/296/

31.
«Macchia del sangue» e «Mistero della Croce».
Matrimonio cristiano. Due preti convertiti.

alcune difficoltà da parte dei nostri Questa ultima questione mi sollevò delle difficoltà tali, che alcuni, benché protestassero di mantenere sempre ferma la loro fede cattolica, pure mi minaciavano quasi di ritirarsi dalla colonia. Dunque noi, instarono alcuni di questi paurosi, siamo inferiori ai musulmani ed agli Adal o Denakil? Sì, cari miei, risposi io, voi dovete oggi essere inferiore agli Adal, ed ai musulmani, come nostro Signore Gesù Cristo fù inferiore a Pilato ed agli Ebbrei di Gerusalemme, per poi vincere e guadagnare gli uni e gli altri; così vanno le cose alla sequela del nostro divin Redentore. una ragione umana Ma per ora voglio lasciare [p. 748] il ragionamento spirituale, e parlarvi solo umanamente: questi terreni da noi comprati con un pezzo nominale erano prima pascoli nelle mani, ora dei musulmani, ed ora degli Adal; noi vi siamo entrati con un titolo colorato di compra e gli abbiamo privati [del loro diritto]. Il titolo colorato di compra, anzi la stessa protezione del Re, e dell’Abegaz, ci servono in facia alla legge per divenirne padroni, ma non ci serviranno mai per la conquista del cuore di questa gente, del quale noi abbiamo bisogno per divenirne pacifici possessori. Voi lo sapete, che io stesso ho cercato di fare questa colonia, per trovare qui un luogo di rifugio presso questa gente, in caso di persecuzione, la quale non mancherà di venire a suo tempo. Ora noi entrati oggi qui in casa loro, col dovere impostoci da Cristo di guadagnargli e fargli nostri fratelli, noi incommincieremo subito da principio a far delle questioni, e sopratutto questioni di sangue? l’esempio di Cristo Nostro Signore Gesù Cristo, che, come Dio, avrebbe potuto salvare il mondo con un miracolo, come con un miracolo l’aveva creato, ha voluto farsi uomo, lasciarsi vincere dagli Ebbrei, e dai romani, per salvare tutti, non faremo noi un’altrettanto nel nostro interesse medesimo?

Se il mio apostolato fosse in altro paese, avrei finita già la risposta, e sarei come sicuro che voi, animati dall’esempio di nostro Signor Gesù Cristo, già siete convinti, e non cercherete altro nella questione che ci /297/ occupa. l’eresia eutichiana Ma in questo paese avvelenato dall’eresia Copta eutichiana, la quale non ha compreso il mistero della croce, e che vorrebbe fare della croce un semplice gioiello di onore, motivo per cui non ama di vedere il nostro [p. 749] Signore Gesù Cristo inchiodato sopra [di] una croce, come vedete in questo crocifisso tanto amato dai cattolici latini, io mi trovo obligato a spiegarvi più chiaramente anche questo mistero, e ciò nell’interesse stesso della nostra colonia. Ho già detto sopra che Cristo si è fatto uomo inferiore a Pilato ed ai giudei per tutti guadagnare e salvare. Non contento di ciò, vi ho detto sopra che verrà la persecuzione; per la vostra debolezza, io non la desidero, anzi prego il Signore che la tenga lontana; ma vi assicuro da un’altra parte, essere io convinto che la persecuzio[ne] è una grazia di Dio, perché in essa noi troviamo la vera scuola del calvario, sopra il quale nostro Signore Gesù Cristo ha vinto il mondo morendo e perdendo la causa. l’umanità depravata Vedete, miei cari, la nostra umanità guastatasi una volta colla rivolta nella persona del nostro Padre Adamo, ingannato dal demonio, il quale gli faceva credere, che mangiando quel miserabile frutto sarebbe divenuto eguale a Dio; questa stessa umanità nostra viziata che oggi ci sta sempre alle spalle per farci tradire [a] Dio; essa non si contenta più di un miserabile frutto, ma vuole essere adorata in luogo di Dio stesso, ora sotto l’aspetto di un piacere brutale, che si suppone permesso e santificato dai figli della Mecca e del profeta, ora sotto il nome di filantropia o falsa carità presso i figli del progresso, esso è tutto egoismo o culto, o idolatria della propria umanità in rivolta, che non vuole più sapere di Dio, e vuole essere adorata.

