/297/

34.
Abu-Beker ad Ambàbo:
ipocrisie, ruberie e pazienza cristiana.

arrivo di Abubeker
[18.12.1867]
Di fatti sul principio di Gennaio, un bel giorno sentiamo tutti quei mussulmani in festa col solito lelta dei barbari. Domandiamo[:] cosa è? [p. 127] Abubeker nostro padrone è arrivato [rispondono]; in fatti dopo poche ore si viddero [a] comparire al sud alcune barche colla bandiera della mezza luna; Abubeker [era] sbarcato alla moschea, e fatta la sua immonda purificazione, colla quale ha lavato tutte le ingiustizie commesse contro gli inglesi nei suoi contratti, e contro i suoi sudditi col suo monopolio, egli prima di vedere le sue mogli ed i suoi schiavi, entrò da noi tutto allegro per consolarci, e nel tempo stesso incomminciare un nuovo mercato e rubarizio. suoi complimenti Egli allora tutto grazioso, vi ho fatto aspettare un poco diceva, ma cosa volete[:] ho avuto molto da fare. Fatte le sue scuse a noi, ed al Signor Mekev inviato del Re Menilik, ci consegnava molte lettere venute da Aden, e dall’Europa, e dal Re di Scioha. Colle barche venute con lui si trovava ancora una barca carica di nuove proviste per noi. Il P. Alfonzo aveva ricevuto le nostre lettere e ci mandava nuove proviste per il nostro viaggio; anche il console francese ci mandava i cento fucili.

un grande ipocrita Ma non finirono quì i complimenti del furbo principe mussulmano: egli chiamò tutti i capi delle grandi sue famiglie di Ambabo, e fece loro una gran predica in collera, come [p. 128] se avesse voluto tutti amazzarli per darci una soddisfazione: voi, disse loro, non sapete come questi signori sono miei grandi amici, e sono pure amici del nostro gran Re Menilik; voi non gli avete rispettati come dovevate rispettargli, e conosco persino che li avete gettato delle pietre; quelle pietre che avete gettato contro di loro, sono state gettate contro di me, e tu N. mio ministro già li conosci, e darai loro per ciascheduno cento colpi di corvàscie (nervo di bue). Al sentir questo, benché sapessi che era niente altro che una bugia, pure mi sono alzato ed ho domandato misericordia per loro (mentendo io, come mentiva egli). Allora prese la parola con /298/ più calore: vedete, vedete, disse, che brava gente sono, essi con tutto ciò domandano ancora perdono per voi. Come posso negar loro questa grazia? andate perciò che siete perdonati in grazia loro. Sappiate dunque rispettarli, altrimenti chiunque perderà loro il rispetto, lo venderò a lui affinché lo facia cristiano ([per] chi conosce i mussulmani è questa una grande ingiuria ai cristiani...)

un’arabo impara dai nostri Se io avessi scritto una simile predica di Abubeker poco più di mezzo secolo fà, avrebbe sollevato le nostre popolazioni ancora mezze barbare o codine, ma a questo sole di libertà e di civilizzazione si direbbe invece che Abubeker ha preso lezione dai nostri maestri massoni, lezioni di monopolio, [p. 129] lezioni di dispotismo, e le stesse nostre popolazioni divenute tutte regine, hanno imparato già a pagare il quadruplo di tasse o taglie con tutta libertà e pazienza come i turchi; esse, divenute apatiche come i turchi, invece di rivoltarsi incomminciano a prendere in pace il partito del suicidio, o dell’esilio, o emigrazione verso i paesi turchi, o verso l’America, aspettando l’epoca della schiavitù e del bastone non molto lontana. Dico tutto questo unicamente per far vedere ai nostri amici un poco di orizzonte in lontananza, il quale ci segna la strada per dove andiamo colla marcia attuale. la carità di Abubeker per i poveri Del resto Abubeker non aveva ancora finita la predica di stile tutto massonico: voi canaglia, disse ai suoi capi, mi avete lasciato morire di fame tutti i miei poveri; voi siete stati tanto cattivi da proibirli persino di domandare la limosina a questi signori, i quali bastavano a salvarmeli tutti. (1a) Nel caso io non avrei bastato? io che ho guadagnato dieci mille scudi in meno di tre mesi (2a) dagli infedeli, potevate a mio nome spenderne anche venti o trenta, invece sono morti tutti di fame.  (3a)

