/130/

15.
Messaggio al nuovo Abuna Atanasios.
A Gilogov: Ato Govana e la sua signora.

si dilegua il banchetto Ritornando ora al banchetto. Passato il terzo giorno, il concorso dei regnicoli si dileguò, e rimasero solamente gli stranieri, per i quali continuò il banchetto ancora qualche giorno in modo più ristretto. Il Re che aveva fatto quel gran banchetto per i suoi fini politici contro l’imperatore Giovanni, non mancò di continuare la sua operazione congedandogli poco per volta nobilmente prodigando anche danari a tutti. Una persona custode del tesoro del Re mi assicurò che spese 15. mille talleri in quella sola [p. 469] circostanza, per ungere le ruote della machina politica. Fu quello un vero colpo di stato che spaventò l’imperatore Giovanni. Menelik triunfa nell’opinione Di fatti questa nobile popolarità e generosa grandezza del Re Menilik entrò talmente nel cuore degli abissinesi, che dovunque, e nello stesso Tigrè, forze in casa stessa dell’imperatore Giovanni non si parlava più che di lui, come del grande eroe.

timori dell’imperatore A misura che il Re Menilik cresceva nel[l’]opinione di tutta l’Abissinia naturalmente si abbassava il Prestigio dell’imperatore Giovanni. Questi nell’epoca della sua incoronazione aveva publicato che fra pochi mesi sarebbe andato a Gondar ed a Devra Tabor per prendere possesso delle due capitali, ma vedendo così cresciuta l’opinione del suo emolo Menilik non osando più esporsi per timore che questi non discendesse a contrastargli il passo, correva già il secondo anno, ed ancora se ne stava confinato nel Tigrè. Questo ritardo equivaleva ad una disfatta. L’imperatore Giovanni pensando di guadagnarsi il clero, e così insinuarsi nel cuore del popolo, si ataccò ad un’altro stratagemma: il governo di tutte le Chiese del regno era divenuto una specie di ministero dei culti, da secoli posseduto sempre da laici; sua legge in favore del vescovo
[1873]
pessimo esito
l’imperatore fece una legge, colla quale questo alto e lucrosissimo impiego diveniva privativa del Vescovo. Questo decreto, come è chiaro, non lasciò di disgustare i grandi del laicato. Ora se il Vescovo Atanasio fosse stato una persona di zelo per il culto, oppure anche solo [p. 470] di calcolo politico /131/ avrebbe dovuto cogliere la circostanza della nuova sua posizione per regolarizzare un tantino il ministero delle chiese e far cessare le avanie che gravitavano sopra il clero; alleggerire anzi i tributi da accaparrarsi gli ecclesiastici. Ma il Vescovo Copto senza vocazione e senza spirito di Dio, egli è incapace di conoscere l’altezza del suo ministero; il povero Vescovo Atanasio, il quale si era fatto monaco dopo la morte della moglie che gli lasciò una sequela di figli, naturalmente egli, già stanco del mondo, nella moralità do[ve]va schivare certe bassezze del suo predecessore Salama; ma [lascia l’Egitto: giu. 1869;
in Tigrè: ago. 1869]
venuto in Abissinia unicamente per farsi una sorte, avrebbe lasciato il bel tesoro trovato col nuovo impiegò che metteva nelle sue mani il monopolio di tutte le rendite ecclesiastiche? Arrivò tutto l’opposto, il Vescovo Atanasio diventò vero padrone di tutti i capitali delle Chiese, dei suoi domestici ne fece tanti impiegati che si lanciarono sopra il clero senza misericordia e lo fecero vero schiavo del Vescovo.

guai in casa del vescovo Ora la legge suddetta fatta dall’imperatore longi dal dare il risultato, che egli si aspettava, tutto all’opposto, sollevò una vera rivoluzione nel clero, tanto contro l’imperatore che contro il Vescovo; da questa [legge] naque ancora un malcontento tra questi due ultimi, come è chiaro. A tutto ciò si aggiunse poi ancora, [che] il lucro del nuovo impiego sollevò nella casa stessa del Vescovo alcune questioni scandalose in materia d’interesse, per le quali fù necessario che l’imperatore medesimo si mischiasse per mettervi l’ordine; [p. 471] sua inimicizia coll’imperatore forze che il principe abbia proceduto in modo troppo violento, io non posso giudicarlo, ma il fatto sta che da ciò naque tra il Vescovo e Giovanni un’inimicizia da non rimediarsi più fino a tanto che alcuni anni dopo il Vescovo [† giu. 1876] la pagò colla morte con una parte della sua corte; storia questa abbastanza importante da esser registrata poi a suo tempo.

