Massaja
Lettere

Vol. 4

/24/

477

Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 139rIll.mo Signor d’Abbadie

Zejla 26. Febbrajo 1867.

Partito da Massawah il 6. del corrente sul vapore inglese la Victoria sono arrivato in Aden la sera del nove; ivi sono rimasto sino al 14. nel qual giorno sono partito per la costa Somauli verso le 3. di sera; un vento Sud-Est ci portò la sera del 15. alla rada di Bullar, luogo non molto distante da Berbera sulla costa Nord, dove trovasi un mercato Somauli simile a quel di Berbera durante i quattro mesi d’inverno, pendenti i quali vengono le carovane dell’interno portando caffé, gomma arabica, ed avorio, se pure non si vuole aggiungere ancora dell’incenzo in piccola quantità; passato l’inverno col cessare delle pioggie sul littorale i due villaggi di mercato suddetti si sciolgono ed i Somauli si ritirano nei paesi più alti poco presso nello stesso senso che sul littorale di Massawah a Lei cognito. Se il villaggio [f. 139v] Bullar avesse un porto direi che il suo mercato è forze eguale a quello di Berbera, avendo ivi trovato dei bagnani e persino degli Ebbrej stabiliti per comprare i prodotti dell’interno, ma Bullar ha una semplice rada agitatissima, nella quale le stesse barche arabe possono restare sicure ancorate a prora ed in poppa; laddove in Berbera esiste un piccolo porto naturale che non potrebbe meglio farsi dall’arte. Partito di Bollar la sera del 17. per causa della calma ci vollero due giorni per arrivare a Zejla, dove sono entrato la sera del 19. dopo diciotto e più anni dacché aveva lasciato questo paese, nel quale vi stetti allora più di tre mesi, aspettando che il Re dello Scioha Sela Selassie mandasse a prendermi, come era inteso; invece, essendo morto detto principe nella medesima epoca io ho dovuto ripartirmene per Massawah.

Entrando nella rada di Zejla rimasi stordito di vedere a due leghe circa dalla [f. 140r] città o borgo che si voglia dire la carcassa di un bastimento francese, il quale ha fatto naufragio anni sono dopo la storia del fu Signor Lambert. Arrivato in Zejla restaj commosso al vedere la casa dell’antico capo del paese Sir Markeb in rovina, nella quale io ho passato più di tre mesi, ed ho attraversato certe crisi andate fallite, ma poco presso della tragica natura del suddetto; ciò che Sir Markeb ha tentato inutilmente con me, in sua rovina riuscì di effettuarlo nove anni dopo. Fui ricevuto qui dal capo attuale Abbu Beker abbastanza gentilmente per quanto è capace un capo Somauli.

Zejla è una piccola città, la quale conta al più due mille abitanti; popolazione la più parte flottante e che vive di puro commercio poco presso nel senso stesso di Massawah; la metà della sua popolazione è composta di schiavi la più parte Galla, ed un’altra di arabi o Somauli abituati a commerciare coll’alto piano abissinese e Galla /25/ del Sud. Da ciò potrà capire come io mi sono trovato e mi trovo attualmente qui come fra i mei Galla ed abissini rapporto alle lingue [f. 140v] di quei paesi da me conosciute, benché lontanissimo da essi rapporto alla fede, essendo qui divenuti tutti fanatici mussulmani, capaci di massacro se non temessero i canoni inglesi o francesi.

Il capo di Zejla ha nessun potere affatto nell’interno del paese Somauli, e tutta la sua autorità cessa fuori dei muri della città, dimodoché egli stesso e la sua gente volendo percorrere qualche punto della costa per qualche interesse privato non può andare per terra, ma è obbligato a tenere la strada del mare; tutte le sue rendite consistono nei prodotti doganali del piccolo commercio della città, e nel commercio che egli stesso fa; egli paga tre mille talleri ogni anno al governo di Hodejda da cui dipende, ed è nominato; ciò pagato, e lasciando correre quasi un’altrettanto in regali ai diplomatici turchi gode una quasi totale indipendenza; io ho conosciuto questo paese affatto indipendente prima che i turchi si impadronissero delle coste dell’Arabia; allora Zejla aveva una dipendenza nominale dal Scerif di Moka, da cui il capo riceveva la sua investitura mediante una somma pagata ad vitam.