Chi sente questa predica dirà certamente che il Principe Emir Abubeker è un’eroe di carità verso i suoi poveri; ma stando [d]a quanto sentivamo di lui, ed [d]a quel poco che vedevamo noi stessi, era ben tut’altro il giudizio che ne facevamo. agape musulmana ai poveri Ciò che facevano i capi del suo villagio [p. 130] tutto partiva dal suo ordine, e tutta la carità, che abbiamo veduto noi [a] praticarsi publicamente, era una specie di agape, che /299/ aveva luogo ogni venerdì, giorno di festa per i musulmani. Quell’agape consisteva nella distribuzione di un pugno di durra o meliga rossa arrostita con una piccola tazza di caffè a tutti i musulmani ricchi e poveri radunati avanti [al]la moschea, dopo una specie di preghiera publica. Quella predica era piuttosto per calmarci nostri animi, e guadagnare sopra di noi una tal quale confidenza, per poterci scorticare a mano franca, come aveva scorticato l’armata inglese nei contratti passati.

belle parole di Abubeker Difatti rivolto a noi: in altra circostanza, disse, avrei fatto per voi tutto gratis, e vi avrei trasportato fino ad Iffat (provincia musulmana sotto Ankober) coi miei cameli e coi miei uomini; ma questa guerra inglese ha preso tutto, ed ha guastato tutti i prezzi; se prima un camelo si pagava dieci talleri oggi il prezzo è di 40. talleri caduno: così pure per un poco di pane ed un[a] pezza di tela io trovava uomini tanti che voleva sino ad Iffat, ma oggi sono obligato a pagargli al prezzo che gli hanno pagato gli inglesi. Si noti che tutti i giorni venivano cameli dall’interno [p. 131] portati di denakil a vendere, e se ne faceva il contratto tutto vicino al nostro recinto, e coi miei occhi stessi vedeva pagarli da dieci a dodeci talleri. Era quello un mercato publico veduto da noi e dal Signor Mekev. Non era perciò difficile scoprire l’orditura del suo sistema di bugie patenti e pronunziate solennemente, e senza vergogna. Egli con ciò pensava ad una vittoria molto ristretta, perché vittoria ordinata a guadagni temporali; ma noi, come già notai più avanti nella piccola storia di Zeïla, avevamo dei calcoli molto più vasti, quelli di invilupparlo con un’esca, e risolverlo ad entrare nei nostri interessi, e spianare quella strada medesima, la quale vidde poi in seguito [a] cader tante vittime di [viaggiatori] europei. (1b)

la chiave della politica delle due tribù denakil e somauli Il mio sistema di pazienza, in facia ad un sistema di patenti inganni e bugie, era basato sopra ragioni gravissime, che io ho potuto scoprire dopo un’esperienza di molti anni, e che un nuovo europeo venuto non poteva sapere. La più grande di tutte le ragioni era appunto quella di Abubeker, il quale, senza comparire in facia alla diplomazia europea, ed anche turcha, di cui era tributario, era il perno sopra il quale si moveva tutta la politica [p. 132] delle due tribù, tanto Denakil che Somauli. Abubeker fra i Somauli non era che parente per via di mogli, ma era loro principe; in quanto ai Denakil era fra loro [capo del]la /300/ prima patriarcale famiglia. Tutte [e] due quelle tribù non potevano movere un dito senza di lui, eppure in facia all’Europa ed all’oriente contava come loro nemico. il fatto di Mussingher
[† 14.11.1875]
e di Giulietti
[† 25.5.1881]
Bascià Mussingher era governatore generale del Sennar, e di tutta la costa africana da Soakim sino a Gardafui quando è stato ucciso dai Denakil con tutta la sua armata. Abubeker era suo suddito, eppure è cosa certissima che i Denakil non potevano commettere un crim[in]e di tradimento simile senza Abubeker. Se l’Egitto avesse voluto efficacemente vendicare il sangue di Mussingher doveva incatenare Abubeker. Lo stesso è accaduto relativamente all’affare di Giulietti sulla costa di Assab. [inchiesta: 24.4-10.5.1882; assoluzione: mag. 1884] Quando si faceva la solenne finta all’Italia di vendicare il sangue di Giulietti, l’oracolo denakil, che fece fare questo crim[in]e, passeggiava sopra i due vapori italiano, ed egiziano, mangiando a loro spese; il solo governo egiziano lo sapeva. Il governo mussulmano per lo più è montato così; non in tutti i paesi, solo frà i nomadi.

