prima vi era la stazione di Gondar, e quella del P. Giusto in Betlemme, ora tutto è perduto ed io qui mi trovo affatto sequestrato – Dopo sei mesi ho saputo da mercanti l’espulzione del P. Giusto dall’Abissinia, ma nessuna lettera del medesimo, il quale dove sia Iddio, e V. Em- lo sapranno prima di me –

/72/ Il P. Giusto da quanto mi si dice, deve aver preso la via del Sennaar, ed al momento che arriverà [f. 1221r] questa mia alle di Lei mani, il medesimo o sarà in Roma, o per lo meno in relazione coll’Em: V. da cui aspetterà ordini, non potendo avere i miei – Questo individuo pare poco disposto a venire in questi paesi, giacché più volte lo invitai a venire, ma inutilmente, opponendomi sempre delle difficoltà non totalmente convincenti; io piango la perdita di questo soggetto alla Missione, perché mi sarebbe stato utilissimo, a fronte che il suo naturale sia poco portato per l’istruzione popolare, e non prometta da questo canto gran cose; come però è un soggetto molto capace, di un carattere flemmatico e fermo, il più istruito Sacerdote dei nostri paesi nella letteratura Etiopica, io pensava di collocarlo in Gudrù, dove la Missione non ha bisogno di soggetti energici nella parte popolare, essendo il paese di una speranza più futura che altro, ma d’altronde in contatto col qui e più avanti la regione del Goggiam viene citata come centro della cultura amhara e della chiesa etiopica dottore ed Ipocrita Gogiam, al quale avrebbe fatto gran bene anche colle sole relazioni – Giacché il medesimo lo credo perduto alla missione, affinché i studii da lui fatti nella letteratura etiopica coll’ubbidienza mia e non di sua volontà, non diventino inutili alla causa cattolica, bramerei che fosse stabilito in Roma come interprete etiopico presso le Congregazioni, ed a questo effetto, se la S. Congregazione approva questo mio piano io lo nomino procuratore di questa mia Missione presso tutte le Congregazioni [f. 1221v] io però a lui metto la clausula d’intendersela coll’Em: R.ma per la conferma –

