Massaja
Lettere

Vol. 5

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Al padre Rocco Cocchia da Cesinale OFMCap.
ex procuratore generale delle missioni – Roma

F. 44r R.mo Padre in X.to Veneratissimo

Gilogov – Scioha [giugno 1872]

La Sua lettera di Novembre 1870. mi arrivò qui il giorno del nostro S.t Antonio dell’anno presente 1872. cioè il ventesimo mese dalla sua partenza di Roma. Da ciò argomenti, caro R.mo Padre mio, il calcolo che possiamo fare delle corrispondenze nostre.

Per questa ragione io aveva scritto fortemente più volte sul bisogno di venire alla provvista d’un successore; le ragioni che Ella mi adduce sono tutte sciolte nelle mie lettere precedenti, quali avrà certamente ricevute, perché mi risulta il loro arrivo alla costa ed in Egitto; non perdo perciò la speranza che si farà ciò che io ho domandato per il bene della missione; in caso contrario io farò ciò che posso sino alla morte, al di là, e più in là dell’autorità suprema penserà chi deve pensarci avanti Dio; serve a nulla moltiplicare questioni.

Nelle mie lettere precedenti aveva di più domandato la conferma del M. R. P. Domenico ora Provinciale di Tolosa in mio Procuratore assoluto sui fondi della missione esistenti in Francia, con potere di s[c]egliere nelle trè Provincie soggetti capaci, e mandarli qui previo accordo colla S. C. e col Vicario Apostolico; [f. 44v] anche questo lo spero, perché le nostre lettere ed istruzioni a tale uopo sono tutte posteriori alla Sua lettera suddetta; in caso contrario anche qui diremo [:] fiat voluntas tua, perché assolutamente nella mia vecchiaja non voglio essere di cattivo esempio agli altri con una troppo forte resistenza, benché avanti Dio mi sentirei abbastanza armato di ragioni; prima vada pure tutto alla peggio in Europa, ed i pochi mezzi che ancora restano colà siano pure sciuppati da chi non conosce perché non ama consigliarsi; nel caso io tengo una grotta, e finirò colà i miei giorni nella pace del Signore.

Se questa mia arriva in Roma e troverà ancora il caro P. Rocco nella Procura generalizia delle missioni, io tengo ferma fiducia che il tutto si farà, perché ci conosciamo, e sono certo che il medesimo non lascierà mezzo intentato in tutto ciò che potrà fare per il bene di questa missione; nel caso contrario, chiunque sia per essere in suo luogo, è pregato di rivedere tutte le mie lettere precedenti scritte sia al R.mo Procuratore, sia alla Propaganda; da queste conoscerà lo stato delle cose, senza che io qui di nuovo le ripeta; rapporto a Monsignore Cocino troverà nelle medesime che ha dato le sue dimissioni, delle quali il documento esiste qui nelle mie mani, e lascio di mandarlo, [f. 45r] perché potrebbe perdersi; nel caso contrario potranno lasciare a me la definitiva questione, mandando solo i titoli, coi quali io possa procedere; in questo caso potranno essere certi che io provvederò a tutto, e farò nulla senza passare /377/ d’accordo con M.r Cocino. Dopo 26. anni di Vicariato credo di non essere fuori di ragione se domando qualche riguardo.

Ecco, R.mo Padre mio, i due grandi affari che mi premono; Ella facia tutto il possibile, se non sono ancora fatti, affinché si faciano, essendo cose che appartengono all’alto regime della missione, dai quali ne dipende l’avvenire; passo ora ad un’altro affare meno importante, ma pure che raccomando: io sono venuto qui in Scioha, e prima di partire di Roma mi sono inteso con S. Em: il Cardinale Prefetto, rapporto alla giurisdizione sui paesi Cristiani appartenenti al Vicariato d’Abissinia; pregai Sua Em: di parlarne al S. Padre, ed egli mi rispose in una Sua lettera che ho ricevuto in Egitto di procedere liberamente, occorrendo il ministero fra i Cristiani di questo regno; ora sarebbe bene che Ella verificasse questo atto per ogni caso che fossi cercato dal V. Ap.o d’Abissinia. Noi qui ci siamo stabiliti fra i Galla del regno, ma non ho lasciato di esercitare il ministero fra i Cristiani per quanto ho potuto; io non voleva restar qui, ma pensava alle missioni del Sud da me fundate prima; [f. 45v] ma fui trattenuto, epperciò fui obligato a servirmi di detta facoltà, a dir vero priva delle formalità di uso; non vorrei poi che qualcuno mi dicesse [: ] perché ha messo la mano all’aratro altrui?

Ancora un’altro affaretto: le mie facoltà sono spirate, essendo solo per dieci anni: la prego di farmele confermare; è questa la terza confermazione che domando.

Ancora un’altro affare: Viene in Italia un messaggiere di questo Re Menilik, per nome Abba Michele, mandato primitivamente al Re d’Italia, e secondariamente al S. Padre, per cui ha una lettera mia; se questi verrà a Roma e cercherà di Lei, non manchi di riceverlo e di assisterlo per quanto potrà, sia per la visita che farà al S. Padre, sia ancora per vedere i monumenti di Roma, segnatamente sacri; bramo questo per toglierlo dall’influenza delle persone nemiche della Chiesa, che non mancano ora in Roma; avrei voluto impedire, ma non ho potuto, potendo essere che il Re, o il ministero si trovino in Roma...

Caro P. Rocco, preghi per me, e stia certo che noi tutti qui gemiamo e preghiamo per Lei, per l’Ordine, per il Santo Padre, e per tutta la Chiesa. L’abbracio nel S. crocifisso e sono

D. P. V. R.ma

sempre Fratello
† Fr. G. Massaja V.o

[Questo scritto dev’essere collocato tra i nn. → 656 e → 657]