una mia lettera al vescovo
[5.12.1869]
[15.11.1869]
In verbo di questo vescovo eretico nuovamente venuto io debbo qui riferire un fatto passato tra me e lui. Come [io non] ho mai lasciato di fare sentire la mia parola apostolica al suo predecessore Abba Salama, così, appena sentito l’arrivo di questo Vescovo Atanasio in Tigrè, non ho lasciato di adempire verso di lui questo mio sacro dovere con una lunga lettera, nella quale, dopo il convenevole ben arrivato di uso, complesso della lettera gli ho parlato con tutta schiettezza di amico, e colla massima urbanità di uomo civile, e di sperimentato ministro di Dio nel paese [indicandogli] la condotta che egli avrebbe dovuto tenere per schivare la cattiva fine del suo predecessore, per non rendersi ridicolo a tutto il mondo, e sopratutto per assicurarsi di fare la volontà di Dio suo padrone = io non voglio parlarvi di dottrine che forze voi ignorate, ma voglio conten- /132/ tarmi di ricor[dar]vi, gli diceva, ciò che voi sapete, come persona venuta dall’Egitto, dove esistono cattolici ed esistono eretici senza una persecuzione accanita che là non vi era. [p. 472] Gli ho proposto un modus vivendi, anche nel supposto di voler mantenere la sua posizione di vescovo eretico, senza esporsi a sollevare guai nel suo stesso interesse. Dopo ciò, apertomi la via per parlargli il linguagio da missionario cattolico, e dopo [aver] dette tutte le verità di mio dovere, gli ho promesso di farlo conoscere al Papa ed a tutti i vescovi cattolici del mondo, se entrava nella vera via della verità... Quindi, io non cerco [prosperità] per me, gli diceva conchiudendo, ma per voi e per il paese, fortunato di essere vostro schiavo il giorno che voi sarete figlio docile della Chiesa di Cristo... Di tutto il mio detto chiamo in testimonio Iddio e tutta la nazione abissina, per la quale sono disposto anche a versare il mio sangue, come Cristo ha versato il suo per me, per voi, e per tutti.

sua spedizione
[20.12.1869]
Questa mia lunga lettera, è stata scritta in lingua volgare abissina; un[o] scrivano dello stesso Re Menilik ne fece tre coppie, una per il Re stesso, l’altra per me, ed una terza per il Vescovo a cui era diretta. Non è stata quindi una cosa secreta, ma conosciuta dal Re, al quale la lesse il Signor Mekev, conosciuta ancora dai miei missionarii, e da molti dei nostri cattolici, alcuni dei quali ne rilevarono coppia. È stata spedita da me col mezzo di un corriere che lo stesso Re spediva a Massawah al Console Mussingher, in quel tempo ancora console Francese di Massawa. Io l’ho diretta aperta a lui, che conosceva molto bene [p. 473] la lingua abissina, e la scriveva meglio di me, con facoltà anche di leggerla, di farne coppia, se lo credeva, e quindi sigillata la mandasse al Vescovo Atanasio. Nel [fine ago. 1870]
[12.10.1870: Menelik legge agli alaka scioani la lettera di scomunica di Atansios]
ritorno del corriere il Console mi rispose che la lettera era stata spedita, e ne teneva ricevuta dal destinatario. Mi rincresce di non possedere una coppia di questa mia lettera suddetta, ma essa non deve essere perduta, e non manca di trovarsi nella missione nelle mani dei nostri cattolici. Naturalmente che io non ho avuto risposta diretta, ma so che essa fù conosciuta da molti in Tigrè, e dallo stesso imperatore Giovanni.

scopo della lettera Lo scopo di quella mia lettera non era tanto quello di far conoscere il dogma che ci separa dall’eresia, quanto quello di battere il capitale delle menzogne, dei pregiudizii, e dell’odio satanico instillato dal tempo, e divenuto come una seconda natura nell’eretico, quello che agisce in lui più che il dogma stesso per lo più ignorato. ragioni e fatti in conferma Secondo me è questa una verità da studiarsi ancora: sia in Europa coi Protestanti, sia in Oriente cogli eretici e scismatici, e sia ancora in Abissinia; il dogma nella sua origine ha servito agli eresiarchi di esca per la rivolta; ma una volta /133/ autenticata la rivolta si è formata col tempo una società, o dirò meglio città fortificata di muri, dentro i quali domina[no] le passioni, ed il dogma è là, come una semplice bandiera che porta un nome, ma che non comanda più. In tutti i miei viaggi, o diverse situazioni del mio ministero, ogni qual volta ho [ho] trovato degli eretici o scismatici isolati, e lontani [p. 474] dalla loro società organizzata, dove esistono ministri, e predicanti non solo, ma parenti, amici, interessi, e bisogni relativi di società, allora io ho veduto sempre che simili individui isolati, per poco che stessero con noi, sentissero i nostri catechismi, anche ordinarii, e vedessero le pratiche nostre ed i nostri esempi, già erano prede mature che sospiravano il nostro ministero ed i sacramenti di Cristo, ed io stesso sentiva il bisogno di incoraggirli e secondarli: oh allora, io piangendo e sospirando fra me stesso, mi trovava costretto ad esclamare, oh tutte quelle masse di protestanti, o di scismatici, quanto sarebbero facili a convertirsi!

