Massaja
Lettere

Vol. 4

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Al padre Innocenzo Giglioni d’Apiro OMCap.
procuratore generale delle missioni – Roma

[F. 1r]Padre R.mo ed in G. C. Amat.mo

Choha 28. Maggio 1873.

Coll’arrivo del corriere di questo nostro Re al Re d’Italia abbiamo qui ricevuto la consolante notizia che V. P. R.ma è stata chiamata da Dio a far parte della curia generalizia dell’Ordine nostro, secondo alcuni fogli publici, come Procuratore dell’Ordine, secondo alcune lettere private come consultore. Comunque sia è stata per noi una grande consolazione; dalla mia partenza da Roma sino al giorno d’oggi è stata una [una] notte continua di tenebre e di continua agitazione; tutti gli affari nostri più gravi, sia in Roma che in Francia sono stati fin qui trattati con un’arbitrarietà e dispotismo tale, che avevamo perduto ogni speranza su tutti i rapporti; ora è comparsa l’aurora che ci annunzia un giorno consolante. La nomina del M. R. P. Domenico in Commissario apostolico di questa missione, è una prova che Iddio ha finalmente esauditi i nostri voti, e la nuova curia generalizia ha compreso la nostra questione nel suo vero senso; ne sia di tutto ringraziato Iddio. V. P. R.ma in Roma, ed il P. esprovinciale Domenico in Francia bastano per noi, epperciò noi qui non ci pensiamo più, ed il nostro cuore riposa tranquillo. V. P. R.ma è /228/ quella che acettò questa missione, e l’aggregò alla Provincia di Francia; [f. 1v] il M. R. P. Domenico poi è la persona che in prattica si è prestata per l’esecuzione di tutti i piani per questa annessione, epperciò persona che conosce tutti i detagli i più minuti, e tutti i nostri bisogni in particolare. Ella perciò in Roma ed il P. Domenico in Francia uniti nel medesimo spirito basterete per qualunque siasi nostro affare, e noi non avremo che aprire la bocca per domandare che tutto si farà.

Voglio ora esternare alla P. V. R.ma un mistero molto semplice, ma che potrebbe in avvenire essere molto grave. Nel 1867. dopo la gran festa di S. Pietro essendo io in Roma ho ricevuto una lettera di questo Re Menilik, nella quale io era chiamato qui. Dietro questa lettera d’accordo colla S. C. di Propaganda e col S. Padre essendosi risoluta la mia partenza per il regno di Choha appartenente al Vicariato Apostolico lazzarista d’Abissinia, io ho presentato una serie di domande al S. Padre per mezzo del Cardinale Prefetto sul momento medesimo della mia partenza; il Cardinale Prefetto mi scrisse una sua lettera che abbiamo qui, nella quale tutto fu approvato, e mi furono accordate tutte le autorità. Dopo sei anni di dimora qui in Choha io ho lavorato in modo, che, benché visibilmente poco sia ciò che sembra fatto, nell’opinione publica però è molto; un cangiamento politico in grande potrebbe col tempo dichiararsi il paese tutto cattolico; sarebbe allora che il Vicariato [f. 2r] dell’Abissinia potrebbe sollevare la questione e sarebbe il caso di conoscere la vera posizione della questione; fin là resti questa lettera negli archivi ad aspettare.

Qualora Ella si abboccasse con persone le quali non hanno veduto bene la missione di questo Re a Vittorio Emmanuele col mio intermezzo, eccoLe la risposta in breve: 1. qui non conosciamo la vera posizione delle cose politiche di Europa. 2. Anche nel caso di conoscere non siamo ne liberi per rifiutare, ne abbastanza potenti per impedire; l’amicizia di questo Re, ancora eretico, è un’amicizia interessata dalla speranza di essere assistito nelle sue corrispondenze coi principi d’Europa; non possiamo rifiutarci senza esporci noi e la missione...

Per la questione del V.o Ap.o mio successore, Ella domandi che siano lette tutte le mie lettere precedenti, e si vedrà che non è questione di differenze con Monsignore Cocino, ne di pensioni, ne di altro; è una questione già agitata da me in Roma col Cardinale per nessuna altra ragione che per assicurare un buon Superiore alla mia morte, poiché un’interregno sarebbe fatale. Se il V.o Ap.o sarà nominato absolute[,] io cederò ciecamente a Lui ogni cosa restandogli suddito; se sarà fatto ad arbitrium meum, io aggiusterò tutto.

Come so che il P. Vice Prefetto Taurino Le scrive, io non mi trattengo di più, egli farà tutto il resto e L’informerà di tutte le cose nostre; [f. 2v] io da una parte sono vecchio, ed incommincio sentire la debolezza, se pure non s[i]a colpevole pigrizia; per altra parte poi sono occupato dalla mattina alla sera nel discorrere cogli indigeni, segnatamente dotti del paese, coi quali è l’attuale mio apo- /229/ stolato; se Iddio benedirà queste mie fatiche col tempo si avrà qui qualche cosa di notabile, e se il paese prenderà un poco di forma più civile e sociale potremo fare qui dei stabilimenti di ogni genere; tutto è nelle mani di Dio, per cui unicamente lavoriamo.

Per carità Ella non ci dimentichi, e continui in Roma l’operazione incominciata in Francia. L’opera delle missioni non è opera di un giorno, ne dell’età di un uomo, ma è opera di secoli; alcuni dei nostri, perché non vedono [già] in questa missione stabilimenti in grande, non la stimano, ma i poveretti non pensano che io sono il primo qui venuto, come S. Pietro a Roma; tutto questo Sud dell’Etiopia ha già sentito la parola di Dio; abbiamo cristiani sparsi ovunque; la stessa Abissinia ha molto sentito da noi, il resto poi giudicherà Iddio; per noi la Sua volontà ci basta. L’abbracio nel S. crocifisso e sono

D. P. V. R.ma

sempre Servo e Fratello
Fr: G. Massaja V.o