Ora, attenti, figli miei, perché quì appunto sta il gran segreto! La famiglia umana, divenuta quasi tutta pagana, adoratrice di se stesso, e della propria umanità, la quale, sotto diverso titolo era divenuta l’idolo universale, Iddio infinito nella sua misericordia aveva decretato di salvarla dalla [p. 750] [dalla] schiavitù del demonio, il quale di sotto era egli l’idolo adorato, e che governava quasi tutti i poveri figli di Adamo. Iddio nella sua misericordia infinita aveva decretato di salvare l’uomo peccatore, ma ostava da un’altra parte l’infinita giustizia di Dio, la quale esiggeva di necessità un compenso di valore anche infinito per calmare i riclami dell’infinita divinità offesa. Ma dove trovare un compenso di un valore infinito, fuori degli infiniti tesori della stessa divinità offesa, perche la sola infinita? Figli miei! adorate il gran mistero! il mistero della croce La giustizia di Dio stata vittoriosa, ed inesorabile sopra l’eterna sua misericordia cogli angeli prevaricatori, dovette dichiararsi vinta dalla sapienza eterna del Verbo: io, senza lasciare il mio posto e la mia natura di Verbo /298/ eterno unigenito del Padre, sarò uomo, sarò vittima nella mia umanità, e così [sarà] soddisfatta la nostra infinita giustizia, e la pace sarà conchiusa col uomo prevaricatore, disse il verbo eterno: ipse dixit et facta sunt; il nuovo regno di pace fu inaugurato in Betlemme, quando gli angeli cantarono[:] gloria in excelsis, et in terra pax; fu consummata la vittoria sopra il golgota, quando l’esercito di Satana rotto nella sue file, costretto a rintana[na]rsi negli abissi, il sole si eclissò e gli abissi tremarono colla terra. Allora fù che vinse il Leone di Giuda, ma non colla spada dell’eterna giustizia vendicatrice; all’opposto il leone divenuto agnello, vinse lavando il mondo col suo sangue.

Figli miei dilettissimi, ringraziate il Signore, d’avervi fatto conoscere la verità, voi, come cattolici, alzate gli occhi vostri a questo Gesù crocifisso, e nelle sue cinque piaghe voi vi vedete cinque fonti di misericordia, ed allora vi si allarga [p. 751] il cuore, e vi trovate pieni di speranza nel vostro Gesù Salvatore, ringraziatelo di avervi aperto gli occhi alla fede; ma non è così in tutto il vostro paese: il crocifisso mal veduto dagli eretici voi percorrete tutte le Chiese di questa vostra patria, ed il sacerdote viene a voi con una croce inviluppata per una mall’intesa venerazione, ma scoperta, non vi trovate più il vostro Gesù colle piaghe aperte che vi consoli, voi come Tommaso, l’apostolo ancora incredulo e desolato dopo la risurrezione, desiderate un’altra volta come lui di vedere le piaghe, e di mettere la vostra mano dentro il sacro costato di Gesù; qual metamorfosi! Sentitene la dolorosa storia fatale: il demonio suo nemico il diavolo che non riposa: sortito un’altra volta dagli abissi, dove erasi rintanato dopo la vittoria di Gesù crocifisso, entrato nel cuore di un monaco superbo, dell’empio Eutiche, sotto pretesto di vendicare l’onore del crocifisso vostro Gesù, egli, disse empiamente, non è uomo, ma è solamente Dio, epperciò voi lo degradate supponendolo crocifisso. Tutta la Chiesa di Dio, spaventata [d]alla nuova dottrina: dove andiamo noi senza Gesù crocifisso, grida essa radunata in concilio, e dichiara scomunicato il superbo monaco; così fu salva la fede in tutto il mondo cattolico. Il vostro paese, invece di schierarsi colla Chiesa universale, se ne rimase col superbo Eutiche, pertinace nel dire che in Gesù esiste la sola natura divina, che egli è solamente Dio, e non uomo, così è stata perduta la fede.