codice distruttore delle popolazioni Parte perché l’islamismo ha distrutto una gran parte della sue popolazioni, e parte anche, perché non è un codice fatto per moltiplicarle, anzi diminuirle, il fatto sta ed è, che questo povero impero detto della mezza [p. 133] luna, nell’Asia medesima e nella stessa nostra Europa, dove anticamente esistevano grandi popolazioni, ma principalmente in Africa, conta appena il terzo delle nostre popolazioni, in proporzione della distanza quadrata degli immensi terreni che occupa. popolazioni scomparse Egli ha degli spazii immensi, i quali oggidì contano come deserti, perché ridotti a pochissima popolazione di nomadi disorganizzati. È questa oggi una questione conosciutissima dai dotti, per poco che essi siano versati nella storia antica, e nella geografia odierna. L’Asia minore, e la Barberia, tutti paesi vicini a noi, e conosciutissimi sono là che parlano, e si possono vedere da tutti, oggi si trovano senza popolazione. L’Egitto medesimo coi suoi monumenti situati in deserti, come altrettanti sepolcri di una civiltà morta ci attestano ad evidenza questa gran verità.

governo dei nomadi Ora in tutti questi grandi spazii occupati da popolazioni nomadi e disperse, volanti e senza città o villaggi, la maggior parte senza coltivazione, e col capitale ambulante di mandre, di greggi. Tutti questi grandi spazii, dico io, non potendosi più governare direttamente con delle leggi civili, e con una forza di truppe [p. 134] organizzate, come presso di noi, sia per mancanza di uomini, e sia ancora per mancanza di viveri. Per altra parte, non potendo l’uomo restare affatto isolato, perché fatto per una società, ed è naturalmente bisognoso di qualche tribunale d’appello; al cadere degli imperi organizzati, nasce naturalmente il governo delle caste, delle tribù, [delle caste], e delle razze, detto patriarcale /301/ teocratico nel senso biblico, detto feudale in altre epoche, con delle leggi proprie ed elementari, più o meno perfette, a misura che tutte queste razze sono più o meno guidate da un principio teocratico, o reale, oppure fittizio.

l’Europa non conosce i paesi nomadi Nei nostri paesi civilizzati non esistono più questi governi elementari, perché la società cristiana, richiamata da Cristo alle leggi naturali di giustizia, di equità, e di celeste fratellanza, col controllo della fede era arrivata ad organizzare queste nostre società dette regni, imperi, vera creazione celeste, vero miracolo sociale, ed imagine della gerarchia celeste, l’unica che poteva reggere e sollevare la società cristiana all’altezza in cui ci troviamo, grazie alla società colossale, di cui il solo cristianesimo è capace. un gran miracolo Iddio ha voluto farci vedere questo gran portento, fin dove può arrivare una società con accanto [p. 135] il Sacerdozio di Cristo che la guida, e sopra Iddio che la regge. Ora lasciando da una parte il calcolo o le profezie che di quì nascono naturalmente sopra la durata di questo portentoso colosso, perché sarebbe una materia troppo estranea per essere ascoltata il valore della luce quando manca dai figli della destituzione, del petrolio, o delle bombe, i quali hanno scosso affatto il giogo teocratico. Ritornando al caso nostro, questo governo elementare si forma naturalmente a misura che si indebolisce il cristianesimo, e con lui il gran colosso delle società cristiane e civilizzate che si vogliano dite.

un’appello a chi ha meditato Chi ha meditato [sul]le storie passate, e [sul]le presenti dei paesi abbandonati da Dio, i missionarii, ed i geografi veri, che viaggiano il mondo, devono vedere tutta questa gran catena dello sviluppo sociale con Dio o senza Dio; essi soli possono verificare che queste mie idee non sono un volo poetico, ma una storia positiva e reale. Ora io dico che è una vera ignoranza nostra il supporre che esista l’uomo senza un Dio ed una società qualunque, la quale nella sola sua perfezione evangelica è capace di un gran sviluppo scientifico di ogni genere. [p. 136] Se Iddio permetterà un’abbassamento totale del cristianesimo, i nostri nipoti, come quelli, i quali, caduti da un gran precipizio, i residui guarderanno in alto, come chi sogna una grandezza passata; essi divenuti raminghi, come tutti gli altri popoli caduti nella schiavitù faranno appello al gran canone del taglione, ultima risorza, contro i figli della rivoluzione e del satanico progresso. Non parlo della Chiesa di Dio, perché [contro di] essa, creata da Lui, [non] abbiamo nessun diritto di stender[vi] la mano; essa potrà anche arrivare sino al Calvario, ma per ritornare come madRe Vittoriosa a dar la mano ai traviati, richiamandoli a nuova vita.

