Massaja
Lettere

Vol. 4

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Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 195rMonsieur Antoine d’Abbadie très chère

Escia 19. Giugno 1876.

Coll’occasione che parte di quì il Signor Pietro Arnus Le scrivo due linee, persuaso [che] Mgr. Cahagne mio attuale coadjutore Le scriverà più a lungo, come mi assicurò, benché le sue lettere non mi siano ancora arrivate da Finfinnì, ed il suddetto debba partire di questa settimana.

M.r Arnus suddetto con una carovana di circa 300 cammeli carichi di mercanzie, la più parte a conto di questo Re Minilik, e parte con gran regali incaricato di affari diplomatici per l’Egitto, per la Francia, per l’Italia, l’Inghilterra. Lo scopo di questo Re è di mettere in chiaro molte questioni sortite, e che possono sollevarsi /284/ dietro l’attuale invasione dell’Abissinia dalla parte del governo d’Egitto, col quale per ora si trova in ottima armonia. Vorrei bene che questa missione ottenesse il pieno suo effetto, [f. 195v] ma ne dubito molto per causa che l’Europa attualmente non è più l’Europa dei nostri giorni, ed è molto cangiata in diplomazia, e possiamo dire anche molto raffreddata rapporto all’Abissinia. Comunque, spero che V. S. carissima non mancherà di prendere parte attiva sull’opinione publica dei giornali per salvare questo povero paese cristiano, se ancora siamo in tempo.

Non mi trattengo a darLe detagli [detagli] sulle guerre avvenute dalla parte del nord, perché Ella in Europa deve saperne più di me qui. Il progresso delle armi egiziane [h]a sommesso i Somauli facendoli agnelli, e lavora a sommettere i dankali (gli Adal), cosa che migliorerà la strada per Tagiurra. Lo stabilimento egiziano in Ararghé gli aprirà la via per Kafa, e lo farà padrone di tutti i Galla del Sud. La morte di Pascià Mussingher mi ha fatto molta pena, benché il suo nome sia esecrato da una parte dell’Abissinia, come quello di Gragne.

F. 196r La nostra povera missione non sarebbe male, qui in Scioha abbiamo cinque o sei case, ed i nostri giovani si avvicinano a cento; la missione antica del Sud tiene ancora il suo posto, benché per la mancanza di missionarii non abbia fatto più grandi progressi: la Monsignore Cocino ha dovuto lasciare la missione di Lagamara nelle mani di alcuni indigeni, per recarsi a Kafa, dove la morte del caro Abba Ajlù ha lasciato un gran vuoto. Colà Abba Leon (Père Leon des avancer, dirigge sempre la missione di Ghera, e quella di Gemma abba giffara. Dopo tutte queste fatiche fra tutti questi paesi del Sud d’Abissinia, potrà ben Ella pensare la pena che fa l’attuale crisi politica di questo povero paese... Spero perciò che la compassione verso di me e di questo povero paese la determinerà a fare qualche cosa; nel caso intrometto la protezione di Madama d’Abbadie, la quale è stata una volta salutata Madre della missione Galla; essa supplirà al mio silenzio, poiché non ho l’uso di parlare di politica...

F. 196v Noi qui ci avviciniamo ai due anni, dacché non ci vennero più lettere d’Europa, e siamo perfettamente al bujo dello stato delle cose politiche e religiose di tutti i nostri paesi, segnatamente della Chiesa e del Papa. Alcune frazioni di lettere arrivateci in questo frattempo, parlano di affari particolari, ma nulla di politica. Alcune lettere avvenute ai missionarii protestanti, sono anche insignificanti; in questo genere stiamo colla bocca aperta, attendendo le lettere di V. S. Carissima, le sole che vagliono cento giornali. Dica a Madama d’Abbadie che sono offeso con Lei, perché mi ha mai scritto un piccolo brano di lettera, e che vedrò oggi se si convertirà.

Io sono entrato nel 31. anno di episcopato e di missione, epperciò alla vigilia di rimettere le armi; bramo di morire presto per non sentire la morte di V. S. o di Madama, la quale mi sarebbe ancor più dolorosa; L’abbracio nel S. crocifisso, e sono sempre Servo

Fr: G. Massaja V.o