Massaja
Lettere

Vol. 4

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Al padre Domenico Gouttes da Castelnaudary OFMCap.
ministro provinciale – Tolosa

[F. 1r]Carissimo P. Domenico e Commissario nostro amat.mo

Licée 5. Luglio 1875.

Vi ho scritto parecchie volte, ma voi venendo vecchio sembra che diventiate anche poltrone, perché non vi degnate di rispondermi. Comunque siete divenuto il nostro padrone, e col padrone non vi è altro rimedio che rassegnarsi.

Ho sentito con piacere che la Missione di Aden è stata unita alla nostra e data a voi, come suppongo, perché noi qui non possiamo guardarla, trovandoci in gran distanza, e senza potere corrispondere a nostro piacere; essendo così i missionarii avranno in Aden un luogo, come di noviziato, dove a misura del bisogno verranno qui. /273/ Sento pure che pensate di fare un collegio in Aden di giovani; a questo riguardo vi facio osservare[:] 1. Aden costa molto, e voi solo sapete le nostre risorse molto limitate. 2. Aden paese estremamente caldo è poco fatto per studiare. 3. Aden è paese di lusso, ed i giovani saranno educati troppo signorilmente. 4. Aden è paese da un lato mussulmano, e dall’altro Protestante, cosa molto da notarsi, perché sarebbe in pericolo la fede dei giovani, come già sappiamo [f. 1v] per esperienza, perché alcuni degli antichi allievi si fecero mussulmani. Diverso sarebbe il caso di terziarii europei, i quali, quando avessero buon spirito potrebbero servire di missionarii. Io lascio a voi ogni cosa, ma badate bene, perché dopo è inutile il pentimento. Rapporto alla missione di Aden io desidero che si attivasse un poco, perché abbiamo il controllo dei viaggiatori, e segnatamente dei PP. Gesuiti delle indie; a tale effetto vi vogliono in Aden cinque o sei soggetti, siano cappuccini, siano terziarii, con una vita regolare e disciplina; alcuni devono apprendere le diverse lingue delle indie per esercitare il ministero alle diverse razze di abitanti. Sulla quantità dei missionarii di Aden ogni anno si potrà fare la scielta per l’interno dei Galla. Eccovi la mia idea in proposito.

Il ritorno forzato del caro P. Damasceno ci ha afflitto molto sia per la mancanza di un missionario di cui abbiamo qui gran bisogno, sia ancora perché abbiamo con ciò compreso che le strade non sono ancora aperte; siamo sempre là dove eravamo a fare atti di rassegnazione. Io sperava un poco di riposo, ma veggo che il povero asino vecchio deve invece portare un peso maggiore.

[F. 2r] Vi mando una coppia di un nuovo mio testamento che ho fatto, affinché accadendo la mia morte sappiate chi è il vostro padrone futuro. Da ciò saprete pure come voi non siete più il mio erede. Credo inutile di farvi vedere le ragioni che mi hanno guidato a fare questo passo, perché sono per se chiare, e voi stesso dovete esserne contento.

In una mia lettera dell’anno scorso vi diceva di andare a Roma, e là parlare della missione di Scioha, perché i PP. Lazzaristi incomminciavano lasciare andare qualche espressione nelle loro lettere, le quali col tempo avrebbero potuto compromettere la pace; o non avete ricevuta la mia lettera, oppure vi siete dimenticato; ora siamo obligati a trattare coi medesimi la questione direttamente, e vedremo come sarà presa. Vi dico ciò affinché sappiate regolarvi per ogni caso di dovervene occupare.

Il regno di Scioha conta i due terzi di Galla tutti mescolati; se la divisione si fa a titolo del regno di Minilik, considerato come cristiano, a noi ci resta più nulla, perché Minilik deve presto arrivare all’estremità dei Galla; se la divisione si farà a titolo della razza Cristiana e Galla, allora è molto difficile, perché noi abbiamo dei Galla in tutta l’Abissinia; [f. 2v] in Scioha poi i missionarii delle due missioni non possono fare un’ora di viaggio senza sortire dal Vicariato, e ciò da tutte le parti, e nel centro stesso. Per questa ragione io credo che la divisione debba farsi segnando la linea del fiume Bascilò come limite dei due vicariati.

/274/ Lascio a Monsignore coadjutore di trattenervi di altri detagli particolari della Missione, io vi dirò solo che sono divenuto vecchio, ma vi assicuro che il suddetto Monsignore non è più giovane, se lo vedeste non lo conoscereste più, la sua barba divenuta bianca come la mia, solamente è più forte di me; comunque io mi avvicino alla morte, ma sono contento, perché ho provveduto a tutti i bisogni della missione, sia in Europa, dove siete voi, sia qui, dove avvi un successore capace. Resta dunque a voi fare le vostre parti aggiustando le cose in modo, che venendo a morire le cose non si guastino; fatto ciò correrete, come corro io e ci ritroveremo ad abbraciarci alla presenza del nostro buon padrone e signore, dove troveremo il tempo per lodare Iddio e raccontare le nostre antiche campagne. Vi abbracio anticipatamente nel S. crocifisso in questo mondo di tribolazioni, e sono sempre vostro

Divot.mo Fratello
Fr: G. Massaja V.o