il dogma è secondario per gli eretici Per questa, e per altre simili ragioni nella lettera suddetta al Vescovo Atanasio, la questione del dogma era divenuta per me come una questione secondaria, ed ho diretto i miei attacchi più direttamente alla fortezza, che era il Vescovo stesso, ed ai muri fabricati da lui in mala fede, e che tenevano prigioni i cuori dei poveri abissinesi che tendevano le bracia verso Cristo e verso la sua Chiesa; io perciò nella mia lettera suddetta passava in rassegna dolcemente le cose stesse che egli stesso osservava, in Egitto; forze che il Salama vostro predecessore, [gli scrivevo,] per cagion d’esempio, aveva ricevuto in Egitto l’ordinazione che egli [era] solito dare qui in modo da renderle non solo invalide, ma ridicole? Forze che in Egitto egli considerava [p. 475] il concubinato abissino come matrimonio legittimo da credersi giustificato di prendere la moglie di Ras Aly per darla a Berù Goscio? forze che in Egitto ha sentito dire che i cattolici dicono la Messa col cervello delle leppri, come soleva dire qui? forze che in Egitto ci perseguitava come ci perseguitò qui? Dopo aver esortato il nuovo vescovo a non entrare nelle vie di Abba Salama, nella mia lettera mi apriva la strada ad altre esortazioni sul modo di esercitare il suo ministero entrando in una via più pacifica, e sincera, come ho notato sopra. la lettera tenuta nascosta Ora certamente che una simile lettera doveva essere nascosta; ma io sapeva come certo che più essi cercavano di nasconderla, più si rendeva palese da riprodurla e trascriverla secretamente. Quando il Vescovo fece vedere questa lettera all’imperatore Giovanni, come un’accusa contro di me, egli l’esortò ad abbruciarla e non parlarne più; e difatti l’imperatore [non] fece mai parola con nessuno di quella lettera, ben sapendo la verità dei fatti in essa /134/ contenuti da non potersi negare. Così finì la lettera mia, ma fu una sconfitta per la gerarchia eretica.

nuovo fermento dei partiti religiosi Frattanto la venuta del Vescovo, le tresche secrete tra il Vescovo e la Regina Bafana, col mezzo del suo galante monachello, divenuto confessore della corte, non aveva mancato di sollevare un poco di fermento fra i partiti religiosi nel regno di Scioha, ed io non amava prendere una parte troppo diretta. Per altra parte io sentiva ogni volta più [p. 476] il bisogno di allontanarmi dalla corte, dove la mia persona era stanca di occuparsi di formalità e di sterili cerimonie che prendevano la maggior parte del mio tempo dovuto invece alla semplicità dell’apostolico ministero, lettera di ato Govana e mia risposta quando mi arrivò opportunissima la notizia che la nuova casa di Gilogov, era come finita, ed Ato Govana mi chiedeva di fissare il giorno della mia venuta colà a prenderne possesso, perché egli pensava di ricevermi con qualche formalità da farmi conoscere al publico di quel paese. Caro Signore, gli risposi, = ho ricevuto la sua lettera, e la ringrazio di quanto ha fatto per la causa di Dio. Ora sappia che le opere del Signore incomminciano sempre da uno, per arrivare al cento ed anche al mille, e non hanno bisogno di essere bagnate coll’idromele, e col sangue delle vittime; quando cotesta popolazione mi avrà conosciuto ed amato, allora faremo le nozze. Fra due giorni verrà una parte della mia famiglia a disporre [le cose], ed io qualche giorno dopo arriverò col resto della mia gente subito che potrò =

mia partenza per Gilgov Così ho fatto: partita una parte della mia famiglia colle mie istruzioni opportune, e congedatomi dal Re, come se la mia assenza fosse stata solamente per qualche tempo, onde visitare la nuova casa, senza moltiplicare le parole una mattina di notte me ne sono partito col resto della famiglia, lasciando ancora qualcheduno alla custodia della casa di Liccèe, e sono arrivato a Gilogov, quando [p. 477] meno mi aspettavano. mio arrivo a Gilgov, e feste
[9.2.1870]
Appena arrivato, non mancò di andare subito la notizia ad Ato Govana, la cui città era lontana circa due kilometri dalla nostra nuova casa; ho avuto appena il tempo di respirare un quarticello d’ora l’aria del nuovo clima, e per prendere qualche rinfresco, che in lontananza già si vedeva [a] venire una lunga processione [a venire], visita di Ato Govana era Ato Govana colla sua moglie e coi figli, accompagnati da una corte non indifferente che portavano un tesoro di grazia di Dio, cioè pane, pietanze, birra, idromele, ed animali da macello. Fu tutta una festa, e convenne mangiare e bere e conversare con quei Signori: io aveva fuggito la festa, e la festa preparata stava aspettandomi come il bando del fucile aspetta la preda. Quando ebbimo finito di mangiare ato Govana volle che entrassero tutti i vicini della nostra casa e volle che mangiassero e bevessero a /135/ sazietà; dopo ciò, sentite, disse loro, questo è mio Padre, guardatelo, e fate in modo che sia contento di voi. Ciò fatto chiamò i due suoi figlii; da questo momento, disse loro, io vi consegno ad Abba Messias, voglio che impariate ad essere cristiani un poco meglio di ciò che sono io. Ciò detto, se ne partì e lasciò Madama, affinché vedesse i bisogni della casa.