La Missione fa abbastanza progresso colla benedizione del Signore, e nella misericordia sua infinita io nutro speranze non indifferenti per il futuro. La rigenerazione di una nazione non è storia che si possa compire in due o tre anni, ma bensì nel giro di secoli; la rivoluzione Europea verso il Cristianesimo si è compiuta dopo cinque secoli, e quella dei popoli Galla dotata di minori mezzi sarebbe da dirsi molto benedetta se si compisce nello spazio di cinque decine di anni; io ringrazierò il Signore se prima di morire avrò la consolazione di vedere pian[ta]te sode basi dell’operazione che i successori dei successori nostri vedranno compita – In Europa nei tempi apostolici vi era il veicolo delle lettere, e mentre gli apostoli dormivano i loro scritti parlavano ai cuori e la voce del Signore correva per tutte le vie; i primi uomini apostolici trovavano colà dei mezzi che non vi sono qui; uomini profundi nella filosofia di quei tempi, appena abbraciavano la fede diventavano apostoli e potevano in pochi mesi dalla loro conversione essere creati Vescovi capaci; qui la cosa cammina tutto all’opposto: nell’istruire non vi è che la nostra parola, e questa morta muore tutto, perché non vi sono libbri e non sono conosciute le lettere; quando il missionario dorme, dorme [f. 1222r] pure l’operazione apostolica; noi qui dobbiamo piantare e creare tutto de novo, persino piantare la vite ed aspettare che cresca per celebrare la S. Messa – Noi qui con molti stenti possiamo sequestrare qualche giovane dai pregiudizii infami del paese, e ciò ottenuto incominciare dall’alfabeto per ogni verso per avere la speranza di un mezzo prete futuro... Ciò nonostante, grazie a Dio, ho già tre /73/ preti indigeni ferventissimi, due Suddiaconi, uno dei quali prima di Natale sarà Prete; e due minoristi che sono due angeli. La maggior parte di tutti questi erano schiavi comprati col nostro pane venuto d’Europa, ed erano creature informi che gridavano misericordia quando passarono nelle nostre mani, per paura di essere mangiati da noi, ora, se non sono dottori, leggono sufficientemente il latino per celebrare ed amministrare i Sacramenti, e posseggono sufficientemente la morale per le confessioni di questi nuovi cristiani; le mie speranze sono tutte riposte nella creazione di questi elementi, e quando ne avrò qualche centinajo sparso morirò beato di avere contribuito alla causa delle anime – Se non posso ottenere nella gioventù tutta quella istruzione che forma l’ornamento di un prete europeo, perché manco di tutto, e non mi è ancora riuscito di far venire una teologia, fuori di quel poco che ho portato nella mia testa, [f. 1222v] ciò nonostante, argomentando da alcuni bei cuori che il Signore mi ha dato nel piccolo gregge attuale, nutro speranze non indifferenti. Io amo meglio creare qui tutto de novo e trovarmi in penuria di preti per qualche tempo, a preferenza di radunare qui una quantità di Abissinesi; nel mio sistema avrò pochi monaci e preti, e questi anche poco istruiti, ma disciplinati ed educati a mio modo con principii severamente cattolici e gerarchici, laddove chiamando qui una quantità di Preti Abissinesi, questi mi obbligherebbero a piantare una Chiesa a loro modo con tutti i pregiudizii ed irregolarità che vi si trovano nel sangue di quel paese che da secoli nulla vuole sapere di disciplina e di subordinazione gerarchica – Avrò per questa ragione qualche poco da combattere, perché in tutti questi paesi vi sono seminati dei Cristiani Abissinesi recentemente venuti di là, i quali non lasciano di dare fastidio, ma se Iddio mi darà la grazia di vincere avrò vinto per sempre e sarò sicuro di piantare una Chiesa solida, laddove introducendo elementi assuefatti al Scisma ed alle questioni di Fede come per facezia, temerei che dopo aver lavorato, nell’ora di raccogliere qualche diavolo distrugga ogni cosa – Per questa ragione l’operazione evangelica qui non fa dei passi da gigante, come potrei fargli fare, se volessi chiamare preti Abissinesi in soccorso. Anche nell’esercizio del ministero vado piuttosto severamente, [f. 1223r] non battezzo se non quelli che presentano disposizioni chiare, e non considero per cristiani, se non quelli che frequentano i Sacramenti e sono assidui all’istruzione, disposto però sempre a ricevere in morte i pertinaci convertiti, come comanda il padrone della vigna che ci manda – Per questa ragione, e perché ora mi occupo sopratutto a fare dei Sacerdoti, il numero dei battesimi non è molto grosso: in