/92/

11.
Intrighi della Regina Bafana con i «Karra».
Ordinazioni di Tekla Tsion e Ascetù.

la ristaurazione antica Per tutte queste ragioni adunque ebbe luogo una completa ristaurazione di tutto il governo antico, anche in tutte le sue coruttele. All’epoca della nostra venuta, più di due anni dopo del suo ritorno, il nuovo Re Menilik aveva già preso abbastanza possesso nel regno per rilevare l’idea suddetta, ma qualunque innovazione avrebbe cagionato dei susurri, epperciò rimasero le cose in tutto l’ordine antico, [p. 400] Anche lo stesso partito religioso Karra, il quale era divenuto omnipotente sotto il governo di Teodoro, al ritorno del Re Menilik, e colla proclamazione dell’ordine antico si diede per vinto, e lasciò trionfare un momento il partito Devra Libanos; ma tutto questo fu una semplice ipocrisia voluta dalla prudenza del momento. abba ghebra Salassie in corte A misura che il governo di Menilik si stabiliva, e la scaltra regina incomminciava [a] prendere le redini in corte, il partito Karra eutichiano non mancò di cadere ai piedi della nuova Atalia, la quale prese la palla al salto, come un’elemento che col tempo poteva essere utile alle sue viste politiche che covava in cuore. Io ho subito compreso, tanto che basta per sospettare e stare all’erta sopra il nuovo movimento politico che si andava formando; ma essa fu più furba di me per sapersi nascondere, e seppe sorprendermi con uno stratagemma finissimo, più scaltro ancora dell’altro già riferito da me sopra il matrimonio cristiano.

il confessore delle grandi case Nell’Abissinia cristiana ogni Principe, oppure solamente persona di gran riguardo, ancorché non si confessi, come suole accadere per l’ordinario, pure non manca mai di avere un sacerdote, chiamato dal publico confessore della casa; esso per lo più è anche direttore della casa medesima: [p. 401] egli fa qualche cosa di più, perché il prete eretico, oppure monaco che si voglia chiamare in simile posizione non si occupa del suo sacro ministero, ma si occupa di prestigii magici superstiziosi di ogni genere abusando anche dei libri santi, si mischia di brighe molto basse ed immorali; se non altro colla sua presenza benedice ed autoriz- /93/ za tutti i disordini. il partito karra in corte Ora la corte del Re Menilik non aveva ancora il suo confessore; solamente la sua moglie Bafana aveva introdotto in casa un giovane monaco nativo di Gondar, di cui si parlava da tutti poco onorevolmente. Questo monaco per nome Abba Ghebra Salassie era uno fanatico Karra eutichiano. La regina si serviva di lui in tutte le sue misteriose corrispondenze col partito eutichiano. Ciò presupposto, la regina Bafana, dopo tutte queste tresche e corrispondenze misteriose col partito eutichiano, e con questo monaco chiamato quasi publicamente il bello di corte; essa per altra via, e col mezzo di altri confidenti del partito Devra Libanos faceva delle pratiche per far nominare confessore di corte un’altro venerando Monaco compagno di Alaca Tekla Tsion, il quale era anche Alaca del gran Santuario Emmanuele, che si trovava vicino ad Ankober.

l’alaca di Emmanuele Questo Alaca del Santuario Emmanuele, di cui in questo momento non mi ricordo il nome, [Ascetù,] benché non fosse un gran dotto nel senso abissino, era però un grande oracolo nel paese per altro [p. 402] titolo; era egli di una condotta tutta religiosa e spirituale, capo di un grande monastero fatto dal suo Padre, ed arrichito con beni di fortuna di famiglia, dei quali egli era erede fiduciario. La carica di Alaca di quel santuario è monastero era in lui come ereditaria; era perciò una persona richissima, la quale aggiungeva un’opinione di Santo. sue disposizioni cattoliche Egli inclinava molto al cattolicismo sotto la disciplina di Alaca Tecla Tsion. Il Santuario Emmanuele era un luogo di convegno generale della popolazione, che vi accorreva a prendere i bagni, dove si operavano delle guarigioni credute miracolose, benché fossero forse operate naturalmente dalle aque, che io non ho potuto esaminare, ma che dovevano contenere qualche combinazione minerale. La venerazione poi che avevano per l’Alaca di quel santuario miracoloso, faceva sì che si radunassero colà tutti gli oracoli del partito Devra Libanos per le loro conferenze politico religiose.