/302/ le tre figure di Abubeker
[† 9.12.1885]
Eccomi pertanto arrivato nel campo dove naque Abubeker, e per dove noi dovevamo passare in mani sue, per arrivare in Scioha. Abubeker per una parte di sangue Denakil, e pretendente capo banda dei medesimi; da un’altra parte Emir e capo del governo di tutta la costa, governatore egiziano; da un terzo lato gran negoziante col monopolio di tutto il commercio del regno di Scioha e consigliere del Re Menilik, tutti avevano bisogno di lui, e lo stesso Re Menilik doveva passare per la sua [a]trafila per i suoi interessi colla costa; egli fingeva di farsi tutto a tutti per far servire tutti al suo interesse. Egli poteva fare tutto il male senza comparire, e senza compromettersi col suo governo, e poteva fare tutto il bene facendo il suo interesse; le sue menzogne egli sapeva a suo tempo mentire ai Denakil, mentire all’Egitto, ed alla Turkia padrona [p. 137] sua, come questa mentisce all’Europa. Se noi morivamo in viaggio, Abubeker sarebbe stato il primo a piangere in facia alla nostra Europa, e prendere l’iniziativa di vendicare il nostro sangue per giustif[ic]are il suo governo e farsi un merito presso di noi per il sangue da lui fatto versare con un’operazione simulata e menzogniera, onde salvare la vendetta contro i suoi fratelli intrappresa da altri. In caso contrario, anche [de]rubandoci in mille modi, egli sarebbe sempre stato l’eroe meritevole di tutte le lodi. Così morì Mussingher coi suoi 300. soldati; così morì Giulietti coi suoi compagni, e così morirono molti altri francesi, e nulla si è fatto per loro.

la più parte del mondo è di nomadi Con ciò io credo di aver fatto conoscere abbastanza la forma essenziale del governo fra tutte le popolazioni barbare o semibarbare, governo detto castale, nel quale la risponsabilità è ad summa capita familiarum, proprio di tutti i paesi decaduti, i quali sono considerati fuori del diritto delle genti civilizzate. Tutta l’Africa è in questo senso, e possiamo dire anche più della metà dell’Asia, e delle americhe. In simili paesi cessa il censo delle popolazioni, ed anche quello dei terreni. In essi i popoli pretendono di essere liberi, ma in fatti sono tutti schiavi di despoti locali, ed il diritto [p. 138] personale del uomo non è conosciuto che in alcuni capi più o meno in contatto coi paesi che vivono in società organizzata e civile. si purgano i mari dei corsari ma non i deserti Le potenze civili dell’Europa sono arrivate a purgare i mari dalle rapine dei corsari, ma [non] arriveranno mai a dominare i deserti incolti, perché in essi non possono avere luogo le strade ferrate, perché le strade ferrate presentano delle difficoltà che non presentano i vapori di mare. potenza di Abubeker In questo senso il nostro Abubeker, restando sopra la costa del mare, è servo dell’Egitto e della Porta ottomana, ma un poco lontano dal mare è più forte di tutti; là può fare tutto ciò che vuole, perché è in paese suo, dove, anche una potenza /303/ non può prenderlo senza un gran movimento di guerra molto costoso. Ha un poco di briglia presso il Re di Scioha, dove è suddito nelle proprietà che tiene colà, e per mantenere il suo monopolio nel commercio, ma anche là il Re ha bisogno di lui. Ciò che dico di Abubeker si può dire, per analogia, di tutti i piccoli despoti delle coste africane. E questa una cosa che devono molto calcolare tutti i viaggiatori dell’Africa.

il viaggiatore prudente In quanto a me, nell’anno in questione, già calcolava venti anni di esperienza, epperciò non deve stupirsi il lettore di queste mie memorie di vedermi avanti di lui [Abubeker] così umile e così facile a lasciarmi manovrare e mangiare; conoscendo io il paese, ed avendo un grande affare avanti di me, io sapeva [p. 139] molto bene i mezzi da prendere, per ottenere il mio intento. Se dopo di me molti hanno sofferto avanie, oppure sono state vittime devono attribuirlo alla poca loro esperienza, e nella troppa confidenza nella protezione dei governi nostri, i quali, benché bene disposti è anche somma imprudenza comprometterli, poiché un governo qualunque non è sempre pronto a compromettere la pace publica per un’affare di un’ordine molto inferiore. Il viaggiatore prudente, più è fedele al suo governo, più cerca [di] risparmiarlo, e [si] riserva [di invocarne] la protezione per i soli casi estremi che possono accadere. il barbaro ed il leopardo L’uomo nomado o selvagio è come il leopardo; guai se questi si accostuma al sangue umano, egli non vuole più altro; fino a tanto che esso non ha gustato il sangue del uomo, si può dire quasi innocuo, e non suole assalire la persona che non presenta ostilità, e se ne passa tranquillo; ma gustato il sangue umano, egli diventa come di un’altra natura, o bisogna amazzarlo a costo di grandi vittime, oppure abbandonare il paese.