madama Govana, e l’alaca Madama Govana era una vera matrona, già madre di dieci e più figli tra maschi e femine, dei quali cinque erano morti, ma aveva già una figlia maritata, ed un figlio [p. 478] di sedeci anni passati, ed un’altro di 13. quelli appunto che il suo marito ci aveva consegnato. Madama Govana era una di quelle matrone, che avrebbe fatto la fortuna di un gran paese cattolico per la sua gran carità verso i poveri, che l’amavano come una vera madre; essa teneva tutta l’amministrazione di quella vasta casa di Ato Govana, ed era essa che si era occupata molto per lo stabilimento della missione in quel loro distretto, sperando così di divenire cattolica, e di guadagnare qualche cosa nell’educazione dei due suoi figli maschi. L’alaca di S. Giorgio, quello che aveva assistito ai lavori della casa, aveva già fatto molto profitto delle conferenze sentite in Liccèe, ed aveva già preparato molto il cuore di Madama Govana. Tutti [e] due queste persone speravano di ricevere i sacramenti al mio arrivo, ed in quanto alle disposizioni loro personali poco avrebbe bastato per appagare i loro desiderii; ma erano tutti [e] due maritati con numerosa prole, qui stava la difficoltà.

matrimonio dei galla, e dei cristiani Più ancora che nei paesi Galla, nell’Abissinia cristiana il matrimonio presenta delle gravi difficoltà al missionario cattolico, ed ecco la ragione: fra i Galla, ancorché poligami, pure il matrimonio è sempre indissolubile, ed una volta maritati non si pensa più a separazione; fra loro i ricchi per lo più poligami presentano ancora una difficoltà per parte dell’unità, ma i poveri [p. 479] con una sola moglie sono eguali ai nostri cattolici, e non vi è altro da fare che aggiungervi la benedizione cattolica dopo il battesimo. Invece frà i cristiani abissini il matrimonio evangelico indissolubile è conosciuto, e se ne trovano di cento uno che lo fa come una cosa di perfezione, unicamente per potersi comunicare; tutti gli altri non lo fanno, e se ne muojono senza farlo, e senza comunicarsi. difficoltà per il matrimonio Per loro il matrimonio civile è sempre colla condizione di potersi separare a volontà di uno dei due, epperciò se ne muojono in uno stato di concubinato civile riconosciuto dalla legge. Ben soventi accade che dopo molto tempo di unione, massime quando esistono figli in quantità non pensano più alla separazione e si forma una specie di vincolo naturale; ma guai se sollevate la questione di far il matrimonio indissolubile e di far la comunione, allora correte il pericolo di avere /136/ una negativa dalla parte non ancora risolta a farlo. Era questo il caso di Madama Govana, e dell’alaca in questione; della prima il marito non era disposto, e del secondo la difficoltà stava per parte della moglie.

pregiudizii relativi. L’ignoranza dei sacerdoti indigeni eretici, invece di facilitare l’unione matrimoniale cristiana indissolubile, l’hanno resa ancor più difficile con favorire tradizioni al di là dell’instituzione divina, divenute come leggi. 1. Chi ha fatto il vero matrimonio evangelico, se vogliono fare la comunione devono farla tutti [e] due insieme e non da soli. 2. Occorrendo che uno dei due sia stato infedele ed abbia [p. 480] commesso un’adulterio, non potendo più far la communione, anche il comparte deve restarne privo. 3. Occorrendo la morte di uno dei due conjugati, il rimasto non può più contrarre altro matrimonio, ed è obligato a farsi monaco. due casi di matrimonio abissino Questi tre pregiudizii, dove più, dove meno, sono generali in tutta l’Abissinia cristiana, e si possono dire un vero muro fabricato dal diavolo per rendere impossibile il matrimonio evangelico. In questo modo è passato in uso il concubinato civile vera desolazione delle famiglie, e vera rovina del paese. Dopo tutto ciò, il lettore di queste mie memorie comprenderà le grandi difficoltà che incontra il missionario cattolico relativamente al matrimonio. Nel caso nostro, con tutte le disposizioni di Madama Govana, e dell’alaca di S. Giorgio, ancora non si poteva fare, per un tempo illimitato, il loro matrimonio evangelico, dal quale, per i conjugati, dipende l’amministrazione di tutti gli altri sacramenti.

