Massaja
Lettere

Vol. 3

/350/

442

Al padre Fabiano Morsiani da Scandiano OFMCap.
procuratore generale delle missioni – Roma

[F. 1r]P. R.mo

Marsilia 3. Aprile 1866.

Ecco compiti due anni dal mio ingresso in Europa, e quasi tre dalla mia partenza dal Vicariato. Quali fossero le mie buone intenzioni di agire, e quali i sforzi da me fatti per provvedere ai bisogni della missione in ogni genere, Ella a quest’ora non lo ignora, come non ignora le mie demarcie e contradizioni da ogni parte, a segno che nulla affatto ho potuto ottenere di tutto ciò che io desiderava. Stanco e vergognoso in facia dell’Europa ho deciso di partire a qualunque costo; talmente sono stanco che mi risolvo di partire sacrificando a destra e sinistra i più gravi interessi, e quello della stessa grammatica, per la quale ho il mio nome già compromesso col publico.

Dopo le Sue lettere ultime; e quelle del P. Lettore Rocco ho risolto pure di fare la pace ad ogni costo con questi Padri, coi quali abbiamo convenuto sulle basi principali delle cose da farsi.

Per Sua norma la mia partenza è fissata per il 19. corrente. Credo di poter partire [f. 1v] senza una permissione della S. C. di Propaganda, perché, avendo domandato le mie dimissioni inutilmente, è anzi un sacro dovere che io facia tutti i sforzi per riunirmi al mio gregge. Partito che sarò, o la morte, o la prigione, oppure un felice arrivo, di queste tre cose una sortirà, e per me sarà tutto lo stesso, essendo per tutto egualmente disposto.

Nella mia partenza penso dare le seguenti providenze

1. Una Procura al Signor Antonio d’Abbadie che lo autorizzi a correggere le prove della stampa incominciata, e segnare i fogli a mio nome per la stampa.

2. Una procura generale a questo Vice Prefetto, la quale lo autorizzi a continuare tutti i piani ideati e già incominciati qui in Europa, incaricato della mia stessa rappresentanza con segnatura.

3. Mentre il Vice Prefetto si occuperà qui ad eseguire le opere incominciate, io farò tutto il possibile per preparargli un luogo sulla costa, probabilmente fra gli Azzabou Galla; nel tempo stesso mi occuperò pure della corrispondenza coll’interno, e della raccolta dei giovani per il collegio.

[F. 2r] Prima di partire di qui, oppure dall’Egitto, Le manderò coppia dei documenti suddetti, non che alcune lettere, dalle quali potrà conoscere la storia della pace fatta.

Non so ancora se partirò solo oppure con un compagno, perché a dirgliela non so ancora quali siano i titoli miei con questi Padri che mi seguiranno, poiché Roma e V. P. mi hanno rifiutato ogni facoltà di scegliermi soggetti, ed ogni autorità sopra dei medesimi fuori di quella che i canoni danno ai Vescovi sopra i regolari.

/351/ Ho passato qui due anni senza un compagno e senza un Segretario al mio comando; quando aveva bisogno di qualche cosa era obligato inginocchiarmi al P. Guardiano, come facevano tutti gli altri frati, e mi sono ricevuto anche delle negative; nei miei bisogni doveva sempre sortire di stanza girare per il Convento a cercare il Superiore, oppure pregare qualche frate. Finquì Roma non ha risposto altro, se non che i frati appartengono al Prefetto; in mio favore non ho ricevuto che rimproveri e nessuna risposta alle difficoltà da me fatte. Se [f. 2v] Le diranno che mi han dato un compagno e Segretario, io Le risponderò, che il compagno era per farmi il letto, in tutto il resto niente ai miei ordini; lo stesso del Segretario che mi hanno dato in questi ultimi mesi; tutto nominale. Con ciò non mi lagno dei frati, i quali mi sono cortesissimi e fanno più di quello che io merito, ma mi lagno dei Superiori di Roma, i quali fin qui hanno avuto nessun rispetto e nessuna compassione per me. Quindi cito queste cose per farLe riflettere la mia posizione avvenire nel supposto di vivere in famiglia anche nella missione. Io canonicamente non sono Superiore dei frati che vengono con me, se non per sospendergli dalla confessione quando saranno nell’atto prattico del ministero; per tutto il resto debbo ricevere l’autorità dal Prefetto se crederà di darmela. Con tutto ciò io sono obligato a pensare a loro per tutto il necessario, veda che bolus solenne, che mi rimase ad inghiottire nella mia vecchiaja dopo tutte le mie fatiche passate.