la regina Bafana Ora la furba Regina, per coprire le sue relazioni politiche col partito nemico di Devra Libanos, e forze ancora per deviare la corrente delle dicerie che divenivano ogni giorno più comuni, sul conto particolare delle sue tresche amorose col giovane monaco suddetto, incomminciò delle pratiche vivissime per far nominare confessore della corte l’Alaca suddetto del monastero di S.t Emmanuele: una sua conferenza io, come sapete, appartengo alla fede vostra, [p. 403] e sento tutto l’interesse, affinché Abba Messias sia riconosciuto come Vescovo nostro; credetemi, essa soggiungeva, i miei figli dopo che hanno incomminciato a frequentare Abba Messias, e sentire le sue conferenze, sono divenuti veri angeli, e non vogliono /94/ più sentire [a] parlare di altro che di Devra Libanos, e di Abuna Tekla hajmanot. Noi non potremo ottenere la grazia suddetta, se tutta la nostra casa non si mette in regola di una casa [casa] cristiana. Perciò abbiamo bisogno dell’Alaca di Emmanuele; io farò in modo che sia nominato nostro confessore; ma io ho bisogno, essa aggiungeva, del vostro ajuto per ottenere una grazia da Abba Messias: l’Alaca suddetto è già Prete di Abba Salama, ma oggi, dopo la venuta di questi preti, i nostri non vogliono più sentire [parlare] di preti fatti da Abba Salama, e bisogna che il medesimo sia fatto prete di Abba Messias; allora le cose nostre cammineranno bene, e voi dovete ottenermi questo.

un’entusiasmo in suo favore Non vi voleva altro per sollevare un vero entusiasmo nel partito Devra Libanos in favore di Bafana; essa in un giorno è divenuta una vera santa regina in bocca di molti oracoli Devra Libanos. Non vi volle altro per sollevarmi un vero vespajo di domande in favore dell’Alaca suddetto. Io che aveva inteso certe storie inconciliabili rapporto a Bafana, storie conosciute da me, non per via [p. 404] del ministero apostolico, il quale in corte non era ancora incomminciato, ma sibbene per via del servizio che io prestava agli ammalati di ogni genere. Io dunque mi sono trovato molto imbarazzato, in facia alla manovra di quella donna divenutami un vero mistero, perché inconciliabile con certi atti della medesima che io conosceva con certa scienza. buone qualità di alaca Per parte dell’Alaca suddetto nulla ostava, perché era una persona degna, per quanto poteva essere un’indigeno; solamente abbisognava un poco di tempo per istruirla e prepararla, ed anche per esaminare tutte le conseguenze del passo che si doveva fare. Io non poteva rifiutarmi senza contrariare apertamente [al]la politica della corte, per ogni caso che questa avesse qualche radice sincera, ma ciò che mi spaventava ancor di più, senza disgustare il partito a noi più favorevole, quale era appunto il partito Devra Libanos supplicante.

un sì per forza Come la prudenza e la secretezza di obligo naturale in certe deposizioni ricevute, mi imponevano un silenzio rigoroso sul rapporto alle ragioni che io aveva di dubitare di Bafana la quale, come un’altra Pompadore alla corte dei Luigi di Francia, se ne faceva un giuoco dell’innesperienza del giovane Re, per non esporre la missione a certi pericoli di persecuzione, e per non chiudermi la via all’apostolato di molta gente, ho dovuto acconsentire, e prendere parte nel progetto proposto da Bafana, come chi crede in tutta buona fede, e spera un risultato che [non] aveva quasi [p. 405] nessuna probabilità; meglio, diceva fra me stesso, figurare come ingannato, che prendere direttamente un partito ostile con una certa rovina. Guidato da questi calcoli che in quel momento ho /95/ creduto prudenti, risposi agli oracoli di Devra Libanos, che venisse l’Alaca di Emmanuele, e vedute le cose con lui si farà quello che Iddio ci farà conoscere essere sua volontà. Così per allora tutto il mondo tu tranquillo.