pagani ed eretici Dal fin qui detto risulta un punto molto interessante per il missionario cattolico, ed è che il pagano, in certo modo, presenta minori difficoltà per essere evangelizzato, a preferenza dell’eretico. Sotto il nome di pagani e di eretici, non intendo parlare, ne dei musulmani, ne degli israeliti; questi non sono pagani; essi sono bensì eretici, ma non eretici cristiani. Dei musulmani e degli israeliti non se ne trovano nei contorni della nuova missione di Gilogov; di essi se ne [è] già parlato, e se ne parlerà ancora a suo tempo, come di eretici, i quali si trovano [p. 481] sotto la pressione di una maledizione di Dio tutta speciale. La nuova missione di Gilogov è situata all’estremità di un piano tutto popolato dai galla pagani, e all’ovest esiste una vallata immensa tutta popolata di cristiani abissini. Questa prossimità di pagani e di cristiani è quella che mi obliga ad entrare nella questione comparativa degli uni e degli altri, epperciò ripeto qui ciò che già dissi sopra; i galla pagani, fra i quali è situata la casa della missione saranno meno difficili [alla conversione], dei Cristiani, parimenti in contatto colla casa medesima.

tendenze dei galla pagani I galla pagani hanno molto del primitivo, o per lo meno, essi [non] /137/ hanno mai appartenuto a qualcheduna delle religioni positive che si suppongono rivelate; essi non hanno altra religione, che la più primitiva: essi credono in Dio, perché è questo un vero bisogno del cuore umano, e sentono pure il bisogno di onorarlo in qualche modo, osservando certe tradizioni avute dai Padri loro più o meno superstiziose. Come essi [non] hanno mai avuto una religione rivelata, sentono il bisogno di averla; in prova di che, essi hanno una gran rispetto ai loro maghi, i quali si spaciano come ispirati da Dio, e pagano loro anche grandi tributi. la crisi pagana più calma Per questo bisogno che sentono nel cuor loro di una rivelazione, quando si presenta loro un missionario, essi sempre lo ascoltano con certo rispetto. Con ciò non voglio poi dire che siano più facili a convertirsi [p. 482] perché da un canto hanno le loro passioni, e le loro abitudini di vita sensuale, anzi materiale, che non mancano; dall’altro lato poi la moltiplicità dei loro oracoli, dai quali si trovano ben soventi ingannati, da loro un certo quale diritto di dubitare anche prudentemente di tutti. Intendo perciò solo di dire che questi poveri pagani sogliono rispettare tutto ciò che essi non conoscono, e si veggono come obligati a venerare una persona qualunque che presenta loro un carattere misterioso, e sono incapaci di sollevare dispute o questioni di religione; essi non avendo una religione organizzata in società, non toccategli solo nelle grandi passioni vitali del sangue, dell’interesse, e delle donne, voi sarete tranquillo fra [di] loro, e non cercheranno di sollevarvi un partito contrario. Anzi, dopo un certo tempo, a misura che avranno sperimentato la vostra bontà e la vostra beneficenza, incommincieranno ad amarvi e seguirvi.

la missione fra i cristiani
il principio più facile
Il Cristiano all’opposto subito nel primo giorno egli è vostro amico, egli ama di vedervi, di sentirvi, egli prenderà parte nei vostri bisogni, e vi ajuterà anche se occorre; se voi vi mettete ad istruire, a far preghiere, egli sentirà volontieri tutto quello che dite, e se ne parte contento, e vi lascia contento con un monte di speranze di averlo già guadagnato, [p. 483] egli va[:] parla coi suoi preti, conferisce coi suoi deftari; egli ritornerà[:] vi farà questioni, si faranno delle dispute come se avesse piacere d’istruirsi, e si fingerà anche convinto se occorre, e voi [ne] sarete contento di lui. Qualcheduno anche sarà [anche] sinceramente convinto ed incommincierà ad amarvi, ad incoraggirvi: fra il basso popolo troverete anche facilmente chi vi segue, e voi crederete di avere fatto brecia, e di avere guadagnato molto terreno nel paese. Ma intanto ciò che fate e ciò che dite tutto è esaminato secondo l’interesse non secondo la verità. Quelli che vi seguitano, essi non hanno la chiave degli affari, ma la questione monta più [in] alto fra i magnati ed incommincia a diventare /138/ politica, e si agiterà nelle altezze nelle montagne fra i potentati ecclesiastici e civili. temporale sul fine Allora sarà che incommincieranno i tuoni e le tempeste. Fra i cristiani non è una persona, non sono i pochi divoti che possono salvarvi; essi faranno scoppiare la mina col loro zelo medesimo, ma poi saranno impotenti a salvarvi: Oppure, se voi avete aggregato qualche grande nelle vostre file, ciò servirà a prolungare la crisi, e fargli prendere delle proporzioni più in grande, ma non basterà per salvarvi e verrà il giorno della rovina.

