Massaja
Lettere

Vol. 3

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Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Abbadia (Hendaye)

F. 118rMonsieur d’Abbadie

Massawah 6. Agosto 1866.

Credendo di non poterLe scrivere aveva pregato qualcheduno di scriverLe, perché, a dirgliela, quando sono arrivato qui mi trovava così debole, che dubitava potermene sbrigare di questi calori, e poter arrivare alla buona stagione, oppure ai paesi freschi della nostra Abissinia. Ora essendomi alquanto rimesso in forze coll’uso quasi quotidiano del tamarindo, posso dirLe qualche cosa io stesso. Prima di tutto Le dirò che al mio arrivo qui ho trovato Massawah così cangiata e lontana dal suo stato normale antico, che appena è conoscibile ancora. Il suo commercio perfettamente nullo, quindi una famina da quasi due anni, la quale in verità fa spavento. Per darne un’idea, prima di tutto Elia supponga il porto o la così detta forda perfettamente deserto; la popolazione di Massawah anticamente composta di abissinesi nella sua terza parte, ora appena si trova qualcheduno venuto dall’Abissinia per comprare granaglie o dirò meglio dourra detta zangadà in Abissinia, la quale colà non si mangiava [f. 118v] ma serviva solo per la birra; ora si compra qui a cinque talleri il piccolo sacco e si vende sei sette in Abissinia; una gallina, che anticamente non valeva una piastra, ora vale otto; un montone ordinario anticamente valeva otto piastre ora non si trova con un tallero alla mano; così dica in proporzione di tutto il /396/ resto, persino del butirro. Io sono arrivato qui ed ho trovato che alla tavola di Monsignor Bel si mangiava quel certo pane di dorrà rossa che anticamente appena si trovava nelle case dei più poveri; la missione è obligata a farsi venire la farina dall’Egitto. Lo stato annormale di questo paese è presso che in tutto. Ella sa che in Monkul o meglio Omkullo vi sono le sorgenti da tempo immemorabile, sorgenti che nella storia non si conosce essere state seccate, ebbene quasi tutti i pozzi di detto luogo sono seccati, appena esiste ancora qualcheduno con pochissima aqua. Come già le dissi, la fame è non solo in Massawah, ma più in Abissinia, specialmente nel Tigré; questa fame proviene da due ragioni, dalla guerra cioè e dalla locuste. Si sperava che Teodoro avrebbe sistemato questo paese, invece lo disorganizzò di più; Presentemente Teodoro possiede il solo Beghemeder colle provincie di Quara, [f. 119r]. Dembea occidentale. Tedla Gualu regna quasi pacificamente in Gogiam. Menelik figlio di Ajlù Malakot regna pacificamente in tutto lo Choa. Axuum Govesié figlio di Axuum o Waxum Ghebra Medin possiede L’asta sic L’asta, Agau, Enderta, e quasi tutto il Tigré. Altro Govesié della razza di Ubié regna nel Semien e Waggàra sino a Gondar inclusive. Ajlù antico Degiasmage di Teodoro tiene tutto l’Ammassèn. Da ciò potrà argomentare come la locuste dei soldati ha potuto influire non poco nella carestia attuale. Anticamente esisteva appena qualche tradizione della locuste arrivata sino all’Enderta, ora è arrivata sino al Beghemeder, e sono due anni dacché mangia senza pietà questo povero paese. Cosa ne dice di tutte queste cose straordinarie?

Riguardo alla locuste debbo aggiungerle un’osservazione. Sul principio di Maggio andando in Gerusalemme, da Giafa sino alla Santa città ho camminato sopra la locuste. Arrivato in Gerusalemme trovo Monsignor Melchiorre arcivescovo armeno di Mesopotamia [f. 119v] con altri ecclesiastici di quel paese venuti per conferire col Patriarca sulla questione della nomina d’un patriarca armeno, la quale in questo tempo da qualche fastidio a Roma; questi ecclesiastici mi dissero che la locuste di Siria e Palestina era venuta dalla Mesopotamia, dove aveva già mangiato tutti i raccolti: Ritornando da Gerusalemme a Giafà la mia locuste era divenuta più grossa ed aveva quasi finito tutto; a misura che mancava di pascolo pareva moversi verso l’arabia petrea. Ho passato il mese di Giugno in Egitto e partito da Suez il 2. Luglio, nel terzo e quarto giorno del nostro viaggio il mare rosso era coperto di locuste morta; da ciò aveva argomentato essere stata la locuste venuta dalla Mesopotamia e Siria, la quale, finita l’arabia petrea ha voluto passare il mare e sia stata vittima. Questo mio ragionamento mi consolava, pensando che così la nostra Abissinia sarebbe stata salvata dal flagello, ma arrivato qui in Massawah il 15. Luglio col vapore inglese la Vittoria, il quale mi portò gratis da Suez, [f. 120r] sono rimasto sorpreso ed afflitto al sentire che la povera Abissinia settentrionale si trovava in quell’istante sotto il terribile flagello. Dal nostro arrivo qui quasi tutti i giorni, quando soffia il vento di terra porta gran quantità di locuste, la quale per lo più finisce per peddersi [!] nel mare; questo littorale rigurgita quasi /397/ abitualmente locuste morta, poco presso della stessa grossezza di quella veduta in alto mare nel nostro viaggio sul Camboge da Suez a Aden. Io non facio che riferire il veduto, Ella poi vi ragioni sopra. Il certo si è che questo flagello così ben caratterizzato nei libri Santi è fedele sempre esecutore della collera divina, come questi popoli sono sempre fedeli al loro orgoglio religioso di tutti i tempi, quello che gli ha portati, e gli tiene nell’eterodossia.