risposta dell’alaca di Emmanuele Venne difatti l’Alaca di Emmanuele: quando fosse il caso di fare del bene alla corte del Re, rispose egli alle mie investigazioni, non solo sarei disposto a tutto, ma vorrei ancora rinunziare alla carica che tengo, ed alle stesse mie proprietà paterne; Ella frequenta la corte, e deve certamente sapere molte cose, mi diceva; io però che ne ho un’esperienza forze ancor maggiore di Lei, confesso candidamente, che ho pochissima fiducia sopra la sincerità della nostra Signora. Comunque io mi rassegno, ed Ella facia pure di me quello che crede; sappia solamente che io sono già Prete, e che [non] ho mai voluto esercitare il mio ministero, perché [non] ho mai avuto fiducia sull’ordinazione ricevuta in Devra Tabor del nostro Vescovo Abba Salama.

l’Alaca espone la sua ordinazione Sentito questo, per quale ragione, dissi io, non avete voi confidenza sull’ordinazione di Abba Salama? nel mio monastero tengo un monaco, egli rispose, il quale ha fatto il pellegrinagio di Gerusalemme [p. 406] ed ha veduto le ordinazioni [conferite], sia in Gerusalemme dagli armeni, ed in Cairo, quelle dei nostri copti. [Per di] Più ritornando ha conosciuto nel Tigrè un monaco cattolico stato ordinato da Abuna Jacob. Ora stando a tutto quello che mi ria raccontato questo monaco, noi qui in Abissinia siamo lontani da tutti gli altri cristiani, come il giorno, è lontano dalla notte. Negli altri paesi l’ordinazione si riceve in Chiesa in tempo che il Vescovo dice la Messa, mentre il nostro Abba Salama [non] celebra mai la Santa Messa. La mia ordinazione poi in particolare è stata così stravagante da non potersi racontare. Per queste, e per altre simili ragioni, egli conchiuse, io [non] ho avuto mai nessuna confidenza dell’Ordinazione di Abba Salama; [non] ho mai publicato detta mia ordinazione; senza nulla dire [non] ho creduto mai di essere prete, e mi sono limitato a vivere da monaco facendo il bene nel modo che poteva. Ora poi dopo molte conferenze fatte con Tekla Tsion, dubito non solo della mia ordinazione, ma dubito persino del mio battesimo; Ella però deve badare che nel nostro partito abbiamo milliaja di Preti ordinati da Abba Salama, ed il parlare di questo solleverebbe una crisi molto pericolosa.

mia risposta all’Alaca Molto bene, risposi io, al sentire tutte le storie narratemi dall’Alaca in discorso, e molte altre di tutti i colori dell’iride, anche di quelli che non hanno un nome, e che si nascondono nell’oscuro delle nubi; lodo il tuo silenzio e la tua prudenza. Certamente che milliaja [p. 407] gravità della questione di preti e /96/ diaconi ordinati dal Vescovo Salama, e tutti appartenenti alla fede vostra, i quali dicono la messa, ed esercitano il loro ministero secondo l’uso del paese, e che vivono di esso, non potevano stare qu[i]eti se aveste sostenuto che l’ordinazione di Salama era invalida. Il governo che la riconobbe, ed il popolo che si è abituato a riconoscere il ministero di simili preti da secoli, non avrebbe permesso certamente che prendesse piede, massime nel tempo di Abba Salama uomo violento, ed appoggiato dal governo di Teodoro più violento ancora. Una simile questione, oggi stesso sotto il governo di Menilik non lascierebbe di essere pericolosa, ed esporrebbe il vostro clero stesso ad una fusione colla setta Karra eutichiana. Veniamo ora alla conclusione: per questa ragione io aveva già una volta rimandato i capi Devra Libanos, i quali mi volevano far riconoscere come Vescovo. Oggi poi non sono solo i capi Devra Libanos, ma è la regina Bafana che ha sollevata la questione; sarà essa sincera in questo? Non sarà questo forze un tranello che ci tende?