Gudrù circa 50., benché i Cristiani siano più di cento; qui in Legamara circa una trentina, benché i detti cristiani siano più di mille; in Limu i battezzati arrivano a 100., ed i detti Cristiani sono anche più di mille – Di Caffa corre l’ottavo mese dacché è partita la spedizione, notizie consolanti ricevo ogni giorno dai mercanti, ma ancora non è arrivata lettera dal P. Cesare capo e Prefetto di quella spedizione, epperciò nulla di positivo – In tutte le quattro chiese che abbiamo conto circa 200. battesimi certi – Il Gudrù è il /74/ meno disposto, perché nutre in cuore un’antipatia al nome Cristiano per causa del Gogiam con cui è sempre in guerra; in tutti gli altri paesi gli stessi pagani si piegano più facilmente, ci vuole un poco d’industria per incominciare, ma dal momento che prendono sono di un carattere che fa piacere, ed il prete Galla spiega un zelo e carattere più spiegato dell’Abissinese piuttosto freddo ed indifferente; tali sono pocopresso le cose – Il tessuto sociale anche [f. 1223v] di questi paesi per un rapporto è meno favorevole e per l’altro rapporto è più favorevole dell’Abissinia; in quest’ultima si trova una certa protezione nei principi comprati per lo più con regali, e col favore dei medesimi si possono ottenere molte cose ed anche fare delle cose clamorose, ma come i principi sono piuttosto volanti, caduto od inimicato questo corre a pericolo di rovescio ogni cosa; il paese Galla è per lo più senza governo, o meglio senza re, diviso in piccole Signorie di nobili detti Borena; fra loro sono sempre in guerra, il loro potere è poco nella parte giudiziale e disciplinare; non si trova qui tutta quella protezione che si trova in Abissinia, e le guerre sono anche seccanti e scabrose, ma piantata una volta l’operazione non è più suscettibile di un rovescio generale, perché fra loro non vi è consiglio affatto; anche nelle più terribili crisi di guerra, un’ora di viaggio troviamo la pace e sicurezza – Ciò che lascia temere qui, sopratutto nel principio è la propagazione di qualche idea sinistra e superstiziosa nel popolo; una volta stabilita un’idea di rispetto e di venerazione, sarà impossibile che siano caciati di qui i missionarii – Per questa ragione nel primo anno in Gudrù abbiamo corso pericolo di essere tutti abbruciati vivi in casa; il paese senza religione, come si sa da tutti, di necessità cade in bracio a pregiudizii e superstizioni le più ridicole e grossolane, le quali prendono un piede di Religione [f. 1224r] imponente che mette dei tributi molto più forti delle decime comandate dalla Chiesa, e producono delle rivoluzioni e crisi terribili di guerra e di sangue; così fu l’affare di Gudrù, dove nel principio, essendo sortito un’epidemia che fece alcune vittime, si sparse [voce] che noi eravamo maghi che mangiavamo la gente, e che al uopo spargevamo medicine; guai se nel momento qualche astuto mago del paese avesse ancora parlato contro di noi, come alle volte per l’oracolo di un mago si fa la guerra e si ammazzano a vicenda; ora per grazia infinita di Dio l’opinione incomincia a stabilirsi nel suo vero senzo in ogni luogo; ciò ottenuto nulla più abbiamo a temere fuori dei nostri peccati. Una parte anche dei paesi Galla è governata da principi più forti e stabili dell’Abissinia, e si trova là una protezione e disciplina molto migliore, benché un severo dispotismo lascii sempre qualche timore, essendo per lo più anche i principi governati da pregiudizii e superstizioni capaci a rovesciare il loro cuore; così è Limu, Gemma-Cacca, Cullo, Ghera e Caffa. benché in quest’ultimo, il più colossale di tutti, il Re non possa rovesciare la missione, come paese Cristiano, dove il Prete è come un secondo Re, a differenza degli altri regni, dove l’islamismo ha piantate le radici, benché il paese sia quasi tutto Galla e suscettibile di educazione Cristiana – L’Abissinia è un paese Cristiano stabilito, /75/ dove la Missione [f. 1224v] trova degli elementi da poter fare operazioni clamorose, ma è un colosso vecchio pieno di malattie insanabili, e sarà sempre una piaga alla Chiesa anche quando sarà convertita intieramente, laddove il paese Galla è una vera selva, dove dobbiamo lavorare a distruggere, per quindi edificare poco per volta una nuova fabbrica; l’operazione di necessità sarà lenta, ma lascia sperare un’impianto vergine; conoscendo ora le cose, vorrei poter togliere ogni communicazione coll’Abissinia, che ci sarà sempre di scandalo e nulla più, ed aprirmi una via al Sud se potessi –