due fatti Con ciò non bisogna poi dire che la missione fra i cristiani si debba lasciare, tutto all’opposto; la conseguenza è piuttosto di doverla trattare con maggior prudenza, ed astenersi dalle cose molto clamorose, le [p. 484] quali possono sollevare le grandi passioni del clero eretico, come l’acettazione delle Chiese, ed i funerali eclattanti. Deftera Gulti prima del mio arrivo in Scioha aveva fatto una bella chiesa, che aveva dotato di terreni per i preti, per i cantanti, e per i comunicanti; al mio arrivo quanto non fece per farmi acettare quella Chiesa? no, risposi, per istruire e predicare ci basta l’umbra di un’albero; per la messa e per la communione, per ora [è sufficiente] una piccola capanna, dove dirà la Messa secreta qualcheduno dei nostri, e ciò basterà per ora; non è ancora arrivato il momento di acettare la Chiesa. Ma se io muojo, egli instava, dove sarò io sepolto? Se tu morrai da buon cattolico la tua anima sarà sepolta in Cielo, e lascieremo il corpo ai tuoi preti ancora eretici: caro mio, non sai tu che io cerco il grano e non la paglia? Trovandomi ancora a Liccèe venne la famosa Betsabesce nonna del Re Menilik, la quale volle ad ogni costo dichiararsi cattolica; l’ho ricevuta secretamente per compiacere lo stesso Re. Questa donna [† feb. 1870] potrà morire da un giorno all’altro, mi diceva il nostro Prete Tekla Tsion, la sua sepoltura sarà un’affare di Stato, come si dovrà fare? caro mio, risposi io, noi coi sacramenti salviamo l’anima, e lasciamo la carne ai corvi.

osservazioni Qualcheduno potrebbe trovare di che dire a queste mie risposte così assolute; il mio Prete, figlio di un paese cristiano d’Abissinia, dove il povero cristiano se ne muore in presenza di molti preti, e di tutte le sue concubine senza che nessuno gli dica una parola di salute, dando solo importanza [p. 485] ai funerali di un grande publico scandaloso, che muore nel suo peccato, quasi che le sole cerimonie funeree potessero salvarlo, facendomi egli delle osservazioni alla mia risposta suddetta, era con simile stile che io soleva imprimere i limiti differenziali da notarsi nelle funzioni della Chiesa, affinché sapessero distinguere l’essenziale dall’acessorio nelle medesime. Innoltre non sai tu che il viandante suol dare la borza per salvare la vita? non sai che il nocchiere in mare getta /139/ anche l’oro per salvare il padrone? Caro mio, (dissi ancora al Prete che proseguiva a farmi delle osservazioni in contrario) non vedi tu che tutti questi preti eretici senza fede, e che vivono di mercato ci stanno [osservando] cogli occhi aperti, e minacierebbero di farci un colpo, e gettarci tutti in mare? caro mio, lasciamo la scorza e cerchiamo il midollo; occupiamoci dello spirituale, cerchiamo le anime, e faciamo dei buoni cristiani, mettendo da una parte tutte queste cose secondarie. Quando poi i nostri cristiani saranno molti, allora si faranno rispettare, e potremo noi occuparci di Chiese, di propine e di funerali; seguitiamo il consiglio di Cristo: cercate prima il regno di Dio e la giustizia sua, perché tutte queste cose verranno di conseguenza.

pro e contro nella missione di Gilgov. Ora ritornando ai nostri galla pagani, fra di loro tutte queste difficoltà non si trovano: essi sono molto più semplici, ed il missionario non ha tante misure da prendersi fra [di] loro. Una sola difficoltà suol presentarsi fra i galla in contatto [p. 486] coi cristiani, ed è l’antipatia che si forma fra le due diverse razze vicine: i cristiani abissini sono superbi della loro religione, e sogliono disprezzare i galla, e questi per un’antigenio ai medesimi si attaccano ancor più alle loro pratiche pagane. Il missionario poi da principio presentandosi fra i galla come cristiano, deve rassegnarsi nel subire tutte le conseguenze dell’antigenio preesistente fra le due razze, e non è che dopo molto tempo, quando saranno conosciute le sue qualità superiori al cristiano indigeno, che incommincierà a far brecia nel cuore dei galla per essere più rispettato, e venerato nel suo ministero. La missione stabilita in contatto delle due razze pagana e cristiana ha i suoi vantaggi, ed ha anche le sue difficoltà. Così i galla di Gilogov conoscevano tutti la lingua abissina, ed il missionario ha la commodità d’imparare le due lingue; quindi è più libero nel suo ministero. La casa del missionario essendo di necessita una casa mista delle due razze prova da principio qualche difficoltà per conciliarne il carattere.