Questa in breve è la genuina storia del fatto che perdette questo povero paese. La storia è una serie di fatti umani, epperciò entrano le passioni degli uomini a diffigurarla, entra la superbia, entra l’ipocrisia, entra in una parola il diavolo padre della menzogna e del disordine: epperciò [p. 752] la chiesa ed il papa un libro non basterebbe a tutto riferire ciò che si disse dagli eretici contro lo stesso Concilio, contro la Chiesa di Dio, e contro il /299/ Papa, quasi che il Papa non fosse più il successore di S. Pietro, per il quale il nostro Divino Redentore fece tante promesse che la sua fede non avrebbe mancata, che al solo leggerle nel s. vangelo, devono bastare per ogni vero cristiano, come di fatto bastano ancora oggi per tutto il mondo cattolico; la ragione è chiara. La parola di un Dio non può mancare; Gesù ha detto[:] ego rogavi pro te, Petre, ut non deficiat fides tua; dunque la fede di Pietro sarà sempre la sola vera. Gesù Cristo ha detto[:] tu es Petrus, et super hanc petram [a]edificabo ecclesiam meam; dunque tutte le altre Chiese, che non sono edificate sopra questa pietra, non sono più Chiese di Cristo, ma piuttosto bande di ladri. Voi che mi ascoltate siete tutti cattolici, e già sapete tutte le altre parole di Cristo dette a S. Pietro, senza che io le ripeta, perché sono cose che fra noi si ripetono tutti i giorni; siate dunque fermi in queste due massime: la fede di Pietro non può mancare, perché non può mancare la parola di Cristo che l’ha promesso; dopo ciò tenete fermo ancora nel dire: la Chiesa che è con Pietro, essa sola è chiesa vera e di Cristo, contro la quale le porte dell’inferno nulla potranno, e siate tranquilli. un’opposizione e sua risposta Tutto bene, già l’ab[biamo] sentito, ci diranno i nostri copti eutichiani, ma come noi potremo dire due nature? non è questa l’eresia di Nestorio? ora come dovremo noi rispondere?

Prima di tutto, a scanzo di equivoco, debbo rispondervi nettamente, che l’errore di Nestorio non è stato questo; questo grande eresiarca sapeva molto bene la grande differenza che vi passa tra la parola natura, e la parola persona; sono due parole queste fra loro così differenti e lontane, che non sono il giorno e la notte; egli perciò non ha mai potuto dubitare delle due nature; il suo grande [p. 753] errore fu quello di dire che in Cristo vi sono due persone, la persona umana, e la persona divina; da ciò egli inferiva, che Maria vergine era solamente madre di Cristo come uomo, e non di Cristo Dio. Qui stava il suo grande errore, perché in Cristo [non] vi è che una persona sola, e non due; epperciò Maria Vergine non poteva essere madre di Cristo senza essere madre di Dio. Come per ignoranza si perdono anche le anime, voglio farvi capire ad ogni costo la differenza tra la natura, e la persona; la questione è per se grave, ma molto semplice. spiegazione in detaglio Vedete, qui ci troviamo [in] 50. uomini, epperciò siamo 50. persone, ma non siamo 50. nature diverse. Io e qualunque di voi in particolare, consta di anima e di corpo; l’anima ha una natura diversa dal corpo, perché l’anima non more, mentre il corpo more; dunque ciascheduno di noi ha due nature, una spirituale, e l’altra corporale; eppure ciascheduno di noi non è che una sola persona. Così spero che avrete capito, e potrete /300/ anche farlo capire agli altri. Ciò posto, nostro Signor Gesù Cristo, egli aveva due nature, la natura divina eguale al suo eterno Padre, e la natura umana eguale a noi. Nella sua natura divina, egli non poteva, ne patire, ne [ne] morire, ne essere [essere] sacrificato per soddisfare alla divina giustizia; ma ciò poteva solo nella sua natura umana. Come però le due nature di Cristo erano unite in una sola persona, il suo patire, il suo morire fu di un prezzo infinito. Cari miei, questa è la fede cattolica.

