Massaja
Lettere

Vol. 4

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Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 156rIll.mo Signor d’Abbadie

Roma 12. Luglio 1867.

Dopo la Sua partenza venne da me il Signor Marchese Messarra, quel certo che si dice discendente dagli imperatori dell’Abissinia, e che io aveva raccomandato a Lei. Mi disse il risultato delle conferenze avute con Lei. Io ho sempre creduto che questo Signore avesse concepito delle speranze al trono dell’Abissinia, e così mi pare che credesse anche il fu Monsignor Biancheri, e dopo di lui Monsignor Bel, il quale me lo raccomandò in modo tutto particolare, come benefattore di quella Missione. Dopo la conferenza avuta con Lei vedendo che questo buon Signore non era molto soddisfatto ho voluto in modo tutto particolare esaminare l’affare suo, ed ho incominciato [f. 156v] ad esplorare lo scopo che il medesimo ha nello spingere con tanto calore una tale questione, e con mio stupore sono venuto a comprendere che questo Signore fa tutti questi impegni non per altro che per guadagnarsi un lustro maggiore alla sua famiglia; Ella sa quanto sono care queste cose ai figli del mondo, ancorché buoni, epperciò quanto doloroso riesca ai medesimi l’andarne privo. Io non ho esaminato i suoi titoli, ma da quanto mi dice, qualche cosa di reale vi deve essere, ed allora Ella nel rispondere a questo Signore, guardi di maneggiarlo in modo che sia contento. Io glie l’ho raccomandato perché mi è stato raccomandato in /48/ modo speciale da Monsignor Bel, del resto poi io mi dichiaro incompetente per giudicare la questione.

Veniamo ora ai nostri affari; prima di tutto Le dirò che sono confuso di non aver potuto qui in Roma usarle [f. 157r] [qui in Roma] tutte le attenzioni che avrei voluto; Ella essendo venuta qui unicamente per me si meritava di essere corrisposta ben diversamente da me, ma la confusione in questa circostanza mi tolse affatto l’attenzione e la riflessione; d’altronde Ella non ignora che io sono forestiere in Roma al pari di Lei. Epperciò ne spero un benigno compatimento: più di Lei ancora per Madama mi rimorde il cuore, giacché questa buona mia maman ha avuto tanta attenzione per me, ed io l’ho quasi dimenticata; come però essa è guidata da sentimenti superiori, mi giova sperare anche per parte di Lei di esserne compatito.

Dopo la di Lei partenza accadde qui un piccolo disordine, o meglio si scoprì accaduto mentre Ella stava qui, ed ecco la storia. Il primo Luglio tutti i Vescovi in Roma ricevettero una brossura anonima in diffesa del Cardinale De-Andrea; si supponeva che [f. 257v] detta brossura venisse da Napoli, tanto più non segnava il paese dove è stata stampata, ma poi si conobbe che fu stampata qui in Roma; lo stampatore per giustificarsi fece vedere l’approvazione della revisione, e di qui naque un’affare che amareggiò molto il S. Padre e che nell’esame che si farà invilupperà molte persone. Quasi tutti i vescovi gettarono al fuoco detto fascicolo, come ho fatto io, dimodoché neanche posso giudicare del merito o demerito dell’opera. Veda, caro Signor d’Abbadie, come la guerra che si fece in Cielo alla caduta di Lucifero, si va riproducendo nella casa di Dio; ma tutto questo non servirà che al trionfo della verità.

Del resto niente di nuovo in Roma; jeri sono stato da Sua Em: Barnabò e parlammo di Lei; Ella non manchi di accelerare la spedizione della grammatica e di parlare per i caratteri abissinesi come eravamo d’accordo, perché io qui sto aspettando questo per agire. Mi saluti Madama d’Abbadie e mi creda sempre

Divot.mo Servo
Fr: G. Massaja V.o