Massaja
Lettere

Vol. 5

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Al padre Severino Stuardi da Poirino OFMCap.
ministro provinciale del Piemonte – Torino-Monte

[F. 1r] M. R. P. Provinciale Amat.mo

Roma 28. Decembre 1881.

Appena arrivato dal mio viaggio di Francia, benché ancora infermo, il nostro caro R.mo P. Generale ha voluto intrattenermi sullo stato di cotesta nostra Provincia di Piemonte, persuaso di trovare in me una persona molto affezionata della medesima, e disinteressata, come è chiaro, essendo io canonicamente incapace di prelatura e superiorità nell’Ordine nostro Carissimo.

La Sua lettera di risposta all’officio ultimo, sull’affare del futuro Commissario l’ha molto consolata per la parte che Ella e cotesto M. R. Suo Definitorio Provinciale ha ricevuto con rispetto e rassegnazione la determinazione presa in proposito; ma non han lasciato di ferirlo nel più vivo del suo cuore paterno certe osservazioni, come /121/ una tale Sua determinazione potesse recare disonore a Lei ed alla Provincia stessa.

Caro P. Provinciale, qui appunto sta lo sbaglio gravissimo di V. P. M. R. Un Commissario non è un disonore, essendo cosa affatto ordinaria che suol farsi ben soventi nelle altre provincie, anche per fatti particolari indifferenti, come si sa. Il Commissario non ha altro scopo, che quello di salvare la conscienza e l’onore, sia del Generale stesso, come ultimo risponsabile, sia ancora dell’amministrazione locale, avanti Dio ed all’Ordine – Ella perciò deve riceverlo come un’atto di paterna sollecitudine, ben tutt’altro che odioso.

[F. 1v] Prescindendo dalle ragioni particolari che hanno dato motivo al Superiore generale suddetto di venire ad una tale determinazione, ragioni che debbo supporre, ma non sapere. Avendo letto la Sua lettera stessa di risposta sopracitata, ho veduto subito dallo stato medesimo da Lei presentato un documento irrefragabile che prova la prossima rovina totale di cotesta Amatissima nostra Provincia così rispettabile nella storia passata; qualunque persona di calcolo che la legga non potrà a meno che confermare questo mio giudizio, calcolando solo il numero dei Conventi, dei religiosi, e dei pochissimi giovani. Il P. Generale perciò ha un gravissimo dovere di vedere quid agendum prima che la medesima muoja affatto.

V. P. M. R. nella Sua lettera accusa 17. Conventi, ma io ne calcolo solamente tre, o al più quattro, dove si trova la vita comune con un poco di osservanza regolare. Tutti gli altri gli chiami a preferenza 12. o 13. semplici cappellanie, dove per mancanza di osservanza, e forze di vita comune, tanto essenziale al religioso, i poveri religiosi si devono considerare come molto esposti alla perdizione eterna; ma transeat questo, ancor qualche anno, questi cappellani, divenuti incapaci di reggere la loro cappellania, o moriranno assistiti da secolari, oppure dovranno ripararsi nei due o tre Conventi di osservanza a caricare e complicare sempre più i medesimi.

Ella mi risponderà, e i nostri giovani per cosa sono? Ma, Caro P. Provinciale, rifletta che questi sono pochissimi, e neanche basterebbero per mandarne la metà di uno per ogni Convento. Ma avvi ben di più, questi pochi giovani formano tutta la speranza di un piccolo risorgimento futuro [f. 2r] della Provincia stessa: con quale conscienza perciò Ella potrebbe mandargli a tutte queste cappellanie, dove avvi niente di osservanza, e nessuna apparenza forze di vita comune? non sarebbe per avventura un prostituirgli e fargli figli della geenna? Questi giovani così guastati, e forze irritati da questi vecchj divenuti incapaci, come semplici vicecurati loro, che avvenire potranno presentare? Si persuada, caro P. Provinciale, che io avrei veduto molto più volontieri quattro o cinque soli conventi di osservanza, che tutta questa gran quantità di Conventi di puro nome, la più parte dei quali presenta nessunissima speranza per l’avvenire. In questo ultimo caso Ella avrebbe sempre ancora alcuni religiosi da disporre per le predicazioni, e per altri [altri] servizii del publico, senza compromettere l’osservanza regolare, l’unica che può tranquilizzare i religiosi di buon spirito.

/122/ Se io dovessi darLe un consiglio, eccolo brevissimo: a misura che in tutti questi conventi nominali, eccettuati i soli conventi veramente nostri, o quasi nostri dove si può sperare per l’avvenire, a misura dico che sorgono delle difficoltà, chiudergli; è questo l’unico rimedio.

Lasciando dunque tutto il resto da una parte, questo solo riflesso non pare a Lei sufficiente al nostro Padre Generale di esaminar meglio questa grave situazione di cotesta Provincia, onde vedere quid agendum, e salvare così la propria risponsabilità, e quella della P. V. M. R. stessa contro i riclami della propria coscienza e quelli dei religiosi, che sempre vi sono?

Ella dunque si tranquillizzi, e prenda parte attiva col Commissario che verrà; ne ringrazii anzi il R.mo P. Generale. Quindi in tutto cancoli anche me per tutto ciò che potrò. Gradisca i miei saluti, e mi creda sempre tutto Suo

Servo e Figlio in S. F.[rancesco]
† Fr: G. Massaja Arc.o Cappuccino