Nel principio di Settembre scorso ho lasciato il Gudrù per due ragioni: la prima, perché colà Abba Salama col suo mecenate principe Cassa avrebbero potuto prendermi; la seconda, perché qui in Legamara mi aspettavano a benedire la Chiesa ed installare le cose di questa Missione, dove fino allora si trovava un solo Prete indigeno – Per sortire dal Gudrù ebbi di che studiare, e non mi riuscì se non con grandi raggiri ed industrie, nascondendo il mio piano, altrimenti quei Signori, benché ancor lontani dal farsi Cristiani, pure, per una sovverchia loro affezione, mi avrebbero trattenuto; arrivato qui fui visitato da tutti i Signori del contorno, e come il paese si trovava alle strette per la guerra che aveva da varie parti, mi pregavano di benedirgli, sperando dalla mia benedizione di poter guadagnare forza per vincere tutti i loro nemici. = voi colle vostre preghiere, dicevano, in Gudrù avete installato Re Gamma [f. 1225r] Moras, il quale ha battuto tutti i suoi nemici, fate anche qui lo stesso = ho creduto bene cogliere la circostanza per far conoscere lo spirito pacifico del Missionario esortandoli alla pace, e dissi loro = io posso nulla presso Dio per voi, se prima, come ho fatto in Gudrù, non tento ogni via per fare la pace; i vostri nemici mi sono figli eguali a voi, ed essendo loro padre non posso pregare affinché muojano e cadano vittima della vostra lancia, come voi bramate; io dunque tenterò la pace. Se Celia (nome del paese nemico) dice di no, io sarò con voi, se voi dite di no, io sarò con Celia, e chi sarà con me spero in Dio che la vincerà = Al sentire queste mie parole, fecero consiglio fra loro, quasi tutti decisero di mettersi nelle mie [mie] mani, uno o due dei più forti si opposero, e la cosa restò così. Due giorni dopo, nel giorno di S. Luca, appena noi avevamo finito in Chiesa la funzione del Battesimo di un[’]intiera famiglia, si alzò il grido della guerra, Celia è venuta, si sono battuti sino dopo mezzo giorno, ed i nostri ebbero il dissotto, Celia secondo l’uso, abbruciò case tutto il giorno, circa 800. case andarono in fumo, cioè tutto il villaggio di quei tali che si erano opposti alla pace; il fuoco arrivò a un tiro di pietra vicino alla Chiesa, mancomale abbiamo dovuto tutti fuggire, e trafuggare gli oggetti di casa e di Chiesa – La giornata fu di desolazione per il paese ed io temeva che da ciò si spargessero cattive [f. 1225v] prevenzioni contro di me = due settimane prima, diceva fra me, sono stato ricevuto come un Dio, probabilmente sarò obbligato a fuggirmene di notte come un ladro = Iddio però fece risultare l’opposto; il capo di coloro che si mettevano nelle mie mani per la pace, prima di andare alla guerra passò da me a farsi /76/ benedire, ed in quella giornata ammazzò due, (onore molto desiderato) ed in tutto il suo paese si passò giorni in canti di lode a Dio ed a me; quindi i Signori invece di allontanarsi da me, si unirono tutti e vennero a me, e mi dissero = la vostra casa non abbruciata è un segno della protezione di Dio, noi giuriamo tutti di stare alla vostra parola, sia per la pace che per la guerra; se voi volete la pace, sia, solamente noi non la domandiamo, domandatela voi = non tardai a vedere l’imbroglio per me; per una parte bramava questa circostanza per fare conoscere al publico lo spirito pacifico del prete, e distruggere così alcune prevenzioni che alcuni nemici di Gudrù cercavano di spargere; la circostanza era molto propizia, ma Celia non conosceva ancora i preti, ed io avrei dovuto mandare i miei preti in un paese nemico con pericolo di essere ammazzati, e sopratutto in caso di negativa io avrei poi dovuto prendere parte attiva nella guerra dando una speranza al paese che Iddio mi teneva in forse..., nel bivio, indotto dai Cristiani e dai preti medesimi dissi di sì, persuaso nel mio cuore di fare un’imprudenza; si allestì la spedizione ed i due miei Preti P. Michele Ajlù e P. Giovanni Morka con croce, accompagnati da una donna grande di Celia maritata in [f. 1226r] Legamara, la mattina del 21 Ottobre accompagnati con solennità sino alla frontiera da tutto il paese, – entrarono in Celia nel momento di pieno mercato, e tutto il paese tripudiò di consolazione, ed al vedere la pecora che portavano secondo l’uso con al collo un nido di uc[c]elli legato, tutto il mondo gridò = Iddio ha mandata la pace, sia ricevuta... = mussulmano focara forse qui il M. indica uno di quei personaggi che altrove chiama → fakiri un mussulmano focara, geloso che i preti avessero l’onore di pacificare questi paesi, si mise a gridare in mercato = questi voi non li conoscete, sono maghi mandati dai nemici per seminare medicine per le quali tutti i vostri soldati moriranno, ed il paese sarà perduto...» tanto bastò per rovesciare ogni cosa e gettare i poveri preti nella più terribile crisi; i parenti della donna che gli scortava colle armi gli scortarono sino alla frontiera frammezzo alle lancie ed alle pietre, senza questi sarebbero morti indubitatamente – Dalla loro partenza sino al loro arrivo il mio cuore bolliva come una marmitta; quando gli viddi comparire, prima di domandare le notizie della pace gli strinsi al collo e ringraziai Iddio del loro ritorno; arrivarono che tutto Gemma stava sulle armi vicino alla mia casa; io ho dovuto parlamentare i soldati in favore della guerra con Celia a fronte che il mio cuore bramasse la pace – Vennero i Signori da me in particolare e mi dissero = noi abbiamo giurato di metterci nelle vostre mani, la pace è stata rifiutata, dunque tocca a voi sostenere il paese colle vostre preghiere [f. 1226v] , il paese sia vostro, noi vi daremo tutto ciò che volete, voi mettete una medicina sulla frontiera di Celia, per la quale i nostri nemici cadano nelle nostre mani.» come qui sono accostumati, tutto è medicina, e tutto superstizione, io ho creduto bene di non contrariargli, e risposi loro così: «voi mi domandate medicina, ed io ve la darò, la mia medicina è quella che ha soggiogato tutto il mondo, ma vi prevengo che se voi in seguito adorerete ancora il Demonio, il serpente, gli alberi, i maghi, e simili, la mia medicina sarà nulla, /77/ e chi farà cosa simile morirà in guerra; domani radunate tutto il paese, e con grande solennità manderò a piantare la medicina.» L’indomani diffatto, tutto il paese radunato intorno alla mia casa, ho parlamentato di nuovo i soldati in modo da far loro concepire una ferma fiducia in Dio solo, poscia ho attaccata una Croce allo scudo di tutti i capi, ed i due preti partirono con loro a piantare le croci lungo la frontiera con grande solennità. Questo fatto rilevò il coraggio caduto dei nostri e mise lo spavento nei nemici, i quali si divisero fra loro, gli uni rimproverando agli altri il cattivo ricevimento fatto ai preti portatori della pace. Le notizie di questo fatto si sono sparse da tutte le parti, e passarono tre settimane senza alcun movimento di guerra; i nemici incominciano mandarmi di nascosto qualche messaggio che mi lascia sperare una futura pace; guai a me se vi seguisse una [f. 1227r] disfatta dei nostri nei luoghi della croce, ma vi è Dio che guarda il decoro della medesima; io temo, perché la mia fede è debole in confronto di tutti questi neofiti, e dei medesimi pagani; mi arrossisco – Iddio facia, ciò ottenuto, sarà ottenuto il decoro della S. Croce. Molte sono le dicerie che si spargono, ma come fra i due paesi non vi sono aperte relazioni, non posso dire il positivo: si dice che in tutti i luoghi dove i preti furono ingiuriati e minaciati di morte si sentono continuamente grida di guerra come sotterranei... come qui si usa di leggere i risultati futuri della guerra nel sevo che circonda la pancia degli animali – dai nostri fu amazzato secondo il solito il vitello maschio per vederne questo sevo, e fu trovato favorevolissimo; in Celia se ne uccisero sette in una giornata ed uno annunziava futuro peggiore dell’altro... noi non possiamo dare retta a queste cose che proibisco, ciò nonostante dobbiamo dire che essendo vero, Iddio parla ai gentili nel loro linguaggio quando si tratta della verità, come per il falso Profeta Baal annunziò la venuta della stella di Giacobbe – quello che so di certo, il figlio di quel mussulmano che guastò l’affare della pace, cadde della stessa giornata in mortale infermità, nella quale non fa che gridare = il solo prete di Gemma mi può guarire; il suo padre mandò ad interrogare un gran mago conosciuto in tutti i paesi Galla relativamente al figlio, ed egli [f. 1227v] rispose = non state a venire più da me, perché avete Iddio in collera contro di voi, fate la pace coi preti di Gemma = Passo ora ad alcuni quesiti pei quali domando soluzione e facoltà.