conclusione pratica Comunque sia il caso, non manca egli di essere delicato, e domanda una gran prudenza per nostra parte. Ecco perciò la mia decisione: Tu dirai ai capi Devra Libanos che ti hanno mandato qui da me: io sono andato da Abba Messias, ed abbiamo discorso di tutto, e ci siamo intesi. Solamente Abba Messias [p. 408] vuole che tutto sia secreto, e voi stessi non lo saprete quando si farà. Occorrendo il caso che Bafana vi interroghi dell’esito, voi direte che tutto è aggiustato, ne più ne meno di questo. come istruito l’ordinando In quanto a te, gli dissi, io mi incaricherò di farti istruire, poiché i tuoi affari non ti permettono di venire sempre che vuoi da me, e la mia persona non è sempre libera da potermene incaricare, come sai. Quando si vedrà che le cose della corte cammineranno ad una risoluzione, allora in pochi giorni si farà l’ordinazione. In caso contrario, saremo sempre ancora a tempo per riflettere meglio, e si farà quando Iddio vorrà. Come poi in quel tempo io stava istruendo l’Alaca Tekla Tsion con intenzione di ordinarlo; questi a misura che imparava, andava al monastero di Emmanuele ad istruire il suo compagno suddetto per prepararlo.

Benché l’ordinazione di questi due individui, cioè dell’Alaca Tekla Tsion, e del[l]’Alaca del Santuario di Emmanuele suo compagno non abbia avuto luogo che gradatamente, incomminciando dal [2.4.1869] Battesimo sub conditione prescritto dalla S. C. di Propaganda, e terminata circa un’anno dopo, pure, per non ritornare sopra questo argomento una seconda volta esporrò qui brevemente due cose, cioè primo il ceremoniale osservato nell’ordinazione, ed in secondo luogo sistema d’istruzione il piccolo capitale d’istruzione data ai due ordinandi, onde renderli capaci di amministrare /97/ qualche sacramento in caso di grave bisogno. una mia scusa ai lettori Un sacerdote nostro d’Europa, anche dottissimo abituato alle grandezze del nostro culto, [p. 409] dei paesi dove Cristo regna trionfalmente, stenta [a] formarsi un’idea giusta delle strettezze nelle quali si può trovare un missionario apostolico, anche insignito del carattere vescovile, non è raro il caso di rimanere scandalizzato leggendo certe descrizioni minute di alcune funzioni, qualche volta anche di primo ordine, fatte con una certa economia che si direbbe esaggerata ed abusiva (1a), benché con tutte le forme essenziali prescritte. Eppure anche una testa coronata, frammezzo a tutte le sue grandezze e richezze, non sarà mai un grande uomo se non avrà una perfetta idea delle strettezze dell’infimo tugurio, perché sono quelle [le] piaghe alle calcagna del suo impero che lo tengono ritto.