onore del troffeo
usi africani
Il più grande onore che suole godere il nomado nel suo paese sta nel numero delle persone e delle fiere amazzate. Chi ha amazzato uno in guerra, e ne ha riportato il troffeo, è una persona onorata nel suo paese, e può maritarsi onoratamente colle solennità di uso; se è schiavo ha diritto alla sua libertà: [p. 140] moltiplicati i troffei ha diritto alla flgliuolanza del padrone. Chi è possessore di due troffei, ha doppio diritto; chi è arrivata a dieci, in molti paesi, diventa come un nobile con molti privileggi, massime in guerra, nella divisione del bottino. Chi ha amazzato un buffalo, (considerato in molti paesi come un’animale molto feroce) ha il merito di due troffei; chi ha amazzato un leopardo ha il merito di sette troffei; chi ha amazzato un leone ha il merito di dieci; chi ha amazzato un’elefante è onorato come padrone di 15. troffei. Ora nei paesi veramente nomadi chi ha amazzato un bianco (europeo) ha gli /304/ onori eguali a chi ha amazzato un’elefante. Questo onori, benché in vigore dovunque, non sono però eguali dapertutto, e perdono del loro valore nei paesi dei principi, dove si trova un’aristocrazia. Tuttavia sono sempre più o meno in vigore fra il basso popolo, massime in tempo di guerra. Il troffeo è sempre ricevuto nella propria tribù con grandi onori e feste publiche; gode anche [di] molte distinzioni nel modo di vestire, e nella posizione sociale.

il viaggiatore è bene gli conosca Questi detagli sono utili al viaggiatore per diversi motivi, sia cioè per saper onorare le persone secondo il paese, onde non esporsi qualche volta al pericolo di offendere qualcheduno per mancanza di esperienza; sia anche più principalmente per sapersi guardare [da certi tiri]. Il bisogno in cui si trova qualche volta un giovane di procurarsi un trofeo, ora per [p. 141] levarsi la tacia di donna fra i compagni che suoi darsi in certi luoghi ad uno che non abbia ancora guadagnato un troffeo, ed ora anche per effettuare un matrimonio sospeso per simile mancanza, si trova qualche volta esposto alla tentazione di procurarselo con un’omicidio proditorio fuori dei tempi e luoghi di guerra, qualche volta anche fra amici. Farei un libro se volessi scrivere tutti i fatti parte sentiti e parte veduti. un fatto di Lagamara In Lagamara due compagni trovatisi di sera scartati dall’armata, uno uccise l’altro per nessun altro motivo che per tornare a casa con un trofeo; l’ucciso fu sgraziatamente un cattolico, e fù riconosciuto dalla circoncisione, perché si sapeva che nell’armata non esisteva altro circonciso fuori di lui; caso che poi produsse immense discordie. Una cosa, la quale interessa il ministero sacerdotale è, che, anche buoni cristiani in tutto il resto, è poi difficile che non vadano alla guerra coll’intenzione diretta di procurarsi il trofeo, cosa per se stessa peccaminosa, benché si facia in guerra, come si suppone.

Arrivaio Abubeker in Ambabo, avendo veduto che noi eravamo impazienti di partire, si occupò del nostro affare con grande attività: orsù, disse, è tempo di aggiustare le cose. una visita ed una cortese dogana
[31.12.1867; 2.1.1868]
Prima di tutto vediamo le vostre [p. 142] casse ed il vostro bagaglio in detaglio per sapere il numero dei cameli che vi occorrono: bisognò avere pazienza[:] aprire la maggior parte delle casse e lasciare vedere, anche certe cose che volevamo tenere secrete; ma pure egli aveva il suo fine, uno per se, per domandare a misura che si trovava qualche cosa che gli conveniva; il secondo fine era anche quello di farsi un merito presso Menilik, e farne la spia nelle sue lettere. Io temeva che avesse preso di più, ma bisogna confessare, che domandò molte cose, ma fù ancora moderato più di quello che temevamo. riforma delle casse Vedute le casse diede le misure delle medesime, e ci obligò a rifarle; il povero P. Prefetto dovette lavorare più di otto giorni a /305/ riformare la forma delle casse, sotto pretesto che una tale operazione era necessaria per non rovinare i cameli, e per non stancare troppo gli uomini nel caricare e scaricare. Fortuna che avevamo alcuni istromenti, e con quelli il povero P. Prefetto tagliò tutte le casse alla dataci misura. (1c)