Questi Galla sono poligami ed hanno mogli in quantità a misura delle loro sostanze; alla quantità della mogli sposate, e delle schiave considerate per mogli, si aggiunge ancora l’uso o meglio diritto di ereditare le mogli del defunto fratello, cosa sacra in paese, e quasi come di dovere. Questa caterva di mogli sono tutte vere schiave di un padrone despota assoluto e re, senza nessun freno di legge o tribunale superiore, il quale può batterle, ed anche ucciderle a suo talento, senza nessun timore, perché ogni Galla è Re in casa sua. Per parte delle mogli non si può dubitare dell’affetto all’unità coniugale, e tutte pretenderebbero l’unità di amore dal loro marito; quaeritur perciò

/78/ 1. An, accedentibus aliter omnibus dispositionibus requisitis ad Baptismum, possint baptizari omnes uxores unius viri polygami, cum solo proposito non quaerendi alium virum, ac etiam illum relinquere, si poterit? In casu negativo, quaenam possit baptizari, an illa quae dicitur prima uxor, quia fuit primo desponsata? an illa quae primo accedit ad Baptismum? In hoc ultimo casu, utrum haec baptizata debeat considerari tamquam vera uxor cum omnibus [f. 1228r] consequentiis legittimi matrimonii? An ad licite baptizandum, requiratur absolute propositum separationis a viro polygamo, vel saltem propositum potius moriendi, quam debitum reddendi, cum tale propositum supponat charitatem in gradu cujus non est capax simpliciter neophitus, – Concilia etenim requirunt solum ad Baptismum charitatem aliquam initialem, quae impar est tale propositum generandi –?

2. Cum vir polygamus quaerit Baptismum, an debeat necesse uxorem primam pro legittima habere, et omnes alias relinquere, vel potest ex omnibus eligere pro libertate in legittimam uxorem – Cum autem etiam C[h]ristiani baptizati in haeresi ut plurimum sint polygami, quaeritur etiam, utrum in conversione debeant primam necesse ut legittimam unicam uxorem declarare, an possint etiam ipsi inter concubinas eligere?

3. Quid dicendum de jure haereditandi uxorem fratris defuncti? An possit saltem veniens ad fidem uxorem fratris eligere, ut supra in legittimam uxorem, absque gravi alia causa[:] sola ea quae procedit a jure locali, propter periculum fidei, ut titulo dispensationis, juxta facultatem extraordinariam utamur, vel requiritur alia gravissima causa?

Il prete in Europa incontra delle difficoltà [f. 1228v] nell’esercizio del suo apostolico ministero, ma sono tutte difficoltà ordinarie; qui tutto è straordinario; questa poligamia è un gran fastidio: sopratutto fa compassione la condizione delle donne, le quali sono vere schiave prima del Matrimonio e dopo il medesimo; la figlia è data dai parenti senza nessun suo consenso, e maritata deve stare come schiava; se la poligamia passiva per parte di queste è un’ostacolo al Battesimo, alle donne è impossibile questo Sacramento; Onde interrogato dai mission arii a questo proposito pro interim ho risposto così: il Battesimo si distingue dalla Penitenza in questo, che quest’ultima esigge di necessità un dolore sommo dei peccati ed un proposito fermo di non peccare; il Battesimo esigge solamente istruzione, fede e carità iniziale ed un tal quale dispiacere dei peccati compatibile ad un catecumeno privo ancora della vera Fede teologica e carità relativa; potersi battezzare perciò qualunque [chiunque] presenti una volontà generale di osservare i divini comandamenti; l’atto erojco poi di prima incontrare mortali sventure a preferenza di restare con un uomo poligamo, dobbiamo sperarlo dopo il Battesimo, ma non esiggerlo prima, altrimenti questo Sacramento diventerebbe impossibile a molti – Che ne dice di questa mia risposta? o noi dobbiamo così fare, oppure addottare il sistema di tener come catecumeni tutta questa gente sino alla /79/ morte, come pare che fosse antica disciplina della Chiesa – Per carità mi procuri risposta di tutto ciò dalla S. C. del Concilio. [F. 1229r] L’Apostolo S. Paolo parla di una moglie fedele che ha un marito infedele, e stabilisce due punti di legge evangelica, l’uno è la solubilità del matrimonio per la disparità del culto, l’altro punto è una prudenziale tolleranza, attesa la circostanza di crisi – Qui la separazione non può aver luogo, perché le donne sono vere schiave; deve avere luogo la tolleranza nel senso dell’Apostolo? questi senza far menzione dei poligami, quali senza dubbio vi erano allora, non gli esclude – Il vincolo del matrimonio come semplicemente naturale deve dirsi legittimo per parte di una moglie che nulla vuole e deve sapere della corruzione del marito poligamo? in caso affermativo, pare che possa aver luogo la tolleranza dell’Apostolo –