strettezze di un vescovo missionario Ciò detto, incomminciando da me Vescovo ordinante, povero missionario tutto solo, ed obligato a fare tutte le parti di un uomo in società, in una capitale di un certo sviluppo, incomminciando dalla amministrazione, sino alla diplomazia frammezzo ad un mondo agitatissimo; obligato a fare tutti i mestieri di casa e di chiesa; obligato a fare il professore civile ed ecclesiastico incomminciando dall’alfabeto sino alle matematiche, dal catechismo sino alla teologia, dalla sacristia sino alla cattedra Pontificale nelle ceremonie del ministero, venuto il giorno fissato per le ordinazioni, venuto il mio ordinando, per mancanza di tempo, lo faceva dormire vicino a me, e passava la notte con lui in conferenze per sollevare un tantino il suo cuore e prepararlo a ricevere la grazia dei sacramenti [p. 410] che devono precedere la sacra ordinazione; sentita quindi la sua confessione, e fatte le parti di padre spirituale, e fattagli gustare un poco di ascetica, tanto che bastava in quel momento e mi permettevano le strettezze del tempo, eccoci in Chiesa a preparare il pontificale. Ma che chiesa per una funzione così maestosa? ma dove il servizio del pontificale? ma dove gli arredi prescritti? stretta la cappella La Chiesa [è] una capanna rotonda [di] quattro mettri di diametro, divisa in due da una tenda che la taglia in mezzo e separa il Sancta Sanctorum dalla platea. Dovendo di necessità aver luogo un’altare sufficiente nel santuario, rimane appena lo spazio per uno o due inservienti. Nel caso nostro trattandosi di un’ordinazione affatto secreta, ho dovuto non solo fare senza inservienti, ma lasciare ancora i due testimonii prescritti, e celebrare da solo, perché l’ordinando, essendo di altro rito, non era capace di rispondere.

difficoltà per gli arredi sacri Ma prima d’incomminciare la funzione faciamo [menzione] degli arredi sacri: Coll’apertura della strada dalla parte di Zeïla, sopra i cameli han potuto venire della casse, e quindi una sufficiente provista di arredi sa- /98/ cri, mentre questo non sarebbe stato possibile dalla parte del mare rosso e di Massawah, dove, come già si disse, tutti i trasporti sono [eseguiti] coi giumenti, oppure a spalle di uomo [p. 411] [gli oggetti riposti] dentro otri, nei quali tutto è guastato, e poi riveduto e rimescolato dalle diverse dogane. In ciò fummo più fortunati, ma appena arrivati, incomminciarono subito le divisioni alle diverse missioni ed oratorii antichi e nuovi. Il solo Padre Prefetto partendo per Finfinnì ne prese i due terzi, perché essendo egli stato nominato Vicario Generale, e particolarmente incaricato delle missioni antiche all’ovest, doveva pensare a fare delle spedizioni; difficile di trovare il poco che vi era pochissimi perciò erano gli arredi sacri, e quei pochi che rimanevano si trovavano in alcune casse ammontichiati in un’angolo della casa sempre piena di gente, tanto di giorno, per il gran concorso, quanto ancora di notte, perché dormivano là, oltre i giovani della casa, anche molti forestieri della stessa corte che venivano al catechismo; io poi occupatissimo, e tutto solo, non ho potuto cercare [il necessario] in mezzo a tanti imbarazzi; tanto più che il solo aprirsi [di] una cassa destava la curiosità, e la veduta di certe cose mi avrebbe sollevato delle domande senza fine, perché in quei paesi chi vede parla ai suoi, e vi solleva la cupidigia delle domande.

Fu perciò somma grazia poter trovare qualche cotta ed una dalmatica fatti cucire da me alcuni giorni prima, oltre gli arredi ordinarti per la messa quotidiana che si trovavano in uso nella cappella. Le medesime ostie erano per lo più [p. 412] preparate da me di notte in una piccola tenda mentre tutto il mondo dormiva, essendo in quei paesi una cosa scandalosa far fare simili cose da persone estranee al servizio del santuario. ordinazione economica e secreta Ciò detto per far conoscere tutte le strettezze di certi casi possibili, ed anche per giustificare l’esercizio di certe funzioni sacre che ho dovuto fare economicamente al di là di tutti gli usi autenticati, e prescritti dalla Chiesa, ritorno ora al mio ordinando, col quale ho passato la notte sotto una piccola tenda preparandolo. [suddiaconato a Tekla Tsion e battesimo a Ascetù: 6.6.1869; presbiteriato a Tekla Tsion: 25.7.1869] Al canto del gallo, cioè dopo le tre di notte con lui mi sono recato in cappella, mentre tutti dormivano, e chiusa la cappella, eccoci finalmente in fonzione: vestito l’ordinando, e vestitomi degli arredi sacri per la messa pontificale privatissima, collocato aperto il mio libro pontificale in luogo delle carte gloria, incomminciava la mia messa. In essa, secondo la diversità dell’Ordine, Minore, oppure Maggiore che in quella Messa doveva ricevere il mio ordinando, io, voltatomi verso di lui, eseguiva il sublime atto prescritto dalle rubriche.

