Massaja
Lettere

Vol. 2

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288

Al cardinale Alessandro Barnabò
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 288rEm. R.ma

Gemma – Lagamara 4. Marzo 1862.

Dopo chiusa l’ultimo quinterno, avendo riletto il letterone del P. Gabriele, veggo il bisogno di aggiungere ancora alcune linee onde finire per parte mia l’affare del rito. A tale riguardo, benché io sia persuaso che cotesta S. C. non sia assolutissimamente risolta a fare un simil passo, come mi suppone il suddetto Padre, atteso che la medesima in un affare così importante non suole precipitare, e fare senza consiglio delle persone che conoscono la facia dei luoghi, non essendo cose che spettano la purità della fede, per cui ab alto immediatamente riceve i lumi, ma bensì cose che riguardano la storia dei popoli conoscibile per relazione delle persone che conoscono, la facia dei luoghi medesimi, pure credo bene di prevenirla ad ogni evento, che nel caso come sopra supposto io La pregherei di sospendere una simile decisione [f. 288v] e di chiamarmi prima a Roma, perché, potendo, io sarei intenzionato di venire a trattare questo affare, o non potendo crederei bene mandare una persona capace, non potendo io ad ogni costo sottoscrivere una simile ope- /345/ razione senza prima far conoscere ogni cosa per essere sgravato di simile debito coram Deo et hominibus, i quali dopo un certo tempo non mancheranno di supporlo promosso da me; fatto ciò io sarò loro umile servo per ubidire ad ogni cenno. Le notifico pure che ho un voto che mi lega a questi popoli sino alla morte, di cui, benché abbia già domandata soluzione direttamente al S. Padre, pure mi raccomando anche a Lei onde ottenerla, non avendo altro vincolo che mi trattiene qui per volare a Roma direttamente, qualora le forze ancora me lo permettano, vedendo una trappola ordita dal diavolo per distruggere questa povera missione appena ora incominciata; i paesi Galla sono paesi vergini ancora senza rito, nei quali [f. 289r] la lingua etiopica, amara, latina sono egualmente lingue pellegrine, non posso comprendere come Ella mi dica di ordinare in latino purché gli ordinati restino nel loro rito, forseche i Galla hanno un rito? Se è dovuto ai Galla il rito etiopico perché non sarà dovuto al Sennaar, alle regioni del fiume bianco, più vicini, ed a due passi di qui? perché non sarà dovuto a tutte queste popolazioni sino al mare indiano al Sud? chi mai ha pensato di piantare il rito etiopico nei paesi suddetti? qualche vista secondaria, di cui cotesta S. C. non ne conosce ne la fonte, ne la fine, come suppongo promove una simil cosa di rovina, ed il tempo solo lo giudicherà. Forse l’Em. V. R.ma attribuirà questo mio modo di parlare a spirito d’insubordinazione e durezza mia, cosa che è molto lontana dal mio sistema, ma sia anche questo per l’amore alla buona causa, lo star quieto è proprio dei sciocchi e delle donne, cedere dopo aver battuto è sempre onorevole ed anche meritorio nella guerra giusta, il giudizio ultimo è riservato al tempo e a Dio...

F. 289v Potrebbe darsi anche che non sia tutto quello che penso, ma chi è lontano è per lo più fatto zimbello di tutti, anche dello scopatore della regia... Ella anche nelle di Lei veneratissime non avendomi comandato di spedire il mio parere sull’affare del rito, mi fece dubitare, epperciò ho creduto bene di scrivere ciò che ho scritto; forse io non vedrò più la risposta, perché sono sempre ammalato, ma ad ogni evento mi sono sgravato di una risponsabilità che mi pesava; nel caso poi di non poter più essere utile all’opera di Dio, anzi di peso alla medesima, il partirmene di qui potrebbe darsi che sia anche un dovere, potendolo fare, non è perciò male che mi mandino la dispensa suddetta di poter venire in Roma.

Nel 1853. ho scritto dal Gudrù la rinunzia del Gogiam statomi affidato da principio portando per motivo che le operazioni dei paesi Galla erano di rito latino, ed il paese suddetto di rito etiopico; esaminimo queste lettere e le risposte, e vedranno se ho arbitrato nell’impianto del rito.

Le bacio la S. porpora e sono

† Fr: G. Massaja.