la fede è un gran dono Qui però non sta tutta la questione: anche conosciuto questo, una persona potrà sempre ancora essere eretica, perché la fede è essenzialmente un dono di Dio, e la conversione al cattolicismo è una grazia tanto grande, che può [p. 754] [venire] solo da Dio; scienza e fede, sapere e credere, pare [siano] quasi la cosa stessa, eppure no: la fede, come virtù teologale è un tesoro tale, che vale quanto vale il paradiso, anzi quanto vale Iddio medesimo, ed io se fossi interrogato in questo momento, quale eleggerei fra i due, se la fede per credere, oppure gli occhj per vedere, risponderei senza punto esitare[:] mille volte meglio la fede, perché con essa vediamo Iddio e lo possediamo, con essa si spalanca la porta del paradiso. non si acquista con la disputa Figli miei, in questo vostro paese non si fa altro che disputare della fede; ma dovete sapere che il diavolo si serve della disputa per fare perdere la fede; voi all’opposto dovete sempre insegnare, ma mai disputare; voi fate come il buon colono, il quale semina e poi raccomanda a Dio ciò che ha seminato, perché Iddio solo è quello che feconda il seme e lo fa vivere e fruttificare. Chi disputa non è per credere, oppure per salvare l’anima del fratello, ma per vincere, e farsi un nome, come chi si batte in guerra. Il diavolo è furbo, e conosce bene questa gran verità; egli colla disputa ha perduto la fede del vostro paese e voi dovete stare all’erta.

sforsi di satana. Quì ritorno là, dove ho incomminciato la conferenza: il diavolo stato vinto da Cristo come uomo, e come Dio, egli ha fatto di tutto per distruggere la fede in Cristo. Nestorio
[condanna: 431]
Prima ha sollevato Nestorio, il quale di Cristo uno in due nature, egli ha fatto due cristi, dicendo due persone, cioè Cristo come uomo, e Cristo come Dio, perché così era distrutto il gran mistero della redenzione, come Dio solamente non poteva ne soffrire ne morire per noi; come uomo solo, la sua morte [p. 755] sarebbe stata inutile per soddisfare da [la] divina giustizia contro del uomo. Eutiche
[condanna: 451]
Condannato che fu Nestorio nel Concilio di Efeso, il diavolo non stette quieto, e per un’altra via opposta, sollevò Eutiche, il quale insegnava che Cristo era solamente Dio; come Dio solamente non potendo, ne soffrire, ne morire per noi, egli mandava in aria tutto il mistero della croce, e la gran dottrina del calvario, quello che ci ha redenti dalla /301/ schiavitù del demonio. Come il colpo era troppo forte, ed il popolo cristiano aveva molta venerazione per la passione, e per la morte di nostro Signore, bisognava coprire il veleno dell’eresia col pretesto di onorare Cristo, facendo della croce un gioiello senza Cristo. speranza nella croce Voi dunque siate fermi ai piedi della croce, perché là troverete tutto; là da quel costato aperto troverete l’aqua santificata, colla quale siete stati battezzati, santificati, e divenuti figli di Dio; di là, e dalle altre piaghe del crocifisso vostro Gesù succhierete quel sangue tanto prezioso prezzo della vostra redenzione, e quello stesso che tanto vi consola nel ricevere la santissima eucaristia, ah figli miei, sì tutti questi bei tesori è [di] là che sgorgano, come da altrettante fonti; ma sopratutto da quelle piaghe, e da questo crocifisso troverete quel gran libro che vi insegna l’umiltà, la [la] pazienza, e la carità. Di là è sortita la sconfitta del diavolo, epperciò di là nasce l’odio che [che] questo nemico ha per il crocifisso.