Innoltri avvi in questi paesi il commercio dei schiavi; questo traffico dalla più parte del popolo è considerato come un distintivo dei mussulmani; pochi cristiani fanno questo traffico; fui interrogato dai missionarii di Ennerea come dovevano regolarsi relativamente a questo; alcuni Cristiani considerano questo come il più gran peccato, ed alcuni altri pretendevano la facoltà – Risposi in questi termini = Il commercio dei schiavi è proibito dalla civilizzazione evangelica bensì, ma non è un divieto precettivo del Vangelo; si lascia perciò la cosa al prudente discernimento del Confessore di permetterlo con gravissima causa con quelle restrizioni e clausule che crederà necessarie = quid dicendum de hac responsione?

F. 1229v Anche fra questi popoli Galla ha preso gran piede il culto di Ghebra Menfescheddus ገብረ፡ መንፈስ፡ ቅዱስ Gäbrä Mänfäs Qəddus “Servo del Santo Spirito” è uno dei santi più venerati dalla chies etiopica, strettamente legato alla fondazione del monastero sul monte Zəqʷala ዝቋላ.
Le narrazioni leggendarie della sua vita, comprese in diverse redazioni degli “Atti” (ገድል Gädl) non consentono di collocarlo in un contesto storico preciso. Egli sarebbe vissuto 562 anni; nato nel Basso Egitto, avrebbe passato 300 anni da anacoreta, per poi andare, su ordine divino, in Etiopia presso il monte Zəqʷala (ca. 70km a sud di Addis Abeba), dove passò il resto della vita compiendo numerosi miracoli.
quel certo Santo Abissinese, detto Ghebra Menfescheddus, oppure Abbo: per questo, non solo i Cristiani di origine, ma anche i pagani, sono così fanatici, che lo mettono prima dello stesso Dio in certo senzo; la storia di questo già l’avrà sentita da Monsignore Dejacobis, ma come è di origine Galla, dirò anche io due parole: da ciò che ho sentito in Abissinia di lui, e da quanto sento qui dal popolo, questo Abbo era un vero mago, come tutti gli attuali maghi Galla; non si dice di lui altro che miracoli della natura di quelli che fanno i maghi attuali, e non si parla affatto delle sue virtù – Riprovare questo culto è lo stesso che farci chiamare mussulmani; si è pensato qui d’introdurre sotto il suo nome la divozione di S. Francesco; già la cosa ha incominciato, e questo Santo qui fra gli indigeni porta il nome di Abbo, che noi diciamo e spieghiamo = Padre di tutti i monaci = Quid dicendum? Possiamo far fare questa figura al Patriarca San Francesco, e permettere che si stabilisca questa prattica? Ciò essendo, bramerei che la cosa fosse riconosciuta anche nella missione dell’Abissinia per oracolo della S. Sede, onde ottenere unità –

Rimane ora a dire qualche cosa sul rito da addottarsi in questa nuova missione. La posizione del paese, in contatto coll’Abissinia, e viaggiato da molti mercanti della medesima, e popolato anche in gran parte da antichi emigrati di essa, divenuti veri Galla col nome di Cristiani, vorrebbe [f. 1230r] il rito Etiopico; l’operazione sarebbe anche più facile e semplice, poiché si potrebbero far venire dal- /80/ l’Abissinia allievi Studenti, e Deftari per istruire. Trattandosi però di un nuovo impianto che costa molti sudori alla Chiesa, dobbiamo perlomeno prepararci seriamente prima d’introdurre il rito Etiopico – Il rito Etiopico ha questo di utile, che si presterebbe di più per facilitare l’operazione, ed anche incontrerebbe il genio dei pochissimi recentemente venuti dall’Abissinia, i soli capaci di rilevare la differenza ed opporre qualche difficoltà, poiché i Cristiani nati in questi paesi nulla sanno giudicare di rito e di fede; ha di contrario poi la sua imperfezione per ogni riguardo, mancante persino di un pontificale e rituale, quindi la scarzezza e corruzione della letteratura sacra e scienza; una volta piantato questo rito, questo paese sarà sempre discepolo dell’Abissinia piena di pregiudizii e corruzioni in fede, in disciplina, in letteratura, ed in morale, e quella prevaricando, prevaricherà anche questo paese senza altri lumi superiori –

