Massaja
Lettere

Vol. 4

/194/

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Al canonico Giuseppe Ortalda
direttore della Propagazione della fede – Torino

P. 706Rev. Signor Canonico

Nawari Scioha, 6 maggio 1871.

Dopo la mia partenza d’Europa le ho scritto più volte, ma non avendo avuto riscontro, temo non le siano pervenute le mie lettere; fo’ voti perchè non accada la stessa sorte alla presente.

La strada delle missioni è sempre così intralciata da difficoltà che ben sovente le lettere vanno perdute, e le persone stesse dei nostri missionari corrono pericolo.

Io mi trovo qui col vice-prefetto della missione, con un padre francese; abbiamo stabilito due nuove case nelle quali alleviamo alcuni giovani e già alcuni preti indigeni da me furono ordinati dopo il ritorno. E ciò senza contare le antiche case della missione più al Sud-Est, colle quali siano sempre in relazione.

Da ciò Ella può comprendere che la missione è in via di progresso, e potrebbe operare grandi cose a gloria di Dio ed alla salute delle anime se i mezzi non ci venissero meno. Ma che vuole? ci caddero le braccia all’annunzio delle notizie tristissime che ci giunsero d’Europa e noi ci vedemmo d’un tratto gettati in un grande imbarazzo.

I soliti soccorsi della Propagazione della Fede non ci pervennero: in quella vece ci fu detto per soprappiù che quest’opera tanto benemerita fu sciolta in Francia, i fondi caddero in mano dei rivoltosi a Lione, e tutto venne sequestrato e manomesso dalla /195/ rivoluzione. Immagini V. S. carissima il nostro dolore, la nostra desolazione.

Aggiunga che io aveva stabilito un collegio di educazione P. 707 per gli indigeni che viveva a spesa di soccorsi che mi facevano tenere e sperare benefattori francesi. Ora sono forzato a scioglierlo se non mi viene soccorso dall’Italia. Ma anche qui poco si può sperare perchè il Papa, ultimo nostro soccorso, chi lo dice fuggito, e chi prigioniero in Roma stessa.

Noi tutti a tali annunzi siamo restati come un’armata dopo la sua disfatta in cui non si sa più chi sia vivo, chi caduto morto, ed i superstiti per quali vie abbiano ottenuto lo scampo.

Il nostro ministero apostolico è già per se stesso avviluppato ed impacciato da ogni fatta di difficoltà e contrarietà, capaci di mettere alla tortura il cuore anche più generoso, se dopo tutto ciò ci vediamo chiusa ogni via alla speranza del soccorso per parte dell’Europa, noi siamo forzati a chiamarci vinti dall’inferno e pensare ad una ritirata; pensiero che ci strazia il cuore se volgiamo lo sguardo ai vincoli contratti con tante anime buone, che amano il Signore, o che sarebbero disposte ad amarlo se lo conoscessero; tanto è l’amore che il missionario sente ardersi in cuore pel paese cui la Provvidenza gli affidava ad evangelizzare.

Dopo tutto ciò Ella comprenderà di leggieri la cagione per cui Le scrivo: Se questa mia è così bene avventurata di pervenirle alla mano, sappia che è per fare appello alla di lei carità e per di lei mezzo a quella di tutti gli associati, di tutte le anime caritatevoli che sempre furono e sono in Italia, tutte le supplico a favorire le missioni, e sopratutto le affricane come le più povere. Ella ha sempre vegliato sull’interesse delle nostre missioni, e qualche volta ci ha reso dei servigi che le danno tutto il diritto ad una piena riconoscenza e ci ispirarono tutta la figliale confidenza. Ma se pel passato potevamo sperare in Lei, ora per forza siamo obbligati a sperare in Lei perchè non sapremmo più a chi raccomandarci. Ella, si può dire, rappresenta l’unica tavola che ci può campare dal naufragio. Non ci dimentichi per carità! L’amor di Dio, per cui opera, perori la nostra causa.

Se il Consiglio centrale di Lione continua ad essere centro delle limosine come per lo addietro, Ella non manchi di raccomandarci nel modo più forte ed efficace che le sarà possibile perchè della notabile diminuzione di risorse noi saremo i primi a sentirne gli effetti, ad essere dimenticati. Se poi il suddetto P. 708 consiglio avesse cessato, ella non manchi di tenerci presenti nella distribuzione delle limosine che le verrà fatto di raccogliere in patria per mezzo del Museo, poiché noi siamo qui proprio abbandonati da tutti, ed i più poveri e bisognosi. I miei compaesani rimarebbero certo scandolezzati se vedessero a quali più basse e minute azioni deve non rifiutarsi un Vescovo per amore di Gesù Cristo, vescovo dei vescovi.

Una carità ancor che chieggo, ed è di scriverci alcuna cosa della nostra sempre cara Europa, cui abbiamo abbandonato per amor di Dio, /196/ e sopratutto sul punto che tocca la Chiesa ed il Papa in particolare, perchè qui nulla sappiamo, e viviamo in buio perfetto circa le cose del mondo.

L’abbraccio intanto nel Santo Crocefisso, e raccomandandomi alle di lei preghiere ed a quelle degli associati, godo raffermarmi, ecc.

† G. Massaja, Vescovo Vic. Ap.