il rescritto di Roma
[2.8.1846]
modo usato nell’esecuzione
Nel rescritto di Roma io era autorizzato a conferire in rito latino l’ordinazione agli etiopici che non conoscevano la lingua nostra liturgica colla /99/ condizione che l’ordinato rimanesse nel suo rito. Nelle ordinazioni che si facevano con qualche publicità ed assistenza, [p. 413] se si trovava un sacerdote latino che facesse da ceremoniere, come ebbe luogo nelle moltissime ordinazioni state eseguite nel Regno del Tigrè l’anno 1847. il ceremoniere stesso, allora Signor Dejacobis, prima di ogni [ogni] atto, in lingua amarica esponeva in breve l’atto da eseguirsi. In seguito poi io aveva preparato un piccolo manovale in lingua amarica, il quale veniva letto da un’indigeno. Nell’ordinazione secreta e senza assistenza, io doveva fare an[che] questa parte per mettere al corrente il mio ordinando dell’atto che si doveva fare, e sollevare un tantino il suo cuore per ricevere la grazia sacramentale corrispondente. una bella impressione Certamente che tutto questo era per me una fatica, e direi anche, una grande preoccupazio[ne] per se atta a divagare; eppure confesso che produceva un’effetto tutto opposto e ci sollevava a Dio in modo innesprimibile. Oh Padre! un giorno mi diceva l’ordinato in discorso l’Alaca di Emmanuele, io sogno ancora attualmente quelle ore felici delle mie ordinazioni, quando mi sembrava di trovarmi sopra il Taborre, ed esclamava con S. Pietro[:] o[h] quam bonum est nos hic esse! Simili momenti apostolici non hanno bisogno di musica o [di] altra solennità, perché supplisce un non so che di celeste...

cosa si dirà delle ordinazione secrtete Mentre scrivo queste mie poche linee penso all’impressione che potranno fare nell’imaginazione e nel cuore dei diversi lettori di queste mie memorie. L’ecclesiastico già iniziato nei misteri del mistico [p. 414] Taborre, certamente comprenderà tutto il grande, e proverà tutto il trasporto che sto provando io mentre scrivo al solo ricordarmi di un fatto, divenuto oggi per me nella Roma profanata, come il sogno di uno sposo che pensa alla sua comparte rapita da mano crudele... mentre un’altro ecclesiastico, guidato anche da buon spirito, ma tutto rigore liturgico avrà anche di che dire... benché non lascii di ammirare i momenti elementari della Chiesa di Dio, sempre fresca, sempre pronta a soffrire, ma sempre sublime nelle strettezze di una capanna, e nelle glorie del suo Cristo in Vaticano... Ma cosa dirà un semplice secolare? sarà egli buon cristiano? arriverà a lui ciò che dovette arrivare a qualche buon istraelita che non partecipò all’idolatria del popolo, e che dovette raccogliere i pezzi delle tavole fracassate dal[lo] zelo di Mosè... Ma cosa dovrà dire un povero eretico dei nostri tempi, oppure un libero pensatore? Questi morto alla grazia, divenuto cadavere nel terzo grado di corruzione, il quale vive in mezzo ad un mondo che vive di farse e di menzogne, cosa dirà, lo sa iI diavolo che ne raccoglie i pezzi per la gehenna.

