Massaja
Lettere

Vol. 4

/370/

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Al cardinale Giovanni Simeoni
prefetto di Propaganda fide – Roma

F. 990rEminenza R.ma

Matamma 28. Ottobre 1879.

In fretta vengo a riferirLe la nostra espulzione dallo Scioha e da tutti i paesi Galla dipendenti da Menilik e dall’imperatore dell’Abissinia. Io mi trovo qui con Monsignore Coadjutore, e col P. Luigi Gonzaga; Noi tre fummo spediti con dolo da Menilik all’Imperatore Giovanni, il quale ci trattenne circa due mesi, e poi senza darci causa di scienza ci gettò qui sui confini di Matamma senza riguardo alcuno alla mia età quasi decrepita ed al mio stato di salute molto sofferente, non che ai 35. anni di dimora pacifica sempre avuta con tutti i governi della stessa Abissinia cristiana. Nella nostra partenza era rimasto nei paesi di Scioha, come furtivamente il solo P. Ferdinando da Jeri con cinque Sacerdoti indigeni, [f. 990v] ma come l’ordine d’esilio dal regno di Scioha è non solo per noi, ma per tutti o quasi tutti gli europei, è da temersi che il P. Ferdinando ci seguirà, /371/ e dopo di lui i Sacerdoti indigeni, se pure Menilik non gli salverà, oppure qualche crisi politica non cangierà lo stato delle cose presenti. Restiamo dunque colle sole missioni di Ghera e di Kafa, dove la dominazione Abissinia non arriverà tanto presto.

Ciò posto, se Iddio mi darà forze, io col P. Luigi Gonzaga mi recherò in Egitto, dove aspetterò gli ordini per progredire il mio viaggio verso l’Europa; Monsignore Coadjutore poi partirà per Aden, per vedere se da quella parte potrà aprirsi una strada verso Ararghè e gli Itto Galla, l’unica posizione più vicina che ci resta, da cui potremo alla meglio custodire i nostri cristiani del regno di Scioha, e ritornarvi colà subito che le circostanze lo permetteranno.

In quanto a me, all’età di 71. anni non potendo più sostenere viaggi disastrosi [f. 991r] sarò obligato a dare le mie dimissioni, ed a questo effetto ne scriverò allo stesso S. Padre. Per ora se questa mia Le arriverà, Ella non manchi di prevenirLa del nostro disastro attuale; più tardi non mancheremo di darLe conto di ogni cosa, e raccontare la storia genuina di tutto.

Io nutro un gran desiderio di baciare i piedi al S. Padre, che ancora non conosco personalmente, ma alcune circostanze a me personali mi terrebbero volentieri lontano da Roma; comunque, quando il S. Padre, e V. Em. R.ma mi ordineranno di venire per forza ci verrò; del resto per alcuni anni che mi rimangono di vita bramerei qualche convento o missione nostra affatto isolato dal mondo dell’Europa per pensare a me stesso.

Tanto Le dico per ora in fretta in dubbio se questa mia Le arriverà. Le scriverò più direttamente dall’Egitto sopra tutti i punti suddetti.

F. 991v Implori per me la benedizione dell’amato nostro Pontefice sopra questa tribolata missione, la quale mi costa 34. anni compiti di tribolazioni, e di fatiche, che Iddio, come spero, mi conterà; Ella poi in particolare non manchi di gradire coi miei, i saluti di Monsignore Coadjutore, il quale pure non mancherà di scriverLe da Aden, e del P. L. Gonzaga summentovato, mentre tutti tre Le baciamo la S. porpora, dicendomi io per tutti

D. Em. V. R.ma

Divot.mo Servo e Figlio
Fr. G. Massaja V.o