Massaja
Lettere

Vol. 4

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Al deputato avvocato Cesare Correnti
presidente della Società geografica Italiana – Roma

[F. 1r]Eccellenza

Liccée 20. Novembre 1877.

Coll’arrivo dell’ULmo Signor Conte Capitano Martini ho ricevuto la patente che V. S. Ill.ma si è degnata spedirmi di membro onorario della Società geografica Italiana. Non intendo diminuire la riconoscenza che debbo all’E. V. per avermi tanto onorato, però Le facio osservare che il mio nome accanto a tanti nomi rispettabili, lontano dall’aggiungere lustro alla Società avvi il pericolo che non la disonori. Se ho qualche merito di aver viaggiato in questi paesi, il mio merito appartiene ad una sfera poco conosciuta ai giorni nostri, il cui centro è la Roma cattolica di Cristo. La Chiesa che si occupa della terra nelle sue relazioni con Dio e col Cielo, e lavora indefessamente nell’educare la famiglia umana e concentrarla, è la vera ed unica Società che animerebbe la stessa Società geografica esanime, perché l’elemento dell’onore non basta.

Venendo ora alla Spedizione equatoriale, avrei desiderato che Ella mi avesse scritto avanti di farla, perché L’avrei certamente informata di tutto, e così, o l’avrebbe lasciata, o l’avrebbe fatta per altra via, o per lo meno le spese avrebbero certamente diminuito dei due terzi; ora la Società nostra si trova con delle spese notabili già fatte, e compromessa in facia a tutto il mondo scientifico, facendo fiasco sarebbe la rovina della Società in Italia, ed il disonore di tutta l’Italia medesima in facia al mondo scientifico. È di tutta necessità perciò studiare il modo di salvarla, o in tutto, qualora sia possibile, o almeno in parte. Fare i calcoli sulla carta col compasso, è molto facile, realizzarli poi è un’altro affare. Ella ha già potuto /311/ vedere le difficoltà che si opposero da Zejla allo Scioha, e Martini di ritorno sarà in caso d’informarla. L’Italia coi suoi bastimenti da guerra che arrivarono a Zejla non ha potuto migliorare la condizione dei suoi viaggiatori a poche leghe dalla costa. Di qui a Kafa solamente si contano cinque regnocoli da attraversare, tutti abbastanza organizzati con una certa diplomazia sui generis piena di pregiudizii contro tutte le invasioni straniere, tanto che basta per impedire [f. 1v] il passaggio ai nostri viaggiatori, e Minilik raccomandandogli dovrà fare sacrifizii anche pecuniarii, ed ha bisogno di tempo. Arrivati a Kafa i nostri viaggiatori avranno delle difficoltà per entrarvi e per sortirvi; la missione cattolica colà stabilita non ha ancora potuto vincere tutte queste difficoltà per se stessa. Passato Kafa avranno ancora un piccolo regno da attraversare, e questo sarà, o Moccia, se terranno la via un poco più a ponente, oppure Wallamo più a levante, dove potranno essere raccomandati dal Re di Kafa, se pure riuscirà loro di ottenere una sortita in buona armonia. Entreranno quindi fra le razze nere, che io non conosco, paesi meno popolati e meno organizzati, dove costeranno ai nostri viaggiatori maggiori sacrifizii di altro genere, ma che in fatti saranno più facili, da quanto suppongo, ma avranno ancora colà più di cinque gradi a percorrere. Supporre che questi Signori possano andare presto, e come vogliono, è una vera utopia; se fosse così tutti questi paesi non sarebbero rimasti sconosciuti sino al giorno d’oggi, e la nostra Italia non meriterebbe una gran gloria per essere la prima a studiarli, ed arrichirne le carte. È bene che l’Italia conosca la gran difficoltà di questa operazione per conoscerne il merito e saperne essere grata agli individui che si sacrificano. Una grande impresa domanda grandi sacrifizii di tempo e di mezzi; se l’Italia vuole questa gloria sia generosa per compatire e per contribuire. Aggiunga, che a misura che si allontanano dovranno lasciare dietro di loro delle stazioni per far pervenire le loro corrispondenze in Europa, altrimenti l’impaziente Italia per innesperienza in questo genere si esporrà a disgustare le persone anche meglio disposte ad agire.