le telerie e i drappi Passò quindi alla revista di tutti i drappi e telerie, mandateli da me, disse, ed io stesso farò tutti gli involti per facilitare l’operazione. Vi erano drappi ordinarii rossi in quantità [p. 143] da distribuirsi alle diverse missioni come moneta corrente per le spese, ma vi erano alcune pezze di drappi finissimi di gran prezzo da riservarsi nella missione per darne qualche pezzo a principi in caso di grave bisogno, in regalo, e poi una quantità di telerie, parte per le cappelle, e per il culto, e parte nere e bianche ordinarie per le dogane in viaggio. Ora a tutte quelle pezze per lo più lunghe 50. mettri, ne tagliò circa [da] dieci a quindeci metri caduna, mettendo i pezzi [d]a parte; e ciò senza tante misure di segretezza, perché in presenza del Signor Mekev e di alcuni suoi servi; ne diede alcuni pezzi di regalo alle donne sue favorite, e se ne servì, anche per vestire alcuni dei suoi servi favoriti. Fece quindi bellissimi involti che mi consegnò politamente, ritenendo i pezzi come in regalo.

questione dei cameli e muli Dopo tutto questo ha messo in campo la questione dei cameli: ora conosco tutto quello che avete, disse, veggo che non potete fare a meno di 15. o 20. cameli; io farò tutti i miei sforzi per trovargli. Gli inglesi gli hanno pagato 40. talleri caduno; ma voi avete saputo impadronirvi talmen[te] del mio cuore, che mi veggo obligato a farvi qualche preferenza; voi perciò gli pagherete solamente 30. caduno. [p. 144] muli di cavalcatura Fissato che fu il prezzo dei cameli, passò ai muli: ne voi, disse, ne i vostri compagni d’Europa potete andare a piedi, e neanche siete accostumati a camminare sopra i cameli; io pensero a darvi dei muli forniti all’abissinia; io sono obligato a cercargli in famiglia, altrimenti, non si troverebbero; anche questi saranno fissati al prezzo di trenta talleri caduno, tutto compreso. uomini di servizio Dopo tutto ciò passò agli uomini di accompagnamento così dicendo: Voi avete bisogno di uomini per il servizio vostro, e dei cameli; quindi di una scorta da mettervi in sicuro da ogni attacco esterno. Per il servizio dei cameli; per caricarli e scaricarli e per guardarli al pascolo io vi do otto persone a sei talleri caduno che riceveranno da me. soldati di guardia Per la sicurezza della carovana io vi cerchero da 15. a 20. giovani /306/ scielti dalle diverse caste, la maggior parte della razza Denakil, ed alcuni anche di razza Somauli, affinché tutte le caste siano come obligate a difendervi Questi ultimi avranno dieci talleri caduno che riceveranno da me, perché non conoscono voi. Io poi farò venire da Hodeïda il mio figlio primogenito, il quale sarà conduttore della carovana e rappresenterà la mia persona.

La carovana sarà composta da 40. a 50. persone, tutto compreso, e resterà in viaggio circa 40. giorni, se pure nulla arriverà di contrario, e voi dovete pensare a due cose, alle dogane cioè, dovute [p. 145] a ciascheduna tribù, ed al mantenimento della carovana medesima. altre provisioni per il viaggio Ho veduto tutte le vostre proviste, e non bastano; farle venire da Aden porterebbe troppo tempo, ed io ve le somministerò al prezzo che mi costano (cioè il triplo ben inteso). Avete bisogno ancora di sei pezze di [tela] indiana bianca, e venti di tele nere con alcuni pacchi di veroterie. Quindi una quantità di biscotto in farina per la carovana, ed alcuni sacchi di riso e di datili. Io sono debitore a voi di 700. talleri per i cento fucili che avete pagato per me in Francia alle fabriche di S.t Etienne a sette talleri caduno; quando voi sarete arrivato felicemente in Scioha, spero che scriverete un’altra lettera per [avere] gli altri cento che aspetto da voi. Dopo aggiusteremo i conti di tutto. Molto bene, dissi io, con ciò posso sperare che il tuo impegno sarà sincero.

