Massaja
Lettere

Vol. 5

/181/

980

Al commendatore Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 343r Caro Antoine

Pisa 13. Maggio 1883.

La Sua lettera del 30. scorso Aprile mi fece un gran piacere, perché la prima che Ella mi scrive dopo la fatale partenza per /182/ l’America. Pagato il tributo di riconoscenza a Madame d’Abbadie, perché essa sola mi fu di parola nel darmi qualche notizia dopo l’epoca suddetta, pure non vedendo più i di Lei caratteri, sempre rimaneva nel fondo del mio cuore un certo deposito di malinconia sul dubio della di Lei salute, come se la brava Signora mi nascondesse ancora qualche cosa per non attristarmi. Oggi però che Ella stessa mi scrive, e mi parla di ulteriori lavori, passano tutte le mie pene a tal riguardo, e ringrazio Iddio di tutto.

Non posso ancora per ora dirLe una parola sicura sopra il mio manoscritto, il quale conta già presto tre mille pagine di quelle che [f. 343v] Ella ha veduto in Marsilia: la storia dal 1846. è arrivata già al mese di febbrajo 1868. Stava scrivendo la storia del monte Azzelo, non lontano dal fiume Hauash, quando partiva di Roma sul principio di Aprile per far il viaggio attuale della nostra Italia, causa che la Sua lettera ritardò dieci giorni ad arrivarmi. Il monte Azzelo è un monte direi quasi mitologico per l’Abissinia meridionale, e stava appunto trattenendomi in qualche detaglio semi mitologico. La chiave di questo mio manoscritto sta ancora nelle mani del S. Padre, come già Le diceva, ma spero sempre di esserne libero.

Anche io sono in pena per le cose della missione, contando già circa tre mesi dacché non ho avuto lettere. La nostra Etiopia è travagliata da crisi politiche al pari della nostra Europa. Io non ho avuto ancora un’idea giusta sopra le evoluzioni politiche di quel paese, ma non dubito che l’imperatore Giovanni debba fare una cattiva fine; già mi [f. 344r] si diceva, ora ammalato a morte, ed ora politicamente indebolito, ma qualche cosa deve esservi di reale sul conto suo, perché stando a quel solo che ho potuto vedere, non posso giudicarlo un colosso di qualche consistenza. L’Etiopia del 1840, e quella del 1880, per chi ha veduto coi suoi occhi queste due epoche, conta più della metà di perdita nella sua popolazione; ciò ben inteso per riguardo all’Etiopia cristiana del Nord, la quale si è resa colpevole avanti Dio di crimi terribili, dei quali io stesso ne sono testimonio, e ciò all’infuori della storia religiosa, nella quale non la finirei più se volessi tutto dire. L’inferno è fatto per gli uomini, ma le nazioni sono punite in questo mondo; così arriverà alla nostra Europa non meno infedele, come Ella ben sa. Iddio ci accorderà, come spero, di poter passare ancora qualche giorno insieme, allora in parole dirò tutto a Lei, senza aver la pretenzione di essere un profeta.

F. 344v Ella intanto studii la maniera di rendere possibile un’incontro durabile di qualche mese per parte Sua, a cui molto vi penso; io per parte mia farò il rimanente; altrimenti ci passerà l’età dei viaggi, e dovremo rassegnarci in questo povero mondo ad un’isolamento totale. Per me il viaggio di mare è molto facile, ma quel di terra mi è fatale; se il castello Suo Abbadia fosse in questi nostri litorali vi anderei ogni anno, ma dove si trova si va allontanando ogni giorno di più. Vorrei ancora [scrivere] qualche cosa a Madama d’Abbadie, ma il foglio finisce, e la mia partenza è vicina, epperciò Ella facia la mia parte da questo lato.

/183/ La lascio intanto con gran mio rincrescimento, e benedicendoLa unitamente a Madama Sua moglie carissima godo rinnovarmi

D. S. V. Ill.ma

sempre Servo ed Amico
† Fr. G. Massaja Arc.o