Massaja
Lettere

Vol. 5

/153/

957

Al commendatore Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 338r Très-cher M.r Antoine

Frascati 12. Settembre 1882.

Fin qui ho sperato sempre che la loro partenza potesse ancora avere qualche latitudine, se non altro, rapporto all’epoca; ma dalle loro risposte ultime veggo che non vi è più rimedio, ne tempo da perdere.

/154/ Se io avessi potuto influire sulla decisione affermativa o negativa, forze avrei tentato di persuaderLa a sospendere un viaggio così pericoloso, ed in tempi molto critici, ma oggi tutto essendo inutile, mi tratterrò nel raccomandarLe cautele, e cautele senza fine.

La sola variazione di clima tra Parigi e le Antille è già una crisi per una persona qualunque, anche giovane; tanto più poi per una persona di una certa età [f. 338v] usata a regole igieniche quasi matematiche, come V. S. Carissima. Il solo viaggio, ed il solo clima essendo già uno sbilancio non indifferente. Una piccola causa, oppure un piccolo miasma potrebbe produrre una crisi anche fatale.

Veniamo alla pratica: in mare si ricordi, che sarà sempre molto più sicuro il calore del salone, oppure della cabina, che non il fresco della sera, o anche del mattino; particolarmente poi quando il bastimento si avvicina a terra e molto più a terre sconosciute.

Ancora un’altro punto: nell’imbarcarsi prenda il posto a piccole rate dirigendosi ad un luogo conosciuto, ove non regna qualche miasma o malattia; frammezzo sempre un poco di riposo, anche per abituare poco per volta la machina umana: da un clima all’altro.

Nei paesi della zona del Sole l’unico rimedio che ho trovato utile e senza alcun pericolo, anche a grandi dosi, è il tamarindi. Questa pianta vegeta solo [f. 339r] nei paesi della zona i più caldi, perché appunto là è che corre il bisogno. V. S. conosce la malattia chiamata golfu nei paesi oromo, e detta bescta in Abissinia; è questa una specie di febbre gialla. Ora quando io mi accorgeva che questa malattia era entrata in qualche casa; avvertito per tempo, se poteva avere del tamarindi in quantità, io ne faceva fare gran marmitte di decotto e ne faceva bere a tutta la famiglia in gran quantità da determinare una specie di diarrea; così ho sempre potuto salvare tutta la casa, quale, come Ella sa, altrimenti sarebbe morta quasi tutta. Così ancora ultimamente passando per il Sennar, ho potuto salvare la nostra carovana.

In materia di tamarindo poi, nel caso di farne uso, il nero del Sennar è migliore del giallastro delle indie. Il tamarindo cotto en tisane o decotto è molto più leggiero. In caso di farne uso non si fidi delle preparazioni che si vendono fatte, anche dalle farmacie. Compri il tamarindo di commercio, e se lo facia preparare in casa. Nel mio viaggio antico del Sennar ne consummava almeno tre libbre ogni mese.

F. 339v Fin qui ho scritto con tutta semplicità le cautele da me usate viaggiando; come cose ordinate dalla prudenza umana. Passiamo ora a quelle che vengono da Dio. V. S. Carissima non dubita certamente che io pregherò, perché posso assicurarLa che non sono tranquillo a loro riguardo, fino a tanto che non avrò sentito il loro felice ritorno a Parigi. Comunque, sappiano che io la mattina alle quattro di Roma celebrerò la S. Messa, qualche volta anche direttamente per loro; se saranno svegliati in quel momento procurino di unirsi a me, e così insieme pregheremo il nostro padron di casa...

Non manchi di mandarmi qualche notizia di quando in quando, e ciò con letterine brevissime, tanto che bastino per tranquillizzarmi.

/155/ Le lascio ai piedi di Gesù crocifisso e Le benedico tutti [e] due. Benedictio Dei omnipotentis descendat super vos et maneat semper eundo et redeundo, usque ad ingressum. Amen.

† Fr. G. Massaja Arch. Capp.no

P. S. Riguardo ai miei scritti ho una parola col Santo Padre. Libero da quella parleremo; io pure vi penso.