/100/ però non sempre secrete Intanto per avere io narrato l’ordinazione secreta, cioè quella di Tekla Tsion Alaca di Fekerie Ghembe, e quella del suo compagno parimenti Alaca del monastero Emmanuele vicino ad Ankober, non è già che io abbia sempre ordinato secretamente nel modo [p. 415] sopra indicato; anzi, incomminciando dal Tigrè ho sempre amministrato questo sacramento con atto publico e con qualche solennità, più o meno secondo le circostanze; l’ordinazione anzi dei due indicati è stata un’eccezione, la quale firmat regulam in contrarium. ragioni del secreto Fra le moltissime ragioni, per le quali ho dovuto tenere secrete queste due ordinazioni, la prima era perché questi due individui, massime Tekla Tsion, erano come l’anima di tutto il clero, non solo del regno di Scioha, ma anche di Gondar, ed un colpo simile avrebbe prodotto una crisi troppo prematura; io con ciò ho inteso di prenderli, ma in modo che non perdessero la loro influenza in ajuto della missione, ancora troppo bambina. La seconda ragione poi era la domanda della Regina Bafana; domanda che nel mio calcolo non era sincera, ma unicamente per addormentare il partito Devra Libanos, e guadagnare tempo per preparare la via al suo monachino Gheb[r]a Salassie, come acadde poi un’anno dopo; così il disonore della Missione fu quasi nullo.

Ogni ragione voleva che io non tacessi questo periodo di storia della missione, sia nella sostanza con riferire l’ordinazione di questi due sacerdoti, i quali dopo alcuni anni furono conosciuti come tali, ed esercitarono un ministero [p. 416] quasi secreto bensì, ma molto efficace nell’opinione publica. Per mezzo di essi sono arrivato a poter correggere di quasi tutte le Chiese eretiche [l’amministrazione dei sacramenti] regolarizzandone la forma. [Per di] Più ho potuto introdurre quasi dapertutto l’uso di amministrare il battesimo di necessità in pericolo di morte; sotto questo rapporto solo molte anime si salvarono e si salvano. zelo dei due sacerdoti In tutto il resto, col mezzo di questi due sacerdoti la fede cattolica faceva progressi poco clamorosi, ma molto efficaci che andavano al cuore di molti. Anche rapporto all’acessorio di questa loro ordinazione secreta esisteva pure di che meritevole di essere conosciuto in seguito per essere ammesso, oppure censurato dalla Chiesa. crisi del 1879.
[1878]
Dieci o quindeci ann[n]i di pace che Iddio avesse accordato di più alla missione in Scioha, forse essa sarebbe arrivata ad un periodo di solidità da farsi maggiormente rispettare. Ma i giudizii di Dio sono impenetrabili, venne la pace di Menilik coll’imperatore Giovanni, la quale apportò la crisi. Una legge draconiana del conquistatore obligò tutti ad abbraciare la dottrina eutichiana pura e cosa avenne dei due miei sacerdoti?

/101/ [a Buru-Meda: fine mag. 1878] I due miei sacerdoti assisterono ai commizii ordinati dall’imperatore Giovanni, dove diffesero la fede sino all’ultimo momento, ma poi avvertiti per tempo fuggirono insieme ai paesi galla, dove ancora attualmente [p. 417] rendono testimonianza della loro fede con una rinunzia generosa di tutto il loro avvenire nel mondo religioso e civile di quei paesi, e sopportando un’esilio peggiore della morte, e mentre io sto qui scrivendo sopra la carta una memoria morta e peritura, essi sul campo di battaglia, a carattere di vivo sangue scrivono nel cuore dei loro fratelli, coraggio la vera fede è la cattolica per chi vuole salvarsi, passerà la crisi e verranno i trionfi di Cristo. Tanto basti per ora a proposito di questi due apostoli. In materia di fede passano come una buffara i decreti e le persecuzioni, mentre la fede che vive nel cuore dei popoli trionfa colla morte del calvario e prende un carattere indelebile per la futura risurrezione in facia ai secoli avvenire. Ma ritorniamo al corso della storia del mille otto cento e sessanta nove.


(1a) [Manca la nota M.P.]. [Torna al testo ]