Massaja
Lettere

Vol. 4

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595

Al cardinale Alessandro Barnabò
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 1362rEminenza R.ma

Licee-Città del Re di Scioha 24. Settembre 1869.

Voglio cogliere l’occasione di un corriere che si presenta per Massawah onde scriverLe due linee, attesoché la strada di Tagiurra /158/ e di Zejla si trova di nuovo chiusa o per lo meno complicata in modo che mi lascia dubitare se i missionarii già arrivati in Aden potranno arrivare qui.

Prima di tutto accuso ricevuta della bolla Pontificia relativamente al Concilio cecumenico, tanto per me, quanto pel mio coadjutore Monsignore Cocino; quindi a nome anche del medesimo prego l’Em: V. R.ma di fare le mie scuse e quelle di Monsignore suddetto presso il S. Padre e presso il Concilio medesimo del non intervento nostro per titolo di assoluta impossibilità. A tale effetto scrissi già per altra via a Monsignore Ciurcia Delegato Apostolico dell’Egitto e mio Procuratore in Egitto, di fare non solo le nostre scuse come sopra, ma di rappresentarci al concilio in tutto, se a tenore dei canoni è dovuta [la] rappresentazione per alium; ad ogni caso Ella ricevendo la presente ne farà testimonianza come crederà bene in Domino; il nostro voto per qualunque decisione o definizione è quello del S. Padre e della maggior parte dei Padri che saranno d’accordo con lui. Non potendo [f. 1362v] noi far altro in questa circostanza per il bene della Chiesa universale, pregheremo e faremo pregare affinché Iddio dia vita al S. Padre per finire in pace l’opera di Dio incominciata, ed illumini il concilio affinché colga in tutto nel segno della verità e della volontà di Dio per il bene della Chiesa e delle anime, unico scopo del concilio ecumenico. Noi saremo qui lontani di corpo, ma in spirito presenti nella radunanza di tutti i Padri al Vaticano ai piedi di Pio IX., ed intendiamo di decidere e definire tutto ciò che essi decideranno e definiranno, fosse bene la sentenza di deposizione e degradazione nostra, perché riconosciamo nel consiglio[!] la parola del nostro Divin redentore medesimo e dello Spirito Santo da Lui promesso alla Sua Chiesa. È inutile che io aggiunga qui i detagli dell’impossibilità di venire a Roma, perché Ella conosce abbastanza le cose; non solo ci è impossibile di venire, ma ci è difficile ancora di far pervenire le lettere, e Dio sa se questa mia arriverà, e quando arriverà.