Le notifico poi, che partendo porto con me tutti i manoscritti, ad eccezzione della grammatica in via di stampa. Fra questi manoscritti si trova una gran quantità di lettere [f. 3r] anche sugli affari trattati col ministero, e coi Superiori, cose gelose, che io per una parte non potrei distruggere senza far torto alla storia avvenire, e per l’altra non potrei consegnare ad ogni sorta di persone. Vi sono poi alcuni manoscritti anche delicati, i quali toccano la disciplina in grande, e certe questioni le quali non sono fatte per tutti. Io ho scritto e scriverò ancora a misura che ho del tempo unicamente collo scopo di giovare alle missioni ed alla Chiesa, quando la Providenza volesse servirsi di queste cose per quel bene che crederà. Conosco però, che questi manoscritti avrebbero bisogno di essere veduti solamente da chi è in caso di servirsene. Sono queste tutte cose che ho scritto in questi due anni di mia dimora in Europa, poiché Ella sa che tutto mi è stato rubato ciò che aveva scritto precedentemente. Occorrendo perciò la mia morte, Ella potrebbe domandare conto dei medesimi, affinché non vadano nelle mani di persone fuori del caso. Fin qui non ho potuto avere una persona di mia confidenza, la quale mi assista ed abbia cura di tutte queste cose; tanto meno poi spero di averla in avvenire. Quando lascierò effettivamente la costa [f. 3v] per introdurmi nell’interno vedrò qual partito prendere, e se posso Le scriverò. Anche il famoso manoscritto che mi ha costato tanti dispiaceri verrà con me e morirà con me, perché non saprei come fare diversamente. In tutte queste cose, come io ho inteso di fare il bene, Iddio misericordioso e buono avrà riguardo alle mie intenzioni. Come la censura di Roma non ha niente notato che possa dirsi /352/ errore di fede, credo non essere obligato a distruggerlo, in caso diverso sarei disposto anche a farlo.

Di questo corriere notifico a S. Em: la mia partenza in termini molto lacconici; non entro in detagli particolari col medesimo, perché altrimenti dovrei lagnarmi del modo di procedere con me. Neanche mi curo di parlargli delle lettere ultime, alle quali ancora non ha risposto. Solamente gli dirò di scrivermi se ha qualche cosa in contrario alla mia determinazione. Sono certo che non farà delle difficoltà, anzi sarà contento, perché così si leverà una seccatura di più. Questi signori, con sulle spalle il peso spaventevole dell’apostolato di tutto il mondo, ancora infedele nella maggior parte, peso che in altri tempi ha costato la vita ed [f. 4r] il sangue di millioni di apostoli, si lusingano di potersene sbrigare con qualche decina di scrivani ben stipendiati, e con magazzini di protocolli, tutte cose buone, ma non sufficienti, così vorrebbero viversene tranquilli, e neanche sentire le osservazioni di coloro che meditano giorno e notte una sì grave questione, forse la più delicata di tutta la missione divina che posa sulle spalle del Santo Padre, poiché la propagazione del vangelo, certamente la parte più sacra ai tempi di S. Pietro, non deve cangiar natura fino a tanto che ci sono degli infedeli da convertire a Cristo. Così io la penso, ma avvi poi di buono che Iddio misericordioso suol giudicare gli uomini in proporzione delle cognizioni e delle convinzioni particolari di ciascheduno, e qualche volta Iddio permette certe cose, per condurre la Sua Chiesa per certe vie a noi impenetrabili.

Quando le cose del mio viaggio saranno ultimate Le scriverò ancora se avrò qualche cosa di particolare da significarLe. Per ora le basti sapere la decisione presa, affinché occorrendo una volontà contraria dei Superiori possa ancora per tempo [f. 4v] significarmela prima della partenza; se nulla ricevo in contrario sarà segno che sono libero di andarmene per gli affari miei.

A V. P. R.ma in particolare poi, non mi resta altro che domandarLe perdono dei disturbi inutilmente [da] me moltiplicati per nulla ottenere. Più principalmente poi per lo stile troppo chiaro con cui Le ho parlato. La prego di attribuir questo alla confidenza tutta speciale che ho sempre avuto con Lei, ed in parte al mio carattere. Non nascondo un fondo di superbia che mi tormenta, per contenere la quale confesso di aver poca virtù. Se ho fatto male, stia tranquillo, partendo ne pagherò il fio; preghi solo il Signore che mi dia forza a sopportarne con frutto la penitenza che mi imporrà nel poco restante di vita fra i barbari; l’unico rimedio alla mia superbia è di trovarmi sepolto nell’ignoranza, ed oppresso dal[l’]orgoglio degli ignoranti.

Mi saluti il M. R. P. Prefetto Nicola, ed il caro P. Lettore Rocco; a questi dica che mi scriva presto se ancora desidera qualche cosa da me, del resto non sarà più in tempo. Preghi per me, che abbraciandola nel S. crocifisso Le sono sempre figlio, fratello, amico, compagno...

Fr: G. Massaja V.o Capp.no