Alla mia partenza dall’Europa e dall’Egitto si cantava vittoria sulla liberazione dei prigionieri inglesi in Abissinia; arrivato in Aden conobbi la cosa molto diversa: Teodoro ha invitato Rassan sotto Governatore [f. 120v] e particolarmente incaricato dal governo inglese della diplomazia relativa ai prigionieri, di portarsi al suo campo; Rassan dopo circa dieci mesi di rifiuto, si lasciò finalmente adescare; arrivò al campo, fu ricevuto con gran festa; si parlava di libertà assoluta di tutti i prigionieri, e della loro partenza già fissata. In mezzo a tutto questo movimento di prosperità e di buon’esito; Rassan non contento di partirsene coi suoi prigionieri, da quanto pare, ha voluto lanciare qualche proposizione a Teodoro di piani politici, concordati, o donazioni, non si sa; Teodoro ora si trova a carte sporche ed alla vigilia di perdere il suo impero sperando non so quale vantaggio dagli inglesi, acettò il partito, fece il piano di spedire il missionario Flat a Londra, e tenere tutta la comitiva in ostaggio, cioè Rassan stesso, e la moglie di Flat coi suoi figli, oltre agli altri prigionieri, sino alla definitiva risposta da Londra. Non si può sapere in particolare la domanda fatta da Teodoro, ma si suppone che sia un’intervento dell’Inghilterra per gli attuali [f. 121r] bisogni del crollante suo impero. Ella sa come sono questa gente. Se l’Inghilterra potrà contentare Teodoro, otterrà tutto quello che vorrà, ma in caso negativo la questione dei prigionieri diventerà più seria di prima, perché non è più questione di un semplice console di terza classe, e di alcuni privati, ma di un sotto governatore di Aden persona di molto riguardo, mandata ad hoc dal governo. Ella potrà servirsi di questa notizia anche parlando coi suoi amici e col Signor Faugère medesimo, ma si guardi di rendere ostensiva la mia lettera perché altrimenti io passerei per una spia del governo Francese, e mi comprometterei col governo inglese, il quale ultimamente mi fu molto generoso. Se potessi sperare qualche cosa dal governo Francese, ma mi sono convinto del contrario, oleum et operam perdidi in tutto ciò che ho fatto col medesimo in Parigi.

Qui in Massawah abbiamo da gradi 34. a 38. del centigrado di calore; nei momenti di calma, oppure anche quando spira il vento fuori della corrente del medesimo appena si può avere la respirazione, come Ella ben sa, e resta impossibile ogni occupazione [f. 121v] intellettuale; per lavorare essendo costretto a mettermi in luogo di corrente, il vento trastulla della carta che si scrive. Da ciò avrò un certo diritto al compatimento, se scrivo poco e scrivo male.

Del resto, caro Signor D’Abbadie, a questa ora avrà capito, come io, stanco dei disturbi prolungati che aveva in Europa, sopratutto del mio esilio dalla missione, nella mia partenza ho inteso di rinun- /398/ ziare un’altra volta al mondo, e ritornarmene al mio posto. Io non so se più ci vedremo, ciò dipenderà dal[l’]esito del mio viaggio all’interno, e da alcune lettere che aspetto da Roma, di dove non sono ancora staccato. Se non ci vedremo più Ella sarà abbastanza buona per compatirmi non solo, ma procurarmi un benigno compatimento presso la di Lei cara Virginia Madama d’Abbadie; nella mia partenza gli ho ingannati un pochino, ma è stato per rendere più facile la nostra separazione. Colla fiducia di essere compatito gli benedico e sono sempre

Divot.mo Servo
Fr: G. Massaja V.o

F. 117r P. S. Per la riconoscenza grande che ho a Lei Le ho scritto notizie politiche toccanti gli inglesi; La prego del secreto, perché la publicazione potrebbe compromettermi con questo governo, di cui presentemente ho bisogno; le notizie sono a Lei semplicemente.