Massaja
Lettere

Vol. 4

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Al cardinale Alessandro Barnabò
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 1335rEminenza Reverendissima

Fekerie ghemb – Scioha 20. Febbrajo 1869.

Il 21. Aprile dell’anno scorso spediva a V. Em: R.ma la qui compiegata col mezzo della Spedizione Inglese, ma il corriere del Re alla medesima non essendo arrivato a tempo, la lettera mi ritornò. La unisco a questa mia, affinché sappia che dopo dieci mesi non ho cangiato affatto, ma sono sempre nella risoluzione di volere dare le mie dimissioni, come le ho date nella suddetta mia, ed in altre mie precedenti per le ragioni nelle stesse mie anzidette indicate; per carità finisca questo mio affare, altrimenti mi mette nella necessità di dismettermi col fatto.

Con ciò io non intendo di abbandonare la missione alla quale mi sono dedicato sino alla morte, anzi Le prometto che farò tutto il mio possibile in favore della medesima, e non risparmierò fatica fino a tanto che le forze materiali mi assisteranno.

Le cose della missione non sono cangiate di molto da quanto le diceva nella suddetta mia. Gli Inglesi sono partiti effettivamente dall’Abissinia, lasciando il paese nei disordini della guerra civile la più terribile. La strada di Massawah sarà sempre difficile per la missione nostra; quella di Tagiurra che ho fatto io venendo presenta anche delle gravi difficoltà, le quali potrebbero superarsi col tempo. Questo Re ha sempre per noi una grande affezione; la metà del paese e dei grandi sono favorevoli, ma non lascia di esservi in paese un partito notabile per i Copti Scismatici. Questo Re interpellato da altri principi sulla questione di far venire un vescovo Scismatico, si è rifiutato, ma temendo di sollevare questioni, si tiene nell’indifferenza fra i due partiti, [f. 1335v] e sarà probabile che il Re si tenga ancora molto tempo in questa neutralità per politica; io non disapprovo, perché, se il Re prendesse publicamente il nostro partito con dichiarare cattolico tutto il paese, noi saremmo nella necessità di chiudere tutte le Chiese per mancanza di Preti validamente ordinati, cosa che potrebbe sollevare la questione antica dei Padri Gesuiti. Ciò che più importa noi siamo qui perfettamente liberi di predicare e di istruire come meglio ci piace. Per non esporci ad urtare troppo formalmente il partito contrario, io ho tenuto sempre fermo nella risoluzione di non volermi occupare dei Cristiani, ma di volere evangelizzare i Galla del Regno; il Re in ciò mi ha favorito assegnando alla missione un paese Galla sui confini Sud-ovest del suo regno, nei paesi più vicini alla missione già stabilita; in detto paese dal mese di Settembre il Vice Prefetto col suo compagno e coi due allievi Galla venuti di Francia, si sono stabiliti e stanno lavorando; per ottenere questo io ho dovuto promettere di restare qui; dimodoché io mi trovo qui solo con degli indigeni che sto istruendo; Colgo la circostanza di /142/ libertà e di gran favore che godo presso molti per scoprire tutte le vergogne dei Copti, quali nessuno meglio di me conosce; nelle mie conferenze, tanto in parole quanto in scritto sono tutte dirette a questo scopo, benché sempre per vie indirette, per non allarmare di troppo il partito contrario; la mia fama già stabilita, fa che posso impunemente dire molte cose che un’altro non potrebbe. Abbiamo dalla nostra parte il famoso monastero Devra Libanos, sede di Abuna Tekla Hajmanot l’apostolo del Sud dell’Abissinia; questo monastero ha mandato a me deputazioni replicate molto consolanti, perché il medesimo ha un gran prestigio nel paese; sono invitato di andarvi, e vi anderò, ma non tanto presto, perché son certo che il mio ministero in prattica potrebbe sollevare anche là qualche cosa; questi monaci di nome per buoni che siano, assuefatti ad una semplice esteriorità, passando la loro vita senza confessarsi e communicarsi, quando si vedranno contrariati dalla parola evangelica, una parte non mancherà di sollevarsi; epperciò [f. 1338r] anche là vi vorrà gran prudenza; forze meglio fargli sospirare per godere tutto il favore del prestigio suo in questo momento di fermento nelle opinioni. Il monastero di Devra Libanos è un vero principato equivalente ad una bella provincia, da cui percepisce i tributi, merita perciò di essere maneggiato. La sua fede ab antiquo è la meno sospetta: dicono tre generazioni in G. C.; alle due cognite aggiungono la generazione di grazia; io ho sempre creduto che vi fosse dentro qualche mistero d’eresia, ma ho veduto che nel fondo sono le due nature, e dicono che G. C. ha ricevuto lo Spirito S. e tutte le grazie nella sua umanità, cosa niente affatto sospetta. Nelle ultime crisi hanno resistito al Vescovo Salama, il quale aveva proposto e pretendeva fargli abbraciare la fede sua, la quale è la più espressiva dell’Eutichianismo fra tutte le sette d’Abissinia, perché dice G. C. Dio nella sua umanità; essi si sono trincerati e resistettero, dicendo di non voler lasciare di credere G. C. vero Dio e vero Uomo; per questa ragione il monastero è stato pigliato, e molti hanno sofferto l’esilio. Nell’arrivare qui ho trovato che questi monaci avevano già combinato di spedire a me una deputazione, credendomi nei paesi Galla. Quando mi riuscisse solamente di impedire la venuta di un Vescovo Scismatico, sarebbe già questa una gran vittoria; l’evangelizzare e moralizzare il paese è un’affare di molti anni. Io mi occupo a scrivere, e ad istruire alcuni, i quali poi potranno istruire altri; molti mi esortano a fare un monastero in tutto secondo le regole canoniche della Chiesa, il quale in avvenire sarebbe il Seminario di riforma ecclesiastica; il Re inclina anche molto a questo, ed io credo che sarebbe questo l’unico spediente per assicurare la rigenerazione di questo paese.