una mia confessione e scusa Io debbo però confessare quì di avere dato uno scandalo, sia come missionario apostolico, sia come semplice viaggiatore. Dopo tutte queste manovre e liberalità con Abubeker, direbbe forze quì qualcheduno, fa bel raccomandare agli altri viaggiatori di andare da povero, come unico [p. 146] sistema sicuro per viaggiare senza pericolo, ed anche come il più apostolico. A ciò risponderò pregando il lettore di queste mie memorie a rivedere il mio sistema precedente di 20. e più anni. D’altronde chi così parlasse, badi bene che io ho sempre detto che il sistema di povertà è il più sicuro, ma non l’unico per chi non è conosciuto, e che può diversamente sostenere sino al fine. mie circostanze eccezionali Io mi trovava colà in circostanze tutte eccessionali, essendo conosciutissimo da tutti quei mussulmani della costa d’Africa di Tagiurra e di Zeïla, i quali frequentano Aden, dove io aveva fabricato Chiesa e casa della missione. Per altra parte io aveva con me una famiglia, che non poteva esporre a pericolo, senza compromettere gravemente la missione, con delle mezze misure, in luoghi dove i musulmani sono molto fanatici, e nemici dei Preti. [partenza di Abu-Beker: 5.1.1868] Appunto per queste ragioni ho preso il partito di fare, non solo l’amico, ma ancora l’ignorante per non sollevare questioni. I massacri /307/ che si noteranno nel decorso di queste mie memorie proveranno le mie attuali discolpe.

Dopo l’arrivo di Abubeker in Ambabo, appena avevamo finite le nostre conferenze arrivò una barca da Aden, la quale portò i fucili sopra citati al suddetto; venne nel tempo medesimo arrivo di Verdier in Ambabo
[14.1.1868]
un certo Verdier viaggiatore francese, il quale domandava di unirsi [p. 147] a noi missionarii per arrivare in Scioha. Egli era particolarmente raccomandato dal Console francese di Aden. Questo signore fece la sua domanda al Emir suddetto, ma questi rifiutò di acettarlo, adducendo per motivo che non avrebbe potuto mandano in Scioha senza un’ordine del Re Menilik. sue stravaganti pretenzioni Respinta la sua domanda dall’Emir, il poveretto fece tutti i strepiti presso il Signor Mekev e [i componenti] della missione, come se ne avesse avuto diritto; arrivò perfino in certo modo alle ingiurie ed alle minacie. I due Padri Prefetto e Ferdinando, [30.8.1867]
[29.8.1867]
venuti recentemente dai Bogoz e dal campo inglese di Zuïla, i quali già avevano conosciuto questo individuo in quei paesi, raccontavano sufficienti stravaganze sue da metterci in riguardo, egli, dicevano, sia strada facendo, sia ancora in Scioha potrebbe fare delle stravaganze da gravemente comprometterci. State quieto, gli disse Abubeker, altrimenti vi facio legare; così si calmò.

[† fine apr. 1870]
si avvicina la partenza
Si vedrà poi in seguito la fine tragica di questo povero individuo dopo poco meno di un’anno. Fratanto verso il fine di Gennaio, terminate tutte le trattative, e fatti i dovuti preparativi, l’ultima operazione fatta da Abubeker fu quella [p. 148] di farci cangiare tutte le vesti, e di metterci al modo indigeno. Si tagliarono delle tele bianche indiane come vestono i denakil, e si fecero specie di sandali a modo degli indigeni, e poi un bel giorno ci fece lasciare tutti i segnali di europeo, prima ancora che si radunassero gli indigeni della nostra carovana. In questo fratempo acadde un fatto che non debbo dimenticare, perché da un’idea degli usi e delle superstizioni dei musulmani della costa di Tagiurra.

la cacia del cinghiale
[c. 25.10.1867: prima dell’arrivo]
Il figlio secondo genito di Abubeker per calmare un poco le stravaganze del nostro viaggiatore francese Signor Verdier soleva sortire con lui quasi ogni giorno alla cacia nei contorni di Ambabo, ed una bella volta ritornarono raccontando che il Signor Verdier aveva ucciso un cinghiale, animale immondo, come già si disse, presso tutta quella gente. Il figlio di Abubeker Maometto avertì il Signor Verdier di non toccare l’animale ucciso a scanzo di inconvenienti che potevano accadergli, ma l’europeo non volle aquietarsi, non solo volle gustarlo, ma ne portò a casa un bel pezzo. Una povera vecchia morta di fame avendo sentito /308/ secretamente il luogo dove era rimasto il cinghiale ucciso andò la sera e se ne prese una quantità per sfamarsi. La cosa restò secreta un giorno o due; [p. 149] ma poi incomminciando a propagarsi, [n]e naque una vera crisi popolare. una decisione di senato La questione andò al Sinedrio dei vecchj di Tagiurra, i quali decisero che la vecchia fosse battuta colle verghe, e lasciata un giorno nel mare legata ad un palo per purificarsi; che fossero bruciate le capanne dove fu cotta quella carne; che finalmente la bestia uccisa essendo stata gettata nel mare, per 15. giorni non si mangiassero più pesci. Molte cose si dicevano della vecchia; alcuni dicevano che fù gettata in mare, altri poi opinavano, essere stata mangiata dal pesce cane, quando fu legata al palo a bordo del mare; il certo si è che la poveretta non si vidde più. Il Signor Verdier, il quale prima era frequentato da alcune schiave e schiavi di Abubeker, e passavano la notte con lui; dopo fu abbandonato da tutti sino alla sua partenza per Aden.