[f. 141r] Tutto il piccolo commercio in Zejla si fa in tele venute di Aden e dalle Indie, ed in granaglie portate dall’interno per le carovane Somauli, oppure dall’Arabia; un giorno ho mandato delle piastre al mercato per comprare delle ova, ma non fu verso, i venditori volevano granaglie; così è delle pecore, dell’aqua, e di tutto ciò che occorre per il vitto; bisogna dire però che il vitto qui è molto miserabile, molto al dissotto di Massawah, appena si trova il puro necessario per la vita: il vitto del basso popolo è un poco di pane miserabilissimo.

La razza Somauli è una razza la più parte che vive di commercio e dei prodotti spontanei della terra; essa non coltiva la terra che lontano cinque o sei giorni dal mare, dove incominciano le altezze; nei paesi bassi raccoglie la gomma arabica in gran quantità, la quale forma uno degli articoli principali del commercio di questo littorale; questi si occupano pure del commercio coi paesi alti dell’interno. Dalle informazioni che ho [f. 141v] potuto avere, nessun paese selvaggio è più disorganizzato del paese Somauli, nel quale regna una vera anarchia; rimango come questo paese abbia unito all’islamismo fanatico un’indipendenza totale dall’aristocrazia degli arabi, pei quali ha una vera antipatia; di qui nasce che il paese Somauli è impenetrabile ad ogni straniere che viene di oltremare. Il paese Somauli occupa uno spazio ad otto giorni di viaggio per le carovane che vanno all’interno.

Dopo il paese Somauli viene il regno di Herer, detto nell’Abissinia Ararghé, io credeva prima che Herer ed Ararghé fossero due paesi, invece è un solo regno abbastanza grande, il quale dai confini Somauli arriva sino ai confini del regno dello Scioha. La razza che forma la base della popolazione di questo regno è tutta Galla divenuta fanatica mussulmana; l’aristocrazia di questo regno, compreso /26/ il re, è tutta araba. Herer tiene l’altezza media tra l’alto piano dell’Abissinia ed il basso del paese Somauli. Da Herer discende il caffé, [f. 142r] che forma il secondo articolo di commercio di queste coste, portato per lo più dai Somauli. Il paese di Herer deve essere così fertile e la sua popolazione così agricola, che quasi tutta la razza Somauli vive delle granaglie del medesimo, le quali arrivano sino a Zejla.

Poste queste notizie voglio darLe altre notizie molto più importanti e simpatiche a Lei, parte delle quali sono come in dovere di dargliele per correggere alcuni detagli a Lei dati personalmente in Europa.

Qui in Zejla ho trovato molti mercanti soliti a fare il giro dell’abissinia meridionale e dei paesi Galla; sopratutti un vecchio parente di questo capo, il quale ha passato la sua vita in simili viaggi; da questi ho potuto avere de tagli, i quali dilucidano molto alcune lacune che io aveva sciolte per supposizione.

Ella si ricorderà che parlando del fiume Ghivié, quello che nasce ai piedi delle altezze di Gemma-Gombò, corre per il basso di Lagamara al Sud-Est verso [f. 142v] verso Gemma Kaka. Io parlando con Lei ho dovuto dire che questo fiume attraversava Gemma Kaka dal Nord al Sud per versare nel Gogieb, invece vengo oggi a conoscere, che il medesimo, tiene il nord di Gemma, poscia gira un tantino verso il sud per entrare nel kuolla tra le due altezze Guragué e Gengirò, dove lascia il nome di Ghivié ad un’altro fiumicello che Ella ha conosciuto e passato per entrare nel paese di Limu, il quale ha una direzione tutta opposta, mentre va a versare nel Didessa confluente del Nilo; il suddetto tra Guragué e Gengirò prende il nome di Awaz, il quale passa al Sud di Ankober a quattro o cinque leghe di distanza; più basso all’Est di Ankober gira verso il Nord e si porta verso Worrokallo; quindi continua il suo corso verso l’Est, entrando fra gli Adel, e discende fra i medesimi nel regno di Aussa-Adel a poca distanza di Gamba Koma capitale di detto regno, il quale occupa tutto il basso piano al nord del paese Somauli.