Qui sto affaticandomi per ravvicinare alla Chiesa questa parte meridionale dell’Etiopia a norma delle intelligenze verbalmente avute con Lei, e della risposta segreta del S. Padre che Ella mi mandò e che mi arrivò. Nei 18. mesi passati in Scioha ho scritto molto per battere tutti i pregiudizii di questo paese; ho fatto un catechismo speciale per questo paese, nel quale mi sono studiato di spianare tutte [f. 1364r] le difficoltà che tengono nelle tenebre questa povera cristianità, la quale non ha più di Cristiano altro che il nome; segnatamente ho studiato tutte le vie per detronizzare il nome Copto dal cuore di questi popoli; ho colto il momento di libertà che ci accorda questo Re per far conoscere tutte le vergogne degli eretici. Qui in Scioha tutto il partito Devra Libanos, figlio di Tekla Hajmanot, l’unico dell’Abissinia, il quale professa le due nature in Cristo, è come fuso col partito cattolico, benché quando verremo al caso prattico di metterlo in regola cristiana e canonica, Dio sa ciò che si otterrà. Questo partito è diffuso per tutta l’Abissinia; qui in Scioha conta i due terzi della popolazione Cristiana. A tenore delle conferenze par- /159/ ticolari avute con Lei in Roma, e delle facoltà che ho domandato al S. Padre, come sopra, Le notifico che ho già fatto due Preti di rito etiopico, servendomi in ciò delle facoltà ed istruzioni datemi nel 1846. per il Tigré; uno dei due preti è stato ordinato col consenso del Re; l’altro segretamente, perché è una persona di grande influenza alla corte e presso i grandi del paese; ne ho altri in vista, ma penso camminare più lentamente; i due suddetti sono due persone di ogni eccezzione maggiore nel paese e nella stima del publico: mi sono affrettato a farlo, per far conoscere l’ordinazione a questi oracoli, onde condannare col fatto l’ordinazione dei Copti non solo invalida, ma ridicola, come già saprà. Si dice che il nuovo Vescovo Copto eretico sia arrivato; egli si trova in Tigre presso il Principe Cassa; [f. 1364v] un’antico prete del morto Salama si spacia anche per Vescovo, e si trova col Principe Govesie nelle vicinanze di Gondar; i due principi armati ciascheduno del proprio fantocio di Vescovo stanno per battersi; io voglio sperare che questa guerra accanita fra i due partiti Copti ci farà del bene anzi che del male. Io sto predicando a tutti la pace in favore di questi poveri popoli mangiati vivi dalla guerra. Se non altro facio conoscere lo spirito apostolico a tutto questo paese; Iddio poi farà nella sua Sapienza ciò che crederà bene, e noi adoreremo i Suoi imperscrutabili decreti.

Rapporto alla nomina di un mio Successore, per la quale non si deve dormire, onde togliere ogni umbra che la possa ritardare Le dirò[:] 1. Ho spinto la mia rinunzia per accelerare la medesima; ciò Le serva di norma. 2. Non mi sono trattenuto a specificare l’individuo, perché non sono stato contento di ciò che ho fatto anticamente; amo meglio rimettermi al giudizio del S. Padre. 3. badino bene, perché la rovina della missione abissinese del Nord è stata precisamente questa... sopratutto l’interregno, e la mancanza di un Vicario apostolico energico. Queste tre chiavi Le debbono bastare, se non vogliono poi vedere la storia replicata... Se vogliono condannarmi alla risponsabilità sino all’ultimo mio respiro sarò obligato a chinare la testa, perché temo Iddio, ma pensino a ciò che verrà. Mi ottenga la benedizione del S. Padre, e mi creda, quale mi professo, Suo figlio in Cristo

Fr: G. Massaja V.o

F. 1363r P. S.

Licee – Scioha 15. Novembre 1869.

Nel momento in cui scrivo vengo a conoscere che la strada che ho fatto io di qui a Zejla è di nuovo chiusa con poca speranza che si riapra; questa notizia mi mette in un grande imbarazzo, perché in questo supposto si cangiano di nuovo tutti i calcoli delle nostre operazioni, e ci troviamo di nuovo negli imbarazzi di prima. La mia presenza qui ha fatto che il Patriarca Copto d’Egitto ha accelerato la spedizione di un Vescovo per nome Atanasio, il quale è già arrivato in Tigré; il suo arrivo ha ingaluzzito il partito a noi contrario, ed ha messo questo Re un poco negli imbarazzi, motivo per cui incominciano qui alcune collisioni finora di poca entità, ma che col tempo /160/ [f. 1363v] si potrebbero anche fare seriose per la debolezza del Re, il quale è un giovane che si lascia trasportare ad ogni soffio di vento. Io aveva deciso di andare in Gudrù, perché colà le cose si vanno sviluppando bene, e domanderebbero la mia presenza; ma prima di partire voglio vedere le cose di qui, e non vorrei lasciare ne i nuovi missionarii soli per battersi, ne alcuni proseliti fatti qui, i quali sarebbero troppo esposti. È probabile perciò che mi risolva di ritardare la mia partenza, sia per non dare troppo anza ai nemici, sia ancora affinché il mio allontanamento non abbia l’aspetto di fuga.