mia opinione circa simili tradizioni Io ho letto più volte il corano tradotto in latino, oppure in francese; ho letto pure alcuni altri frammenti di storie musulmane, e posso assicurare di [non] aver mai trovato simili leggi; io credo piutosto che tutte queste cose non siano che esaggerazioni popolari di cerimonie mosaïche, delle quali l’oriente [ne] è più o meno infetto. Come poi presso gli arabi tutte le tradizioni bibliche sono [p. 150] per lo più nel senso talmudistico, simili pregiudizii vengono più dall’Asia che dall’Africa. Si trovano essi difatti anche in Abissinia ed in tutte le altezze etiopiche, ma dove più, e dove meno tenacemente. razze asiatiche in Etiopia Come si sa, tutte quelle popolazioni dell’alta etiopia sono per lo più depositi di dominazioni, o civili, o anche semplicemente religiose venute dall’asia; ciò principalmente verso le coste orientali. Le razze Woïto, le quali si trovano disseminate sopra tutto l’alto piano etiopico sotto diverso nome, come già ho notato altrove, e che secondo me, sono le più antiche emigrazioni asiatiche che dominarono in Etiopia, sono esse molto più libere da simili tradizioni bibliche sopra gli animali immondi già sopra mentovate.

ordini di partenza
[28.1.1868]
La mattina del 25. Gennaio 1868. è venuto Abubeker da noi, vi do tre giorni di tempo, disse, per mettere in ordine tutte le cose vostre; io vi presentero tutti gli uomini che devono partire con voi, e farò fare loro il giuramento di fedeltà, e darò loro una parte della paga, riservandomi di dare ad essi l’altra parte quando ritorneranno. Oltre di ciò consegnerò loro ciò che ho promesso ad essi per il loro rispettivo viatico, affinché voi non abbiate più molestie lungo il viaggio. Ed intanto voi ci consegnerete tutto [p. 151] il vostro bagaglio, affinché noi possiamo distribuire i carichi dei cameli. un deve e paga all’ingrosso Per parte sua Abubeker ci presentò i conti senza tanti calcoli: Coi cento fucili venuti di Francia, disse, io ho /309/ ricevuto da voi 700. talleri; ora fate voi i conti contando per ricevuti 20. tra muli e cameli, a trenta [talleri] caduno; più venti uomini a dieci, e vedrete che mi sarete ancora debitore di cento [talleri]; oltre a ciò avrete ancora a vostro carico otto uomini di servizio a sei [talleri] caduno, e quindi tutte le proviste rnangiative e tele, delle quali vi presenterò poi il conto sul fine.


(1a) In Ambabo si trovavano circa dieci poveri, tutti schelletri ambulanti, i quali morirono di fame; certamente che noi bastavamo per salvargli, anzi lo desideravamo, ma guai a loro se fossero venuti [da noi]. [Torna al testo ]

(2a) Abubeker ha raccolto dai poveri proprietarii quasi un milliajo di cameli pagandoli dieci talleri l’uno, e gli vendette all’armata inglese 40. ciascheduno. Raccolse un centinajo di uomini che egli pagava cinque scudi al mese, mentre ne riceveva 15. caduno dall’armata. Oltre molti altri articoli che vendette alla medesima. [Torna al testo ]

(3a) [Manca la nota M.P.] [Torna al testo ]

(1b) in quella strada medesima si vedrà in seguito, come dal 1868. sino al 1880. caddero più di dieci vittime dl [viaggiatori] europei, stati meno prudenti di noi, anche raccomandati da potenze. Ciò, oltre le infinite vessazioni incontrate. [Torna al testo ]

(1c) Riformandosi le casse, sortì la questione della pelle di cinghiale: guardate, disse [l’emiro], di levare tutte queste pelli immonde, perché altrimenti i miei mussulmani getteranno le casse in mare. Il Povero Prefetto dovette avere pazienza. Le casse furono rifatte e lavate. [Torna al testo ]