Ho voluto quì trascrivere questa conferenza che soleva fare studiare ai miei catechisti perché ho veduto sempre il gran bene che faceva contro la scuola diabolica dell’orgoglio. Quei miei bravi colo[lo]ni, e sopratutto il Deftera Sahelie, che poi [p. 756] fu mio sacerdote di rito etiopico, egli seppe commentarla così bene, che molti da Ankober discendevano nel deserto di Rasa per sentirla ed impararla, e faceva gran frutto. Intanto il regolamento, il quale proibiva di fare questioni coi musulmani e cogli Adal nostri vicini finì per essere ricevuto, ed acclamato da tutta la nostra colonia; conosciuto quindi dai nostri vicini suddetti, ci aquistò una simpatia, ed una frequenza tale, che all’avvenire lasciava sperare qualche vantagio, non solo per il ministero apostolico, ma anche per il piccolo commercio locale. un piccolo mercato nella colonia I denakil non potendo montare più [in] alto, ne ai mercati musulmani, ne tanto meno a quelli dei Cristiani, per causa della macchia del sangue, che loro non mancava da tutte le parti, e che gli teneva come in stato di guerra, essi venivano da noi per cercare farina, grano, pane, e tele, quali scambiavano con butirro e bestiami. Così poco per volta si stabilì una specie di mercato e traffico colla nostra colonia, la quale andava sempre più guadagnando, al dissopra della coltivazione del terreno aquistato. L’articolo suddetto perciò, passò in massima, non solo nella nostra colonia, ma anche fra i nostri vicini, i quali promisero anche essi di osservarla.

altre difficoltà In un’altro articolo dei regolamenti concernente la moralità della colonia non sono stato tanto felice, ma ebbi maggiori difficoltà a superare. Come molti coloni erano [di] famiglie convertite di fresco nella città di Ankober, e molte altre di Ellioamba; tutte quelle famiglie dovendo tra- /302/ sportarsi per intiero in Rasa, io intendeva premunire la mia colonia cattolica contro l’invasione di donne di mestiere cattivo, oppure giovani guasti e corrotti, infetti massime di vizio arabo, per non chiamarlo col suo nome. Io dunque a tal fine aveva [p. 757] publicato fra gli altri molti un’articolo dei regolamenti così concepito: nella colonia cattolica di Rasa non saranno ricevute o tollerate le donne che non fossero mogli unite in matrimonio cattolico coi loro mariti, oppure strettamente parenti di famiglia, come, madre, sorella, figlia, oppure già arrivata ad un’età fuori di ogni sospetto. Così parimenti non saranno ricevuti o tollerati giovani musulmani di una certa età, anche in qualità di servi, per non offendere la susce[tti]bilità dei vicini della nostra colonia. Occorrendo che qualcheduno dei suindicati dovesse venire per qualche affare non potrà rimanere più di un giorno, e dovrà pernottare nella casa destinata ai forestieri. Con quel regolamento io toccava nel vivo certe passioni, eppercio mi sollevò un mare di difficoltà dalla parte dell’amministrazione stessa da me stabilita. Con questo regolamento, mi dicevano, la colonia perderà molte famiglie, le quali non verranno più; sia pure, risposi loro, e si lascii la colonia a preferenza, perché non voglio preparare un giardino a Satana, e mettervi il disordine nel suo principio. Ho dovuto cangiare alcuni amministratori, ed anche sacrificare certi interessi materiali per sostenere la disciplina. il matrimonio cristiano La difficoltà principale era quella di alcuni capi di famiglia, i quali non erano ancora maritati in forma cristiana, ma poi vedendo questi la mia fermezza finirono per adattarsi dopo qualche tempo. L’Abissinia rovinata per la mancanza di matrimonio, il punto era troppo delicato, da potervi cedere.