Il rito Latino poi troverà qualche difficoltà per stabilirsi qui per causa dei negozianti, i quali possono seminare qualche diffidenza nel popolo, vedendo una lingua e cerimonie diverse dal loro paese, ed i missionarii avranno anche più da lavorare, dovendo creare tutto de novo, e non potendosi servire di nessun elemento etiopico; ma una volta piantato questo rito, noi avremo veri fratelli qui, [f. 1230v] i quali conosceranno le nostre lingue ed i nostri libri, e così tutto il capitale di Teologia, e di mistica, tutto il fuoco sacro, che è l’eredità dei nostri Padri, sarà acceso qui, ed il nostro capitale sacro sarà tutto communicato, e questo paese col tempo potrà tenere in freno la stessa Abissinia, e correggerla nelle sue corruzioni; la missione Etiopica ad ogni passo deve mettersi la mano alla bocca e tacere dicendo: ciò non è de jure absoluto lasciamo correre per non perdere la nazione, il povero missionario non può neanche avere la consolazione di celebrare se non da ladro in abscondito, perché la superbia del paese non vuole conoscere altro per legittimo, se non ciò che è indigeno – Io non sono nemico dell’Abissinia, ciò che ho fatto per la medesima, e ciò che sono disposto a fare, mi giustificano abbastanza in questo; dico ciò unicamente perché amo di far conoscere la verità, e se la decisione stesse nelle mie mani, vorrei persino togliere ogni communicazione fra questi due paesi; ma io non posso, ne voglio decidere. La S. Sede esamini la cosa e poi decida, e mi mandi la decisione, quale essendo per il rito etiopico, io stabilirò questo con tutte le diligenze possibili; se sarà per il Latino, farò ogni possibile, e credo di potervi riuscire – Se la decisione sarà per l’etiopico La prego di procurarmi la facoltà di ordinare in Latino, e di amministrare in Latino quei Sacramenti pei quali manca il rituale etiopico, [f. 1231r] come pure quella di far passare poco per volta gli attuali preti al rito etiopico, quando avranno appresa la lingua, poiché ho già incomminciato nel rito Latino, e prima che venga la risposta spero di avere almeno una decina di preti indigeni di rito nostro. Se poi la decisione fosse per il rito Latino, La prego di ottenermi le seguenti facoltà – 1. Di osservare la Pasqua Etiopica con tutte le sue conseguenze di feste e di digiuni – 2. Di osservare i digiuni etiopici i più cogniti, come Venerdì, e Mercordì; quello /81/ dell’Assunta, ecc ecc – 3. Fino a tanto che il paese sia accostumato al rito nostro, di mescolare o meglio frapporre qualche pezzo di canto etiopico nella liturgia, come il Pater noster etiopico ed il Credo nella Messa, non da dirsi dal celebrante, ma solo dai cantori; e così nelle altre funzioni –

Le pagelle di facoltà concessemi ad decennium nel 1846. sono vicine a spirare, e prego V. Em: R.ma a farmele rinnovare; da ciò Ella vede che sono vicino al decennio del mio episcopato, passato in tristi vicende che mi hanno invecchiato; se avessi fatto qualche cosa di più oserei domandare un poco di riposo, ma come ho ancora fatto nulla, farò meglio a starmene quieto, per non prendermi una parucca papalina, – mi duole solamente, che venendo vecchio perdo la pazienza, e la collera mi comanda piuttosto frequentemente; con questi

[f. 1231v]

indigeni vi vorrebbe altro capitale di pazienza che non ho – Dopo aver tenuto una cattedra 12. anni in Europa, dover qui insegnare l’alfabeto a talpe, per essere divenuto Vescovo di Cassia e tamarindi, è una cosa che invece di rinfrescare riscalda davvero; tutto sia per amor di Dio –

Nelle mie precedenti aveva domandato due coadjutori, proponendo il P. Giusto da Urbino, ed il P. Cesare da Castelfranco; il primo di questi non lo credo abbastanza soldato per ritornarvi, qualora abbia posto piede in Europa; resta il secondo, per il quale bramerei che tutte le credenziali fossero dirette a me secretamente con facoltà anche di prescinderne, qualora occorresse il caso; come questo individuo è stato poco con me, facio ora di lui l’ultima prova; se le notizie di Caffa saranno buone, è segno che è un colosso, perché là ha tutte le occasioni per guastarsi, ed ha nessun timore, essendo lontano da me, e forse più ricco di me – Se poi vi fosse qualche cosa non vorrei trovarmi alle strette di coscienza; per ora tutto va bene –