difficoltà per la casa e il mantenimento Nelle due case di Liccèe e di Fekeriè Ghemb, io [non] aveva niente da pensare al mantenimento della mia casa, perché mattina e sera mi veniva dalla corte il vitto preparato in granda abbondanza, anche per gli stranieri, come già è stato osservato. Arrivato a Gilogov [p. 487] Madama Govana per quasi un’anno continuo pensò a tutto, e passava alla casa il necessario, come [io lo] riceveva dalla corte a Liccèe. Ma un simile sistema non poteva durare sempre, e si dovette pensare poco per volta a fare il pane, e la birra, come in tutte le altre case della missione. Una delle più grandi difficoltà per le missioni dell’Etiopia è quella di dover pensare ad organizzare la casa. In tutte, o quasi tutte le altre /140/ missioni del mondo il missionario cattolico con dei mezzi penuniarii trova casa, pane, vino o birra, e tutto il necessario per vivere, poco presso come in Europa. All’opposto in Etiopia il povero missionario deve pensare a farsi la casa, a farsi macinare la farina, a farsi cuocere il pane, a farsi fare una cattiva birra, ed a procurarsi il necessario nutrimento per se, e per la sua famiglia, perché nel paese non si trova altro [d]a comprare in mercato, che grano, e tela bianca di costruzione indigena, e neanche si trovano i molini per far macinare. Ciò che dico del missionario si deve dire di qualunque viaggiatore europeo che pensi a soggiornare qualche tempo.

l’europeo in Abissinia In Etiopia non esiste altra locanda, dove il forestiero possa trovare di che vivere, se non [che] le case reali, oppure qualcheduna delle altre grandi case che possa e voglia farlo. Per i semplici mercanti arabi o indigeni, la cosa è meno difficile, e qualunque gran casa può ricevergli colla sola speranza di qualche regalo in contracambio, [p. 488] ma l’europeo, essendo sotto l’immediata protezione del Re, nessuno osa riceverlo per un tempo notabile senza un’ordine del Re. Bisogna confessare che il Re Menilik, in proporzione del paese, tratta molto bene gli europei, e gli mantiene anche lautamente. Ma questo però non può essere eterno: dopo [aver] passato un certo tempo, se non si fa qualche regalo a lui, ed anche ai principali suoi impiegati, questi incomminciano, secretamente d’accordo col Re, [incomminciano] [a] fare difficoltà nel dare, e finiscono anche per privarlo affatto [dell’assistenza]. Per un’europeo qualunque, e molto più per un missionario che deve restarvi, pertanto non vi è altro rimedio che prepararsi una casa. Per la costruzione della casa, come una cosa passeggiera, è facile trovare degli ajuti, o dal Re, o dai Signori, oppure anche dai vicini. Ma per avere un personale sufficiente per la farina, per il pane, per la birra io ho avuto sempre delle grandi sollecitudine, e delle gran[di] pene.

la casa del misionario Per il missionario, il quale deve avere una casa modello di moralità, la più gran difficoltà sarà sempre quella di poter avere una casa di donne per i lavori, che secondo l’uso, assolutamente non si possono ottenere dai giovani maschi. la donna cristiana Qualche volta Iddio ha benedetto il ministero della mia parola apostolica, e colla grazia del Signore mi riuscì di ottenere la conversione di alcune donne di mia casa alla vera pietà cristiana, [p. 489] oh allora che bella fortuna è stata per me! è impossibile poter descrivere fedelmente il bene che fecero simili donne date al fervore cristiano alla mia casa, allora la casa mia è divenuta una casa non solo di benedizione e di abundanza, ma una casa di carità angelica per gli ammalati della casa e del vicinato, [al pari] che le Sorelle stesse della /141/ carità nei nostri ospedali di Europa; quale immensa diversità nell’economia, nella qualità del pane e della birra! una sola donna convertì non solo le sue compagne da render[le] come altrettante religiose, ma convertì molte del vicinato con vantagio di molte anime, ed ho potuto mandarla ad altre case della missione per sistemarle e metterle all’ordine. Allora ho compreso la grande grazia che fa Iddio ad una casa cristiana con darle una brava madre di famiglia: essa è la donna forte allora ho compreso tutta la larghezza misteriosa di quelle parole dello Spirito Santo[:] mulierem fortem quis inveniet[?]. La mia Valetta Mariam divenuta monachella, le sue mani non sentivano più il bisogno di riposo, essa lavorava pregando, ed istruiva lavorando; essa divenne un vero portento nella missione; essa lasciò figlie a Cristo ed a S. Francesco, e lasciò tracie di fuoco di amor divino per dove passò.