In tutto il resto i regolamenti furono publicati senza difficoltà alcuna.

un sogno sui trapisti La colonia di rasa andava ogni giorno crescendo, e l’opinione stessa cattolica andava prendendo piede. Un altro [p. 758] San Benedetto sarebbe stato l’angelo del Signore per lo sviluppo dell’operazione da me incomminciata, ed io passava qualche volta le notti meditando di far venire dalla Francia una famiglia di trappisti, l’ultima riforma del gran Santo che possedeva il secreto di cangiare i deserti in gran centri di coltura. In quei tempi i Trappisti facevano cose mirabili in Algeria, e ciò che aveva sentito di loro in Francia pochi anni prima dava un non so che di brio alla mia imaginazione. In Rasa, non molto lontano dalla nostra fortezza esisteva un basso fondo parecchi mettri sotto il livello del fiume Dinki, separato solo da una diga naturale facilissima ad aprirsi per ottenere un bellissimo lago; la mia imaginazione pertanto già si figurava di vedere i buoni trapisti possessori di laghi, e di canali d’irri- /303/ gazione per dare la vita a tutti quei terreni mancanti solo di pioggie in certe stagioni. Chi ha passato l’Awasch, ed ha veduto le sue fertili rive e tutti quei vasti piani mezzi deserti, che [non] han mai veduto l’aratro, non tacierà di esaggerazioni le mie imaginazioni. Certamente che se una famiglia di trapisti si fosse stabilita in quelle parti avrebbe potuto fare grandi cose, non minori di quelle che fece nell’algeria; ciò che più interesserebbe, avrebbero sollevato un movimento di colonie europee, che oggi cercano pane altrove, perché oppresse da enormi tributi che loro impone la rivoluzione.

ragioni dell’impossibilità Ma è egli ciò possibile? Ecco la grande difficoltà, che tanto mi occupò, e finì per trionfare sopra tante belle mie imaginazioni, riducendole ad uno stato di utopia. Tutto sarebbe possibile in Abissinia, nulla mancherebbe per parte del terreno, nulla ancora mancherebbe per la parte della popolazione, piena di energia [p. 759] e di intelligenza, ma manca di educazione in facia al diritto di proprietà, ed al diritto generale delle genti; manca in buona sostanza di quell’istesso capitale di moralità e di principi ideali, che nei nostri paesi han costato secoli di educazione cristiana per arrivare all’altezza, nella quale siamo saliti, altezza di costumi, altezza di principii, altezza di scienze, altezza di arti, altezza di organizzazione sociale, che faceva delle grandi nazioni altrettante famiglie patriarcali, consacrate dall’oracolo di una religione divina ed ammirabile; la società nostra, arrivata all’altezza, dove sta scritto il non plus sapere quam oportet sapere, volendo ancora fare dei salti più alti, ha perduto l’equilibrio, ed è caduta nel lacio dell’orgoglio satanico, dal quale non sortirà senza un gran miracolo, che Iddio farà dopo che essa si sarà rotto il collo. Nell’Abissinia il popolo manca del capitale di educazione religiosa e civile, e ciò che è più, manca allo stesso governo, col quale è inutile parlare di trattati, di convenzioni, e simili. Di sopra più il governo manca di un principio organico, e di stabilità, motivo per cui ciò che promette oggi è distrutto domani dall’anarchia. In buona sostanza manca là ciò che oggi si sta distruggendo qui dalla rivoluzione, la quale non vuole più sapere, ne di Dio, ne di religione, ne di autorità governativa qualunque, perché essa ha gli occhj fissi all’anarchia, e ad ogni costo vi vuole arrivare. Ecco la ragione, per la quale tutte le mie imaginazioni di stabilire a Rasa i trapisti, sono divenute utopie; è la stessa ragione per cui fra noi oggi, conventi, Chiese, preti, nobili, Re, e governi, sono divenute anticaglie fuori di uso, ed aspettano un risorgimento per rivivere.

