Massaja
Lettere

Vol. 3

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Al canonico Giuseppe Ortalda
direttore della Propagazione della fede – Torino

P. 146

Lione 12 luglio 1864.

Ecco oggi compite due settimane, dacché ci siamo se- [p. 147] parati in Susa, se pure la nostra può dirsi separazione, poiché come prima io ho sempre pensato a lei, e son certo che lei ha sempre pensato a me; tutti due trattiamo la stessa causa, serviamo allo stesso padrone, e mangiamo alla medesima tavola ogni giorno, non è forse ciò vero? Tutto il mondo loda il progresso dei vapori, i quali riducono le estremità della terra alla lontananza di poche ore e di pochi giorni, e che minacciano ancora di arrivare al cielo senza meriti, ma noi siamo molto più felici col semplice progresso della fede, perchè col medesimo, facendo una parentesi che ci separi un istante e squarci l’apparato nuvoloso della nostra carne infelice, sul momento il cielo e le estremità della terra faranno un panorama solo del cristiano assorto in Dio. Caro signor Canonico, appunto con questi calcoli parmi ancora di essere con lei in Torino a fare il giro dei stabilimenti Cottolengo e Bosco, ed a conversare con certi apostoli della fede che a dirgliela mi hanno confuso, perchè posso assicurarla, che io ho creduto sempre ancora di essere qualche cosa, prima di vedere certe anime grandi di Torino e del Piemonte, ma ora mi sono disingannato, ed ho trovato dei maestri gli esempii dei quali mi hanno umiliato ed ammutolito. Ella stenterà a credere, eppure è così, io medito giornalmente alcuni momenti preziosissimi passati nelle case Cottolengo, Bosco ed in alcuni altri stabilimenti e parrocchie di Piemonte, e mi pare un portento il vedere tanto amore di Dio, tanto zelo in reggimenti intieri di giovani, di donzelle e di intiere popolazioni; ora comincio a persuadermi che Iddio vuol dare l’ultimo scacco al diavolo nel luogo stesso, dove lui ha tentato di piantare il suo trono. Ella mi capisce, non dico di più, Iddio porti a compimento la missione cattolica che ha suscitato in Torino, e son certo che il diavolo se la vedrà brutta.

Debbo poi dirle, che sono arrivato qui da sei giorni, nell’ultimo congresso tenuto dal consiglio centrale che ha avuto luogo venerdì scorso 8 corrente ho avuto l’onore di sedermi con tutti i consiglieri in congresso; hanno voluto sentire dalla mia bocca tutte le relazioni, spettanti alle missioni dell’Abissinia e dei Galla, ma il materiale /115/ era tanto che non l’ho potuto esaurire, ed avrò bisogno di fare una seconda seduta per dire anche solamente il puro necessario. La prevengo perciò che nemanco in questa se- [p. 148] conda seduta io potrò ancora toccare veruno dei punti da lei raccomandati, l’assicuro però che non li dimenticherò, e se non tutto, almeno in gran parte spero che lei sarà consolato. Prima di sortire con vantaggio, è necessario prendere possesso dei cuori, conoscere dove si può parlare con utilità, dove inutilmente, e dove con danno, epperciò credo che V. S. capirà abbastanza che io ho bisogno di un certo tempo per far conoscere prudentemente ogni cosa; lei preghi e faccia pregare, e stia certo che non lascierò mezzo intentato, e se vedrò necessaria la sua venuta le scriverò.

Vorrei scrivere a tutti, ma sono tanto oppresso dal lavoro che è forza di raccomandarmi a lei di fare le mie scuse a cotesti santi uomini che tanto mi hanno edificato, facendo anche loro coraggio nel far la guerra santa al diavolo, quindi alla nobil donna mia ospite contessa Del Piazzo; gli abbraccio tutti nel santo Crocifisso, e mi raffermo di tutti.

Umil.mo Servo
† G. Massaja V. Miss.