La prego poi a non prendere a traverso il ritorno del Capitano Martini, perché è stata una cosa esaminata e calcolata dal capo e dai membri della spedizione, i quali decisero di spedirlo in seguito alla preghiera del Re equivalente ad un comando; la decisione è stata presa per il bene e sicurezza della spedizione stessa, la quale non soffre affatto dal suo ritorno, poiché, mentre egli parte per l’Italia, il D. Chiarini ed il Capitano Ciecchi, persone che possono rappresentarla molto bene sono sulle mosse di partire per il Sud; prima ancora di sortire dal regno di Minilik avranno molte osservazioni da fare, le quali non mancheranno di essere interessantissime [f. 2r] poiché da qui sino a Kafa le carte geografiche hanno nulla di positivo fuori della linea percorsa dal Cavaliere Antoine d’Abbadie, la quale arriva solo sino a Bonga estremità nord-ovest del vasto regno di Kafa e ciò per la via di Ennerea; i nostri viaggiatori terranno la via più all’est, dove nessun viaggiatore ha penetrato, e dove vi sono dei punti molto importanti ad esaminarsi; perché la catena di mon- /312/ tagne a levante di tutto l’alto piano abissinese presenta colà una variazione, ed il corso dell’awaz e del goggieb è ancora un’enigma riservato ai medesimi. Mentre questi percorreranno tutti questi paesi, e prepareranno la strada per andare avanti, sarà di ritorno il Capitano Martini per raggiungerli.

Mentre io stava scrivendo, il Marchese Antinori mi communicò la Sua lettera al medesimo, epperciò mi trovo obligato a dirLe, che V. E. ha torto di averlo così gridato, poiché io stesso ho letto il lavoro da lui fatto, ed una parte di quello fatto dal Dottore Chiarini, il tutto spedito in Decembre dell’anno scorso, lavoro che meritava ogni lode, e quando fosse arrivato prima del congresso di Bruscelles avrebbe certamente fatto un grande effetto in facia a tutta l’Europa. Ho sentito la lettura di questa lettera con dispiacere, perché Ella in essa ha afflitto ingiustamente questi Signori, i quali invece hanno bisogno di essere incoraggiti. Da ciò Ella deve invece argomentare la somma necessità di lavorare per assicurare le corrispondenze, altrimenti, se ciò accadde scrivendo da Scioha, cosa non accaderà poi quando questi Signori saranno verso Kafa e di là di Kafa? Io che ho missioni in Kafa e nei contorni posso ottenere appena una corrispondenza ogni anno, e qualche volta sono rimasto anche due anni; così mi arriva coll’Europa stessa. Da ciò potrà capire il gran bisogno di fare delle stazioni frammezzo per le corrispondenze tanto necessarie, sia per mandare mezzi, sia ancora per ricevere le relazioni dei viaggiatori e spedirle, onde tener viva l’opinione publica in Europa. A questo effetto il Re qui ha già dato un bellissimo terreno alla Società per tutto il tempo che la medesima ne avrà bisogno; il Marchese Antinori, dopo la catastrofe, essendo privo di una mano non potrà innoltrarsi gran cosa; egli d’altronde si trova in una età molto avvanzata per fare dei gran sacrifizii; epperciò per ora si potrà occupare del regno di Scioha, abbastanza vasto e ricco nella sua partita zoologica e bottanica.

[F. 2v] Se V. E. avrà ancora un poco di pazienza per sentirmi, La prego di non prendere a traverso un secondo arrivo del Capitano Martini, perché è stato costretto a venirvi contro ogni sua voglia; e anzi mi giova sperare che lo riceverà con onore, e nel caso si servirà di tutti i mezzi che potrà per far tacere il cicaleggio dei giornali, perché lo affliggeranno certamente, essendo la difficoltà che il medesimo opponeva alla sua partenza contro ogni sua volontà.

Come non posso mettere tutto in iscritto, io consegnerò al medesimo qualche nota particolare, la quale potrà servirLe di norma, e ciò non solo a Lei, come capo della Società geografica, ma anche per il governo. Io conto 32. anni in questi paesi e sono attualmente il più vecchio europeo che vi sono qui, epperciò ho qualche diritto di parlare. Ho conosciuto tutte le vicende arrivate, sia nell’interno dell’Abissinia e dei Galla, sia ancora di tutta la costa orientale. In queste note metterò molte cose raccomandate alla delicatezza del capitano Martini, perché non è il mio uso di mischiarmi fuori del mio ministero, e se parlo è il puro amor patrio che oggi mi fa in certo modo cangiare sistema.

/313/ Mi perdoni intanto, se questa mia lettera è forze troppo lunga, ed in certe cose troppo chiara e senza tergiversazioni; Ella ha voluto farmi membro onorario della Società, epperciò ho creduto un mio dovere prenderne parte; Ella sa poi che in ciò ho nessuna parte interessata.

Gradisca i miei più sinceri sentimenti di rispetto e di riconoscenza, con i quali ho l’onore di dichiararmi

D. E. V.

Divot.mo Servo
Fr: G. Massaja V.o di Cassia
V.o Ap.o dei Galla