conversione di due preti In Rasa, da principio ancora della colonia erano venuti due preti di Ankober, i due migliori fra tutto il clero di quella città, i quali avevano /304/ là una gran clientela. Questi due sacerdoti erano nella città [p. 760] di Ankober due veri oracoli nel poco sacro ministero che ancora rimaneva [da svolgere] fra gli eretici cristiani del paese; essi erano come Padri spirituali di una gran parte del popolo ed avevano una grande influenza nella citta. Già da molto tempo questi due sacerdoti avevano frequentato Tekla Tsion nostro sacerdote, di cui già si è parlato molto, ed è stata riferita l’Ordinazione in Liccèe. A misura che la fede cattolica entrava nel cuore di quei due sacerdoti, essi vedevano il bisogno di ritirarsi dall’esercizio del ministero fra gli eretici. Essi lasciarono di frequentare il Santuario delle loro Chiese, e non andavano più alla loro Messa, o come celebranti, o come concelebranti, perché la Messa abissina è sempre [celebrata] in cinque, dei quali tre sono preti, e due sono diaconi: essi nel ritirarsi da principio adducevano per motivo le loro occupazioni, e secondo l’uso si facevano rappresentare da altri, ma lasciavano trasparire anche del dubbio sopra la propria loro ordinazione. Ciò che più feriva la popolazione di ankober era il vedere che questi due sacerdoti, così venerati nel paese incomminciavano a congedarsi dai loro figli spirituali.

loro influenza Quei due sacerdoti più cercavano di ritirarsi, più il popolo si attaccava [a] loro, perché nella sostanza erano i più ferventi, ed integerrimi nella loro condotta. Per una certa prudenza erano stati consigliati dai nostri stessi a non precipitare nel dichiararsi [p. 761] cattolici, sia per non fare un colpo troppo forte nel publico, e sia ancora per utilizzare il loro prestigio; benché essi non fossero molto istruiti, e non insegnassero apertamente la fede cattolica, pure col loro consiglio, e più ancora col loro esempio, facevano molti proseliti. crisi nella loro partenza La loro ritirata fece molto senso nella città, ma poté durare in questo modo più di un’anno. Quando incomminciò la colonia di Rasa, allora essi finirono [essi] per lasciare la città unitamente a Deftera Sahelie loro maestro, e già conosciuto come cattolico. La partenza di Deftera Sahelie con quei due sacerdoti, e molti altri dalla città fece una crisi tale nel publico, che quasi poteva chiamarsi una vera rivoluzione religiosa, e fece parlare molto, non solo in Ankober, ma in tutti i contorni. Si può dire che fu quella l’epoca, in cui il cattolicismo in Scioha spiegò bandiera a parte, e sì vestì di una certa personalità in facia al publico.

la città di Ankober La città di Ankober ha molte Chiese, cinque delle quali contano nel paese come Santuarii. Ciascheduna di esse possiede qualche centinaja di beneficiati, tra preti, deftari, diaconi, comunicanti, maestri, e simili impiegati. Per lo più sono tutte persone maritate con famiglia, dimodoché la casta solo del clero in Ankober si può dire che passa di molto il /305/ mille, e forma come la maggior parte della popolazione. Una simile popolazione con beneficii ecclesiastici è naturalmente conservatrice, perché presa nell’interesse[;] [p. 762] prestigio della missione cattolica tuttavia nella sostanza era anche presa nella convinzione religiosa verso il cattolicismo; nella parte dottrinale, dicevano quasi tutti, siamo tutti vinti dall’alaca Tekla Tsion, al quale in Scioha nessuno può rispondere, e da Deftera Sahalie il quale spiega ogni giorno più un’eloquenza di ferro. In tutto il resto poi i nostri due padri spirituali da noi adorati ed amati come idoli ci hanno lasciato per salvare se stessi. Nella città di Ankober, naturalmente non mancavano avversarii, anzi si poteva dire che erano molti; il solo interesse, col corredo dell’amor proprio in tutto il resto, bastava in loro per mantenere vivo l’impegno; ma anche questa parte nelle proprie loro famiglie non mancavano di aderenti al cattolicismo; la cosa era a tale segno in Ahkober, che gli stessi nemici, anche più accaniti, si trovavano come obligati ad un prudente silenzio. Nella nostra colonia di Rasa avendo noi chiuso la porta alle donne publiche, queste irritate erano divenute come le apostole quasi uniche del partito eretico col mezzo del loro farmaco, che non mancava di possedere il cuore di molti nel clero medesimo; ciò nelle persone di buon senso era una cattivissima raccomandazione da screditare il loro partito.