F. 143r Il fiume Awaz, ad una giornata da [da] Gambakoma più basso sbocca in un luogo detto Abebat; in questa imboccatura trovasi la città di Arissa; il lago è di una grandezza tale, che una persona in un giorno non può farne il giro; contiene dentro delle piccole isole; i contorni di questo lago sono fertilissimi, ma dominati dalle febbri in certe stagioni; gli Adel coltivano colà la durra in gran quantità ed il cotone; l’aqua di questo lago non è marina, ciò non ostante non è potabile, perché minerale: la persona che mi diede la più parte di questi detagli possiede dei terreni sul littorale di quel lago, e mi dice che colà non si conosce ne il sapone nostro ne l’endod degli abissini, ma colà tutti lavano coll’aqua del lago, la quale fa una schiuma bianca come il sapone, ed è più forte ancora del medesimo. Io credeva che questo lago fosse il golfo conosciuto e notato nelle carte vicino allo stretto di Babelmandel, ma invece questo bravo mio amico mi assicura [f. 143v] tutto l’opposto, e dice che dal lago Abebat sino al golfo arabico suddetto vi resta ancora quasi due giorni /27/ di viaggio, paese di soli pascoli posseduti dalla stessa razza Adel o Dankali. Ho detto Adel o Dankali, perché sono la stessa razza chiamata Adel dalla parte dell’Abissinia, e chiamata Dankali dagli arabi. Molti qui mi assicurano che tutte le popolazioni di questa costa Est chiamati con varii nomi di Taltal e di Scioho, sono la medesima razza, la quale parla una sola lingua tolte alcune specialità di dialetto particolare formatesi dopo la separazione in varie caste, come suole accadere in tutti i paesi; parecchj mercanti, attualmente qui, i quali conoscono Massawah mi dicono che la lingua Scioho è la stessa dei Dankali.

Dal detto fin qui si prova sempre più il gruppo topografico ammirabile dei nostri paesi Galla, i quali presentano un’alto piano con tre versanti a mai [mari] opposti, il Nilo al mediterraneo, il Gogieb all’Oceano indico, ed il Ghivié al golfo arabico; [f. 144r] le tre sorgenti presentano una linea retta dal nord al sud della lunghezza di circa 300. millia geografici; la sorgente più al sud è quella che viene al nord nel mediterraneo, quella di mezzo va all’oceano, e quella nel nord al lago vicino al golfo arabo; ora non è questo un bell’intreccio?

Se potessi star qui più a lungo potrei avere altri detagli sopra le regioni versanti al sud-est, perché qui si trovano mercanti che viaggiano tutto questo angolo dell’Africa, ma essendo venuto unicamente per vedere se mi riesce di aprire la strada per la via dello Scioha, e dovendo probabilissimamente ritornare in Europa, manco di tempo.

Di questa settimana a Dio piacendo parto di qui per Aden, là vedrò se da Roma son venute lettere che mi dispensino di recarmi colà, del resto sono obligato a andarvi. Io aveva detto al P. Taurino di aspettare in Francia dove io gli avrei scritto di venire, ma questi impaziente ha voluto partire ed è già in Cairo e forze in Aden. Dalla parte di Massawah la strada è affatto chiusa, qui pure le difficoltà sono gravissime; [f. 144v] pare che fra tre o quattro mesi si possa sperare, se avrà luogo la pace fra Aussa ed i Somauli; senza di questo è impossibile. A questo proposito, se posso, Le spedirò qui unita coppia della lettera al Re di Scioha, come documento interessante per la storia che Ella sta facendo.

Avrei ancora molte altre cose da scriverLe di un’interesse secondario, ma mi riservo per un’altra lettera, oppure per riferirle personalmente se verrò.

Non manchi di fare le mie parti presso Madama d’Abbadie, mia madre, dica che dopo la mia partenza ho mancato mai di ricordarmi di essa in tutte le mie deboli preghiere, ma Ella sa che il viaggiatore trova raramente tempo per pregare, e se Iddio non riceve a conto le fatiche e la buona volontà di servirlo non [so] come me la passerò nell’aggiustamento dei conti. Preghino per me e mi credano sempre

Divot.mo Servo
Fr: G. Massaja V.o