In Giugno dell’anno scorso ho spedito un corriere a M.r Cocino con lettere a tutti i missionarii: col medesimo ho fatto conoscere il P. Vice Prefetto con tutte le sue attribuzioni; Monsignor Cocino mi rispose dandomi conto della missione; egli si trova in Gudrù. Ho spedito in Ottobre un secondo corriere, il quale non è ancora ritornato. La missione che prospera di più è quella di Kafa: pare che là le cose prendano buona piega, ma ancora la questione del ritorno /143/ di missionarii europei è pendente; vi sono la due preti indigeni, uno dei quali è molto capace, ma non bastano, ne per la gran messe [f. 1338v] che vi è colà, ne tanto meno per le grandi complicazioni che vi sono nell’esercizio del ministero, essendo l’indigeno sempre molto lontano dal grado di cognizioni teologiche e canoniche che si ricerca in simili luoghi. In Ghera il P. Leone ha fatto una grave crisi di malattia che lo lasciò in uno stato quasi cronico: ciò unito al prorito antico di ritornare in Europa per publicare alcuni lavori che potrebbero avere un valore ad un’altra epoca, ma che ora non lo hanno, non so ancora cosa risulterà di lui; frattanto quella missione, che nel suo principio mi aveva tanto consolato, si trova ora in uno stato di raffredamento disgustoso. Le due missioni del nord, di Lagamara cioè e di Gudrù trenano mediocremente; quella di Lagamara è stata dispersa dalla guerra civile; quella di Gudrù riprende dopo la morte di Gama-Moras, sotto il governo di Gosciò, mio antico allievo da me battezzato. Ecco poco presso lo stato attuale della missione. Se la missione di Scioha prende, come giova sperare, qui vi sono grandi difficoltà a superarsi, ma vi sono elementi materiali che potrebbero favorire l’operazione in grande; tutto è nelle mani di Dio. Io ho avuto nessunissima parte nella scielta dei nuovi missionarii, come Ella sa, a fronte di tutto ciò io non posso lagnarmi dei medesimi; il nuovo Vice Prefetto è una persona capace sotto ogni aspetto; il Re lo ama, e le persone che lo conoscono lo stimano; Iddio conservi ed aggiunga ancora lo spirito apostolico desiderabile, il S. Padre potrà col tempo calcolare sopra di lui in ogni caso che occorra di provvedere una persona alla testa di tutte queste operazioni; io prego Iddio e lavoro indefessamente a questo scopo, e prima di chiudere gli occhj, sarei felice di vedere qualche apparenza di risultato per l’avvenire; io non desidero altro che questo; il mondo ecclesiastico mi sta glissando sotto i piedi, l’ho amato mai, e credo anche di non essere stato amato dal medesimo, perché non sono totalmente secondo il suo senso; se Iddio mi chiamerà in pace, tutto anderà bene...

Ho ricevuto le istruzioni della S. C. sui matrimonii misti, ottime per i paesi Cristiani fatti e vecchj cadenti, dove i medesimi si fanno sotto la tutela delle leggi; per i paesi Cristiani in fieri le cose sono un poco diverse, ed il prete è un sarto per aggiustare i straccj, epperciò fa come può. Implori la benedizione del S. Padre sopra di me che sono

di V. Em. R.ma

Figlio in G. C.
Fr: G. Massaja V.o