concorso di gente a Rasa In questo stato di cose, da Ankober e da Elioamba andava crescendo ogni giorno un’affluenza di gente che veniva per essere istruita da noi in Rasa. Tutta quella gente era commossa, vedendo fra noi la frequenza dei sacramenti, principalmente della Confessione; tutto vicino alla cappella venne costruita una piccola capanna [p. 763] dove si sentivano le confessioni; nell’interno della capanna si sentiva la confessione degli uomini inginocchiati ai piedi del confessore; per le donne poi, il confessore [stava] seduto nell’interno della capanna, e la donna inginocchiata fuori usava confessarsi da una piccola finestrina; la porta della capanna non si chiudeva mai. una predica di fatto Ora mentre io, prima di celebrare la Santa Messa, [stavo] prostrato ai piedi del sacerdote indigeno Tekla Tsion, alcuni, passando a caso da quel luogo riservato, viddero che io mi confessava da uno che non era ancora conosciuto, da molti, ne come confessore, e forze neanche come sacerdote, questo fatto diede occasione a molti discorsi in quei contorni con grande edificazione. Il fatto fu più efficace del libro, molti risolvettero di confessarsi, si recarono ai piedi dei loro antichi Padri spirituali, i due sacerdoti recentemente convertiti, i quali si rifiutarono di ascoltarli: cari miei, risposero loro, noi dobbiamo far penitenza per essere stati vostri Padri spirituali di nome, come si usa nel nostro paese, senza che ne voi abbiate pensato di confessarvi, ne /306/ noi cercato di ascoltare le vostre confessioni; lasciateci in pace a far penitenza per essere stati cattivi padri vostri, sacerdoti ipocriti. Ora questo gruppo di storia valse più di dieci prediche, e fece conoscere molti misteri, e convertì molte anime: tanto vale l’esempio.

il prete eretico d’Abissinia Il prete abissino stato invalidamente battezzato, e quindi invalidamente ordinato sacerdote per doppio titolo, egli ricevuta che ha la sua nominale ordinazione suole andare in cerca di penitenti per un certo utile materiale; ottenuta che ha da uno la dichiarazione di figlio spirituale, diventa col fatto quasi [p. 764] come suo parroco con certi diritti sopra il suo penitente, principalmente in caso di morte (1a). Ora l’invalidità, sia del battesimo, che dell’ordinazione del sacerdote, è una cosa odiosa per il Vescovo eretico, e per i sacerdoti, ma è solo un fatto, non un dottrinale essenziale; la missione perciò usa molta prudenza e riserva nel propalare queste cose, sia per non irritare il clero inutilmente, e sia ancora per non distruggere il dottrinale ancora vivissimo che vi si contiene sopra l’amministrazione dei sacramenti. una certa riserva in materia di umiltà Dopo la storia surriferita io ho dovuto raccomandare il secreto in modo particolare, e ciò unicamente per non ferire troppo direttamente la suscettibilità del clero eretico, tanto più poi, perché molti preti eretici sono in buona fede, e non sono neanche nel caso di rilevare l’invalidità sia del battesimo, che dell’ordinazione (2a). Ma ognun conosce come quando si tratta di un ceto debole, basta raccomandare il secreto di una cosa per farla pervenire secretamente alle orecchie di tutti. Così nella storia suddetta bisogna ammirare una certa permissione di Dio, il quale per questo canale ha voluto moderare un tantino la nostra prudenza, per ottenerne un gran bene in favore della missione, e delle anime. La storia suddetta valse una missione.


(1a) Presso gli eretici d’Abissinia il sacramento della penitenza è conosciuto sufficientemente come fra [di] noi cattolici. In pratica però quasi nessuno si confessa; le persone che si rispettano hanno tutti il loro confessore, ma questi è ridotto piuttosto in una condizione di benedire i peccati, che di assolverli e correggerli. In morte però il confessore è sempre chiamato; egli è anche il depositario legale delle disposizioni testamentarie del defunto. [Torna al testo ]

(2a) Si è parlato altrove dell’invalidità del battesimo, e dell’ordinazione presso gli abissini; e delle previdenze venute dalla S. Sede in proposito. [Torna al testo ]