Quanto è buona la donna etiopica datasi a Dio nella sequela di Cristo, altrettanto poi è pericolosa per la casa quando è vanarella, e piena di passioni mondane. Quanto non ha dovuto penare il P. Prefetto Taurino per la sua missione di Finfinnì! Quanto non ho dovuto penare io [p. 490] per la mia casa di Gilogov, a fronte che Madama Govana venisse essa stessa molte volte nella settimana a fare la sua rivista per aggiungere il suo prestigio. casa del missionario Il missionario cattolico, a forza di battere coll’istruzione cristiana, la quale, come una pioggia dolce, finisce poi per entrare fino al cuore e rigenerarlo più o meno, egli alla fine arriva ad ottenere almeno un poco di moralità e di fedeltà, da poter riposare tranquillo nelle persone del suo servizio. quella dell’europeo Non così il povero europeo, il quale nella sua condizione di secolare, e qualche volta unendo egli stesso qualche dose d’immoralità, e d’incredulità filosofica, non pensa ad istruire ed educare la sua gente di casa, e gli lascia come gli ha trovati senza fede, e con tutto il capitale dei loro vizii, e della loro corruzione indigena. Il povero europeo arriva poi a pagar a caro prezzo quel poco di libertà morale che egli cerca in mezzo ad una famiglia senza religione e senza morale educazione, e posso assicurare di averne veduto alcuni anche [a] piangere.

Qualcheduno fra i miei lettori potrebbe credere questo mio semplice linguagio di prete spinto troppo avanti da un bisogno troppo religioso. Ad ogni caso potrei assicurare il mio lettore suddetto che io non sorto dalla mia materia storica, ancorché qualche volta senta il bisogno di non specificare e descrivere troppo al minuto certi fatti, nei quali io stesso ho dovuto entrare paternamente per soccorrere certi individui dei nostri. il fatto di Verdier Ho parlato poco sopra [p. 491] del povero francese Filippo Verdier infermatosi in tempo del banchetto: il disgraziato è stato [de]- /142/ rubato parecchie volte ed abbandonato dai suoi famigli dei due sessi, ed ultimamente, chiamato da lui, l’ho trovato abbandonato da tutti nel suo letto, ed io stesso ho dovuto farlo servire dai miei di casa. Qualche mese dopo, trovandomi già io in Gilogov, alcuni miei fidi mi scrissero che il poveretto si trovava di nuovo nella disperazione minaciando di suicidarsi. [mar. 1870] Ho mandato qualcheduno a prenderlo, venne in Gilogov, dove passò qualche tempo in casa mia, per rilevare un poco la sua riputazione. Ne scrissi al Re, il quale venne egli stesso alla missione di Gilogov. Il Re Menilik si risolvette di [partenza: 6.4.1870] spedirlo in Europa incaricato di commissione onorifica all’imperatore Napoleone III. portatore di regali. Il povero Verdier sua morte in Aussa
[fine apr. 1870]
fù ucciso in Aussa sulle porte [del territorio] del Re Kanferiè, del quale oggi il nostro Viaggiatore Antonelli ci scrive tante belle notizie sul suo passagio in quel paese. Fu questo il primo sangue versato dopo il mio passaggio per quella strada da me aperta.

Per ora basti questo fatto, in prova del mio assunto suddetto, perché molti altri ci aspettano per definitivamente convincerci che non solo il missionario, ma lo stesso viaggiatore deve nodrirsi di fede, e farsi una sequela di uomini fedeli a Dio per avergli fedeli a se stesso. Io intanto ritorno all’argomento principale, quello cioè dell’organizzazione della casa. madama Govana.
suo zelo
Sarebbe stato questo per me un gran pensiero, ma fortunatamente in Gilogov Iddio mi aveva dato [p. 492] una vera madre nella persona di Madama Govana, la quale si assumeva tutta la cura della parte materiale[:] voi occupatevi dell’anima nostra, essa mi diceva, io penserò al corpo, e non vi abbandonerò fino a tanto che la casa vostra sarà fornita di tutto il necessario per provedere a se stessa. Per carità vi raccomando i miei figli; io gli ho generati, ma oggi conosco, che non son stata capace ad altro che a generare della carne, e tocca a voi aprire loro gli occhi per [far loro] conoscere Iddio. Il zelo di quella donna aveva un non so che di portentoso; la mattina partiva di notte e faceva ben soventi due kilometri per arrivare a tempo alla preghiera ed al catechismo con una parte della sua famiglia. Essa non poteva venire tutti i giorni, perché aveva sul suo dorso una famiglia di circa 200. persone da governare, ma quando veniva dava un movimento di vera festa alla missione. Finita la preghiera, ed il catechismo, e fatto un giro per visitare i lavori della casa, se ne ritornava col sole a casa sua, ripetendo alla sua famiglia ciò che aveva sentito. Il solo suo esempio era una vera predica che valeva più della mia.