Essendo andato fallito il P. Giusto, La prego di mandarmi un’altro consacrato Vescovo, il quale, purché sia del mio Ordine, potrà essere scielto dalla S. C. di Propaganda – Di necessità deve essere teologo, perché, stante la lontananza, qui dovrà essere Papa, e senza le Congregazioni che lo assistino ed ajutino; le sue campagne saranno forse meno dolorose delle mie, ma più scabrose; qui senza poter avere consulti dovrà decidere su due piedi [f. 1232r] casi i più complicati – Sia poi anche uomo solido e senza grilli giovanili, perché qui sarebbe senza freno fuori del timor di Dio; sia paziente, perché sarà mio coadjutore sino alla morte, il mio cuore è divenuto come la schiena di arizzo “riccio” piem. ariss un’arizzo tutta spine. S. Santità è padrone di mandarmelo anche col titolo di Superiore, e sarei fortunato di riceverlo come tale, gli farei vedere che sono monaco e che conosco l’ubbidienza dovuta, e per l’amore che ho alla disciplina gerarchica essenzialissima a stabilirsi in questi paesi, gli sarei servo fedele sino alla morte; ma come ciò dico senza speranza che sia, essendo uso contrario delle Congregazioni, venendo il medesimo come coadjutore deve venire disposto a stare ai miei ordini come un monaco. Il P. Cesare da Castelfranco non potrà più sortire da Caffa, il neove- /82/ nuto perciò dovrà stare con me sempre, ed io sono impaziente di averlo qui per piantargli nel cuore tutte quelle massime e calcoli che ho veduto necessarii per l’impianto di questa Missione, – il testamento che ho da fare è molto lungo, e temo di non aver tempo a finirlo, – chi viene qui col carattere episcopale, venga disposto a ricevere nessun onore da Vescovo, e nessuna commodità di quelle che sono in uso in Europa – l’onore nostro è quello di essere Servus Servorum Dei, non di nome ma di fatti; commodità poi nessuna affatto, sappia che l’ultimo servo in Europa fa vita più commoda di me che sarò il suo Superiore – Qualora manchi [f. 1232v] il soggetto di questo carattere, mi mandino a preferenza le credenziali per il P. Felicissimo da Cortemilia, al quale non manca altro, se non un corredo completo di scienza; nel resto ha dei numeri che lo fanno desiderare a preferenza di ogni altro dagli indigeni – È meglio avere un meno dotto che una testa piena di grilli, fatta per guastare l’attuale unità che si trova nel piccolo gregge – Io sono solito a gridare prima per non gridar dopo; V. Em: sa che io non ho ancora spedito lagnanze relativamente agli attuali missionarii, e da ciò comprenderà, che venendo uno, saprò anche pazientare colla grazia del Signore, ed anche soffrire qualche piaga, ma ad ogni evento è meglio che non ci sia – A chi perciò sarà consacrato facia presente queste mie idee, e gli dica che tenga in cuore stretto tutti gli onori che riceverà in Roma da Vescovo, perché non vedrà più altro; così è stato di me – Chi viene, venga secreto in modo che neanche sia conosciuto come Prete in Massawah stessa; venga come viaggiatore; sia diretto a Monsignor Biancheri che lo diriggerà nel modo di passare l’Abissinia – Venga munito di tutto, massime di libbri teologici e canonici, liturgici, e vasi sacri, senza dimenticare una provvista di medicine – Nel caso che sia promosso P. Felicissimo, vengano due altri missionari – Bacio la Sacra porpora e pregandola a benedirmi, sono

D. Em: V. R.ma

Divot.mo Servo in G. C.
† Fr: G. Massaja Vescovo

F. 1219v P. S. In Maggio io aveva scritto, pregandola di ottenermi la facoltà di poter ordinar Prete Fr: Pasquale da Duno fratello lajco, atteso il gran bisogno che ho di preti – Come pure, in caso che il P. Leone des Avançèr domandasse di venire in questa missione, Le diceva che io non mi opponeva; se prima scrissi di mandarlo nelle Indie era perché non sapeva allora dove collocarlo; ora che ne ho bisogno lo domando, non fosse altro, per far vedere che io stimo questo soggetto, ed allora aveva niente contro di lui, se non le circostanze contrarie –

Item scrissi pure, pregando V. E. R.ma di farmi nominare un’amministrazione in Egitto che abbia cura di tutti i capitali di questa missione; Monsignor Guasco fa molto bene, ma potrebbe morire lasciando delle oscurità e questioni, che io lontano non sarei in caso di coltivare; un’amministrazione non muore; nella medesima /83/ potrebbe essere membro perpetuo il Presidente di Terra Santa, il Superiore dei Lazzaristi pro tempore, ed il Canceliere del Consolato francese – In Egitto ho comprato una casa in società con Monsignor Guasco di mia parte colla somma di 1500. talleri; le carte di questa compra furono rimesse al M. R. P. Agostino d’Alghero, quale ritornò in Europa, e nulla so a chi abbia rimesso molte carte essenziali, conti, e sopra tutto la mia croce gemmata molto preziosa; relativamente a questo soggetto scrissi più volte all’E. V., e ad altri, ma nessuna risposta di ciò che ne sia avvenuto –