Massaja
Lettere

Vol. 3

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Al padre Domenico Gouttes de Castelnaudary OFMCap.
vice prefetto della missione dei Galla – Parigi

[F. 1r]M. R. P. V. Prefetto Domenico in G. C. Amat.mo

Alessandria Giovedì Santo 24. Marzo 1864.

Ritornato jeri mattina soddisfattissimo e carico forse più di beatiglia tessuto sottile usato per gli abiti delle suore beatiglie che non di indulgenze dal mio breve e precipitoso pelle- /75/ grinaggio di Gerusalemme, ho trovato qui che mi aspettavano moltissime lettere d’Europa, fra le altre le due veneratissime della P. V. M. R. ed arcicarissima una del 24. Febbrajo e l’altra del 29. detto.

Debbo confessarLe ingenuamente che mi trovo commosso al sommo dello stile umile e rispettoso con cui Ella mi scrive; da ciò argomento ancora che potrei essere tranquillo certamente per l’avvenire e far capitale di Lei per combinare seco Lei tutti gli interessi della missione come si trovano hic et nunc, certissimo che Lei non nutrirà in cuore nessun spirito di contradizione al bene della medesima, e che sarà disposto a cedere in tutto, come mi protesto disposto io per il bene della missione alla quale siamo consacrati, ed anche per il decoro del nostro Ordine di cui siamo figli; di tutto ciò io ne vado certissimo, e posso dirLe ancora consolatissimo. Vuole che Le dica di più? Sopra il S. Sepolcro di Nostro Signore in Gerusalemme ho fatto proponimento di non parlare più a nessuno, fuorché a Lei ed a cotesto P. Provinciale di tutti i miei gravi disgusti in proposito, pentito di aver parlato prima qualche cosa, e ciò a Roma solamente; ecco la ragione di tale mio proponimento: io mi trovo attualmente così disgustato e disanimato, che non so quale coraggio possa avere ancora per andare avanti, e ciò per una pura mia debolezza, poiché conosco benissimo che dovrei essere superiore a tutto, e spingere avanti la causa di Dio, qualunque possano essere gli elementi e le circostanze [f. 1v] attuali contrarie; quindi conosco di più che spingendo io le cose molto avanti nascerebbe un’altro inconveniente ancor più grave che finirebbe di rovinare la missione che mi ha costato sin qui tante fatiche, sospiri, e dolori, perché immancabilmente si disanimerebbero anche le P.P. Loro, e la Santa Sede medesima, e così sarebbe finita ogni mia speranza di bene e di salute per quei popoli che tanto amo tuttora.

Caro P. V. e Prefetto Amat.mo, Ella per carità non si disanimi, ma facia coraggio nell’apostolato ricevuto, Ella longi dal pensare che io sia contrario a Lei, io vorrei anzi che si persuadesse che io temo anzi che Lei disanimato cerchi di ritirarsi, poiché la missione che ci è toccata longi dall’essere un regalo all’amor proprio nostro, è anzi una soma insopportabile per la quale non bastano i sudori e le privazioni di ogni genere, ma è necessario di più essere disposto continuamente a sopportare piaghe che finiscono sempre per divenire un cancro insanabile al cuore, perché sta scritto che il Sacerdote agli infedeli deve fare due parte una di maestro che è la minima, e l’altra di vittima pacificatrice in supplemento o continuazione del Sacrifizio del Calvario; sappia che oggi solamente io ho avuto l’ultima prova di questa gran verità; Lei non crederebbe che ancora attualmente mi arrivano lettere di Francia a ferirmi in ciò che debbo avere di più caro come Vescovo che è la riputazione; ancora attualmente io ricevo lettere di amici francesi nelle quali mi suppongono dette e trattate cose molto gravi contro di me, senza dirmi cosa, dimodoché lo confesso ingenuamente che mi vergogno di venire avanti coi ragazzi indigeni, perché sentirebbero forse in /76/ Europa certe cose contro di me che hanno mai sentito colà nella missione, dove sono certo di godere una riputazione completa. Essendo così, caro Padre, quale consiglio Ella mi darebbe? Per parte mia ho già fatto un sacrifizio generoso di tutto, e L’assicuro che io dirò più nulla, ne farò il menomo passo in mia diffesa, ma non così di coloro che hanno [che hanno] detto qualche parola, [...]